Il Corriere della Sera
Parchi, retromarcia della Regione
di Giovanna Maria Fagnani
Ritirata la norma contestata dagli ambientalisti. Forza Italia si dissocia
Esultano le associazioni di ecologisti e agricoltori: «Scongiurata una speculazione gigantesca»
MILANO - Non ci speravano neppure loro, tant'è vero che avevano già organizzato i comitati per la raccolta di firme per indire un referendum, se la legge fosse passata. Invece, a sorpresa, il «fronte verde » ce l'ha fatta.
Ieri, in apertura del consiglio regionale, l'assessore regionale leghista Davide Boni ha annunciato il ritiro dell'emendamento 13-bis, il cosiddetto «provvedimento ammazzaparchi ». La modifica affidava alla Regione l'ultima parola nel caso di contenziosi urbanistici fra i Comuni e le aree protette. Ora se ne riparlerà durante la stesura della nuova legge di riordino dei parchi regionali, il cui iter è appena iniziato.
«Non rinnego nulla: la norma non è mai stata un via libera alla cementificazione» ha detto Boni, che poco dopo in conferenza stampa ha spiegato le sue ragioni insieme a Milena Bertani, presidente del Parco del Ticino, che nei giorni scorsi, a differenza di altri quindici presidenti dei parchi lombardi, si era espressa a favore della nuova legge.
Alla notizia dello stralcio dell' emendamento, il presidio di protesta delle associazioni ambientaliste davanti al Pirellone si è trasformato in una festa. Esultano i Verdi e il «Coordinamento Salvaparchi», che riunisce tra gli altri Legambiente, Fai, Wwf e confederazioni agricole. «E' stata una vittoria straordinaria, dovuta alla mobilitazione di sindaci, cittadini e associazioni » spiega il portavoce Domenico Finiguerra. «Abbiamo salvato da una possibile speculazione edilizia trentotto chilometri quadrati di aree agricole del comune di Milano: con questo emendamento sarebbero diventate edificabili. Ora, però, occorre tener alta la guardia» precisa Carlo Monguzzi, capogruppo dei Verdi in Regione.
Anche l'assessore provinciale al Parco Agricolo Sud Milano, Bruna Brembilla, tira un sospiro di sollievo: la norma, secondo l'opposizione, era stata concepita proprio per favorire altri insediamenti in quest'area protetta. «In futuro invito i responsabili regionali ad ascoltare le istanze che provengono dai Comuni e dai parchi» dice la Brembilla.
«Ha vinto il buon senso — spiega, invece il consigliere regionale del Pd Franco Mirabelli — Questa legge sulla normativa urbanistica è in discussione da quasi un anno proprio per responsabilità dell'assessore, che ha voluto caricarla di argomenti che non c'entrano nulla ». Osservazione, in parte, condivisa anche da Stefano Galli, capogruppo della Lega Nord, che pur negando spaccature interne («Si è trattato solo di uno spostamento della questione da una legge all'altra»), precisa: «Quella norma nella legge urbanistica non aveva alcun senso».
Lo stralcio ha provocato reazioni anche all'interno della maggioranza. Giulio Boscagli, capogruppo di Forza Italia, è critico: «Appare strano che dopo quattro mesi di dibattito in Commissione l'assessore Boni, decida improvvisamente di ritirare l'emendamento, assolutamente non "ammazzaparchi" ma volto a valorizzare il territorio lombardo e a rispettare la sua specificità — sottolinea Boscagli —. Accettiamo la scelta, ma non la condividiamo. Non siamo disposti ad accettare, senza essere preventivamente coinvolti, decisioni che con tutta evidenza sono dovute assai più a dissensi e lotte interne alla Lega e non alla difesa del nostro territorio».
La Repubblica
La brezza delle elezioni
di Ivan Berni
La marcia indietro della giunta regionale sull’emendamento ammazzaparchi contiene tre buone notizie in una. La prima è che, per ora, i parchi lombardi sono salvi. Pare poco e invece è già molto, se si considera che l’emendamento dell’assessore leghista Boni svuotava, di fatto, gli enti di gestione di qualsiasi potere, permettendo ai Comuni di programmare edificazioni e alla Regione di autorizzarle in barba all’orientamento espresso dai parchi medesimi. Chiunque abbia una briciola di buon senso e buona fede non può sostenere la ragione stessa di esistenza dei parchi se gli organismi che li devono gestire non sono messi in condizione di tutelarne il perimetro e l’integrità. Da questo punto di vista il ripensamento del centrodestra va salutato davvero come una vittoria (parziale, temporanea?) della ragione sulla cieca furia cementificatrice.
La seconda buona notizia è che la battaglia contro l’emendamento Boni è stata vinta anche grazie al convinto, e all’apparenza unanime, schieramento del Partito Democratico. Non era così scontato come sembra. Il via libera ai sindaci di costruire nei parchi rappresenta infatti una di quelle tentazioni che spesso hanno fatto breccia anche a sinistra. Soprattutto quando gli oneri di urbanizzazione da incassare rappresentano una boccata d’ossigeno per casse comunali sempre più vuote.
Come sovente capita quando si tratta di infrastrutture e nuove edificazioni, la tentazione fa il ladro (in senso metaforico, s’intende) e qualche volta si trasforma in posizione politica. Si temeva, insomma, che in nome della realpolitik ci sarebbero state smagliature e distinguo da parte del Pd. Invece così non è andata, e nella regione dove il consumo di suolo è al limite della capacità di rigenerazione del territorio, il Partito Democratico si schiera in modo netto, scegliendo di stare con le associazioni ambientaliste, con le migliaia di persone che hanno sottoscritto appelli online e petizioni, ed evitando ai Verdi di rimanere l’unico referente politico di questa battaglia civile in Consiglio regionale.
