Riportiamo di seguito la relazione illustrativa. In calce il link al testo in formato .pdf, assieme all’articolato e alle note di accompagnamento
La legge regionale 30/2005, che porta norme in materia di Piano Territoriale Regionale, ha recentemente stabilito che la Regione abbandoni molte delle attribuzioni storiche per dare corso ad una nuova politica urbanistica caratterizzata da una forte devoluzione di competenze in direzione dell’ente locale più vicino al cittadino, il Comune, ma allo stesso tempo dichiara che la devoluzione non è il punto di arrivo o l’obiettivo, ma il mezzo per corrispondere meglio alle esigenze dei cittadini e delle imprese.
L’urbanistica del Friuli Venezia Giulia è stata tradizionalmente caratterizzata da un ruolo molto forte della Regione che si è manifestato con molti aspetti positivi e taluno anche negativo. Nel corso del tempo quel ruolo è purtroppo scivolato sempre di più verso un profilo caratterizzato da una invadenza negli aspetti procedimentali più minuti e da una riduzione dell’autorevolezza nel programmare e governare le grandi questioni strategiche di scala regionale. La recente legge regionale 30/2005 statuisce il ribaltamento di tale situazione, assegnando la gestione del territorio al Comune e ridisegna la mission della Regione alle sole azioni di interesse regionale e a queste conferisce una forte cogenza. Sono azioni di governo che trovano riferimento nelle risorse essenziali, anch’esse definite in legge, qualora superino una determinata soglia. La legge regionale stabilisce che il territorio sia governato secondo i principi di pari dignità ed adeguatezza e non più secondo il principio gerarchico, in cui i contenuti del piano sovra ordinato si ripercuotono su quello sotto ordinato, con effetto “a cascata”. La nuova legge impone che la Regione presidi in modo molto efficace i cardini portanti della pianificazione comunale intervenendo sulla struttura del piano, sulle scelte essenziali, divenute patrimonio dell’intera collettività regionale e come tali non più assoggettabili a rivalutazioni sul “se”. La struttura del Piano urbanistico comunale (Piano strutturale comunale – PSC) deve pertanto proporre senza riserve le scelte dello strumento regionale di pianificazione. Tutto il resto rimane nelle determinazioni autonome del Comune, che potrà decidere come organizzare e regolare il proprio territorio, sempre garantendo che gli strumenti attuativi non stravolgano, ma si armonizzino, con il Piano Territoriale Regionale.
La legge regionale 13 dicembre 2005, n 30, oltre a regolamentare le procedure di formazione, adozione ed approvazione del PTR, delinea in modo netto ed innovativo il quadro istituzionale dei soggetti partecipi della pianificazione territoriale. Ne esce il seguente quadro: la legge ripartisce le attribuzioni della pianificazione territoriale tra la Regione e i Comuni e stabilisce che la funzione della pianificazione intermedia è svolta dai Comuni.
In questo quadro è forte la scelta del legislatore regionale, peraltro meditata, di affidare la pianificazione di livello intermedio, di area vasta, al Comune e non più alla Provincia, come previsto dalla vigente legge urbanistica regionale. Le ragioni di tale scelta sono molteplici e sono state ampiamente esposte nel dibattito, talora anche aspro, che su questa tematica si è svolto in Consiglio regionale.
In quale modo la legge regionale ha ripartito le competenze, con quali criteri? La legge regionale è precisa nella sua sinteticità.
La funzione della pianificazione territoriale è del Comune che la esercita nel rispetto dei principi di adeguatezza, interesse regionale e sussidiarietà, nonché nel rispetto delle attribuzioni riservate in via esclusiva alla Regione in materia di risorse essenziali di interesse regionale e in coerenza con le indicazioni del PTR.
Il Comune, in forza del principio di sussidiarietà e di adeguatezza, esercita anche con enti pubblici diversi dal Comune, la funzione della pianificazione territoriale a livello sovraccomunale quando gli obiettivi della medesima, in relazione alla portata o agli effetti dell’azione prevista, non possano essere adeguatamente raggiunti a livello comunale.
