Senza grandi divinazioni il futuro si può già vedere oggi. È sufficiente cambiare occhiali. Togliersi quelli della politica, che non ha mai fatto così tanta difficoltà a capire cosa succede. Ma via anche gli occhiali di quegli intellettuali immersi nel paradigma socio-economico che ci ha portato a una crisi generalizzata.
Cominciamo a scoprire che la necessità di cambiamento sta diventando un sentimento avvertito un po’ da tutti. Si registrano perfino improvvise "conversioni". Vediamo che c’è chi inizia a sostenere che un po’ di utopia forse fa bene alla salute e alla società. Siamo circondati da movimenti della società civile che riescono a imporsi: gli indignados, i tanti occupy, le piazze Nord-Africane, ma anche soltanto quelli che negli Usa hanno bloccato in un anno 166 nuove centrali a carbone. Oppure il Forum dei Movimenti per l’Acqua in Italia con i suoi referendum vittoriosi; i tanti comitati locali che, su altre tematiche, con passione ed energia fanno politica con il porta a porta, con la rete, e arrivano lontano.
Siamo sempre più d’accordo che il cambiamento serve e si comincia a intravedere, ma non ce ne siamo accorti fino a ieri, e tanti continuano a non capire. Per esempio se qualcuno dice che è necessario un "ritorno alla terra", una rivalutazione delle economie agricole, dei mestieri manuali e dell’artigianato, di sistemi produttivi e di consumo locali e sostenibili, viene immediatamente visto come un personaggio naif e fuori dal mondo. Ben che vada come una specie di guru che dice cose interessanti, ma pur sempre irrealizzabili. Invece è necessario cambiare occhiali, e allora si comincia a vedere. Si capisce che nel mondo tutto questo sta già avvenendo, da anni. Perché le buone pratiche che si possono mettere in atto riguardo al cibo, all’agricoltura, all’ambiente, agli antichi saperi che rimodernizzano i mestieri, sono tutte in essere in molte parti del Pianeta. Compresa la nostra Italia, che da questo punto di vista ha un serbatoio di memoria ed esempi virtuosi cui attingere senza pari. Molti giovani stanno distinguendosi, ma non soltanto loro. Più viaggio nel nostro Paese e più ne incontro: sensibilità per l’ambiente, nuovi progetti di vita partendo da tradizioni sopite o ritenute passate e marginali. Il segreto è semplice: se è vero che queste sono buone "pratiche", la gente allora può metterle in pratica. E i cittadini i cambiamenti li realizzano così: iniziando a fare. Chi, come quasi tutta la nostra politica, potrebbe semplicemente guardarsi attorno per capire cosa sta succedendo (e quindi come sarà il futuro), si rifiuta di farlo o è distratto da altro: indossa gli occhiali sbagliati. In questo momento la politica non intercetta chi sta cambiando il mondo a casa propria, non bisogna dunque escludere che è proprio da questi che nascerà la classe politica del futuro.
Il ritorno alla terra, foss’anche un diverso modo di fare la spesa, per coloro che vestono vecchi occhiali è utopico o "di nicchia". Ma sono sicuro che tante piccole realtà li travolgeranno, relegandoli, loro sì, in una nicchia dimenticata. Nessuno pensa - anche molti profeti del cambiamento - che queste persone stiano facendo vera economia. Ma oggi un pastore giovane riesce a fare più economia reale di tanti che vi sarebbero preposti, ve lo garantisco. «Finalmente la primavera sta arrivando», mi ha detto un entusiasta Ermanno Olmi una sera a margine di un convegno dedicato ai nuovi mestieri del cibo e dell’ambiente dove sono intervenuti tanti giovani già impegnati. Sottoscrivo in pieno, e gli altri si mettano il cuore in pace. La primavera sta arrivando: si può sentire, si può vedere.