Mafia, l’ira dei prefetti sul caso Fondi:
senza precedenti il no allo scioglimento
di Claudia Fusani
Un caso unico nella storia. La legge sullo scioglimento dei comuni per infiltrazioni è del luglio 1991 e in diciotto anni di vita mai era successo che la Presidenza del Consiglio respingesse la richiesta del ministro dell’Interno di sciogliere l’ente sotto inchiesta. Succede oggi, con il comune di Fondi. Una prima volta che arriva quasi a mettere in mora i responsabili politici e tecnici della sicurezza, dal prefetto di Latina Bruno Frattasi che chiede il commissariamento del comune dal settembre 2008 al ministro dell’Interno Roberto Maroni che ha presentato la stessa richiesta a febbraio scorso. In mezzo ci sono le inchieste della magistratura, arresti e indagini che raccontano un comitato d’affari di camorra, ‘ndrangheta, imprenditori e politici locali.
La battaglia del Pd
Una situazione gravissima, denunciata dal Pd (che in Commissione antimafia ne fa una battaglia da mesi), Idv e dalla stessa maggioranza. «In tanti anni non ho mai visto una situazione del genere» attacca Angela Napoli (Pdl), membro della Commissione Antimafia. L’eurodeputato Luigi De Magistris (Idv) vuole organizzare «una grande mobilitazione proprio davanti al mercato ortofrutticolo di Fondi», la vera calamita degli appetiti dei clan. Si muovono anche i prefetti, categoria per solito molto cauta a prendere posizione pubblicamente. Prima il piccolo Unadir, poi il Sinpref (Associazione sindacale dei funzionari prefettizi), sigla assai rappresentativa a cui non è piaciuto affatto l’intervento del presidente del Consiglio che il giorno di Ferragosto, mettendo in un angolo mesi di lavoro del prefetto e del ministro, ha detto che Fondi non sarà sciolta «perchè non ci sono indagati tra i membri della giunta e del consiglio comunale».
Una clamorosa inesattezza visto che il 6 luglio sono stati arrestati, tra gli altri, un ex assessore, il direttore dei Lavori pubblici, delle Attività produttive e del Bilancio, il comandante dei vigili e il suo vice. «Noi vogliamo prima di tutto ribadire la nostra vicinanza e solidarietà al prefetto Frattasi - spiega al telefono il segretario del Sinpref Giuseppe Forlani - e poi rimarcare stupore e preoccupazione per questo ennesimo rinvio». Molto attenti alla scelta delle parole, i prefetti però denunciano in un comunicato dell’8 agosto che «mai prima d’ora lo scioglimento di un ente locale era stato rinviato per motivi tecnico-giuridici o comunque attinenti al merito della proposta fondata su elementi di fatto già rigorosamente accertati e documentati dal prefetto». Significa che mai prima d’ora era stato messo in dubbio il lavoro di indagine di un prefetto. O di un ministro. Cosa che succede invece per Fondi visto che Frattasi prima e Maroni poi hanno entrambi chiesto, senza ottenerlo, lo scioglimento del Comune per infiltrazione mafiosa. Attenzione, scrivono ancora i prefetti, si rischia di indebolire la lotta alle mafie: «Altre ragioni - si legge nel comunicato del Sinpref - devono restare estranee alla conclusione di una procedura essenziale nell’azione tenace e continua contro l’infiltrazione mafiosa nelle pubbliche amministrazioni, vero cancro della legalità e della democrazia».
Governo sotto pressione
Una protesta con molti fronti, a cui si aggiungono associazioni come Libera e Legaambiente, E che mette sotto pressione Palazzo Chigi in serata costretto a promettere: «Il caso Fondi sarà presto in consiglio dei ministri, il tempo di adeguare il dossier alle nuove procedure».
Gli ultimi dati disponibili del ministero dell’Interno, aggiornati al 2008, dicono che dal 1991 sono stati 185 i decreti di scioglimento tra cui due Asl e un’azienda provinciale sanitaria. Con i decreti di quest’anno si fa in fretta ad arrivare a 200 scioglimenti. Curiosità: il 24 luglio il Consiglio dei ministri ha sciolto i comuni di Fabrizia e Vallelunga. Le regole sono uguali per tutti. Tranne che per Fondi.
