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Giorgio Bocca
Il tirannello di Vittorio Alfieri
11 Aprile 2004
I tempi del cavalier B.
Giorgio Bocca descrive il nostro paese nella rubrica “L’Antitaliano”, su l’Espresso del 12 luglio 2003. “La descrizione fatta dal grande antitaliano di Asti è la fotografia dell´Italia di oggi. Con una moltitudine di schiavi che già si allineano”.

È meglio pensarla come Vittorio Alfieri o come Silvio Berlusconi? È meglio pensarla come chi pensa o come chi fa in politica il gioco delle tre carte? Noi preferiamo il grande antitaliano di Asti che nel 1789 pubblica a Firenze ´Della tirannide libri due´ dove al libro primo capitolo secondo si legge: "Tirannide indistintamente appellar si debbe ogni qualunque governo in cui chi è preposto alla esecuzione delle leggi può farle, distruggerle, interpretarle, impedirle, sospenderle o anche soltanto eluderle, con sicurezza di impunità. E quindi o questo infrangi-leggi sia ereditario o elettivo usurpatore o legittimo; uomo buono o tristo; uno o molti a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva che basti a ciò fare è tiranno; ogni società che lo ammetta è tirannide; ogni popolo che lo sopporta è schiavo".

Esattamente così. Questa la fotografia dello stato delle cose nell´Italia al principio del Ventunesimo secolo: gli schiavi sono in numero abbondante e gli va benone. C´è stato di recente un cambio del pilota al ´Corriere della Sera´. Cacciano un direttore che ha avuto il coraggio di rifiutare un invito a cena del senatore Previti quello che "Mai mai mai avrebbe corrotto un giudice" e al suo posto nominano un notista politico romano, giornalista di vari e ben noti talenti che ha questa concezione, italianissima, del giornalismo politico: esporre con maestria e metodo il passaggio vario e demenziale della politica italiana, senza fare la minima imprudenza di ricercarvi una trama, un filo conduttore.

Una idea del giornalismo antica e radicata, già teoria di un altro direttore celebre il Missiroli, il direttore ´andata e ritorno´ come lo chiamavano, che nella prima colonna, sia pur con la dovuta prudenza, accennava a una scelta politica e nella seconda con più calcolata prudenza la smentiva.

E subito è stato un invio di lettere, dichiarazioni, messaggi, congratulazioni dei politici al nuovo direttore, perché ai politici di cosa si scriva e si pensi politicamente al ´Corriere´ non importa un fico secco, gli importa che sia un giornale a grande tiratura e che la direzione abbia un´attenzione di riguardo alle loro miserevoli ambizioni. Anche il ricostruttore del comunismo Bertinotti, anche il suo attuale distruttore in carica D´Alema, tutti pronti a rinnovare la loro profonda stima all´´autorevole quotidiano´ che ai tempi della guerra fredda pubblicava le corrispondenze dalla Russia di Vittorio G. Rossi in cui raccontava che i comunisti avevano degli occhi "come iniettati di benzina, aggressivi e velenosi".

Agli schiavi l´identikit del tirannello fatto da Vittorio Alfieri va benone, gli sembra calzante solo che, alla fin dei conti, non gli dispiace affatto, è il loro modello, uno che piange miseria e persecuzioni essendo diventato un riccone e potentissimo grazie ai politici che disprezzava ma che pagava.

L´allineamento degli schiavi è in corso avanzato, basta saper leggere i giornali, specie le notizie un po´ nascoste per via di quel poco che resta di vergogna: per esempio che a un´iniziativa milanese neo fascista per una pretesa parità dei diritti fra uomini e donne sono accorsi grandi finanzieri, gente dello spettacolo, persino la compagna del più brechtiano degli attori, facendo finta di aderire a una campagna civile e non alla propaganda di quel partito di raccolta della borghesia conservatrice che è diventato Alleanza nazionale.

Proprio così. Si fa finta di non vedere che alla televisione stanno tornando i cortigiani di Craxi, che in tutti i premi letterari e giornalistici della penisola arrivano i redattori del ´Secolo d´Italia´ e che ´Il Foglio´ pubblica una memoria nostalgica e zuccherosa del camerata Anfuso che stava a Berlino, ambasciatore di Salò, con i fucilatori di partigiani.

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