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Patricia Leigh Brown
Megachiese-Minicittà
12 Dicembre 2005
Articoli del 2004
Un po' come accadeva ai monasteri nel medioevo, ora nel deserto sociale e ambientale suburbano spuntano le isole felici delle "megachiese". Offrono casa, shopping, fast-food, giostre e palestre, e sono progettate come centri commerciali. In cambio del servizio tutto compreso, sembra che basti offrire l'anima. Dal New York Times del 9 maggio 2002, per chi se lo fosse perso a suo tempo (fb)

Titolo originale Megachurches As Minitowns – traduzione di Fabrizio Bottini

Patty Anderson e suo marito, Gary, hanno trovato la fede dove meno se l’aspettavano: lui su una linea di tiri liberi, e lei fasciata in una tuta al corso di aerobica.

È successo nei 5.000 metri quadrati del centro di attività varie alla Southeast Christian Church, dove il sollevamento pesi e le lodi al signore vanno mano nella mano. Le offerte per le attività fisiche comprendono 16 campi da basket e un centro salute Cybex, gratis per i fedeli, dove la musica è cristiana e le regole proibiscono di imprecare, anche durante gli esercizi.

”A dire il vero io non avevo intenzione di entrare a far parte di una chiesa” ricorda Gary Anderson, professore di fisiologia alla Scuola di Medicina dell’Università di Louisville. Ma i lanci in questa megachiesa con 22.000 membri l’hanno portato verso il santuario. E dopo tre anni, dice, come un canestro da distanza “le prediche hanno fatto centro”.

La Southeast Christian è un esempio della nuova generazione di megachiese: servizio completo 24 ore su 24, 7 giorni su 7, in un villaggio suburbano, che offre molti dei servizi e annessi della vita secolare, avvolti attorno a un cuore spirituale. É possibile mangiare, fare shopping, andare a scuola, in banca, in palestra, fare arrampicata su roccia e pregare, tutto senza uscire dal villaggio.

Queste chiese stanno diventando un elemento civico in modi inimmaginabili, almeno da XIII secolo delle grandi città-cattedrali in poi. Non più semplicemente luoghi di preghiera, sono diventati in parte spazi per il tempo libero, in parte shopping mall, in parte famiglia estesa e in parte piazza cittadina.

A Glendale, Arizona, la Community Church of Joy, con 12.000 membri, scuola, spazio conferenze, libreria e camera mortuaria sui quasi 100 ettari della proprietà, si è impegnata in un progetto da 100 milioni di dollari per costruire un insediamento residenziale, albergo, centro congressi, spazi per il pattinaggio e i giochi acquatici, trasformando sé stessa in quello che il pastore decano Dr. Walt Kallestad chiama “ destination center”.

Queste chiese sono anche diventate possibilità alternative di lavoro. Alla Brentwood Baptist Church di Houston, tra un mese aprirà un McDonald’s, completo di servizio drive-in e piccoli archi dorati. Parte sei suoi obiettivi è di creare posti di lavoro per giovani e anziani, offrendo contemporaneamente a una congregazione soprattutto di middle-class nera un’occasione in più per stare negli spazi della chiesa.

Rendendo possibile abitare la chiesa dal mattino alla sera, dalla culla alla tomba, queste strutture a servizio completo possono attirare fedeli da “una società più ampia che appare insicura, imprevedibile e fuori controllo, caratterizzata dalle armi nelle scuole o dal terrorismo”, come dice il Dottor Randall Ballmer, professore di Religione Americana al Barnard College.

Se alcuni studiosi e città sono preoccupati per le enormi dimensioni di queste chiese, e le responsabilità civiche che si assumono, questi centri “24 su 24/7 su 7” riflettono un più ampio desiderio culturale di radicamento, agio, famiglia estesa. In vivo contrasto con i temi che attraversano le grandi chiese tradizionali, questi centri, in gran parte evangelici, offrono sollievo dallo stress della vita familiare americana, incluso lo sprawl suburbano, con i suoi lunghi tempi pendolari, e “droghe, crimini, e latre tentazioni giovanili”, nell eparole del Dottor Joe Samuel Ratliff, pastore battista di Brentwood. È stato lui a chiamare McDonald’s, come occasione di “creare uno spazio controllato e protetto per i nostri bambini”.