La Fondi-connection: Asl, voti e ’ndrine all’ombra del Pdl
di Enrico Fierro
Nell’inchiesta scoperchiato il sistema: coinvolti il sindaco e altri funzionari. Nulla si muove che non voglia il senatore Fazzone, vero «re» della zona con una dote di 50mila schede elettorali. E il Comune «si salva»
Il Comune non si scioglie. Qui la mafia comanda, prende appalti, fa i soldi a palate, ha buoni amici dentro l’amministrazione comunale, ma il Comune non si scioglie. Carabinieri, questori e prefetti, vadano a farsi benedire con le loro inchieste e le loro scartoffie. Non si scioglie. Perché comanda la politica, l’ultima parola spetta a chi tiene i voti. E Claudio Fazzone i voti li produce a palate. 50mila per la precisione, percentuali bulgare a Latina, Fondi e dintorni. Tutti per Silvio Berlusconi, tantissimi da mettere la mordacchia anche al ministro Maroni. Ne ha fatta di strada l’ex appuntato della Ps. Sveglio da sempre, da quando indossava la divisa e entrò nelle grazie di Nicola Mancino quando l’attuale numero due del Csm era ministro dell’Interno. Autista, guardaspalle, uomo di fiducia, ma soprattutto intelligente galoppino elettorale della Dc. Ambizioni stratosferiche. Uomo dal fiuto politico sopraffino, l’ex appuntato capisce che la Dc è al tramonto e salta sul band wagon di Berlusconi. Anni di gavetta, poi l’elezione a consigliere regionale con la giunta Storace. Un mare di voti e la conquista dello scranno di presidente dell’assemblea. Fazzone costruisce una poderosa macchina clientelare. «Caro Benito ti segnalo... ». Era questo l’incipit che apriva tutte le lettere destinate al direttore della Asl di Latina. Decine di assunti, famiglie sistemate. Voti. L’elezione a senatore è scontata, il potere pure. Quando Berlusconi afferma che Fondi non si scioglie perché alcuni ministri gli hanno detto che nessun membro della giunta o del consiglio è stato raggiunto da avvisi di garanzia, non fa nomi. Ma a Fondi e Latina tutti sanno chi protegge Fazzone. Giorgia Meloni, Renato Brunetta, Maurizio Sacconi. Tutti in qualche modo legati al Sud Pontino. E tutti in buoni rapporti col padrone dei voti e dei seggi in questa parte del Lazio.
Dove imperano i fratelli Tripodo, Venanzio e Carmelo, uomini della ’ndrangheta calabrese. I loro legami con la politica sono riassunti in un dossier che fa tremare Fazzone e il suo sistema. 500 pagine e 9 faldoni. C’è tutto. Il tenente dei carabinieri Mario Giacona ha dettagliato i rapporti tra i Tripodo, la famiglia Trani e Peppe Franco. Il quale, secondo alcuni pentiti sentiti nel processo «Anni 90», mise a disposizione di Venanzio Tripodo i suoi mezzi di trasporto per consegnare armi al clan camorristico dei casalesi. «Peppe Franco – nota l’ufficiale dei carabinieri – è cugino di primo grado del sindaco di Fondi Luigi Parisella, suo fratello Luigi è socio in affari sia con il sindaco che con il senatore Fazzone nella gestione della Silo srl, società titolare di un capannone sito in località Pantanelle». Un struttura destinata alla lavorazione di frutta e ortaggi, che ha incassato contributi pubblici per oltre 2 miliardi di vecchie lirette. «Tuttavia – scrive sconsolato l’ufficiale dei Cc – questa attività non è mai iniziata, mentre l’area su cui sorge il capannone inutilizzato è stata interessata ad una variante al Piano regolatore generale approvata tra il 2002 e il 2004 che ha determinato un forte incremento delle infrastrutture viarie». Ma non è finita qui. Perché «l’ex autista di Carmelo Tripodo, Pasqualino Rega, è consigliere comunale a Fondi». I due sono stati indagati per reati contro il patrimonio, «attualmente il procedimento pende in fase dibattimentale». Rega ha ottenuto una palestra in affitto dal Comune. «La cosa singolare – mettono a verbale i Cc – è che lui se ne infischia di pagare il canone. È moroso da anni e il Comune non lo sfratta, anzi ha elargito sovvenzioni per alcune decine di migliaia di euro all’associazione Olimpica 92 dello stesso Rega». Un altro consigliere comunale di Fondi, Antonio Ciccarelli, eletto in Forza Italia e poi dimessosi, per i carabinieri «è sicuramente collegato alla criminalità calabrese, posto che lo stesso è stato arrestato unitamente a Salvatore Larosa, esponente del clan Bellocco-Pesce di Rosarno, insediato da anni anche lui a Fondi».
