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Fabrizio Bottini
Autostrada Cremona Mantova Express: un esperimento di federalismo asfaltato
22 Gennaio 2005
Padania
Un'analisi (febbraio 2004) di un nuovo atto di trasformazione del territorio, inconsapevole dei suoi esiti. Con illustrazioni che fanno capire meglio e anche sorridere

Più o meno cent’anni fa, l’apprendista falegname Mario Bottini usciva tutte le mattine dalla sua casa di Cappella Picenardi, e dopo aver attraversato i campi in direzione sud incrociava la ferrovia, il relativo sentiero più comodo per “andare a bottega”, e poi se avanzava tempo anche a trovare la morosa Paola, a Torre Picenardi, un paio di chilometri a est. Il giovane Mario voleva fare qualcosa di diverso dalla maggioranza dei suoi compaesani contadini, e ci riuscì anche abbastanza bene, visto che la sua abilità di ebanista lo portò, dopo la

Grande Guerra e la crisi economica nelle campagne, a “riciclarsi” nella nascente industria aeronautica e a trasferirsi di un centinaio di chilometri: dalle campagne cremonesi all’allora selvaggio ovest delle brughiere di Malpensa. Non sapeva, mio nonno Mario, che molti anni dopo non solo la sua nuova casa e i campi attorno si sarebbero chiamati “Hub”, ma anche quella vecchia di Cappella De Picenardi, e il sentiero lungo i binari da Isolello verso Torre, avrebbero preso il nome di chilometro qualcosa di una assai poco futurista autostrada, destinata nientemeno che al futuro popolo “catalaino”, o a piacere “ucralano”: in altre parole quelli che percorreranno il Corridoio 5 Barcellona-Kiev. Forse ne sarebbe stato entusiasta di questa autostrada ucralana, nonno Mario, visto il suo pallino per le innovazioni tecniche, anche se fini a se stesse, ahimé. Un entusiasmo però non universalmente condiviso, come cercherò superficialmente di raccontare.

Veniamo, se non all’oggi, almeno all’altro ieri. Alla legge regionale lombarda n. 9 del 4 maggio 2001, Programmazione e sviluppo della rete viaria di interesse regionale, che recita all’articolo 6: “Si definiscono autostrade regionali le autostrade oggetto di concessione dall’entrata in vigore della presente legge, interamente ricomprese nel territorio regionale, che assolvano prevalentemente ad esigenze di mobilità di scala regionale, e che non siano oggetto di concessione nazionale”. Dunque mobilità regionale, diremmo quasi quasi locale in una prospettiva realistica di osservazione della mobilità e uso quotidiano dello spazio nella “megalopoli padana”. Ancora in altre

parole, comunicazioni viarie rapide ed efficienti, diciamo, fra Orzinuovi e Voghera, o fra Bormio e Casalpusterlengo. E invece, pare che la prima direttrice di tipo autostradale realizzata in questa logica si inserisca, come molti dicono e ripetono, dentro il Corridoio 5 Barcellona-Kiev, scivolato per l’occasione a ridosso del Po, ed esattamente fra Cremona e Mantova. Certo ogni parte si inserisce in un tutto, ma qui la cosa pare assai forzata, come sottolineano i critici.

Come ad esempio la parlamentare europea verde Monica Frassoni, che in una interrogazione alla Commissaria ai Trasporti, cita la delibera n. 7/9865 della giunta regionale lombarda (19 luglio 2002): “Il quadro programmatorio di livello europeo definisce tra gli obiettivi infrastrutturali prioritari la realizzazione del corridoio n. 5, altrimenti definito corridoio “del 45° parallelo” o “Barcellona-Kiev”“, il quale, nel transito italiano, corrisponde ad un attraversamento transpadano che deve verosimilmente essere risolto con passaggio a sud del nodo di Milano” (da: http://www.verdilombardi.org). Si chiedono, la Frassoni e gli altri dubbiosi, non è che questo corridoio si sta allargando un po’ troppo di qua e di là? È coerente con le strategie comunitarie, l’interpretazione lombarda? Macché, risponde nel luglio 2003 l’interessata Commissaria Loyola De Palacio: “il corridoio n. 5 non attraversa la Lombardia” (da: http://www.noautostrade.it). Ma a quanto pare l’opinione politica della Commissaria De Palacio non conta gran che per il puro pensiero scientifico, se all’inizio del 2004 la professoressa Anna Gervasoni, Direttore del Centro Trasporti, Università di Castellanza, afferma ancora perentoria: “un’importante opportunità per la Lombardia e per l’Italia nel suo complesso è


