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Mario De Gaspari
Urbanistica e tangenti. Può esistere ancora un sistema immobiliare virtuoso?
25 Settembre 2011
Scritti ricevuti
L’ideologia della “valorizzazione immobiliare” ha dato un contributo decisivo alla crisi finanziaria e favorisce la propagazione nel tempo dei suoi devastanti effetti. Scritto per eddyburg, settembre 2011

Capita sempre più spesso che anche sindaci di sinistra si lascino un po’ andare nel magnificare i progetti immobiliari che stanno loro a cuore: “É un progetto che darà prestigio alla nostra città e slancio all’economia dell’intero Paese!” Questa è né più né meno l’ideologia (nel senso di errata teoria) della destra, che ritiene l’edilizia, vera o virtuale, “il vero volano dell’economia”, il settore che potrebbe muovere 4/5 punti di pil, ecc. Ed è anche l’ideologia che prepara il terreno per la speculazione e per un inevitabile declino economico e civile.

Ci saranno anche buoni argomenti per sostenere la necessità di un centro commerciale o di un nuovo quartiere residenziale, ma questo, per piacere, proprio no. Invece è qui dovrebbero risiedere le ragioni più significative della nostra opposizione alla politica economica della destra.

La speculazione, o valorizzazione immobiliare, è stata fra le cause principali della crisi finanziaria ed economica: non è vero, come sostengono gli immobiliaristi per giustificare le loro difficoltà nel presente, che è stata la crisi a causare la caduta dei valori immobiliari. È vero proprio il contrario: è stata la crescita dissennata del valore degli asset immobiliari a provocare la crisi. In Italia la crisi, inizialmente, ha colpito meno che altrove soprattutto perché non si è voluta ammettere la caduta del settore. l’intreccio col sistema creditizio avrebbe infatti causato pesanti ripercussioni sulla solidità delle banche e parecchi banchieri avrebbero dovuto rispondere di esercizio abusivo del credito.

Per un po’ hanno fatto come se niente fosse, ma ora non è proprio più possibile: la crisi dell’immobiliare, se non la scontano gli immobiliaristi, che hanno fatto tutto a credito, cioè coi soldi dei risparmiatori, la pagano le banche, i risparmiatori stessi e tutti quelli che hanno un mutuo da pagare.

Guardando a sinistra, non c’è da aspettarsi che questa posizione venga condivisa dal CCC che è ormai diventato la vera cassa di compensazione delle grandi operazioni immobiliari del Paese, perché ci entra come “partner operativo”, cioè senza pagare (non penso solo alle aree Falck di Sesto San Giovanni, ma anche, sempre per restare nel milanese, alle avventure di Segrate e Pioltello, ai progetti siciliani, o all’enormità dell’affare Uniland in Emilia e nel Lazio, ecc.), ma almeno nell’analisi si potrebbe convenire che il sostegno protervo al settore immobiliare ci fa permanere nel ristagno economico e dentro un modello di sviluppo al quale non riusciamo a sottrarci anche perché eccessivamente fondato sulla rendita e sul debito. Gli economisti la chiamano “sindrome di Baumol”, più si insiste e peggio è.

Da qui alla questione morale, purtroppo, il passo è breve. La differenza fra concussione e corruzione è enorme e nello stesso tempo irrilevante. Fra i due reati c’è apparentemente grande differenza perché altro è ricattare al fine di imporre il pagamento di denaro, altro è intascare con nonchalance la busta come frutto di una spontanea donazione. Ma la distanza è davvero solo apparente e quasi scompare del tutto se pensiamo alle tangenti non come ad un reato occasionale, ma come ad un sistema nel quale trovano composizione interessi diversi.

Come per molte fattispecie di reato c’è una fase iniziale, ingenua ed elementare e c’è una fase compiuta, dove il reato si radica nella società liberandosi delle connotazioni violente che lo caratterizzavano. Prendiamo il pizzo: a Milano pare non esista quasi più nella forma tradizionale impositiva: o paghi o ti facciamo saltare la bottega. La finanza criminale ha da gestire grandi capitali e guarda al mondo del commercio con altri occhi. “Penetra” nel sistema commerciale, promuove la realizzazione in franchising, gestisce l’usura con sistemi sofisticati, si è impadronita del business del gioco d’azzardo e delle macchinette mangiasoldi, è in grado di spingere per la creazione di uno spazio normativo funzionale ai suoi interessi. È finito da un pezzo il periodo dell’accumulazione originaria, violenta e crudele: ora la criminalità è un protagonista riconosciuto e articolato, attore a pieno titolo della scena economica. La criminalità di strada si mette in grisaglia e, invece che ai bombaroli, si affida ad avvocati e commercialisti.

