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Eddytoriale 69 (9.4.2005)
21 Agosto 2005
Eddytoriali 2005
Al primo turno delle elezioni per il comune di Venezia avevo molte incertezze, e le ho espresse. Giunti al ballottaggio ho deciso: voterò Felice Casson. Ecco perché. Adesso non si discute più di scegliere tra un ventaglio di opzioni politiche, ma tra due nomi. Entrambi appartenenti allo stesso schieramento. Entrambi espressione degli stessi gruppi politici locali: quelli che hanno governato la città, a mio parere malissimo, dal 1993.

Devo motivare questo giudizio di cattivo governo? L’ho già fatto in molte occasioni: i documenti sono in eddyburg. Li sintetizzo. Sulle scelte di fondo della città (il MoSE e la devastazione della Laguna, la sublagunare e la turistizzazione selvaggia della città, il destino di Porto Marghera e i provvedimenti da prendere per il rischio della chimica, la politica della casa e il rapporto con la proprietà immobiliare) le giunte che si sono succedute si sono rivelate incerte, divise, e fin dall’inizio sono prevalse le posizioni più corrive con il processo di mercantilizzazione della città e di subalternità rispetto ai poteri forti.

Il sindaco Costa è diventato il più fervido e tenace fautore di questa linea distruttiva, ma essa non è stata inventata all’ultimo momento. I primi atti sono stati compiuti quando era sindaco Cacciari. Tra le prime deliberazioni della sua giunta ci fu lo smantellamento (mediante il bulldozer dell’assessore D’Agostino) di tutti gli strumenti che avrebbero consentito di controllare le destinazioni d’uso: dalla revoca della delibera comunale di recepimento della Legge Mammì sui vincoli alle tipologie di attività commerciali e assimilabili nei centri storici, al piano regolatore della città storica che fu profondamente snaturato proprio sul punto del controllo delle destinazioni d’uso. Si avviò (con il progetto Giudecca) il rovesciamento della linea perseguita per un ventennio, con l’accordo di tutti:”nessuna casa nuova se non pubblica e per i cittadini veneziani”. Si avallò la proposta della sublagunare, utile solo ad aumentare l’afflusso del turismo “mordi e fuggi”. E si iniziò con l’atteggiamento remissivo nei confronti del MoSE (“è inutile opporsi, tanto non si farà mai”).

Potrei proseguire. Ma non è questo il punto: il punto è valutare oggi se – una volta constatata l’assoluta incapacità dei partiti, di tutti i partiti, di basare su una critica del passato una proposta diversa per il futuro – l’indispensabile elemento di discontinuità con il passato possa venire dal candidato Felice Casson o dal candidato Massimo Cacciari: poiché è tra questi due che dobbiamo scegliere.

Al primo turno non ho votato per nessuno dei due: il mio è stato un voto sprecato. Adesso non voglio sprecarlo. Non voterò Cacciari, perché è lui che ha avviato la linea che critico, perché è lui che ha abbandonato il campo a metà legislatura, perché è lui che ha incoronato Costa nominandolo suo erede, perchè è lui che ha abbandonato la politica dell’urbanistica all’uomo che rappresenta il più robusto elemento di continuità tra le prime giunte cacciariane e l’ultima.

Voterò invece Felice Casson. Perché è l’unico possibile elemento di discontinuità con il recente passato, pur nella fedeltà ai valori di difesa della città che tutti professano e che lui non ha tradito. E perché ho seguito il suo lavoro di magistrato con stima, con partecipazione, con il costante riconoscimento del suo valore civile: che non può essere estraneo ad alcun mestiere e ad alcun ruolo. Perché ciascuno di noi, quale che sia il suo lavoro, quale che sia la delicatezza del suo ruolo, è innanzitutto un cittadino. Spero vivamente che il cittadino Casson sia eletto sindaco di Venezia, e che sappia dimostrare nel governo della città la stessa autonomia che ha caratterizzato il suo lavoro di magistrato.

E voterò Casson anche perché il suo antagonista ha dichiarato recentemente (8 aprile 2005) che “gli elettori di destra certamente preferiscono Cacciari”. Io sono un elettore di sinistra.

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