La legge regionale stabilisce i casi nei quali il Comune svolge la funzione della pianificazione territoriale a livello sovraccomunale e le forme di cooperazione istituzionale con cui la esercita, quali le associazioni intercomunali previste dall’ordinamento in materia di Autonomie locali.
La funzione della pianificazione della tutela e dell’impiego delle risorse essenziali di interesse regionale è della Regione.
I criteri per individuare le soglie oltre le quali la Regione svolge le proprie funzioni per mezzo del PTR sono stabiliti con norma di rango legislativo.
Con norma di pari livello sono stabilite, altresì, le procedure attraverso le quali la Regione assicura che la tutela e l’impiego delle risorse essenziali siano garantiti dagli strumenti urbanistici di livello subordinato.
Dunque la Regione abbandona una rilevante quantità di funzioni e prerogative, venendo limitata per legge la propria competenza alla pianificazione della tutela e l’impiego delle risorse essenziali di interesse regionale. Vengono in questo modo introdotti i criteri cardine, i pilastri, su cui poggia la nuova disciplina. La competenza regionale può esercitarsi esclusivamente al superamento di una data soglia con riferimento alle risorse essenziali di interesse regionale. I criteri di individuazione delle soglie sono coperti da riserva di legge. La traduzione in atto regolativo dell’interesse regionale avviene per mezzo delle previsioni del PTR.
Il ddlr prevede, in armonia con la tecnica legislativa più evoluta, disposizioni di regolamentazione generale della materia e di principio, mentre la disciplina di dettaglio ed attuativa viene affidata al regolamento di attuazione delle legge, da emanarsi entro termini ristretti (massimo 120 giorni), in modo da assicurare la sostanziale contemporaneità dell’entrata in vigore. Con l’entrata in vigore della nuova disciplina urbanistica saranno abrogate le previgenti leggi regionali di settore, in primis la L.R. 52/1991 e la L.R. 30/2005.
Il ddlr si articola in Parti, Titoli e Capi. Le Parti sono cinque e trattano l’urbanistica (I), l’attività edilizia (II), il paesaggio (III), l’attività regolamentare (IV) e le norme transitorie e finali (V).
La Parte I Titolo I si occupa delle disposizioni generali; precisa le finalità della legge, contiene definizioni utili alla comprensione delle norme, precisa le attribuzioni dei Comuni e della Regione, prevede che la Regione, nello svolgimento delle funzioni attribuite dalla legge, promuove il raggiungimento delle intese obbligatorie con gli organi statali competenti, quanto agli eventuali mutamenti di destinazione dei beni immobili, appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, e contiene l’autorizzazione a stipulare, in attuazione a quanto previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 e s.m.i. (Codice dei beni culturali e del paesaggio), con i Ministeri competenti l’intesa per la valenza paesaggistica del PTR.
La Parte I Titolo II contiene la disciplina della pianificazione territoriale.
Il Capo I delinea quella regionale, precisando le finalità strategiche del PTR ( già definite dalla L.R. 30/2005), gli elementi costitutivi, la procedura di formazione, i contenuti prescrittivi e l’efficacia. In particolare si stabilisce che le risorse essenziali di interesse regionale, i livelli di qualità, le prestazioni minime e le regole d’uso individuati nel PTR, costituiscono elementi strutturali della pianificazione territoriale regionale e sono recepiti negli strumenti urbanistici comunali. Sono altresì definiti i criteri per l’individuazione delle soglie, oltre le quali si configurano le risorse essenziali di interesse regionale, che si informano ai criteri funzionale, fisico-dimensionale, prestazionale, regolativo e, per il paesaggio e gli edifici, monumenti e siti di interesse storico e culturale, vocazionale.
Quanto all’efficacia, il Comune è tenuto ad adeguare i propri strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica comunale dalla data di entrata in vigore del PTR e delle sue varianti. L’adeguamento è assolto con l’adozione del PSC entro il termine di due anni, ovvero di tre anni nell’ipotesi in cui Comuni contermini vi provvedano in forma associata. Il decorso infruttuoso di detto termine provoca la sospensione di ogni determinazione comunale sulle domande di rilascio dei titoli abilitativi edilizi, che siano in contrasto con le previsioni del PTR.
