Avevo chiesto a Francesco Ventura questo scritto anche per aprire una discussione che andasse al di là della povera contingenza. Condivido la scelta di cui in quest'articolo l'autore motiva le ragioni, e avevo promesso un mio commento. Una rapida postilla (come le postille devono essere) mi sembrerebbe però riduttiva e quindi affronterò il tema in un mio prossimo intervento, sempre su queste pagine.
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La notizia in breve
La facoltà di Architettura di Firenze ha bandito un concorso pubblico per l’assegnazione di due insegnamenti temporanei di urbanistica integrativi di Laboratori di progettazione architettonica. La commissione da me presieduta ha proposto al Consiglio di Facoltà, e il consiglio ha approvato, l’affidamento di un insegnamento a un filosofo e l’altro a un “paesologo”, maestro elementare senza laurea.
Uno dei concorrenti esclusi, che ha il titolo di dottore in progettazione architettonica e di cui ignoravo prima l’esistenza, ha fatto ricorso al TAR. Non contento e non sentendosi sicuro del buon esito del ricorso, e avendo i mezzi, ha lanciato una campagna di stampa scandalistica a sostegno del suo presunto diritto. Si direbbe quasi che il ricorso lo abbia fatto per poi lanciare l’offensiva mediatica. Tanto si sa, i processi ormai si fanno sui giornali, che sono andati con lui a nozze, scatenando poi una ridda di opinioni favorevoli e contrarie, ma per lo più abbastanza stravaganti su vari blog compreso una su Eddyburg che a suo modo vorrebbe essere benevola, ma sempre ignara dei fatti.
I giornali hanno preso qualche passaggio del ricorso e il punto di vista del ricorrente quali dati degli atti e dei fatti e li hanno pubblicati più o meno con questi toni: “una cattedra (sic!) di urbanistica assegnata a un filosofo e un’altra a un poeta senza laurea”. Ecco “il solito sistema” dei concorsi universitari. Insomma: sparando nel mucchio ci cogli sempre.
Consiglio a chi ne ha tempo e voglia di leggere un po’ di interventi sui blog, perché ce ne sono anche di veramente esilaranti come quello che suppone che qualcuno abbia voluto sistemare l’amante.
Viene in luce qualcosa di veramente illuminante: i giornali per lo più non riescono a dare notizie di atti e fatti e soprattutto del senso che chi li ha compiuti dà a quei fatti. Se fossero in grado di comunicare questo senso, poi sarebbe possibile per chiunque discuterlo. E una tale discussione sarebbe di grande utilità scientifica e culturale e non una ridda insignificante di opinioni banali (anche quando favorevoli) e di luoghi comuni astratti dalla realtà.
I mezzi di comunicazione di massa, non sapendo di che parlano, dicono “stronzate”. Questo è il titolo di un libro che consiglio a tutti di leggere: Harry Frankfurt, Stronzate. Un saggio filosofico Rizzoli 2005 (titolo originale: "On Bullshit"). La stronzata non è un falsità o un dire bugie, ma un parlare di cose che non si conoscono. Il politico è tra coloro che più è costretto, secondo Frankfurt, a dire stronzate. Ma io aggiungerei che forse molti giornalisti lo sono ancora di più. E ovviamente chiunque intervenga nel dibattito in rete che la presunta notizia scandalistica scatena arricchisce a dismisura la quantità di stronzate in cui siamo immersi nel nostro tempo. In altri termini: siamo nella merda!
Sono ancora in attesa che almeno Il Tirreno di Viareggio, città del ricorrente, e primo a lanciare lo scandalo, pubblichi la lettera di poco più di mezza pagina che con gli altri due commissari abbiamo inviato a breve chiarimento dei fatti. Ma a quanto pare fanno molta fatica a trovarle spazio.
Ora vorrei, almeno su Eddyburg, poter informare gli urbanisti e gli altri frequentatori di questo prestigioso blog, se avranno la pazienza di leggermi.
Gli antefatti
La facoltà di Architettura di Firenze ha deciso di integrare il Laboratorio di progettazione architettonica IV del Corso quinquennale di Laurea in Architettura con un insegnamento di urbanistica da 6 CFU (48 ore). Dato il numero di studenti, i Laboratori – e quindi anche i moduli – sono quattro. La sperimentazione è partita l’anno scorso e i quattro moduli sono stati affidati ad altrettanti docenti strutturati di urbanistica, tra i quali anch’io. L’ho accettato per spirito di servizio come secondo insegnamento. Per quest’anno accademico i tre miei colleghi hanno preferito altri impegni didattici. Sicché sono rimasti scoperti i relativi moduli. Uno è stato assunto da un altro collega, come me ordinario di urbanistica, e gli altri due sono stati messi a bando.
