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Neil Mac Gregor
Prepariamoci per quando potremo offrire un aiuto
6 Dicembre 2007
Articoli del 2005
Il direttore del British Museum riflette sul saccheggio del Museo di Baghdad e invita il suo paese a dare delle linee guida sulle misure da attuare. Da Il giornale dell'arte, 245, lug.-ago. 2005 (g.p.)

Ogni giorno in Iraq si allunga la lista delle vittime. Mentre scrivo questo articolo, la stampa tedesca ha annunciato l’assassinio di Fuad Ibrahim Mohammed, direttore dell’Istituto di Studi Tedeschi dell’Università di Baghdad, che negli ultimi due anni ha lavorato alla ricostruzione della biblioteca dell’Università, distrutta dai colpi dell’artiglieria durante l’ingresso in città degli americani, freddato mentre rientrava dal lavoro. Sono cose che non fanno più nemmeno notizia. Il costo in termini di vite umane della ricostruzione del patrimonio culturale iracheno è immenso e passa vergognosamente sotto silenzio dai media internazionali. È questa la premessa dalla quale devono partire i lettori che si avvicinano a The looting of the Iraq Museum, Baghdad, che racconta eventi ormai familiari, dando un’idea di quelle che saranno le conseguenze future. Con il museo ancora chiuso, questo volume ci accompagna in una visita immaginaria attraverso le sue sale e la storia della Mesopotamia. Le nostre guide sono un team di studiosi iracheni, italiani, americani e inglesi, la maggior parte dei quali lavorano in Iraq da decenni. Prendendo spunto da opere della collezione del museo, ci conducono dall’Età della Pietra ad Alessandro Magno, fermandosi qua e là per poter ammirare nel dettaglio i pezzi di maggior magnificenza. È una guida seria e puntuale di un museo che non possiamo visitare. Il percorso è talora interrotto da interessanti digressioni, supportate da superbo materiale fotografico, sui principali siti archeologici, islamici e ottomani, scritte da chi ha scavato personalmente in questi luoghi e può illustrarne al meglio l’importanza. Ma lo scopo principale di questo libro piacevole e di facile comprensione è la chiamata a un intervento concreto. La storia del saccheggio del museo è ormai tristemente nota. Non ci sono infatti dubbi e resta poco da aggiungere sulla perdita di migliaia di oggetti delle sue collezioni, specialmente sigilli. I danni consapevolmente inflitti dalle truppe americane e polacche al sito storico di Babilonia, scelto come base logistica, sono stati ampiamente pubblicizzati e condannati dalla comunità internazionale. Ma le fotografie aeree dei saccheggi che continuano a venir perpetrati in numerosi siti archeologici sconvolgeranno i lettori, così come il resoconto dei sistematici fallimenti da parte dell’esercito alleato di proteggerli, nonostante una specifica imposizione in questo senso da parte del diritto internazionale. Non potendo il Governo iracheno riuscire laddove fallisce la coalizione, la pratica del saccheggio è ormai diventata in molte aree una delle principali risorse economiche della popolazione. È realistico temere che questa distruzione continuerà ancora, per molti anni a venire, ed è probabile che la reale natura delle perdite non sarà mai quantificata. Una percentuale dei ricavi del libro verrà devoluta al Ministero iracheno per le Antichità e l’Eredità culturale. Ma tutti noi siamo tenuti a chiederci che cosa possiamo fare, perché la situazione è persino più grave di quella messa in evidenza nel libro. Focalizzando la sua attenzione sul Museo di Baghdad e sui principali siti del paese, non menziona le perdite delle biblioteche, la distruzione di gran parte degli archivi dell’Iraq ottomano o i danni subiti da città e villaggi che sono a tutt’oggi disabitati. Da quando si è insediato il nuovo Governo, il Museo ha aperto solo una mezza giornata: per una conferenza stampa sull’oro di Nimrud che, prudentemente nascosto dal personale del museo nei sotterranei della Banca Centrale, è miracolosamente sopravvissuto alla devastazione. E infatti è così, ma gli avori di questo tesoro sono stati seriamente compromessi quando il loro deposito improvvisato è stato allagato e sono ancora in attesa di restauro. Visti i danni subiti dalla rete elettrica, il museo è privo di illuminazione e aria condizionata, perciò il lavoro di conservazione è pressoché impossibile e l’inventario degli oggetti conservati nelle sale interrate è fuori discussione. In tali circostanze il museo non può fare praticamente nulla. Anche se il personale rischia ogni giorno la vita per recarsi al lavoro, una volta al museo non c’è nulla che possa fare. All’estero, i colleghi sono desiderosi di dare il loro contributo, e hanno già fatto qualcosa in passato, ma da quando gli stranieri sono diventati il bersaglio di rapimenti e attentati, è difficile immaginare che delle istituzioni permettano ai loro esperti di partire alla volta dell’Iraq. La collaborazione sui siti archeologici non è nemmeno presa in considerazione. Subito dopo l’invasione del paese, il Governo inglese si è impegnato a dare il suo contributo alla ricostruzione culturale dell’Iraq: sono stati organizzati corsi di formazione di specialisti iracheni in Inghilterra per migliorare le loro conoscenze in materia, e proprio adesso tre archeologi di Babilonia si trovano al British Museum, ma non è stato concertato nessun programma preciso di interventi. Quando questo articolo sarà pubblicato ci saranno nuovi governi sia a Londra che a Baghdad. Il nuovo Segretario di Stato per la Cultura inglese non dovrebbe lasciarsi sfuggire un’opportunità tanto preziosa. Il Governo inglese ha il dovere di dare il via a un piano di cooperazione, formazione e investimenti della durata di diversi anni, che deve partire da un programma di tirocinio dei colleghi iracheni in Inghilterra, preparando la situazione per il momento in cui ci sarà possibile offrire finalmente un aiuto concreto sul campo.

Non riesco a immaginare un compito più urgente di questo per il nuovo Segretario di Stato, né maggior buona volontà ed energia di quella dimostrata sull’argomento. Ma visto come stanno le cose, non succederà nulla se il Governo non farà la sua parte.

Per altri particolari sull'opera del British Museum a favore delle antichità dell'Iraq, si consulti il sito del Museo.

Una recensione al volume, qui citato, The looting of the Iraq Museum è apparsa sul Sunday Times (8 mag. 2005).

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