Il Capo II tratta dei Piani di settore approvati dalla Regione in applicazione di leggi statali e regionali, imponendo l’obbligo di conformarsi alle prescrizioni del PTR, attraverso una relazione di coerenza con il PTR medesimo. I Piani di settore possono peraltro costituire variante al PTR qualora formati nel rispetto delle finalità, dei contenuti e delle procedure di formazione del PTR medesimo. In questa parte vi è la disciplina dei piani territoriali infraregionali, intesi quali strumenti di pianificazione di enti pubblici, ai quali è attribuita per legge una speciale funzione di pianificazione territoriale per il perseguimento dei propri fini istituzionali. Il piano territoriale infraregionale si conforma alle prescrizioni del PTR e contiene una relazione di coerenza alle previsioni del PTR. I Piani territoriali infraregionali si armonizzano con gli strumenti urbanistici comunali secondo le procedure indicate nel regolamento di attuazione della legge e sono approvati dal Presidente della Regione.
Il Capo III tratta degli strumenti e contenuti della pianificazione comunale, definisce le finalità strategiche del PSC, rapportandole a quelle del PTR, ne stabilisce la durata illimitata e i contenuti (costituisce il quadro conoscitivo idoneo a individuare, conservare e valorizzare le risorse essenziali, recepisce le prescrizioni di PTR, fissa gli indicatori di monitoraggio per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), stabilisce i criteri per l’utilizzazione delle risorse essenziali di livello comunale, individua gli ambiti territoriali urbanizzati e non urbanizzati e la rete delle infrastrutture, definisce le metodologie e gli ambiti di perequazione urbanistica, compensazione urbanistica e compensazione territoriale), individua la Procedura di formazione del PSC, stabilendo in particolare il suo assoggettamento alle metodologie di Agenda 21 e alla procedura di VAS.
Nell’ambito della procedura di formazione del PSC rivestono particolare importanza i nuovi istituti della Conferenza di pianificazione e dell’Intesa di pianificazione.
La Conferenza esprime valutazioni preliminari di natura istruttoria sul DPP, verifica la completezza e l’aggiornamento del quadro conoscitivo del territorio, raccoglie e integra le valutazioni dei soggetti partecipanti e ne condivide i risultati nel provvedimento finale. Alla conferenza di pianificazione partecipano di diritto la Regione, la Provincia territorialmente competente, i soggetti pubblici che svolgono funzioni pianificatorie, le Amministrazioni statali competenti, nonché i Comuni contermini partecipano Il Comune ha facoltà di convocare altri soggetti pubblici. Nella Conferenza di pianificazione sono prioritariamente promosse le intese necessarie a definire le previsioni urbanistiche di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato o della Regione, nonché di quelli ricadenti in ambito territoriale di competenza di soggetti di diritto pubblico ai quali leggi statali o regionali attribuiscono specifiche funzioni di pianificazione.
L’Intesa di pianificazione tra Regione e Comune recepisce nel PSC le prescrizioni di PTR e considera i progetti dichiarati di interesse regionale ai sensi dell’art. 10 L.R. 13 dicembre 2005, n. 30 e s.m.i. Il Comune può proporre che nell’Intesa siano previsti interventi di trasformazione del territorio e scelte urbanistiche relative a risorse essenziali di livello comunale. Il Consiglio comunale adotta il PSC nel rispetto dell’Intesa con la Regione; qualora il PSC approvato non rispetti i contenuti dell’Intesa, la Regione restituisce gli atti al Comune per il necessario adeguamento e il PSC non trova applicazione.
La legge disciplina in questo Capo anche l’istituto della Salvaguardia e dispone che il Comune, a decorrere dalla data della delibera di adozione del PSC o delle varianti al piano in vigore e sino alla data di entrata in vigore del Piano medesimo, sospende per un termine massimo di due anni per il PSC comunale e per un termine massimo di 3 anni per il PSC sovracomunale ogni determinazione sulle domande di rilascio di titoli abilitativi edilizi che siano in contrasto con le previsioni del PSC adottato. Si fanno salvi peraltro interventi edilizi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché per gli interventi di pubblica utilità ed interesse pubblico.