Le chiese esprimono un desiderio dei fedeli, per “un universo dove tutto, dalla temperatura alla teologia, è controllato e sicuro” dice il Dottor Ballmer. “Non devono preoccuparsi di trovare scuole, reti sociali, o un posto per mangiare. È tutto preconfezionato”

Nonostante molte di queste chiese, in gran parte al Sud e nel Midwest, siano impegnate nella predicazione, i loro fedeli possono isolarsi dal resto della comunità, e chiudersi in una specie di “bozzolo cristiano” afferma il Dottor Bill J. Leonard, decano e professore di storia della chiesa alla Wake Forest University di Winston-Salem, North Carolina.

Ma, come dicono i leaders delle chiese, lo scopo non è l’isolamento ma la ricerca della pace e tranquillità per famiglie inquiete. Con le tante possibilità di ingresso, dalle palestre ai caffè per persone sole, le chiese a servizio completo rendono semplice entrare, e restarci.

L’aspetto del restarci, è quello che si è dimostrato critico per le istituzioni religiose. I frequentatori adulti, in proporzione di uno su sei, sono frequentatori molto occasionali della chiesa, “in base ai bisogni del giorno”, dice David Kinnaman, vice presidente di Barna Research, una delle nuove imprese di consulenza che assistono queste chiese nel loro sviluppo. Un fedele su sette abbandonerà la chiesa entro un anno.

”La gente guarda alle chiese con lo spirito dell’analisi costi-benefici che userebbe per qualunque prodotto di consumo”, afferma Kinnaman. “C’è poca fedeltà al marchio. Molti cercano il più nuovo e il più grande”.

Dave Stone, assistente ministro della Southeast, chiama la sua chiesa, aperta tutti i giorni dalle 5,30 del mattino alle 11 di sera, “una stazione di rifornimento”

”Se possiamo far venire le persone alla nostra palestra” spiega “è solo questione di tempo, fargli visitare il nostro santuario”

La chiesa è stata deliberatamente progettata come uno shopping mall (il santuario funge da spazio anchor). Ingressi ampi quasi dieci metri con superfici curve enfatizzano “il flusso di persone”, afferma Jack Coffee, anziano della chiesa e presidente del comitato per la costruzione. Bambini in età prescolare pasticciano in uno spazio da gioco disneyano, con labirinti. C’è un’ala di tipo scolastico per lezioni sulla Bibbia, un atrio con dimensioni da sala concerto con ascensori di vetro, scale mobili incrociate e schermi giganti che elencano leofferte della giornata: incontri per aiutare a smettere di fumare, una mini-maratona di allenamento, corsi dedicati a bambini di sei mesi che insegnano a toccare la Bibbia.

Cose del genere, di solito, sono pagate dalla congregazione con campagne di sottoscrizione triennali, oltre il bilancio corrente che è spesso finaziato con le decime, dice Malcolm P. Graham, presidente della divisione chiese per la Cargill Associates, impresa di consulenze per il fund-raising. Uno studio dello Hartford Institute for Religion Research allo Hartford Seminary, ha calcolato le entrate annuali di una megachiesa 4,6 milioni di dollari. I contributi annuali alla Southeast Christian sono più di 20 milioni.

I fedeli della Southeast Christian sono una famiglia di 22.000 persone family, e i visitatori sono calcolati dalle statistiche: la caffetteria che serve 5.000 tazze l’ora, i 403 bagni. Le dimensioni stesse della Southeast Christian hanno generato l’invenzione della Greenlee Communion Dispensing Machine, progettata dal settantanovenne fedele Wilfred Greenlee. Puù riempire quaranta communion cups in due secondi.

Alla Fellowship Church di Grapevine, Texas, l’attirare giovani fedeli e riuscire a trattenerli ha aiutato a crescere, da 30 famiglie a 20.000 membri in dodici anni. Appartenere alla chiesa mette a disposizione un centro giovani di 4.000 metri quadrati con una palestra dir roccia, una galleria video, e si sta realizzando un lago per incoraggiare la pesca al persico in comune tra padri e figli.