rappresentata dall’autostrada regionale Cremona-Mantova, poiché costituisce un tassello di quello che dovrebbe essere il grande asse di collegamento Barcellona-Kiev” (AL - Mensile di informazione degli architetti lombardi, gen-feb 2004, p. 6). Insomma, corridoio anticamera o tinello questa autostrada s’ha da fare a tutti i costi. Come commenta amaro un rappresentante dei comitati che si oppongono al progetto, non importa molto se la striscia d’asfalto porta a Barcellona, Kiev, oppure semplicemente alle spiagge adriatiche. L’importante è aprire cantieri (“Continuano a chiamarlo Corridoio 5 anche se finirà ad Albarella?”, Lettera di Ezio Corradi su Inprimapagina, settimanale di Crema, del 1 agosto 2003).

Tra l’autunno del 2002 e l’estate 2003, prima della convocazione della Conferenza dei Servizi, secondo l’assessore provinciale cremonese ai trasporti “si sono susseguiti molti incontri con i Comuni -, tra dicembre e gennaio si sono svolte audizioni frontali, sono state raccolte perplessità e osservazioni. Molte delle quali intercettate nel progetto di massima” (Da: http://www.welfarecremona.it). Ma, come di nuovo emerge dalle osservazioni dei critici, pare che il coinvolgimento dei comuni si sia attuato in una logica non correttissima di do ut des, dove i promotori dell’autostrada si impegnavano sostanzialmente a realizzare varie opere, che gli enti locali aspettavano invano da tempo, in cambio dell’assenso generale al progetto. Opere, specie quelle di miglioramento viabilistico, che in buona parte risolverebbero anche il non certo caotico flusso veicolare fra i due capoluoghi della bassa lombarda (Barcellona-Kiev permettendo, naturalmente).

Infine e per ora, la delibera di giunta regionale del 30 dicembre 2003 fa proprie “le determinazioni della Conferenza dei Servizi sul progetto preliminare relativo all’autostrada regionale «Integrazione del sistema traspadano direttrice Cremona-Mantova»”.

Insomma una faccenda contraddittoria a dir poco. E anche vagamente sinistra, a leggere un altro passo, di un’altra lettera spedita dall’animatore di comitati Ezio Corradi, secondo cui l’autostrada, improvvisa come una metastasi, “compare a luglio 2001 con una riga nera tra le due città all’interno del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale” (da: http://www.noautostrade.it). Ma tant’è: la delibera con cui la giunta regionale lombarda chiude l’anno 2003 approva il progetto preliminare di quei 67 chilometri.

La “riga nera tra le due città” come si può vedere nelle tavole allegate alla delibera, prodotte dalla Società Centropadane (leggibili sulla versione cartacea in vendita a circa 9 €, non certo nel microscopico PDF online), scorre entro un “corridoio” locale già infrastruturato, ma non certo nel nulla, e nemmeno in un ambiente che si possa definire in qualsiasi modo metropolitano.

Il tracciato di quella che, giocando sull’acronimo e citando i cartoni Warner, possiamo chiamare ACME, parte come articolazione della A21 Piacenza-Brescia, nella periferia orientale di Cremona, poco a nord della località San Felice, col casello A21 e l’incrocio della SS10 Padana Inferiore verso Mantova, che si è da poco staccata a sua volta dalla tangenzialina cremonese e relative rotatorie. ACME punta verso sud-est, superando quasi subito la SS10 (che punta invece leggermente a nord-est), e incanalandosi nel corridoio di campagna delimitato a nord dalla stessa Padana Inferiore, e a sud dalla ferrovia Cremona-Mantova, dal canale Offredi, e dalla via Postumia in uscita dalla città verso est.

Scavalcando e facendosi scavalcare, ACME prosegue serpeggiando ampia fino al chilometro 9 e al primo svincolo, in località Borgo san Giacomo, a incrociare una delle direttrici nord-sud, ovvero quella che dalla pianura bresciana dell’Oglio-Mella scende verso il ponte Giuseppe Verdi a San Daniele Po, e la zona del bussetano-parmense. Al km 13, all’altezza del comune di Cappella Picenardi, esattamente fra Vighizzolo e Isolello, ACME scavalca la ferrovia Cremona-Mantova, iniziando a scorrere a sud, anziché a nord del tracciato, più o meno dove camminava cent’anni fa nonno Mario Bottini, e dove ora c’è un passaggio a livello che consente di risalire dal tracciato della Postumia, attraverso il capoluogo di Cappella, fino alla SS10 Padana un paio di chilometri più a nord. L’autostrada prosegue formando quasi un corpo unico col tracciato ferroviario (salvo scostarsi leggermente per questioni tecniche di sovrappasso), fino al km 21, sui margini occidentali dell’abitato di Piadena, quando piega decisamente verso sud,