In questo Capo trova collocazione la disciplina del POC, predisposto dal Comune in conformità delle previsioni del PSC, e se ne stabilisce l’efficacia conformativa della proprietà e la durata indeterminata.. La legge ne definisce i contenuti (il POC ripartisce il territorio comunale in zone omogenee con relative destinazioni d’uso ed indici edilizi, stabilisce norme tecniche di attuazione degli interventi di trasformazione e di conservazione, stabilisce gli standard, individua e disciplina le aree destinate alla realizzazione del sistema delle infrastrutture e dei servizi pubblici e di interesse pubblico, nonché le attrezzature di interesse collettivo e sociale, individua gli ambiti da assoggettare obbligatoriamente a pianificazione di settore ed attuativa, stabilendone le regole e le modalità d’intervento, disciplina gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria con la tecnica della perequazione urbanistica, della compensazione urbanistica e della compensazione territoriale ed individua le aree destinate al trasferimento dei crediti edilizi, nonché i relativi limiti di incremento edificatorio). La nuova disciplina tende a favorire gli interventi tra Comuni aggregati, mentre mira ad ostacolare interventi singoli, dissipatori del territorio. In questo senso si stabilisce che nuove zone industriali, artigianali, commerciali, turistiche e residenziali di espansione ovvero l’ampliamento di quelle esistenti non sono ammessi, se non in sede di pianificazione sovracomunale, salvo diversa prescrizione di PTR. Il POC non necessita di alcuna approvazione regionale, in quanto non incide sull’intesa di pianificazione conseguita sul PSC. In coerenza con le determinazioni della Costituzione e della Suprema Corte viene precisato che le previsioni del POC che assoggettano singoli beni a vincoli preordinati all’esproprio decadono qualora non siano state attuate o non sia iniziata la procedura per l’espropriazione degli immobili entro cinque anni dall’entrata in vigore del POC medesimo. La decadenza non opera ovviamente qualora i vincoli abbiano validità permanente in quanto imposti da disposizioni di legge. Il Comune in sede di reiterazione dei vincoli di cui al comma 1, provvede all’equo ristoro a favore dei proprietari degli immobili interessati, mediante previsione di indennizzo o con tecniche di perequazione e compensazione urbanistica. Nelle more della reiterazione dei vincoli di cui al comma 1, sono ammesse varianti che non assoggettino a vincolo preordinato all’esproprio aree destinate a servizi. Sono comunque ammesse varianti per la realizzazione di lavori pubblici e quelle conseguenti a una conferenza di servizi, un accordo di programma, una intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.
In questo Capo infine vengono disciplinati i PAC. I PAC sono adottati ed approvati dalla Giunta comunale in seduta pubblica. Il Comune, su richiesta del proponente un PAC di iniziativa privata, può attribuire all’atto deliberativo valore di titolo abilitativo per tutti o parte degli interventi previsti a condizione che siano stati ottenuti i pareri, le autorizzazioni ed i nulla osta cui è subordinato il rilascio del titolo abilitativo medesimo. I rapporti derivanti dall’attuazione degli interventi previsti dal PAC sono regolati da convenzione tra Comune e proponente.
Il Capo IV porta la disciplina della cosiddetta area vasta e definisce in modo originario soggetti e contenuti di Pianificazione sovracomunale. Si stabilisce che la funzione della pianificazione sovracomunale è svolta direttamente dai Comuni capoluogo e dalle Città metropolitane. I Comuni possono delegare o affidare il coordinamento dell’attività di predisposizione degli strumenti urbanistici a:
a) Province;
b) Comuni e Unioni di Comuni, organizzati in ASTER;
c) Comuni capoluogo;
d) Comunità montane;
e) Città metropolitane;
f) Consorzi tra Enti locali ed Enti pubblici.