C’è un clima da Giorno della civetta a Fondi, il comune che non si deve sciogliere. Le note del tenente Mario Giacona sono tristi come quelle del capitano Bellodi di Sciascia. «Tutto questo intrecciarsi di rapporti familiari, economici e criminali, ha sicuramente condizionato l’attività amministrativa del Comune. L’amministrazione, dopo aver stabilito in modo francamente irrazionale di destinare l’area denominata Pantanelle (un pantano, appunto) ad area industriale – con la conseguenza che per costruire insediamenti produttivi sono necessarie spese di palificazione e bonifica sicuramente più rilevanti che in aree asciutte – ha poi previsto la costruzione di una grossa strada che sostanzialmente è al servizio della Silo srl». La società del senatore Fazzone, del sindaco e di suo cugino, fratello di uno che aveva legami strettissimi con i Tripodo. La mafia e gli imprenditori amici degli amici hanno sempre spadroneggiato a Fondi. Una sola società di Carmelo Tripodo, la «Lazio Net Service», ha ottenuto dal Comune 105mila euro dal 2003 al 2007. Grandi affari a Fondi, il Comune del senatore Claudio Fazzone, l’amico dei ministri. Quelli che...a Fondi la mafia non esiste.
La «guerra santa» del collega Ciarrapico
contro il nuovo ras
di Claudia Fusani
Il senatore scatenato per contrastare l’ascesa del rivale in quello
che è sempre stato il «suo» regno: interrogazioni parlamentari
e giornali sguinzagliati a denunciare il metodo-Fazzone
Una volta era il feudo del ras delle acque minerali, uomo d’affari della Dc andreottiana e nostalgico del Duce. Oggi è il territorio di un giovane senatore ex poliziotto, ciuffo sbarazzino, fedelissimo di Nicola Mancino e con un passato «nei ruoli della Presidenza del Consiglio». Giuseppe Ciarrapico e Claudio Fazzone: in realtà dietro il caso di Fondi, comune dell’agropontino infiltrato dalla mafia che il governo non vuole sciogliere, c’è uno scontro all’arma bianca tra anime diverse del Pdl. Uno scontro senza esclusione di colpi e in cui il gioco dei ruoli consegna proprio al Ciarra il compito di essere il più determinato accusatore di una presunta «malapolitica» di Fazzone. Sul piatto interessi economici e il controllo di un bacino di decine di migliaia di voti.
L’intramontabile e proteiforme Ciarrapico, da qualche anno anche prolifico editore, diventa senatore nel 2008 tra mille polemiche, rinnegando Fini, ma non la fede fascista, protetto da Silvio Berlusconi in persona. Dal 2006, però, l’anima destrorsa dell’agro pontino ha già un suo legale rappresentante: Claudio Fazzone, 48 anni, «cavallo di razza» - dicono - e astro nascente di Forza Italia. Un fenomeno, questo Fazzone: dal nulla, era un poliziotto seppur dalle ottime conoscenze, nel 2000 si candida alle regionali e tira su 27 mila voti. È il più votato d’Italia, dopo Berlusconi. Record bissato nel 2005 con 38 mila preferenze. Accade così dal 2008 i due, il Ciarra e l’ex sbirro, ingaggiano una battaglia che quasi quotidianamente attraversa l’aula del Senato e quelle dei tribunali. Se Fazzone ha presentato qualcosa come quaranta querele per diffamazione contro Ciarrapico, quest’ultimo ha scatenato i suoi giornali (una dozzina di testate tra la Ciociaria e Latina) per raccontare le malefatte vere o presunte di Fazzone & c, dal sindaco di Fondi Luigi Parisella al presidente della Provincia Armando Cusani, appalti truccati, tangenti, abusi edilizi, raccomandazioni, e chi più ne ha più ne metta. Latina oggi e Fondi News sono stati i più solerti e puntuali nello spiegare i passaggi delle inchieste giudiziarie che hanno portato l’amministrazione Fondi, tutti uomini di Fazzone, a un passo dallo scioglimento.
Non se ne sono risparmiata mezza, in questi anni. Il 17 giugno, per dirne una, mentre palazzo Chigi ha già da mesi sul tavolo la richiesta di scioglimento, Ciarrapico interroga il governo «sull’ennesima dimostrazione di cosa accade nell’allegro consiglio comunale di Fondi dove vengono assunti 5 giocatori di calcio arruolati nel “Football club Fondi”».
Appena mette piede in Senato (luglio 2008) il Ciarra presenta un’interpellanza contro il procuratore di Latina Giuseppe Mancini per la vicenda, tre le altre, del campeggio Holiday village «sequestrato per lottizzazzione abusiva e dissequestrato dopo l’inopportuno intervento di Fazzone presso l’ufficio dl giudice». Sempre Fazzone, secondo Latina oggi, salì al Viminale nell’autunno scorso appena arrivò la richiesta di scioglimento di Fondi da parte del prefetto Frattasi. In un modo o nell’altro, quella relazione fu congelata dal ministro Maroni che ne ordinò un approfondimento (giunto poi alle stesse conclusioni). Un dito nell’occhio, il Ciarra. E difatti Fazzone, un mese fa, ne ha chiesto «l’espulsione dal partito».
Vedi anche l'Unità del 5 agosto 2009