L'UOMO del Ponte si chiama Remo Calzona. Al dipartimento di ingegneria strutturale e geotecnica della Sapienza di Roma tutti lo conoscono. E anche a Reggio Calabria. Decine e decine di sopralluoghi tra Scilla e Cariddi e viaggi in tutto il mondo. Figura illuminata a cui prima l'Anas (1986) poi il governo (2002) hanno affidato la presidenza del comitato tecnico-scientifico per la verifica della fattibilità della grandiosa opera del Ponte sullo Stretto.
"La soluzione progettuale mi appare oggi assai costosa e per nulla immune da crisi strutturali".
Ahi, casca il Ponte?
"Bellissima domanda alla quale rispondo con Popper (ho rubato al suo pensiero il titolo del mio ultimo lavoro): La ricerca non ha fine".
L'uomo è fallibile.
"In Danimarca il ponte sullo Storebelt ha patìto il fenomeno del cosiddetto galopping. Il nastro d'asfalto si è andato deformando, tecnicamente è una deformazione ortogonale alla direzione del vento".
Su e giù, come fosse un grosso serpente.
"Esattamente così. Una deformazione, dovuta al fluido dinamico che impone di bloccare per motivi di sicurezza il passaggio di cose e persone. Ma il ponte si realizza proprio per permettere il transito ininterrotto".
Se soffia il vento a Scilla, ponte chiuso.
"Anche cento giorni all'anno".
Lei propone di ridurre l'ampiezza delle campate da 3300 a 2000 metri.
"Ci siamo accorti che la riduzione azzera quel fenomeno".
Ma nel 2002 era di diverso parere.
"Bellissima considerazione: mi viene in aiuto ancora Popper. La scienza misura i suoi passi sui propri errori".
I ponti si costruiscono ma ogni tanto cadono.
"Hai voglia se cadono! Nel secolo scorso abbiamo conosciuto il collasso provocato dalla fatica dei materiali".
Come un asinello che si stanca e stramazza al suolo.
"Carichi ripetuti sulla medesima struttura, fatica sviluppata fino al punto di insostenibilità".
Crash.
"Con la crisi del ponte di Tacoma, sopra Los Angeles, ci siamo accorti di un altro elemento destabilizzante, chiamato fletter. Sempre causato dal vento".
Il vento eccita, maledetto lui.
"Eccita".
Adesso siamo di fronte al galopping.
"Fare un ponte e spendere tanti quattrini per vederlo chiuso che senso ha?".
Ne ha parlato con la società dello Stretto di Messina?
"Pensi che l'amministratore delegato, l'ingegner Ciucci, mi ha persino diffidato a pubblicare il libro che documenta le mie nuove ragioni".
E perché?
"E che ne so! Uno gli dice che si può fare un ponte con meno della metà dei soldi e più sicuro e si sente trattato in questo modo".
Lo deve dire a Gianni Letta.
"Io scrivo e riscrivo. Soprattutto a Letta: guarda che così non va".
Ma Impregilo, la ditta costruttrice, ha il suo progetto. Chiederà penali.
"Chiamassero me: la metterei in ginocchio".
Professore: e se tra tre anni, o cinque o dieci lei scova qualche altro errore?
"Bellissima domanda: rispondo ancora con Popper. Lavoriamo sugli errori e sull'esperienza per fornire una soluzione progettuale che riduca il rischio di collasso della struttura entro limiti convenuti".
Limiti convenuti.
"Io non sono un mago".