I Comuni posso delegare la funzione della pianificazione ai soggetti di cui alle lettere da a) ad e) e loro consorzi. La delega o l’affidamento possono essere esercitate previa stipula di apposita convenzione che disciplini oggetto, durata e modalità delle attività.
Il ddlr disciplina ancora la possibilità per i Comuni di trasferire la propria funzione pianificatoria ad altro soggetto pubblico, dotato di personalità giuridica e che sia costituito da Enti locali. Si stabilisce infatti che Comuni contermini possono altresì istituire l’Unione Speciale di Pianificazione (USP) per l’esercizio della funzione della pianificazione sovracomunale, per il periodo necessario all’elaborazione, adozione ed approvazione dello strumento di pianificazione. La costituzione e il funzionamento dell’USP sono disciplinati dall’art. 23, commi 3 e ss., della L.R. 1/2006 e s.m.i.
La funzione della pianificazione sovracomunale si esercita mediante gli strumenti urbanistici e le procedure di cui al Capo III, nel rispetto delle prescrizioni di PTR.
Per quanto attiene ai contenuti si precisa l’ambito di competenza (la pianificazione sovracomunale consente la previsione di nuove zone residenziali di espansione, industriali, artigianali, commerciali, turistiche ovvero l’ampliamento di quelle esistenti, la previsione di infrastrutture ed attrezzature collettive di scala sovracomunale).
Per contro i Comuni che non svolgono la funzione della pianificazione sovracomunale possono approvare strumenti urbanistici o loro varianti esclusivamente per adeguare le attività già insediate nelle zone industriali, artigianali, commerciali turistiche e residenziali esistenti ad obblighi derivanti da normative regionali, statali e comunitarie.
Il Capo V tratta infine della perequazione urbanistica e della compensazione urbanistica e territoriale, quali tecniche facoltative di pianificazione.
Si dispone che il Comune può utilizzare la tecnica della perequazione urbanistica in sede di pianificazione operativa ed attuativa relativamente ad immobili destinati a trasformazione urbanistica. La disciplina della perequazione urbanistica per gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria è stabilita nel POC e nei PAC, in modo tale da assicurare la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree.
Il Comune può concordare con i proprietiari delle aree da destinare a servizi la cessione a proprio favore delle medesime, a fronte di una compensazione, attuata mediante il trasferimento dei diritti edificatori in altre aree del territorio comunale, a ciò preventivamente destinate.
La compensazione può aver luogo mediante convenzione fra il Comune e i proprietari delle aree interessate dagli interventi, che stabilisca le modalità di calcolo dei crediti edificatori, la localizzazione delle aree sulle quali trasferire i diritti edificatori, il tempo massimo di utilizzazione dei crediti edificatori, la corresponsione di un importo pari all’indennità di esproprio per il caso di impossibilità di utilizzazione del credito edificatorio nel periodo convenuto.
I Comuni contermini che provvedono alla pianificazione in forma associata possono utilizzare la tecnica della compensazione territoriale per realizzare lo scambio di diritti edificatori, contro equivalenti valori di natura urbanistica o economica.
La Parte I titolo III disciplina l’informatizzazione e il monitoraggio degli strumenti urbanistici. Stabilisce chela Regione e il Comune formano i propri strumenti di pianificazione territoriale e le loro varianti con metodologie informatiche standardizzate. Gli strumenti di pianificazione territoriale adottati ed approvati, formati con le metodologie informatiche sono inseriti nel Sistema territoriale regionale (SITER). L’inserimento nel SITER dei piani costituisce certificazione di conformità all’originale. Il ddlr stabilisce inoltre che le modalità tecniche da assumere nella redazione degli strumenti di pianificazione e negli atti di convalida saranno definite con regolamento, secondo modelli standardizzati.
