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Rick Bishop
Ma la Smart Growth e lo Sprawl non possono convivere?
20 Agosto 2006
Consumo di suolo
Con qualche semplificazione, note per un approccio meno "ideologico" all'insediamento diffuso. Planetizen, 19 dicembre 2005 (f.b.)

Titolo originale: Can't Smart Growth And Sprawl Just Get Along? Traduzione di Fabrizio Bottini

Scorriamo la lista delle cose che fanno aggrottare la fronte alle persone. I serial killer. Di sicuro i terremoti. La dissenteria. E, naturalmente, abitare ad alte densità.

Dimentichiamoci dell’articolo isolato sui giornali di tutto il paese che presenta entusiasticamente i “nuovi” complessi mixed-use che spuntano qui e là. Il fatto stesso che gli insediamenti ad alta densità e a funzioni miste compaiano sulla stampa – in altre parole il loro “fare notizia” – serve a mostrare come siano solo un elemento di novità. Sono nuovi perché sono diversi. E non entusiasmiamoci per i periodici istituzionali, i siti web o le newsletters per urbanisti che si concentrano su questi temi e li fanno diventare di moda. Sono cose lette soltanto da gente come noi.

Nonostante tutto questo parlarne, i progetti mixed-use e ad alta densità sono ancora l’equivalente, urbanisticamente parlando, del fenomeno da baraccone alla fiera di paese. Forse non a livello di “ freak-show, ma certo piuttosto lontani dal rappresentare una corrente principale. L’idea resta relegata nel campo del riuso urbano, spesso considerato soltanto come modo accettabile e sicuro per rivitalizzare aree sottoutilizzate e degradate.

La parte del leone, nel risentimento e diffidenza rispetto all’alta densità, tende ad essere attribuita ad una cultura NIMBY. Ma di recente a un incontro di urbanisti statali e regionali sul futuro della California, sono stato colpito dalla generale neutralità rispetto a questi tipi di progettazione, in particolare per la loro applicabilità agli interventi su aree non urbanizzate.

Parte del problema sta nel fatto che le questioni che ruotano attorno ai progetti mixed-use o ad alta densità sono state risucchiate in un vortice di denominazioni. Anziché semplicemente promuovere i molti benefici di questo tipo di interventi – ridurre gli spostamenti in auto, offrire varietà e prezzi inferiori per le abitazioni, migliorare la qualità dell’aria, dare più possibilità di spazi aperti e tutela paesistica, creare nuovi centri, solo per dirne alcuni – abbiamo passato molto tempo ad evitare di pronunciare “alta densità”, incorporando il concetto dentro a “progettazione orientata al trasporto pubblico”, “neotradizionalismo”, “città vivibili”, e poi “ new urbanism”, “ smart growth”, o “villaggi urbani”. Uno sforzo che ha prodotto risultati dubbi, se si considerano le varie interpretazioni che questi modi di dire hanno generato negli anni recenti.

In alcuni casi possiamo solo dire che è colpa nostra. Sono stato a più di una riunione dal titolo Smart Growth, solo per sentire relatori concentrati sull’uso delle linee di confine alla crescita urbana, per incanalarla o rallentarla. E se gli urbanisti non hanno strumenti per interpretare i termini, immaginiamoci cosa può fare in un colpo solo l’opinionista di un quotidiano a diffusione nazionale. George Will una volta ha scritto che “ Scopo della smart growth coordinata è di impedire alla masse di produrre liberamente alcuni effetti collaterali: disordine e anche volgarità. E l’innocuo concetto di pianificazione è quanto nasconde l’espressione governativa delle proprie preferenze e profezie - ovvero spesso arroganza ed errori – rese operanti”. Grandioso.

Troppo spesso urbanisti, cittadini e decisori sembrano considerare la smart growth un’opzione “tutto o niente” nelle discussioni sullo sviluppo. Nella loro forma più semplice, invece, i concetti smart growth dovrebbero essere tra i molti approcci possibili ed accettabili da parte delle amministrazioni locali per prevedere e organizzare lo sviluppo futuro. Nella zona occidentale della Riverside County, California, ad esempio, sappiamo dai sondaggi che l’85% dei potenziali acquirenti di case desidera una casa unifamiliare in un ambiente di tipo suburbano. Gli attuali modi di intervento nella regione corrispondono a questi desideri, e non c’è niente di sbagliato in ciò. Non c’è bisogno di usare la smart growth a cambiare le preferenze dell’85% che vuole decisamente il suburbio. Non sarebbe meglio concentrarsi su quel 15% degli intervistati che cerca qualcos’altro?

Urbanisti e amministratori devono trovare il modo di portare mixed-use e alte densità nella pratica corrente per rispondere a questi bisogni, sia nella ricostruzione delle aree esistenti, sia e specialmente nell’urbanizzazione di nuove. I progetti a funzioni miste e alte densità meritano uno spazio nelle nuove realizzazioni, e non devono essere considerate solo per rivitalizzare le parti di città abbandonate.



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