disegnando una specie di contraltare meridionale alla tangenzialina nord della SS10, e immettendo alle rampe del secondo casello, che incrocia la seconda direttrice nord-sud, ovvero la statale Brescia-Casalmaggiore, serve l’adiacente zona industriale di Piadena a meridione della ferrovia Cremona-Mantova, e al km 25 scavalca un’altra ferrovia: la Brescia-Parma. Dopo questo nodo piuttosto complesso e intricato, ACME geograficamente risale verso nord, mentre fisicamente scende per un tratto in trincea, fino al km 28 dove risale fino a scavalcare di nuovo la ferrovia Cr-Mn e a unificare dopo un altro chilometro il tracciato con quello di un’altra autostrada contestatissima: la Ti.Bre., ovvero Tirreno-Brennero, per cui si rinvia almeno ai materiali del sito dei Verdi già citato (e che affronta la questione Cremona-Mantova in stretto rapporto “sistemico”). Sul Ti.Bre. una sola, piccola e ironica annotazione. Una giornalista della Padania, decantando l’approccio “ambientalista” di entrambe le autostrade al territorio, si riferiva ripetutamente alla Tirreno-Brennero usando l’acronimo TRIBE - che vuol dire, come tutti sanno a partire dai giornalisti: tribù. Non è chiaro se, con il gustoso equivoco-neologismo, si riferisse più agli abitanti dei territori festosamente attraversati, o al gruppo dei promotori dell’infrastruttura ambientalista a due rami (Cfr. Lucia Colli, “Un’autostrada unirà Cremona e Mantova”, La Padania 21 febbraio 2003, p. 11).

Dopo lo svincolo Ti.Bre.-SS10, ACME sale verso nord est parallela alla ferrovia e alla statale, fra i territori comunali di Bozzolo e Marcaria, dove all’altezza del km 264 della Padana Inferiore tutti e tre i tracciati tagliano il Parco Oglio Sud, scavalcano con tre ponti paralleli il fiume a distanza di qualche centinaio di metri, dopodiché il Ti.Bre. si stacca e si invola solitario verso settentrione, il tracciato della Postumia romana e poi il veronese. Sotto tutto questo bendiddio in ferro cemento e asfalto, fra le anse dell’Oglio si deve adattare in qualche modo anche il parco regionale, con “la graduale successione delle specie vegetali mano a mano che ci si allontana dallo specchio d’acqua, indice di un loro sempre maggiore affrancamento da questo elemento: dal canneto, ai salici, agli ontani e pioppi bianchi, al querceto” (http://www.parks.it/parco.oglio.sud ).

Abbiamo superato da un po’ la metà strada dei complessivi 67 chilometri del percorso, e siamo entrati nella provincia di Mantova. Dopo il distacco dal Ti.Bre., al km 6 di questa terza tratta ACME ri-scavalca in corrispondenza di un casello-svincolo sia la SS10 Padana che la ferrovia Cr-Mn, per proseguire una decina di chilometri parallelo a sud dei due tracciati, fino al casello successivo in territorio comunale di Castellucchio. Siamo ormai piuttosto vicini all’area propriamente mantovana, ovvero di rapporto diretto col capoluogo, e per evitare (presumo) l’urbanizzazione più fitta il tracciato inizia da qui a percorrere un ampio arco di circumnavigazione che porterà ACME a incrociare le frazione meridionali del comune di Curtatone, e relative campagne, o la strada secondaria verso il ponte di Borgoforte in località Ponteventuno (curiosamente, siamo anche al km 21 della tratta autostradale: era destino) sul passaggio a livello della ferrovia Mantova-Verona, o infine la statale 62 della Cisa a sud dell’abitato di Virgilio, con relativo svincolo al km 25, e il percorso principale verso Borgoforte-Suzzara. Ancora cinque chilometri verso oriente, e in territorio di Bagnolo San Vito ACME si immette sul tracciato dell’A22 Autobrennero, qualche centinaio di metri a sud dello svincolo di cui si è già detto su eddyburg nel pezzo sui “Cugini di Campagna” dei factory outlet.