E’ prevista a cura della Regione l’organizzazione di una banca dati informatica, nella quale sono raccolti, elaborati ed interpretati i dati numerici e di documentazione cartografica, riguardanti le dinamiche del territorio, ed é fatto obbligo agli Uffici regionali, alle Province, ai Comuni e agli altri enti pubblici di inviare periodicamente alla struttura regionale competente le informazioni territoriali a disposizione per l’implementazione della banca dati informatica. La medesima struttura fornisce i supporti tecnici, informatici e cartografici per la formazione e gestione degli strumenti di pianificazione territoriale nonché i supporti tecnici e cartografici di base per la predisposizione di cartografie tematiche da curare in collaborazione con le altre Direzioni dell’ Amministrazione regionale.
Viene infine prevista un’importante attività di monitoraggio sugli strumenti urbanistici comunali.
La Parte II del ddlr reca norme per la disciplina dell’attività edilizia.
Il principio su cui si fonda la norma è quello del recepimento della normativa statale e della regolamentazione mediante regolamento della parte di dettaglio.
Il recepimento delle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), e successive modifiche ed integrazioni viene operatto con riferimento a:
- sportello unico per l’edilizia;
- definizione degli interventi edilizi;
- destinazione d’uso degli immobili;
- regime edificatorio e titoli abilitativi edilizi;
- contributo del costo di costruzione;
- attività edilizia delle pubbliche amministrazioni e su aree demaniali;
- attività edilizia libera;
- controllo e vigilanza sull’attività edilizia e relative sanzioni.
Viene ribadita l’obbligatorietà per i Comuni di dotarsi del Regolamento edilizio per la disciplina delle attività di costruzione e di trasformazione fisica e funzionale delle opere edilizie, mentre si dà la facoltà ai Comuni di istituire la Commissione edilizia, quale organo tecnico-consultivo del Comune in materia urbanistica ed edilizia.
Di particolare importanza ai fini della semplificazione del procedimento la previsione dello Sportello unico per l’edilizia, da costituire anche in forma associata. I Comuni, attraverso lo Sportello unico per l’edilizia, forniscono altresì una adeguata e continua informazione ai cittadini sui contenuti degli strumenti urbanistici ed edilizi.
Tra i contenuti del ddlr va rilevata la declaratoria delle Categorie delle destinazioni d’uso e la previsione del Certificato urbanistico e valutazione preventiva che consente al proprietario dell’immobile o chi abbia interesse di chiedere al competente ufficio comunale il certificato contenente l’indicazione della disciplina urbanistica ed edilizia prevista nella strumentazione urbanistico-territoriale, vigente o adottata.
Il regolamento edilizio può prevedere che il proprietario dell’immobile o chi abbia titolo richieda una valutazione preliminare sull’ammissibilità dell’intervento.
Il certificato urbanistico e la valutazione preventiva conservano validità per un anno dalla data del rilascio a meno che non intervengano modificazioni degli strumenti urbanistici vigenti. In tal caso, il Comune notifica agli interessati l’adozione di varianti agli strumenti urbanistici generali e di attuazione.
Sono state infine adeguate le disposizioni vigenti in tema di Autorizzazione edilizia in precario.
La Parte III disciplina il paesaggio operando il sostanziale recepimento della disciplina introdotta dal decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 e s.m.i. (Codice dei beni culturali e del paesaggio).Il Capo I tratta le disposizioni generali e sancisce che la legge costituisce attuazione della normativa statale per la valorizzazione del paesaggio e si conforma agli obblighi e ai principi derivanti dalla legge dello Stato.
Vengono definiti beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’art. 134 del D. Lgs. 42/04 e s.m.i.
Il Capo II si sofferma sulla pianificazione paesaggistica e nello specifico sulla valenza paesaggistica del PTR. La disciplina si sostanzia nella seguente sintesi:
- la valenza paesaggistica è attribuita al PTR, ai sensi e per gli effetti dell’art. 143 del D. Lgs 42/04, qualora il medesimo sia predisposto nel rispetto di procedure, tempi e metodologie indicate dall’Intesa interistituzionale tra Stato e Regione;
- il PTR qualifica i tipi di paesaggio e individua le Unità di Paesaggio che si presentano omogenee in base alle caratteristiche naturali e storiche ed in relazione alla tipologia, rilevanza e integrità dei valori paesaggistici;
- il PTR definisce per ciascuna Unità di Paesaggio la specifica destinazione d’uso mediante prescrizioni da recepirsi direttamente negli strumenti urbanistici comunali, nonché criteri e metodologie per la definizione in ambito comunale degli aspetti paesaggistici di dettaglio;
- la Regione ai fini di cui all’art. 135, comma 3, D.Lgs. 42/04 e s.m.i garantisce con l’Intesa di pianificazione che il PSC e il POC dei Comuni interessati dall’Unità di paesaggio abbiano i contenuti previsti dal PTR.
