Una corrispondenza per eddyburg sulla giornata del suolo, organizzata da ISPRA, a Roma il 13 luglio. Come accade troppo spesso, a parole tutti si dichiarano consapevoli della posta in gioco. Ma non seguono fatti concreti. (m.b.)
Il SoilDay organizzato da Ispra in collaborazione con l’Ordine degli Architetti di Roma ci invita a riflettere e a fare rete sul problema di un suolo che non c’è più, alla scala locale come a quella globale.
Le principali parole chiave proposte nei dibattiti a più voci tra politici, tecnici, istituzioni di ricerca (Ispra, Cresme, Dipse) e associazioni (Legambiente, Wwf, Fai, Slow Food Italia, Salviamo il Paesaggio, Touring Club, Cia, Coldiretti, Copagri, Conaf) diversamente impegnati su questo tema, sono state: il suolo come tema centrale per il futuro del Paese, il rapporto tra aree urbane ed extraurbane, ma soprattutto il contenimento del consumo di suolo come responsabilità improrogabile per una rigenerazione etico-culturale senza la quale nessuna legge potrebbe garantire quel “consumo zero” entro il 2050 che l’Italia, come gli altri Paesi dell’UE, si sono impegnati a raggiungere nella Conferenza di Parigi del 2015.
I dati del Rapporto annuale 2016 (Ispra) fotografano un Paese tristemente conosciuto che, nonostante la crisi e la decrescita, continua a consumare il proprio suolo a una velocità di 4mq/sec in termini di superficie agricola vitale e di qualità inesorabilmente persa. Il nostro Paese si posizione al 5° posto in Europa (dopo Irlanda, Belgio, Lussemburgo e Germania) per percentuale di consumo di suolo (7%), pur avendo una larga parte del territorio costituita da colline e montagne.
Ma quali sono le conseguenze in termini di perdita di servizi ecosistemici e quali i costi di questo veloce progredire? E soprattutto quali sono le politiche che l’Italia è in grado di mettere in campo per il contenimento del consumo di suolo?
Ispra, nel rapporto 2016, ha contabilizzato in 800 milioni di euro l'anno i costi della mancata regolamentazione del consumo di suolo, dovuti alla perdita di produzione agricola, all’erosione, alla mancata infiltrazione dell’acqua, agli effetti sul microclima urbano.
Quanto alle politiche, la principale risposta a scala nazionale è affidata al Ddl “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato”, (in gestazione da più di quattro anni, non certo per colpa del bicameralismo per difetto) e ora in discussione al Senato. Nella versione approvata dalla Camera, il Ddl presenta criticità sostanziali a partire dalla stessa definizione di suolo (con quella attuale verrebbe non considerato circa il 50% di suolo artificializzato), evidenziate con forza dal mondo dell’associazionismo che richiede modifiche sostanziali. Seppur più volte sia stato ricordato dagli stessi relatori del Ddl che non si tratta di una nuova legge urbanistica, che è comunque meglio approvare una legge – anche se imperfetta - che c’è la volontà di apportare modifiche nel passaggio in Senato (fra gli argomenti citati: oneri di urbanizzazione, demolizioni…), rimane il dubbio che il testo così com’è non produca il cambiamento auspicato nelle forme di intervento nel territorio. Il rapporto Ispra sollecita a porre al centro dell’agenda politica il problema del suolo perduto, il “meno peggio” non può sempre essere considerato il risultato migliore.
Riferimenti
Il rapporto sul consumo di suolo 2016 è disponibile nel sito dell’ISPRA, dove - meritoriamente - l'Istituto hè scaricabile la cartografia del consumo di suolo relativa agli anni 2012-15.
Sulla giornata di studi organizzata da Ispra si vedano in eddyburg gli articoli di Paolo Berdini e Luca Fazio, ripresi da il manifesto. Sul disegno di legge, verso il quale eddyburg è radicalmente critico, si veda il recente intervento di Vezio de Lucia, con in calce i riferimenti alle numerose prese di posizione e disamine disponibili nel sito. Tutto quel che c'è da sapere sul consumo di suolo è riassunto in una visita guidata attraverso gli articoli e i documenti pubblicati in eddyburg.it.