Per le tangenti legate al settore immobiliare è la stessa cosa: quando tutti i soggetti “hanno capito come funziona”, il tavolo da gioco è pronto e apparecchiato. Tutto si decide nei preliminari. Se nel rugby c’è il terzo tempo, l’agape comunitaria dove si sublimano tutte le scorrettezze proprie del campo, qui tutto si gioca prima. È nel preliminare, in quella fase di gioco che anticipa la partita ufficiale, quella delle volumetrie, delle compensazioni, delle licenze edilizie e degli spostamenti di denaro, che i soggetti si “annusano” e stabiliscono i codici di comportamento. Questa fase termina quando si crea tra le controparti sufficiente reciproca fiducia e si configura un gioco nel quale tutti hanno il loro guadagno, cioè quando sul valore da attribuire al suolo si raggiunge un punto di caduta condiviso.

Ecco perché nelle inchieste sulle tangenti compare sempre qualche intermediario: occorre ci sia qualcuno che gode della fiducia sia della parte pubblica che della parte privata, che sia in grado di rassicurare entrambi dell’affidabilità dell’altro, che si sappia muovere bene nel sistema immobiliare privato, ma che al tempo stesso conosca le criticità e le debolezze della pubblica amministrazione. Finiti i “preliminari”, il sodalizio è costituito e si può giocare a carte scoperte. A questo sistema, però, ci si può sottrarre. Alla base delle scelte personali che un amministratore fa ci deve però essere sempre una valutazione di merito. Affidarsi troppo all’etica non conviene, perché c’è sempre qualcuno che pensa che in fondo non c’è niente di male a fare la cresta. La valutazione di merito, dunque, non può che riguardare l’interesse pubblico, perché le tangenti sono sempre e inevitabilmente una sottrazione di risorse alla comunità: sono cioè un anticipo sulla promessa di valore che i terreni riusciranno a produrre (qualcuno ha parlato non del tutto a sproposito di “tangenti con l’elastico”). Non provengono dal cielo, ma dalla ricchezza prodotta dal suolo e sono proprio quella parte di prodotto che invece di tornare alla comunità, sotto forma di opere o di servizi, prende una strada laterale.

Ora però c’è un aspetto, extragiudiziale ed extramorale, a partire dalla vicenda Sesto San Giovanni, che va preso seriamente in considerazione ed necessario farlo ora, perché presto sarà già troppo tardi. Il problema riguarda i riflessi che tutta questa storia potrà avere sul modo di governare il territorio. Non a Sesto, ma ovunque nel paese. Il pericolo lo si intravvede già leggendo le dichiarazioni di immobiliaristi e imprenditori coinvolti nell’inchiesta. È possibile, e perfino probabile, che nella temperie dell’inchiesta immobiliaristi, proprietari e pretendenti vari di volumetrie e cambi di destinazione si cerchino di prefigurare per il dopo, quando si parlerà meno di Penati e più di che cosa si deve fare sul territorio, una situazione in cui i comuni non possano mai dire di no.

È un rischio molto concreto: oggi, giustamente, la gente è arrabbiata con la politica e lo è ancora di più coi politici corrotti. Gli immobiliaristi appaiono per lo più come vittime. Per qualcuno è davvero così, per molti non lo è affatto. Se si crea nell’opinione pubblica un sentimento troppo favorevole verso i “diritti” della categoria, si intuisce in quale imbarazzo si potranno presto trovare i comuni. Non quelli “generosi” verso le pretese dei proprietari terrieri o quelli inclini alla corruzione, che saranno solo agevolati e continueranno ancora più indisturbati, ma quelli davvero virtuosi, quelli che intendono contenere il consumo di suolo e l’espansione della rendita, quelli capaci di dire dei no alle pretese degli immobiliaristi. E se il proprietario che si vedesse rifiutato il tradizionale aumento di volumetria o qualche altra agevolazione un domani si sentisse “concusso”?

