In un clima teso - c’era perfino la polizia - è stato presentato il progetto che prevede una pioggia di ville, residences e club house a Malfatano. Tutti intorno a un plastico montato nell’Aula del Consiglio provinciale, come davanti a un presepe edilizio. Nella mangiatoia, appunto, il progetto Malfatano. Una presentazione postuma, per bocche buone, visto che a Tuerredda sono già molto avanti con i metri cubi. Ma quella è solo una piccola parte e tutti i crinali più belli aspettano il cemento come il condannato aspetta il boia.
Moderatore dell’incontro un giornalista, mai stato a Malfatano, che si è definito “parte terza” benché scriva per il Sole 24ore, giornale di Confindustria. Però il gruppo Marcegaglia avrà in gestione il resort di Malfatano e così la terzietà ha fatto capitombolo.
L’incontro potrebbe essere riassunto da un’espressione fulminante del Presidente della società costruttrice, la Sitas, che, magnificando il progetto, ha parlato di “sviluppo del paesaggio”. E noi ci siamo atterriti. Sì, perché questo povero paesaggio, anziché essere lasciato in pace e rispettato, viene “progettato, ridisegnato, recuperato, riqualificato” e infine “valorizzato” con il solito arricchimento di pochi. Così lo “sviluppano”. E a Teulada restano più poveri di prima perché perdono il loro unico tesoro. Poveri, ma “valorizzati”. Una tragedia.
Però, come sempre, i problemi, quelli più profondi, non derivano dall’impresa. Il brutto clima dell’incontro proveniva dalle viscere delle nostre comunità.
Il sindaco di Teulada, ambientalista abusivo, presente all’incontro, non si muove da solo. Lo scorta una falange di lavoratori del cantiere. Lui li usa a sostegno dei suoi argomenti, evita di dire loro che in sessant’anni nessuno ha mai pensato per i teuladini un modo di vivere che garantisse dignità e un lavoro durevole. Li ha convinti che l’unica possibilità di stare al mondo consiste nell’impastare calce e mettere un mattone sull’altro. Ha dimenticato la ricchezza che deriverebbe dal risparmio e dall’uso saggio del territorio che li ha tenuti in vita per secoli. Utilizza le difficoltà di quelle cento persone per muoverle contro chi gli propone un altro uso della terra e una vita diversa. Il Sindaco trasforma le preoccupazioni di cento lavoratori in rabbia contro gli altri. Divide e allontana l’intera comunità teuladina dalle altre comunità.
Eppure il dubbio che quel progetto sia una disgrazia inizia a serpeggiare tra i teuladini e perfino tra quei cento lavoratori. Serpeggia addirittura tra gli architetti del paesaggio, compreso quello che, sorprendendo tutti, ci ha rivelato come nella nostra campagna si trovino cisti, lentischi, fichi d’india e corbezzoli. C’è sempre da imparare, perfino dagli architetti.
Nessuna titubanza, invece, nel mondo della scienza. Un botanico della nostra Università ha spiegato, preciso come un laser, che la flora di Malfatano è in sofferenza. Sarà, a noi sembra una macchia in buona salute e l’ultimo incendio è di vent’anni fa. Ma la scienza progredisce ogni giorno e il botanico, che nulla obietta al progetto, forse immagina che 150.000 metri cubi fertilizzeranno su murdegu. Sitas farà investimenti su erbe officinali e corbezzoli. Forse è lì per questo e per ingannare il tempo costruisce case.
A garanzia della bontà natalizia del progetto si useranno, oltre che sindaci e botanici sardi biodegradabili, pietre sarde che vengono da Orosei, estranee a Malfatano, ghiaia sarda nei sentieri, cibi sardi (ma solo per gli ospiti del resort ché a Teulada non coltivano per tutti). E’ previsto esclusivamente l’uso di sardi ecocompatibili, camerieri, giardinieri e cuochi. Lo chiamano indotto e cosa induca lo si vede ogni giorno.
Unica consolazione dopo l’incontro, un architetto che non ce la faceva più e si è augurato che gli alberi crescano in fretta e coprano le costruzioni. Finalmente un architetto che considera un progetto invisibile come il migliore dei progetti. Il motto è “costruire e poi occultare”. Evidentemente ha compreso di avere qualcosa da nascondere: il progetto Malfatano.
L'articolo di Giorgio Todde uscirà anche su La Nuova Sardegna