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Mario Pirani
Riformismo urbanistico, Le rose e le spine
11 Dicembre 2005
Articoli del 2004
Pirani ascolta una sola delle campane che suonano nell'urbanistica italiana: gli piacciono il MoSE, l'auditorium di Ravello, la spalmatura delle cubature sull'agro romano. Speriamo che non parli di legge urbanistica. Oggi su la Repubblica del 24 maggio 2004

"Governare la città, rilanciare la modernità", questo il tema di un seminario promosso a Roma dalla Facoltà di Architettura-Valle Giulia e dal Comune e che ha visto la partecipazione di alcuni fra i maggiori urbanisti italiani ed europei. Da noi questa disciplina è entrata in crisi con il venir meno dell´afflato innovatore del primo centrosinistra, quando il "Progetto ´80" (elaborato dall´équipe della Programmazione, diretta da Giorgio Ruffolo con Antonio Giolitti come ministro e Giuliano Amato tra i principali collaboratori), che disegnava gli sviluppi programmatici dell´Italia prossima ventura, venne riposto e bollato come un libro dei sogni, lasciando campo libero a una deregulation selvaggia e irrazionale del territorio, cui si è contrapposta non la razionalità riformista ma il fondamentalismo agitatorio di stampo massimalista, tutto incentrato sulla conservazione immobilistica dell´esistente. L´urbanistica italiana, ripiegata, tranne qualche eccezione, a studiare le realizzazioni che da Barcellona a Siviglia, da Parigi all´asse Rotterdam-Amsterdam dimostravano che in Europa essa restava vitale, ha cercato con il seminario di Roma di riproporsi alle istituzioni come asse portante di una politica riformistica delle città.

Anche se molto schematicamente val la pena elencare alcuni temi che ho potuto cogliere.

1) La contrapposizione non è più quella degli anni ´50 e ´60 tra chi difendeva gli interessi della rendita fondiaria e chi, invece (legge Sullo) voleva piani urbanistici obbligatori, resi possibili dal diritto pubblico di esproprio generalizzato.

2) Oggi lo spartiacque passa in primo luogo all´interno della sinistra, tra riformisti, propugnatori di una "città possibile", frutto di una "perequazione" tra interesse pubblico e interessi privati, e i fondamentalisti della conservazione a oltranza, abbarbicati, laddove accettano si costruisca qualcosa, all´esercizio dell´esproprio. In questo braccio di ferro paralizzante si è inserito Berlusconi con la nuova legge sulle grandi opere, in bilico tra progetti indispensabili da riavviare e sprechi mostruosi quanto inutili e dannosi come il ponte sullo Stretto.

3) La legge sulla elezione diretta dei sindaci ha, peraltro, ridato spazio e tempo a una progettazione urbanistica che, dove la cultura riformista ha prevalso, può vantare risultati straordinari. Il caso più esemplare è Genova, una città ieri depressa dalla crisi delle aziende Iri e del porto e che, dalle Colombiadi del ´92 al Vertice del G8 nel 2001, al Festival della Scienza e alla proclamazione di capitale europea della cultura per il 2004, è riuscita a cambiare radicalmente volto, a «riconquistare il mare» con le opere di Renzo Piano, la trasformazione dei magazzini del cotone, la costruzione dell´Acquario, dei musei della Navigazione e dell´Antartide, a riqualificare una buona parte del suo splendido centro storico, a proiettarsi verso il futuro con il progetto Leonardo e annesso Tecnology Village e l´annunciato Istituto italiano di Tecnologia. La passione di un bravissimo sindaco, Giuseppe Pericu, e del suo assessore all´urbanistica, il prof. Bruno Gabrielli che sulla base di un «piano strategico» hanno saputo infondere la loro «visione» alla cittadinanza, ha reso possibile il miracolo.

L´altro grande esempio, richiamato nel dibattito, è Roma. Nella Capitale sia la giunta Rutelli che quella Veltroni hanno operato un riuscito rilancio dell´immagine culturale della città (musei, mostre, recuperi e restauri ecc.). Ma il punto forse più qualificante è stato il varo del nuovo piano regolatore che si articola, da un lato, sull´idea delle «nuove centralità» nelle periferie e su una rete di trasporti che prevede 4 linee di metro e 3 di ferrovie urbane, dall´altro, su un compromesso «perequativo» con i privati che in cambio dei permessi di edificabilità, secondo progetti urbani definiti, in talune zone, cedono gratuitamente al comune grandi spazi verdi dove, a loro spese, vengono creati nuovi parchi o altre infrastrutture di interesse generale. Su questa base, in cambio di una zona edificabile oltre l´Eur, sono in fieri due grandi parchi sulla Cassia e al Nomentano. I fondamentalisti del «tutto o niente» che, assieme ai riformisti, fanno parte della maggioranza, hanno però imposto ultimamente l´accantonamento della «perequazione», sostenendo che si deve procedere per esproprio, senza nulla concedere. Non spiegano, però, dove si possono reperire i 4000 miliardi di vecchie lire occorrenti per gli eventuali espropri. È evidente, quindi, che il nucleo del piano regolatore si gioca sul ripristino di questa premessa. La rosa riformista ha molte spine.

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