Non pensiamo al piccolo proprietario che ha da sfruttare un modesto appezzamento. Pensiamo alle grandi compagnie immobiliari, quelle in grado di influenzare l’opinione pubblica (attraverso i giornali, perché ne sono azionisti) e di condizionare il comportamento delle banche (perché siedono nei consigli d’amministrazione): se non si afferma un’opinione diffusa, fondata e strutturata sulle conseguenze economiche e sociali della speculazione immobiliare, non c’è dubbio che la speculazione stessa ne uscirà rafforzata. La speculazione immobiliare è il vero problema per le città e per l’economia e lo sarà ancora di più quando sul caso Penati calerà il sipario.

La questione morale connessa al sistema delle tangenti (sotto diverse forme, consulenze, sponsorizzazioni, donazioni, favori, ecc.) deve essere dunque compresa al di là delle sue implicazioni giudiziarie, perché è ormai del tutto evidente che la speculazione immobiliare è una vera e propria emergenza nazionale, ambientale, ma soprattutto economica e sociale. Di più, così come si configura nel nostro paese, la speculazione può rappresentare un vero e proprio crimine economico, non dissimile dalla falsificazione monetaria. Un tempo, che la speculazione fosse creazione di denaro dal nulla, era una scontata verità per la dottrina economica (si veda il volumetto di A. Del Mar, Storia dei crimini monetari, excelsior 1881), oggi lo si è semplicemente dimenticato. Solo se lo si riconosce è possibile affrontare la cosiddetta questione morale dal verso giusto.

Ammettiamo che il signor Rossi possieda, per qualche insindacabile ragione, una macchina uguale in tutto e per tutto a quella usata dalla zecca per stampare moneta. Il signor Rossi è benestante, onesto e sa bene che stampare soldi falsi è un grave reato, e così la macchina rimane in cantina inutilizzata. Ammettiamo però che un giorno il buonuomo si trovi in gravi difficoltà economiche, che abbia magari subito qualche torto che proprio non si meritava, che la sfortuna si sia accanita contro di lui, che abbia smesso di pagare le rate dell’assicurazione e che sua moglie debba subire un delicato e costoso intervento chirurgico salvavita.

Per un po’ il signor Rossi resiste, chiede senza successo aiuto alle banche e ai parenti, finché stremato deve scegliere tra il rispetto della legge e la commissione di un reato che, nelle condizioni in cui si trova, non gli procurerà nemmeno troppi sensi di colpa. A questo punto tira fuori la macchinetta e comincia a produrre. La moglie è salva, ma la famiglia sempre povera e il futuro dei figli si prospetta gramo. E intanto si avvicina la scadenza della conversione monetaria: la moneta corrente, fortemente svalutata, sarà presto sostituita da una moneta più pesante, via gli ultimi tre zeri. Si tratta pur sempre della famiglia! E allora il Rossi, sempre più solo in lotta contro il destino, sempre più incazzato coi politici che guadagnano un sacco di soldi e lo lasciano nelle peste dopo una vita dedicata al lavoro, ci dà dentro di brutto, fa lavorare il marchingegno giorno e notte e intanto pianifica investimenti e cambio di valuta. Il finale ha poca importanza, ma ammettiamo solo, per un istante, che ci siano in circolazione parecchi signor Rossi e tante macchinette di quel genere: la moneta e l’economia ne soffriranno inevitabilmente.

Molti sindaci si trovano a commettere un crimine analogo, per quanto non sanzionabile, a quello commesso dal signor Rossi: contribuiscono davvero a creare cioè moneta falsa. E questo senza avere una giustificazione altrettanto nobile. È naturale che, in questo contesto, ci sia sempre qualcuno più sgamato degli altri che va oltre. C’è anche la possibilità di portare un po’ di soldi al partito, guadagnarsi una certa riconoscenza e magari scalarne i vertici. Ci si può far pagare la sede per le riunioni o le strutture per le feste che tanto piacciono ai simpatizzanti che amano il ballo e le grigliate… ci si può sistemare per un bel po’.