Il Capo III disciplina le attività di controllo e gestione dei beni soggetti a tutela, prevedendo coerentemente con le disposizioni nazionali l’obbligatorietà della preventiva autorizzazione per i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree tutelati con il PTR ai sensi dell’articolo 143 del D. Lgs 42/04 l’obbligo di sottoporre i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, affinché ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata l’autorizzazione a realizzarli. Si stabilisce in via generale la delega regionale al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche ai soggetti pubblici, che esercitano la funzione pianificatoria in forma associata, nonché ai Comuni, che abbiano provveduto all’adeguamento dei propri strumenti urbanistici al PTR. In caso di delega ai Comuni, il parere della Soprintendenza di cui al comma 8 dell’ articolo 146 del D. Lgs 42/04 resta vincolante.
Si dà risposta ai principi generali stabiliti a livello nazionale con l’istituzione delle commissioni locali per il paesaggio, di cui la Regione si fa promotrice per assicurare supporto ai soggetti delegati al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche. Le Commissioni sono costituite per ambiti sovracomunali e sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio.
Il Capo IV regolamenta la prima applicazione e porta le opportune norme transitorie. Stabilisce l’Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in via transitoria, fino alla operatività in ambito comunale del piano paesaggistico, con una regolamentazione che riconferma l’ attuale delega ai Comuni, parzialmente ampliata.
La Parte IV disciplina la potestà regolamentare della Regione sia in materia urbanistica, che per l’attività edilizia e per il paesaggio.
Il ddlr fissa i principi generali in base ai quali opererà il regolamento, stabilisce criteri, tempi e materie. Nello specifico dovrà definire in dettaglio le seguenti materie:
a) soglie di interesse regionale;
b) contenuti del DPP;
c) procedura e funzionamento della Conferenza di pianificazione;
d) contenuti e procedura dell’Intesa di pianificazione;
e) contenuti ed elaborati di PSC, POC e PAC;
f) procedure di armonizzazione dei piani territoriali infraregionali;
g) metodologie informatiche di rappresentazione degli strumenti di pianificazione;
h) banca dati del SITER;
i) tecniche di pianificazione sovracomunale;
j) termini e procedure di adozione ed approvazione degli strumenti di pianificazione;
k) intese interistituzionali;
l) Osservatorio;
m) certificato di conformità urbanistica dei lavori pubblici da eseguirsi dalle amministrazioni statali, da enti istituzionalmente competenti, dall’Amministrazione regionale e da quelle provinciali, nonché dai loro formali concessionari;
n) parametri urbanistici ed edilizi;
o) commissione edilizia;
p) regolamento edilizio;
q) sportello unico;
r) certificato urbanistico;
s) elaborati progettuali a corredo dei titoli abilitativi;
t) controllo e vigilanza sull’attività edilizia e relative sanzioni;
u) autorizzazione edilizia in precario;
v) convenzione tipo per l’edilizia abitativa convenzionata.
w) composizione e funzionamento delle Commissioni locali per il paesaggio;
x) procedura e termini di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
Il regolamento è emanato entro centoventi giorni dalla pubblicazione della legge, previo parere delle competente Commissione consiliare. La Commissione consiliare esprime il parere entro sessanta giorni dalla data di ricezione della relativa richiesta. Decorso tale termine si prescinde dal parere.
Sono abrogate, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento le disposizioni vigenti, anche di legge, con esso incompatibili, espressamente indicate nel regolamento medesimo.
La Parte V si occupa infine delle numerose norme di legge oggetto di modifica ed abrogazione e detta le disposizioni finali.