Nonostante non fossi stato tra i promotori dell’integrazione dell’urbanistica nel laboratorio di progettazione architettonica, mi sono posto, di necessità, il problema di come migliorare la sperimentazione, cercando di evitare che l’insegnamento dell’urbanistica si giustapponesse alla didattica dell’esercizio progettuale architettonico o ne fosse assorbito scomparendo di fatto.
Ho proposto che ogni studente potesse scegliere il modulo di urbanistica indipendentemente dal Laboratorio al quale fosse iscritto, senza che ciò comportasse per lo studente un esame specifico. Penso che lo studio non debba essere strumentale all’esame, ma lo scopo primario, lo dico sempre agli studenti. Ho proposto che il modulo tenuto dall’altro Ordinario di Urbanistica, Gabriele Corsani, fosse più disciplinare, di cultura urbanistica generale. Corsani ha un ottima cultura di storia dell’urbanistica. Mentre il mio modulo fosse organizzato in forma seminariale sul tema del “Culto contemporaneo del patrimonio” (urbano, paesaggistico, ambientale). E che questo mio seminario potesse avvalersi di contributi esterni, non presenti in facoltà, non strettamente disciplinari, idonei a corroborare l’approfondimento del tema.
Ci sono due criteri principali per conferire simili affidamenti temporanei a non strutturati. Uno, il più praticato, privilegia l’affidamento ad assistenti volontari del docente; preferendo a parità di condizioni coloro che hanno il titolo di dottorato (in questo caso dottorato in urbanistica, non certo, come il ricorrente, in progettazione architettonica). È questo un modo di compensare, con una piccola gratificazione accademica temporanea, l’aiuto gratuito fino a quel momento offerto dai volontari al docente. Io non ho, non ho mai avuto e non voglio assistenti. Sono assistente di me stesso e perciò libero. E quando invito qualcuno all’Università perché penso di imparare qualcosa da lui insieme agli studenti, lo assisto come un volontario. L’altro privilegia l’assegnazione a persone che possano apportare contributi didattici diversi da quelli interni, d’eccezione e, se possibile, di eccellenza.
La scelta degli affidatari
È su queste basi che i due insegnamenti integrativi sono stati affidati al filosofo e al paesologo, non laureato, su cui si sono scatenate facili e stupide ironie.
Chi sono costoro?
Emanuele Lago è un giovane filosofo, trentaquattro anni, allievo di Emanuele Severino, che nel 2005 ha pubblicato un libro in una collana Bompiani diretta da Massimo Cacciari (laurea ad honorem in architettura) intitolato La volontà di potenza e il passato. Nietzsche e Gentile. La sua lettura mi impressionò molto. Chiesi subito all’amico Severino i recapiti del giovane allievo. Il passato è il contenuto della memoria e il patrimonio è il sempre più vasto e ricco insieme delle tracce mnemoniche di ogni società, oggi del mondo intero. Ma cos’è il passato nel pensiero occidentale inaugurato dai Greci? E in che modo e perché il senso del passato è stato messo in crisi dal pensiero del nostro tempo, ossia dai grandi pensatori degli ultimi due secoli? Averne consapevolezza per chi si occupi di tutela del patrimonio è, per me, della massima importanza. Già da qualche anno, su mio invito, Lago ha tenuto seminari da noi anche con affidamenti. Lago non sente la filosofia come professione, ma come sapere in sé, perché la filosofia autentica non è una disciplina. Non ha alcuna intenzione di intraprendere la carriera accademica. Vive tranquillamente con altro lavoro e insieme continua a studiare con liberalità.
Franco Arminio, cinquantadue anni, è grande poeta e scrittore di crescente successo. Tra i molti premi ha appena vinto il “Premio letterario nazionale Paolo Volponi Letteratura e impegno civile” con il libro Terracarne. Viaggio nei paesi invisibili e nei paesi giganti del Sud Italia (Mondadori 2011). Con Laterza nel 2009 ha pubblicato Vento forte tra Lacedonia e Candela. Esercizi di paesologia, e molti altri in precedenza. Sarebbe troppo lungo elencarli. Coniando il termine “paesologia” ha dato un nome a un complesso di luoghi, i paesi morenti, di paesaggi in cui i paesi sono immersi e di sentimenti di straordinario interesse anche, e direi soprattutto, per gli urbanisti che guardino al territorio, al paesaggio all’ambiente e non solo all’urbanizzazione. A suo tempo ha cestinato la tesi di laurea già scritta. Un gesto encomiabile. Quando riusciremo ad abrogare il valore legale del titolo di studio?
