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Eddytoriale 174
16 Ottobre 2017
Eddytoriali 2013-
Che cos'è il MoSE? Che cos'è il Consorzio Venezia nuova? Siete sicuri di saperlo? Proviamo a raccontarlo: sono storie non belle, nè per l'ambiente nè per il resto. Con riferimenti.

Che cos'è il MoSE? Che cos'è il Consorzio Venezia nuova? Siete sicuri di saperlo? Proviamo a raccontarlo: sono storie non belle, nè per l'ambiente nè per il resto. Con riferimenti

Il MoSE (Modulo sperimentale elettromeccanico) è noto all’estero come un meraviglioso sistema di alta tecnologia capace di salvare Venezia dall’acqua, ed è noto in Italia per essere l’emblema della Grandi opere inutili e dannose. Gli italiani, essendo più vicini alla realtà, sono più vicini al vero, ma neanche la maggior parte di loro sa bene quali sono i reali danni che il MoSE sta portando alla Laguna e alla città.

Meno ancora si sa che cos’è il Consorzio Venezia nuova (CVN), cioè l’attore cui sono stati affidati la progettazione, la costruzione e la gestione del MoSE. A dire il vero sul consorzio la stampa, soprattutto locale, si è soffermata con qualche attenzione a proposito di alcuni scandali individuati e colpiti dalla magistratura per quanto riguarda alcuni episodi di mazzette, o tangenti, distribuite con una certa larghezza ai possibili facilitatori dell’impresa. Scandali ben più limitati e modesti del gigantesco scandalo rappresentato dal MoSE nel suo complesso, sul quale vogliamo invece soffermarci.

Vogliamo occuparcene in riferimento a tre aspetti: (1) il profondo errore compiuto nella scelta di quel sistema per affrontare il problema della salvaguardia della città e della sua Laguna; (2) il pesante aggravamento dell’errore nel decidere a chi affidarne la progettazione e realizzazione; (3) l’esteso processo di corruzione della maggioranza degli attori, che hanno operato (e continuano ad operare) nella città.

1. “Tecnologia innovativa” versus ecologia
Nell’ampio dibattito, che seguì al traumatico evento del 1966,quando un’alta marea eccezionale e una pioggia di inusitata intensità sul bacinogrondante in Laguna minacciarono di cancellare Venezia, si erano manifestate due visioni alternative sugli interventi da effettuare per salvarela Laguna e la sua città, destinate ad essere cancellate.
Emerse immediatamente un conflitto tra una logica sostanzialmente meccanicistica,che tendeva a isolare i problemi e a dar loro soluzioni indipendenti efortemente ingegneristiche, e una logica sistemica, che si proponeva di evidenziare le correlazioni tratutte le dinamiche in atto, e quindi tra tutti i problemi da affrontare, la quale pretendeva una predefinizione globale, e costantemente ricalibrabile,di tutti gli interventi e le azioni da prevedersi, per collocarle in sequenzetemporali che ne garantissero ed esaltassero le sinergie positive.

Il Comune di Venezia aveva affidato nel 1982, a un gruppo di studiosi (con la direzione scientifica di Andreina Zitelli e il coordinamento politico-amministrativo di Luigi Scano) il compito di elaborare un progetto fortemente guidato sulla visione ecosistemica del problema. Da questo emerse il rapporto Ripristino, conservazione ed uso dell'ecosistema lagunare veneziano, che divenne da allora l’approccio di riferimento del Comune.

2. L'affidamento dei lavori alla banda CVN

Nello stesso anno, il 1982, mentre il Comune di Venezia lavorava in una direzione coerente con la natura e storia millenaria del suo governo, quattro imprese - variamente legate al mondo del cemento armato - si erano consorziate a formare il Consorzio Venezia Nuova (CVN): Italstrade, Grandi Lavori Fincosit, Società italiana per Condotte d'Acqua e Mazzi Impresa Generale di Costruzioni. E poco dopo, nel 1984, mentre il Parlamento discuteva ancora sulle modalità con qui affrontare il problema della salvaguardia della Laguna, il ministro Franco Nicolazzi affidava al CVN la concessione di tutte le  opere e gli interventi necessari.Ecco dunque che tutto il potere (e i finanziamenti) vengono attribuiti al Consorzio Venezia Nuova.

L’affare era grosso, due anni dopo il regalo del ministro Nicolazzi si erano aggregate alla banda iniziale,altre grandi aziende pubbliche e private tra le quali Italimpresit, Italstrade, Mantelli Estero, Girola, Lodigiani, quindi Impregilo, Impresa di costruzioni Ing. E. Mantovani, consorzi e cooperative tra i quali Consorzio Cooperative Costruzioni, Consorzio Costruttori Veneti, Consorzio Veneto Cooperativo, Consorzio Grandi Restauri Veneziani.