Dopo essere risalita lungo il tracciato della A22 fino all’altezza – più o meno – dell’attuale casello di Mantova Nord, ACME se ne stacca poco a sud del tracciato mantovano orientale della SS10 Padana Inferiore, e inizia l’ultima tratta, che in poco più di dieci chilometri arriverà in territorio di Castel d’Ario, capitale del riso alla pilotta e patria di Tazio Nuvolari (un altro che, come il nonno Mario, sarebbe entusiasta dell’autostrada). Ancora un chilometro a oriente, e la linea scura del tracciato si interrompe brusca, perché proprio un attimo prima di incrociare la fatidica linea della Statale 12, a Nogara, ACME perde la sua ragione sociale d’essere, ovvero la regione lombarda. Una troncatura che me ne ricorda un’altra, antichissima, a interrompere il futurista progetto di città lineare dal Duomo di Milano al Ticino, pubblicata dalla rivista Le case popolari e le città giardino nel 1910, che con sistemi di trasporto a rotaia su vari livelli e velocità avrebbe dovuto surclassare o complementare a scala interregionale lo storico asse del Sempione, sostituendo all’insediamento consolidato una versione italica dell’utopia di Arturo Soria y Mata. Anche quel disegno, che oltre ad accattivanti prospettive urbane riportava anche un “tracciato di massima” territoriale, si interrompeva brusco sull’arida sponda del Ticino, come ACME alla periferia di Nogara. Ovviamente ci sono ampie rassicurazioni sul raccordo e proseguimento (e l’ovvia risalita verso la sponda dell’alto Adriatico) del percorso oggi molto imperfettamente servito dalla SS10 e poi dalla Monselice-Mare, ma restano comunque le battute polemiche, di chi si chiede se il Corridoio 5 non finisca a Kiev, ma ad Albarella.

Tutta questa descrizione del tracciato, non aveva comunque come scopo quello di contrapporre l’idilliaca campagna al devastante impatto dell’automobile, dello stridore al cinguettio, ma solo di chiarire un po’ meglio il contesto in cui si colloca questa iniziativa di autostrada regionale, a quanto pare di capire la prima in Italia, e che sempre a parere dei critici non sembra inaugurare una stagione nuova, ma solo (come già indicato in altri settori) sostituire o affiancare al centralismo statale un neo-centralismo regionale, catapultando decisioni sul territorio secondo una logica politica e tecnica vetusta.

Si è ad esempio citato sinora il solo tema del Corridoio 5, e della sua non riconducibilità né al quadro delle comunicazioni interne regionali, né alla lettera della fascia internazionale di relazioni e infrastrutture così denominata, che secondo la massima autorità della Commissione, letteralmente “non tocca la Lombardia”. Ma c’è pure il tema del traffico, con cifre di flussi che secondo i critici sono gonfiate o irrealistiche, e che certo nell’esperienza quotidiana non sembrano toccarsi con mano.

Perché se è vero che il tracciato della Padana Inferiore fra i due capoluoghi (Barcellona-Kiev a parte) ha numerosi intoppi, punti pericolosi, nodi irrisolti, non si vede perché il toccasana dovrebbe essere un sinuoso serpentone che come tutti i suoi simili appoggia un universo a parte sul territorio, i cui rapporti con l’intorno vengono di norma stabiliti e gestiti ex-post.

L’argomento è ovviamente complesso e io non sono né specialista né dilettante. Posso però considerare se non altro coerente la relazione che la senatrice Anna Donati ha redatto sul tema del sistema Ti.Bre.Cremona-Mantova (disponibile integralmente al citato sito dei Verdi), per esempio quando afferma che è proprio la contraddizione fra infrastruttura locale e tratto di infrastruttura continentale a indicare una assenza di progetto, o meglio una assenza di sistema nell’idea di progetto. Da qui, il non pensare in termini di comunicazione, di flussi, di modalità, ma solo in termini di opere, da piazzare dove capita secondo le giustificazioni più varie, e poi in seguito perfezionare e adattare ai contesti a seconda della resistenza che questi via via offrono.

C’è in effetti qualcosa di tragico, e qualcosa di complementarmente comico, nell’immagine del progetto ACME che corre in quello che considera dal proprio punto di vista un deserto, ignorando i propri “simili” (la Padana, la ferrovia) salvo quando se li trova di fronte ed è costretta a saltare in alto, in basso, a destra e a sinistra.

Non potendo offrire ovviamente soluzioni, posso al massimo proporre, per quanto mi compete, alcune letture su temi “stradali”, che ho iniziato a sistemare da qualche giorno sul mio sito a partire da poche cose che già avevo sotto mano.

Spero contribuiscano a far riflettere. Su questo e altri temi connessi.

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