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Ilaria Carra
A Segrate nasce il Westfield Milan centro commerciale da un miliardo
17 Agosto 2011
Milano
Mega-mall: le strategie particolari e la latitanza della pianificazione metropolitana. La Repubblica Milano, 17 agosto 2011, con postilla. (s.r.)

Un’alleanza che promette la nascita del centro commerciale più grande d’Europa, a due passi da Linate. L’hanno stretta il gruppo Stilo, controllato dal fondatore Antonio Percassi, e l’australiana Westfield, uno dei maggiori gruppi mondiali del comparto. Quello che nascerà sarà uno shopping center di 170mila metri quadrati sull’area dell’ex dogana nel centro di Segrate, da anni abbandonata, e si chiamerà appunto Westfield Milan. È previsto l’insediamento di centinaia di negozi di livello medio-alto, soprattutto di lusso: Prada, Versace, Gucci e Armani sono alcuni dei marchi che potrebbero aprire proprio nel nuovo mall a due passi dall’Idroscalo.

Sull’area lo stesso gruppo Percassi aveva previsto una cittadella del tempo libero, con negozi, ristoranti, multisala, teatro, albergo e spa, progetto che sembra abbandonato a favore di quello nuovo, per cui è previsto un investimento da 1,25 miliardi, con 5mila posti di lavoro sia per i lavori che per la gestione: Westfield ci metterà 115 milioni, in due tranche, il resto dovrebbe essere a carico del gruppo di Percassi, patròn dell’Atalanta. Inizio lavori, si annuncia, nel 2012, la fine per l’Expo 2015, quando forse, a Forlanini, arriverà anche la fermata del metrò 4.

Il progetto, di cui si parla da anni, desta preoccupazione tra i residenti per il traffico che potrebbe generare. Inizialmente previsto sull’area davanti alla sede dell’Ibm, a San Felice, il piano fu modificato per l’opposizione degli abitanti: al posto del mall sorgeranno case, realizzate sempre dal gruppo di Percassi. Soddisfatto dell’operazione il Comune di Segrate, di lì passerà la parte finale della Brebemi e ancora mancavano i fondi per la viabilità locale da Pioltello verso Milano, svincoli e pure percorsi ciclopedonali: «Così, con gli oneri, abbiamo trovato gli 85 milioni per la viabilità speciale legata alla Brebemi - spiega Adriano Alessandrini, sindaco di Segrate (centrodestra) - da Pioltello fino allo svincolo di Lambrate realizzeranno la nuova Cassanese, 3 chilometri in galleria e trincea che alleggeriranno il traffico su Segrate. Poi con gli altri oneri di urbanizzazione realizzeremo altre opere utili».

Ma non tutti fanno i salti di gioia. Tra questi, i cittadini della frazione di Tregarezzo, decine di famiglie che vivono a bordo della Cassanese che attendono da anni di sapere il loro destino quando la Brebemi passerà vicino alla loro finestre: «Ci avevano promesso la delocalizzazione proprio sull’area dell’ex dogana dove faranno il centro commerciale - critica Daniela De Stefani del comitato Tregarezzo - ma evidentemente avevano altri piani e noi ancora non sappiamo che fine faremo».

postilla

Il Comune di Segrate nasce con l’ondata migratoria “interna” del Secondo Dopo Guerra, quando molti immigrati milanesi, a causa dei prezzi delle case e della scarsa qualità dei servizi offerti da Milano, si stabilirono nella prima corona suburbana. Una rapida lettura dei dati demografici di Segrate (6.950 abitanti nel 1961, 32.368 nel 1991, fino ad arrivare agli oltre 34.000 residenti di oggi) può agilmente spiegare alcuni problemi che questo territorio, cresciuto troppo in fretta, si porta dietro da decenni: frammentazione territoriale e sociale, congestione, assenza di gerarchia urbana, ecc. Di fatto Segrate è un agglomerato di diversi quartieri (uno dei quali, certamente il più glamour, è Milano2) e cittadelle (come il S. Raffaele, nell’ultimo periodo certamente meno glamour che in che in passato), che si caratterizzano per il carattere monofunzionale e autoreferenziale; un insieme di recinti chiusi, a sé stanti, dipendenti dall’automobile e generatori di traffico.

Qualcuno penserà che siano i soliti commenti di qualche fanatico e benpensante urbanista che, alle soglie della Grande Milano, è contrario alle regole dell’economia e del mercato. E invece non è altro che il riassunto delle centinaia di pagine, prodotte per il futuro Piano di Governo del Territorio di Segrate, nelle quali, con qualche giro di parole in più, si indica la necessità di intervenire per riconnettere le diverse parti della città trasformando quello che ora si presenta come un “arcipelago suburbano” in una “cittadina più compatta, con un’adeguata dotazione di servizi: trasporto pubblico più efficiente, verde, strutture civiche e sociali”.

Ma, come spesso accade a queste latitudini lombarde, dove sembra che la crisi abbia ulteriormente rafforzato quei venti di sregolazione e speculazione che qui soffiano da oramai un ventennio, i progetti che vengono realizzati se ne infischiano delle analisi e delle indicazioni contenute nei piani urbanistici. Ed ecco il nuovo centro commerciale del gruppo Percassi, che promette di diventare lo shopping center più grande d’Europa e che, oltre a fare una serrata concorrenza alle altre strutture commerciali esistenti nei paesi limitrofi (peraltro non poche!), planerà come un’astronave in un’area dismessa, ex proprietà delle Ferrovie dello Stato, che la nuova viabilità in cantiere (Bre.Be.Mi. e T.e.e.m.) renderà fortemente appetibile per la sua posizione strategica-

Non resta che aggiungere un altro esempio, the Westfield Milan case , all’elenco delle “occasioni perse” di questo territorio, quello del margine est della regione urbana milanese, che, ancora oggi, appare piuttosto incerto e indefinito a causa del suo passato industriale che ha lasciato in eredità numerosi vuoti urbani da ripensare, ma che rischia sempre più di soffocare a causa di una serie di operazioni immobiliari miopi e localistiche. L’area ex dogana di Segrate, una delle aree dismesse di maggiore estensione di questa zona, diventerà un altro caso di speculazione immobiliare di stampo ambrosiano nonché l’ennesima occasione mancata per elaborare un modello di sviluppo che guardi al futuro con politiche territoriali di più ampio respiro che, da un lato sappiano guidare uno sviluppo di qualità e, dall’altro, rompano quel circolo vizioso, imparato oramai così bene da molti amministratori locali, che ha reso la finanza immobiliare la principale entrata dei bilanci comunali. (s.r.)

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