La chiesa battista di Prestonwood di Plano, Texas, ha un centro giovani tanto elaborato che qualcuno l’ha chiamato “Preston World”: 15 campi da gioco, un ristorante stile anni Cinquanta e un fitness center, insieme ad aule e a un santuario con 7.000 posti a sedere. Si stanno aggiungendo una scuola da 19 milioni di dollari, un coffee shop, uno spazio sosta ristorazione, un centro di studi per giovani pastori, un edificio dedicato alla gioventù, una passeggiata all’aperto dedicata alla preghiera, una cappella e uno spazio comune modellato sulle forme di una strada principale di villaggio. “Non siamo una grande chiesa” afferma Mike Basta, pastore responsabile. “Siamo una piccola città”.

Anche la chiesa battista Brentwood di Houston offre una gamma completa di opzioni familiari, spesso fondate su criteri politici e sociali. Accanto ai corsi di canto corale e di studi biblici, ha spazi per pazienti malati di AIDS e il credito agevolato.

In questa chiesa formato gigante, il nuovo McDonald’s non è solo un investimento conveniente per la congregazione — che ha investito 100.000 dollari nel franchising — ma anche un modo per creare posti di lavoro e generare profitti da reinvestire in borse di studio e programmi comunitari (McDonald’s si prende il suo 4 per cento standard dei guadagni).

Non è certo per caso, se si dà una scusa ai crica 2.000 fedeli che vanno alla chiesa per oltre 80 attività ogni sera (teatro per bambini, corsi di computer per adulti) una scusa per restare nei paraggi. “Se devi tornare a casa per cena, certo poi non tornerai qui”, dice il pastore Ratliff, riferendosi ai vasti bacini di pendolarismo.

Ma alcuni studiosi e amministrazioni municipali sono preoccupate per la crescita del ruolo civico di queste chiese “24 su 24/7 su 7”. Stanno diventando “un universo parallelo cristianizzato”, nelle parole del Dottor Scott Thumma, sociologo delle religioni allo Hartford Institute.

Wade Clark Roof, professore di religione e società alla University of California di Santa Barbara, si preoccupa che queste chiese a servizio completo siano “una versione religiosa delle gated communities. È un tentativo di creare un mondo dove ci si rapporta con persone dello stesso orientamento. Si perde il dialogo con la cultura generale”.

Marci Hamilton, professore di diritto costituzionale alla Benjamin Cardozo Law School di New York, afferma che questa crescita delle chiese, e in certi casi l’espansione di mega-sinagoghe, templi Mormoni temples e altre congregazioni, è diventata localmente conflittuale, specialmente nei quartieri residenziali preoccupati per la “intensità d’uso”. Le chiese a servizio completo virtualmente non dormono mai, attirano macchine, folle, emanano raggi di luce brillante a tutte le ore di tutti i giorni.

Queste tensioni fra stato e chiesa sono state evidenziate dal Religious Land Use and Institutionalized Person Act, approvato dal Congresso due anni fa, che impedisce a organismi pubblici, compresi gli uffici urbanistici locali, di bloccare progetti di chiese a meno che siano in gioco prevalenti interessi di tipo pubblico. Le municipalità in tutto il paese stanno “districando il problema di cosa le nuove leggi consentano o impediscano di fare” dice Jim Schwab, ricercatore della American Planning Association di Chicago.

La città nella città proposta dalla Community Church of Joy nell’area suburbana di Phoenix consente ai fedeli di vivere costantemente su terre della Chiesa, e anche si essere sepolti lì, avventurandosi all’esterno solo per lavorare o fare qualche spesa. Anche il parco acquatico, parte di un centro di sport a dimensioni olimpiche, ha un tema cristiano, con immagini al laser che rappresentano Giona, la Balena, Davide e Golia. Il quartiere residenziale, che non è dedicato in esclusiva ai membri della chiesa, avrà un cappellano a tempo pieno. Nonostante non voglia imitare Disneyland, è un’utopia disneyana con motore cristiano.

”La gente vuole morale, valori, e principi etici” dice il Dottor Kallestad, “Non è isolamento. È vivere su un’isola”.

Nota: per chi è interessato, è scaricabile direttamente da Eddyburg il testo originale del Religious Land Use and Institutionalized Person Act (fb)

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