Il manifesto, 18 dicembre 2013
Il dado è tratto. Dall’altro ieri il partito della Sinistra europea (Se) ha un candidato alla presidenza della Commissione europea: il 39enne leader della greca Syriza, Alexis Tsipras. L’organizzazione che raggruppa la maggioranza delle forze comuniste e rosso-verdi del Vecchio continente ha chiuso domenica il proprio congresso a Madrid, individuando nel politico ellenico la figura che dovrà condurla nella sfida elettorale del prossimo maggio. La scelta della Se – che segue quella del Partito socialista europeo (Pse), che ha designato il tedesco Martin Schulz – è importante, perché aiuta a dare un significato davvero «europeo» all’appuntamento elettorale di primavera.
In realtà, a maggio i cittadini non eleggeranno direttamente il successore del conservatore portoghese José Manuel Barroso: le norme «costituzionali» dell’Unione europea non prevedono un sistema presidenziale. Il numero uno della commissione – l’esecutivo dell’Ue – è scelto dai capi di governo riuniti nel consiglio europeo, che devono obbligatoriamente tenere conto delle elezioni del parlamento europeo. L’eurocamera di Strasburgo ha un ruolo non secondario, perché detiene un potere d’investitura: se non convince la maggioranza assoluta dei deputati europei, il presidente incaricato dai leader nazionali deve farsi da parte, e si ricomincia da capo. Almeno potenzialmente, si tratta di relazioni politiche non così lontane da quelle vigenti in una (pur imperfetta) democrazia rappresentativa.
Naturalmente, oltre al presidente ci sono i singoli commissari (i «ministri» della Ue), che vengono designati da ciascun governo nazionale: una procedura che di fatto impedisce che la commissione di Bruxelles sia politicamente omogenea. L’europarlamento ha comunque un’ulteriore carta da giocare, perché deve concedere la «fiducia» anche alla commissione nel suo congiunto: nel caso in cui la sua composizione fosse palesemente in contrasto con l’indirizzo politico emerso dalle urne, i deputati di Strasburgo potrebbero negargliela.
Dentro questa complessa architettura istituzionale, lo spazio per un’autentica lotta politica è certamente molto ridotto, ma la Se appare intenzionata ad occuparlo. Dalla tribuna del congresso di Madrid il leader di Syriza ha sottolineato la doppia sfida che attende la Se: lottare contro le politiche di austerità, «minaccia per i popoli d’Europa», e contro l’estrema destra, «un pericolo per la democrazia». Proprio secondo l’esempio della Grecia, dove la formazione di Tsipras contrasta sia il governo di «grande coalizione» fra i conservatori del premier Antonis Samaras e i socialisti, sia i neonazisti di Alba dorata. Fra le idee-forza della Se, il neocandidato ha ricordato la trasformazione della Banca centrale di Francoforte in un prestatore di ultima istanza per gli stati Ue (come le normali banche centrali), la lotta contro l’elusione fiscale, un «new deal» per combattere la disoccupazione e una diversa gestione della crisi dei debiti sovrani. Nella piattaforma finale votata dai delegati compaiono anche il «no» al Trattato di libero scambio Ue-Usa e alla privatizzazione delle risorse naturali, e l’introduzione del diritto al referendum su scala europea.
Mentre la nomina di Tsipras non ha incontrato ostacoli, la rielezione alla presidenza della Se del francese Pierre Laurent (segretario del Pcf) ha scatenato malumori interni. Dovuti a questioni che di europeo hanno pochissimo, essendo tutte interne alla sinistra transalpina: il Partie de gauche dell’ex candidato presidenziale Jean-Luc Mélenchon ha annunciato la propria autosospensione dall’organizzazione continentale in polemica con la riconferma di Laurent. Motivo: il Pcf e il movimento di Mélenchon sono ai ferri corti per le municipali del prossimo marzo, causa l’alleanza dei comunisti con i socialisti del presidente Hollande. Un «effetto collaterale» delle assise di Madrid, che rischia di rendere arduo il cammino della Se in uno stato-chiave come la Francia. Come se già non bastasse, a complicare la missione di Tsipras, la debolezza strutturale della Se nei Paesi dell’Europa centro-orientale, dove, con la sola eccezione della Repubblica ceca, raccoglie percentuali da prefisso telefonico o è completamente assente. Senza dimenticare, ovviamente, l’Italia, dove la lista collegata alla Se dovrà fare i conti con lo sbarramento al 4%.