Un paio di anni fa ho proposto e la Facoltà ha approvato un Seminario tematico sui paesi in abbandono. Insieme agli studenti e ad altri docenti mi sono messo a viaggiare nei paesi e a leggere tutto ciò che mi sembrava stare in relazione al tema. È così che mi sono imbattuto nei libri di Arminio. Ed è stato Vezio De Lucia, che già lo conosceva, a fornirmi i suoi contatti. Ai miei occhi, la sua opera, il suo peregrinare nella desolazione dei paesi, sono una potente forma poetica, originalissima, di culto del patrimonio. Qual è la sorte di questi luoghi e paesaggi? Il turismo? E cosa vuol dire? Non lo sappiamo, ma lo dobbiamo indagare. Arminio fornisce molteplici spunti anche contrastanti, tra le molte e dense parole che riesce a scrivere c’è questa che trovo bellissima e suggestiva: «turismo della clemenza».
L’attività didattica
Gli insegnamenti che il ricorrente vorrebbe a tutti costi far interrompere dal TAR sono già in corso. Con 45 studenti, io e Lago, a metà novembre siamo stati a Salvitelle e ad Aliano, il paese dove fu confinato Carlo Levi, celebrato nel suo Cristo si è fermato a Eboli. Lì Arminio ha promosso e dirige un festival molto particolare intitolato “La luna e i calanchi”, fatto di una serie di scuole paesologiche. Il TG3 della Basilicata ha dedicato ben quaranta minuti in diretta alla nostra partecipazione con interviste agli studenti, facendo in questo caso informazione corretta. (verrebbe da dire: l’arrogante turistica Viareggio e la nobile clemente Aliano).
Ci ha raggiunti Carlo Scoccianti, un biologo esperto di ecologia applicata al territorio, che da qualche anno ospito nel mio Laboratorio di progettazione urbanistica, purtroppo senza che abbia alcun incarico ufficiale (ma ciò finora mi aveva evitato scandali). È riuscito a far espropriare un centinaio di ettari nella piana fiorentina per ricostruire l’ambiente naturale scomparso (senza bisogno di mastodontiche e farraginose pianificazioni, che spesso o sono inutili o portano solo cemento). Con lavoro volontario, compresi i miei studenti, ha realizzato l’Oasi di Focognano. Ha molto da insegnare agli architetti e agli urbanisti che ritengono di sapersi occupare a vario titolo di ambiente, mostrando loro quali sono i più comuni e gravi errori che commettono quando progettano e pianificano pur nell’intento di tutelare paesaggio e sistemi ecologici.
Ebbene. Arminio si è innamorato di Lago. Lago di Arminio. Arminio si è innamorato di Scoccianti. Scoccianti di Arminio. E così via l’un con l’altro e io già con tutti e tre. Comincio a pensare che lo sconosciuto che ha scritto su qualche blog che probabilmente ho affidato gli insegnamenti a qualche amante abbia colto nel segno.
Poi Lago ha iniziato il suo seminario “La morte dell’arte” nel duplice senso della morte dell’arte di cui si parla oggi e della morte da cui l’arte trae origine, fino a chiarire il senso della crisi che sta vivendo l’architettura contemporanea. L’ordinaria di progettazione architettonica, Maria Grazia Eccheli, che con me segue, insieme a un centinaio di studenti, il Seminario, e che provenendo da Venezia conosce l’importanza dell’Estetica, dopo dieci minuti dall’inizio della prima lezione di Lago mi ha detto: “ti ringrazio di avermelo fatto conoscere e di averlo portato in facoltà”.
Insomma, gli studenti (italiani, russi, albanesi, spagnoli, iraniani, israeliani), oltre alle mie lezioni e all’esercizio della progettazione architettonica sotto la guida di docenti ordinari, seguono rapiti le parole del filosofo, viaggiano, si immergono e osservano, con “la postura del cane” come consiglia loro Arminio, la straziante desolazione dei paesi in abbandono e vanno a piantare siepi nell’Oasi in costruzione di Scoccianti, nei posti giusti e non sui cigli delle strade che si trasformano in trappole mortali per gli animali e gravi rischi per automobilisti e motociclisti.
Conclusioni
Non so se qualche lettore sia riuscito a seguirmi fin qui. Documentarsi, conoscere è faticoso. La rapida ed evanescente levità dei giornali è preferibile. Ma allora quando non si vuol faticare restano solo due vie o tacere o dire stronzate.
(qui una prima replica di Fabrizio Bottini: sarà una stronzata? corriamo il rischio)