C’è un aspetto però, che davvero attiene alla morale, che non viene mai sottolineato: tutto il denaro, vero, falso o virtuale, che viene creato o messo in circolazione con questo sistema, deve poi essere davvero convertito in moneta sonante, perché gli speculatori, le banche e tutti i procacciatori che si son dati da fare per il buon fine del progetto, devono essere pagati per davvero. Tutto ricade, in definitiva, su chi le case le costruisce realmente (infatti nell’edilizia è diffuso il caporalato nella forma più arcaica e violenta) e su chi le case le deve acquistare (il cittadino, che si indebita con mutui generazionali).

La salute dell’economia reale viene inevitabilmente compromessa, perché si spalanca una via facile e per niente rischiosa alla ricchezza; è a rischio il sistema creditizio, perché le banche continueranno a rifinanziare gli speculatori per difendere i prestiti già erogati; si creerà uno squilibrio nel mercato degli alloggi, perché il prezzo delle case, sia che vengano costruite sia che rimangano virtuali, dovrà almeno coprire la quantità di moneta creata sulla carta; si erode il risparmio privato che, intrappolato nei mutui, non andrà più ad alimentare le imprese e il mercato dei titoli. Sugli effetti di carattere più squisitamente sociale, poi, ognuno può fare i propri esercizi spirituali e le riflessioni che crede. Basta guardarsi attorno: difficoltà occupazionali, scarsa attitudine al rischio imprenditoriale, giovani che non mollano mai la famiglia di partenza, invecchiamento della popolazione, emergenza abitativa e immigrati che faticano a integrarsi, …..

Un articolo recentemente comparso su «Breakinviews» ad opera di Fiona Maharg-Bravo conferma una volta di più le nostre opinioni sulle conseguenze economiche della speculazione immobiliare.

“uno dei dati più preoccupanti dell’economia spagnola” è il numero degli immobili invenduti: una zavorra di 700.000 case. Ma perché questo stock “zavorra” l’economia? Perché, potrebbe pensare il cittadino, l’economia non va avanti lo stesso. Le case restano lì, chi se ne importa?! In effetti, se le case fossero state costruite da un magnate con soldi tirati fuori direttamente dalla sua cassaforte, potrebbe anche essere così. Se qualcuno ha fatto un investimento, o una speculazione, sbagliata, peggio per lui. Se vuol recuperare qualcosa, che venda a metà prezzo. Ma le cose non stanno così, e quelle case sono davvero una zavorra. “Le banche posseggono una crescente quota di queste case invendute, poiché continuano a pignorare gli immobili dai costruttori edili falliti. Nonostante gli sforzi per liberarsene, stanno ancora accumulando più immobili di quanti riescano a venderne”.

È più chiaro? Lo snodo centrale della moderna economia è la banca, o meglio è il sistema del credito. “Il credito - spiegava Schumpeter – è essenzialmente creazione di potere d’acquisto al fine di cederlo all’imprenditore, e non semplicemente trasferimento di potere d’acquisto… Attraverso il credito si apre agli imprenditori l’accesso al frutto dei beni della società, prima che abbiano acquisito il normale diritto su di essi”. Le banche, ci dice l’economista, non sono semplici intermediari finanziari, ma, attraverso il credito, creano davvero moneta: anzi, in una economia moderna, il credito è il modo essenziale attraverso cui viene creata moneta.

Il credito in un certo senso sostituisce temporaneamente il diritto al denaro con la finzione di esso. Creare denaro in questo modo, attraverso una “finzione”, è utile, addirittura necessario all’economia di scambio, dove prevale la proprietà privata, perché solo in questo modo è possibile lo sviluppo. È il credito che consente di superare quello che è un vero e proprio “ponte sull’abisso” tra immobilità e sviluppo.