Acquisito il potere, nel 1985, il Consorzio si adorna di un nuovo presidente, Luigi Zanda,  persona garbata e accattivante, che si avvalse delle sue relazioni e della sua indubbia capacità di adoperare cultura e munificenza per rendere appetibile l’immagine del Consorzio, e quest’ultimo comincia a spendere.

3. I danni

Il primo danno, ne abbiamo già parlato su eddyburg ampiamente,  è la devastazione ambientale e la rottura del legame ecologico tra l’habitat del mare e quello della Laguna, conseguente all’aver scelto la logica ingegneristico-tecnologica invece di quella olistica ed ecologica. Un danno irreversibile: nessuno potrà mai rimuovere le gigantesche strutture di calcestruzzo nelle quali sono innestate le paratìe mobili, corrispondenti a un edificio alto una decine di metri, inserite nei fondali in corrispondenza delle tre “bocche di porto”.

L’entità di questo danno è ulteriormente aggravato dal fatto che non è per nulla sicuro che il sistema progettato sia realmente attivabile senza rischi ancora maggiori di quelli dell’alta marea eccezionale. Esistono infatti notevoli dubbi, tecnicamente e scientificamente mai fugati, sulla tenuta delle cerniere che legano i portelloni mobili al basamento.

Il secondo danno è la spesa addossata al contribuente. Per la realizzazione del MoSE il “concessionario dello Stato” ha ricevuto, e speso, 5.500 milioni di euro. Recentemente è stata valutata la spesa necessaria per la sola manutenzione dell’opera: si tratta di 80 milioni di euro all’anno: con quest’ultima cifra si potrebbero costruire quattro ospedali all’anno, non pensiamo a ciò che si sarebbe potuto realizzare di opere civili e utili con il costo complessivo dell’opera.

Il terzo danno, attualmente non comprovato da documenti, ma assai probabile in quanto sono innumerevoli gli episodi citati dai veneziani, è costituito dalla gigantesca azione di corruzione esercitabile (e certamente in gran parte già esercitata) sulla società veneziana. Certamente l'esuberante entità della somma in gioco e la discrezionalità nel maneggiare i cordoni della pingue borsa concorrono a rendere questa ipotesi una possibilità concreta. Il CVN non è concessionario dello Stato per il solo MoSE, il complesso degli interventi che gli sono stati attribuiti (ripetiamo, senza alcuna gara d’appalto o altra forma di pubblico confronto) è di circa 8.333 milioni di euro. A fronte di questi soldi, meccanismi non trasparenti, interessi enormi e racconti di favori; sono molti i dipartimenti universitari e le altre istituzioni culturali, gli istituti di ricerca, gli studi professionali, le testate giornalistiche e altri organi d’informazione che hanno goduto di benefici e contributi, diretti o indiretti,  dal CVN.

Del resto, non si comprenderebbero altrimenti fenomeni che hanno accompagnato la storia dei “favori” che al CVN sono stati fatti dalle università e dalla stampa nazionale. Né sarebbe possibile spiegare le ragioni per cui progetti alternativi al MoSE, molto meno costosi, più facilmente rimovibili e privi di impatto ambientale, siano stati scartati dopo il ferreo accordo stipulato dal ministro Nicolazzi con il CVN. Chi scrive ricorda che a un’intervista molto critica del MoSE che rilasciò alla Repubblica, il giornalista si vide inserire nel suo articolo-intervista un box che celebrava le qualità del lavoro svolto dal CVN. Ed è facile definire “favore” al CVN l’iniziativa dell’università Iuav di progettare la trasformazione in residenze turistiche del villaggio temporaneo per gli operai impiegati per la costruzione del MoSE su una riserva naturale. Secondo la convenzione stipulata dal CVN col Comune, questo villaggio avrebbe dovuto essere demolito a cura e spese del CVN, ripristinando le condizioni della riserva naturale.
Concludiamo questo articolo all'indomani di una grande manifestazione popolare a Venezia contro le Grandi Navi. Del MoSE si è parlato solo marginalmente. Ma i movimenti che hanno partecipato a questa iniziativa hanno compreso e vogliono far comprendere sempre meglio che le grandi opere come il MoSE, le Grandi Navi, i nuovi canali in Laguna e il consolidamento di quelli esistenti (come quello dei petroli) sono tutti mossi dagli stessi interessi finanziari e ugualmente complici nella distruzione dell'eco sistema lagunare di Venezia e senza contribuire alla qualità della vita dei suoi abitanti.

Riferimenti


Di seguito i link di alcuni articoli di approfondimento: Edoardo Salzano, Il Mose, storia di un conflitto tra interesse privato e natura, ottobre 2005; Eddytoriale 103, aprile 2007; ArmandoDanella, MoSE: prima che sia troppo tardiluglio 2010. Vedi inoltre qui, nella cartella   del vecchio eddyburg e qui, nella cartella  dell'attuale archivio, tutti gli articoli pubblicati da eddyburg sul MoSE. 

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