SCENARI «Nella cordata Alitalia ci sono troppi immobiliaristi per non insospettirsi, l’area di Linate rappresenterebbe un affare colossale se riconvertita ad uso residenziale e terziario». A pensare male si fa peccato ma spesso s’indovina, disse una volta
Andreotti, consegnando ai posteri un’utile chiave di lettura della politica italiana.
Torna buona anche oggi per leggere tra le righe del nuovo piano di salvataggio della compagnia di bandiera, quello che prevede il sostanziale addio allo scalo milanese con il trasferimento a Malpensa di tutti i voli Alitalia e AirOne. A pensar male è Nino Cortorillo, segretario generale della Filt Cgil Lombardia: «La chiusura di Linate è coerente con l’accordo siglato pochi mesi fa tra la Sea, che gestisce i due scali milanesi, e Lufthansa, che nel 2009 porterà a Malpensa sei aerei della sua controllata Air Dolomiti per farne entro il 2014 un hub centrale del suo sistema di alleanze. Ma anche con la composizione della cordata».
Spiega il sindacalista: «Gli investitori, tra i quali spicca il nome di Ligresti, partecipano all’operazione per avere un ritorno economico. Probabilmente non arriverà da Alitalia, ma dall’area dell’aeroporto cittadino e dalle opere dell’Expo». Così si scioglie anche il rebus della metropolitana che per il 2015 arriverà a Linate: perché costruirla se il destino dello scalo è segnato?
I piani di sviluppo urbano guardano ben oltre l’appuntamento fieristico. Nel frattempo si prepara il terreno per Lufthansa, che non vuole concorrenza per Malpensa: «Ma lo scalo varesino - conclude Cortorillo - non potrà farsi carico dei 10 milioni di passeggeri di Linate senza compromettersi ogni possibilità d’espansione».
L’ipotesi non piace nemmeno al presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, che ieri ha inviato un telegramma al presidente del Consiglio Berlusconi per chiedere la convocazione urgente di un tavolo con le istituzioni locali sul sistema aeroportuale milanese: «È una presa in giro per gli elettori del Nord. Non si parla più di liberalizzazione dei diritti di volo e si preannuncia una nuova compagnia aerea di dimensioni modeste ma forte di due monopoli: quello della tratta più ricca d’Europa, la Roma-Milano, e quello dei voli internazionali dall’Italia non liberalizzati». Le somme tirate da Penati sono sconfortanti: «E Pantalone pagherà due volte, da contribuente nel risanare i debiti della bad company e da consumatore nell’acquistare biglietti aerei più cari della media europea».
Sugli stessi toni anche il segretario del Pd milanese, Ezio Casati: «Saranno i cittadini a pagare il monopolio preannunciato dalla fusione di Alitalia con AirOne. L’aeroporto di Linate è una risorsa importante che non può essere sacrificata».
Nel centrodestra, invece, è scattata la consegna del silenzio. Dopo il fuoco e fiamme minacciato per il ridimensionamento di Malpensa, il presidente della Lombardia Roberto Formigoni preferisce tacere sulle «illazioni» su Linate per salutare la nascita di Compagnia Aerea Italiana come «l’inizio di un nuovo cammino per Alitalia».
Si sbilancia solo la Lega Nord, compagna di barricate del governatore lombardo a difesa dello scalo varesino: «Linate non chiuderà mai, è troppo comodo per la città. Il vuoto di Alitalia, nel rispetto dei principi di libero mercato, sarà riempito da qualcun altro» sentenzia Marco Reguzzoni, capogruppo del Carroccio alla Camera. «Evidentemente avevamo ragione noi della Lega, quando dicevamo che chiudere Malpensa era insensato». Logica ineccepibile, con buona pace dell’aeroporto uscito perdente dalla sfida per la sopravvivenza.