Il dispositivo si inceppa pericolosamente, però, quando i beni creati attraverso “la finzione” del credito rimangono invenduti per troppo tempo, a causa di una sovraproduzione o di prezzi eccessivi. L’intero processo può essere definito come inflazione da credito, e qui i problemi, per l’economia, sono davvero seri. Ovviamente questo non vale solo per le case: anche le automobili, se sono troppe e troppo care, restano invendute e i banchieri che hanno finanziato i produttori di veicoli non saranno troppo allegri: non capita mai, però, che le banche creditrici, si prendano in bilancio, a ristoro dei crediti erogati, qualche migliaio di automobili nuove. Con le case è diverso, perché sono beni “immobili”, sono soggette cioè a un deperimento di valore molto lento nel tempo e le variabili anzianità-tecnologia-obsolescenza non sono così significative come nei beni strumentali (ad esempio un’automobile o un computer). E inoltre anche i semplici diritti edificatori vengono ormai trattati come alla stregua di beni veri e propri. Così, invece di svalutare le case invedute, ammettendo gli errori (che, in caso di bolla, sono sistemici, cioè non riguardano singoli costruttori o speculatori, ma il sistema finanziario-costruttivo nel suo insieme) e quindi le perdite, si seguono altre strade. Ovviamente il motivo per cui il sistema fatica ad ammettere le perdite e segue strade alternative è un motivo forte, tutt’altro che insignificante. Non è solo per ingordigia, cioè che immobiliaristi e banche non ammettono perseverano nel dolo: i debiti e i crediti (rispettivamente per i costruttori e per le banche) così accumulati possono rappresentare un problema serio per l’economia, perché le banche, scarsamente capitalizzate, sono troppo esposte. Hanno “creato” troppo denaro a credito e ora che il mercato è fermo quel denaro si sta rivelando non solo una “finzione” temporanea (in attesa di essere convalidato dalle vendite), ma una finzione tout court, cioè si sta rivelando falso. E con questo risultano falsi anche gli attivi corrispondenti delle banche, le ipoteche e tutte le poste finanziarie a garanzia di quei crediti ormai inesigibili. Per difendersi, le banche acquisiscono quindi grandi quantità di immobili, o subentrano direttamente nelle operazioni immobiliari, trasferendo l’esposizione dal credito a beni apparentemente più solidi, ma fortemente illiquidi, cioè difficilmente trasferibili. I bilanci sono formalmente e temporaneamente salvi, ma l’economia è ferma. Le banche, coi bilanci così infettati di asset sopravvalutati (valori immobiliari irreali), evitano i fallimenti ma, in un certo senso, cessano di fare le banche. E per di più sono prese di mira dalla speculazione. Il sistema si “avvita” e uscirne diventa sempre più complicato.

Non è successo solo in Spagna. Il premio nobel Stiglitz sostiene da tempo che anche negli USA occorre ammettere le perdite e deprezzare le ipoteche e l’economista Kobayashi parla di lezione inascoltata del Giappone, dove l’economia, negli anni novanta, nonostante tutti gli aiuti alle banche, cominciò a riprendersi solo quando i bilanci delle banche furono ripuliti e i mercati ripresero fiducia.

Ora la Maharg-Bravo applica lo stesso schema alla Spagna e sostiene che “quanto prima le banche toglieranno dai loro bilanci questi pesi morti, tanto più facile sarà aumentare il credito. Ciò aiuterebbe anche a ridare fiducia al sistema finanziario e potrebbe rivelarsi più efficace che aggiustare alla meglio l’aliquota Iva”.

E in Italia? Da noi siamo ancora più indietro, siamo ancora nella fase della crescita della bolla. Incredibile a dirsi, ma è proprio così. Piani casa, l’edilizia “vero volano dell’economia” (dichiarazioni del governo), turismo “immobiliare” al 20% del pil (idem), città satelliti in ogni provincia (Berlusconi), ecc. E la sinistra? Rimando alla vicenda Mezzini-Uniland e al ruolo che vi hanno avuto il Banco emiliano romagnolo e il Consorzio Cooperative Costruttori. Si capiscono una sacco di cose.

Occorre ripartire dal governo locale. Ma per ora la consapevolezza del problema pare davvero scarsa e le nostre amministrazioni locali sembrano spesso voler salvare se stesse correndo in aiuto alla speculazione più che dare un contributo all’economia reale, favorendo il contenimento del prezzo degli alloggi e arginando la speculazione. Le tangenti andrebbero considerate come l’epifenomeno di un sistema immobiliare malato, inevitabile conseguenza di un’ideologia egoista e demenziale, più che l’effetto della degenerazione politica.

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