Sull’urbanistica si apre la prima crepa tra Pd e governo regionale. Già la prima intervista al Tirreno dell’assessore Marson, che aveva annunciato di voler rivedere il Piano di indirizzo territoriale e modificare la filosofia di gestione del territorio, aveva fatto registrare dei malumori.
Adesso, la nuova intervista rilasciata al Tirreno dall’assessore all’urbanistica crea un vero e proprio caso politico all’interno della maggioranza e dello stesso Pd. Anna Marson, che è stata indicata dall’Italia dei Valori ma la cui linea è condivisa con convinzione da Enrico Rossi, ha infatti espresso la volontà di rivedere anche il Masterplan dei porti con l’intenzione di ridurne l’impatto ambientale, ossia le volumetrie di cemento destinate a servizi e residenziale. L’idea della Marson, infatti, è di aumentare i posti barca attraverso la creazione di porti «leggeri», riservando l’offerta di ormeggio soprattutto a una clientela medio-bassa, ossia a imbarcazioni fino a sei/sette metri.
Di fronte alle parole della Marson, il malumore del sindaco di Piombino Gianni Anselmi, a cui si accompagnano i distinguo del suo collega viareggino (del Pdl) Luca Lunardini, è rilevante, ma ad aprire un caso politico sono le parole del responsabile ambiente e infrastrutture del Pd toscano Matteo Tortolini (vedi intervista a parte) che boccia su tutta la linea l’impostazione dell’assessore regionale, sottolineando che la politica non può decidere la lunghezza delle barche.
Anche la reazione di Gianni Anselmi è molto dura, anche nei toni, e se non ci sarà una ricucitura c’è da pensare che non mancheranno le scintille all’incontro in programma a Piombino a fine settembre sulla programmazione del territorio a cui è stata invitata Anna Marson. «La partecipazione - va giù duro Anselmi - non può consistere nella lettura dei giornali, ma nel dialogo e nella discussione. Cambiare impostazione è legittimo, ma bisogna capire se vogliamo utilizzare un metodo autoritativo o uno partecipativo, se vogliamo emettere editti o coinvolgere anche i Comuni e le Province. Io spero che la partecipazione non significhi escludere i sindaci dal dibattito sulla gestione del territorio». Sul metodo Rossi-Marson è più conciliante Luca Lunardini (Pdl), sindaco di Viareggio, dove è in programma un significativo allargamento del porto turistico. «Per certi aspetti - dice - il decisionismo di Rossi è apprezzabile, ma a patto che non si vogliano prevaricare le realtà locali, perché questo non sarebbe accettabile». Sul merito, Lunardini e Anselmi concordano: «Sono i Comuni - dice Lunardini - che conoscono il territorio e un controllo eccessivo da parte della Regione rischierebbe di ingessare la necessaria autonomia delle amministrazioni». Anselmi, che se la prende con il «francescanesimo nautico» della Marson, ha un sospetto: «Spero che vengano fatti salvi i percorsi pregressi, come il nostro progetto. Mi inquieterei se non fosse così».
«Rispetti il programma»
Tortolini, responsabile ambiente [sic]dei democratici: Firenze non può stabilire i requisiti dei progetti «La politica non deve decidere la lunghezza delle barche ormeggiate»
«LA POLITICA degli annunci è fragile e difficilmente produce reali innovazioni. Nel nostro programma non c’è scritto niente di quanto affermato dall’assessore Marson e quindi si pone una questione democratica: i programmi si possono cambiare, ma attraverso il confronto». A Matteo Tortolini, responsabile ambiente e infrastrutture nella segreteria regionale del Pd non piacciono le parole di Anna Marson.
Cosa c’è che non va?
«Non credo a un’alternativa tra porti con grandi cementificazioni e porti scarni, così come non penso che si debba scegliere tra dirigismo e deregulation. C’é una terza via, che io definisco riformista, che punta sulla cooperazione tra gli enti. Non spetta alla Regione stabilire i requisiti dei progetti. Il Pit, il piano di indirizzo territoriale, deve fissare dei paletti non negoziabili a cui tutti debbono attenersi; su questa base la Regione deve poi concorrere a indirizzare le decisioni di una filiera istituzionale alla quale devono partecipare Comuni e Province».
Allora, qual è il ruolo della Regione?
«C’è ad esempio il problema del coordinamento della rete territoriale dei porti; occorre porsi il problema di come si possano specializzare i vari approdi, differenziandoli tra di loro».
Ogni Comune dev’essere libero di costruirsi il proprio porto?
«A chi pensa di importare una strategia neodirigistica in materia, ricordo che la legge Burlando permette ai privati di presentare dei progetti per realizzare porti turistici in aree demaniali anche in deroga ai piani regolatori».
Non le pare che sia in arrivo un mucchio di cemento insieme ai nuovi porti?
«Non generalizzerei. Io credo che l’esigenza di realizzare porti “leggeri” si possa realizzare con strumenti diversi da quelli ipotizzati dall’assessore Marson; il problema è stabilire dove si fanno. Un porto realizzato lontano dagli insediamenti esistenti necessita di un’ingente volume di servizi, mentre se il legame è stretto, l’impatto può essere più leggero».
Come mai tutta questa avversione nei confronti dell’idea di modificare Pit e Masterplan dei porti?
«Sono radicalmente contrario all’idea che la politica debba decidere quanto debbano essere lunghe le imbarcazioni ormeggiate nei porti toscani. Dipende dalle caratteristiche dei fondali e anche dalle necessità di riconversione dei territori. A Piombino, ad esempio, proprio in ossequio all’attuale Pit, è stato modificato il progetto, che inizialmente prevedeva il nuovo porto in un’area sabbiosa lontana dal centro. Adesso, non sarà una sorta di cattedrale nel deserto, ma si integrerà con il tessuto urbano e con il distretto della nautica che dovrà nascere e su cui si gioca il futuro di Piombino. Chi dice che occorre fare solo porti per barche di sette metri, deve venire a dire alla gente che per altri 150 anni Piombino dovrà fare affidamento solo sulla siderurgia. La presenza dei megayacht porta con sé la nascita di una filiera produttiva vasta e articolata che produce lavoro e specializzazioni importanti».