La terza buona notizia, filiazione diretta delle prime due, è che finalmente l’ambiente viene riconosciuto come una priorità dal centrosinistra e che questo stesso concetto comincia a farsi largo anche nel centrodestra. È un dato di grande valore, soprattutto se si considera che siamo in piena campagna elettorale. Vuol dire che chi pensava di incassare consensi aprendo le porte dei parchi al cemento ha sbagliato i conti, o comunque ha dovuto rinculare dal proposito perché le minacce al verde e all’ambiente, lo scempio delle risorse naturali sono percepite dagli elettori per quello che sono: un intollerabile attacco alla qualità della vita. Attenzione: non una qualità della vita astratta, ma proprio quella di ciascuno dei 10 milioni di lombardi, che dei parchi sono massicci fruitori. E questo vale per gli elettori di centrosinistra quanto per quelli di centrodestra.
Per una volta sembra abbiano contato di più le ragioni della sostenibilità che gli argomenti della speculazione. Forse è merito del vento elettorale: per una volta una brezza piacevole.
La Repubblica
Boni ritira la legge ammazzaparchi
di Stefano Rossi
Ha difeso la sua posizione, ma ieri ha dovuto cedere: l’assessore regionale al Territorio Davide Boni ha ritirato l’emendamento 13 bis, "l’ammazzaparchi", stralciandolo dalla legge urbanistica. Una vittoria per gli ambientalisti, che avevano organizzato un presidio sotto il Pirellone, e per il centrosinistra. «La giunta dev’essere come la moglie di Cesare, non voglio si dica che cementifichiamo le aree naturali. Questa norma è stata strumentalizzata», abbozza Boni che però rilancia: l’emendamento tornerà in commissione, in vista di un inserimento nell’imminente nuova legge sui parchi.
Salta in Regione l’emendamento ammazzaparchi, contestato da centrosinistra e ambientalisti e difeso strenuamente dall’assessore leghista al Territorio, Davide Boni. Quest’ultimo decide di stralciare il provvedimento dalla legge urbanistica proprio mentre inizia in consiglio regionale la discussione sulla norma: l’opposizione ha pronti 409 emendamenti e associazioni come Wwf, Legambiente, Italia Nostra, Fai presidiano l’esterno del Pirellone.
Il discusso emendamento 13 bis sui parchi regola i rapporti fra la Regione, gli enti parco e i Comuni all’interno dei 24 parchi regionali. Secondo l’opposizione, l’emendamento attribuisce alla giunta regionale la facoltà di approvare o respingere le varianti urbanistiche proposte dai Comuni e rifiutate dai parchi. Largo agli appetiti immobiliari, traduce insomma il centrosinistra che per Milano evoca i nomi di Ligresti e Cabassi.
Boni, sostenuto da Milena Bertani, presidente del parco del Ticino ed ex assessore regionale ai Lavori pubblici, spiega che la giunta regionale interverrebbe solo in caso di mancata risposta dell’ente parco alla richiesta di variante urbanistica del Comune. «In commissione - risponde Franco Mirabelli del Pd - è stato detto chiaramente che, se il parco si oppone, decide la giunta». E il verde Carlo Monguzzi: «Oggi se il parco dice no non si costruisce. In futuro non sarebbe più così».
Ad ogni modo, in aula Boni ha già fatto marcia indietro: «La giunta dev’essere come la moglie di Cesare, non voglio si dica che cementifichiamo le aree naturali. È vero piuttosto il contrario. Guardate com’è ridotto il parco delle Cave. O il parco delle Grigne, dove si costruisce a Olginate. Eppure non sono parchi regionali. Questa norma è stata strumentalizzata in modo incredibile».
Il 13 bis torna in commissione, in vista di un inserimento nell’imminente nuova legge sui parchi. Il 19 marzo Boni incontrerà i presidenti delle aree naturali «e fino ad allora lavoreremo su questo testo». L’assessore, così, evita la conta. Marco Cipriano di Sd aveva chiesto il voto segreto puntando sulle divisioni della Lega. L’emendamento sarebbe afflitto da «centralismo regionale», tanto che alcuni amministratori leghisti hanno partecipato alle proteste, come a Cassinetta di Lugagnano, dove il sindaco Domenico Finiguerra (Sinistra Arcobaleno) ha già all’attivo la battaglia contro la tangenziale per Malpensa.
Giulio Boscagli, capogruppo azzurro, bacchetta Boni: «Non siamo disposti ad accettare, senza essere preventivamente coinvolti, decisioni evidentemente dovute assai più a dissensi e lotte interne alla Lega che alla difesa del nostro territorio». L’assessore replica: «Qualcuno non ha letto a fondo l’emendamento. Tutti i colleghi sono degni di attenzione».
Boni incassa l’appoggio del sindaco Letizia Moratti, che parla di «sintonia e pieno accordo» e di emendamento «pensato per superare eventuali conflitti fra enti». Esulta invece il centrosinistra, che critica tuttavia la legge urbanistica passata in serata con un altro emendamento di Boni: il mantenimento o la creazione di un campo rom in un Comune subiranno il parere vincolante dei Comuni limitrofi. Sgradite anche le limitazioni per la costruzione di moschee e - in particolare a Rifondazione - il 15 per cento di volumetria in più concesso in caso di edificazione nelle aree ferroviarie dismesse.
il manifesto
L’ammazzaparchi non c’è più
di Luciano Muhlbauer
L’emendamento “ammazzaparchi” non c’è più. L’assessore Boni ha dovuto ritirarlo in aula di fronte all’opposizione della sinistra e soprattutto delle forze della società civile lombarda. La nostra soddisfazione è grande, perché è stata impedita un’ulteriore calata di cemento sui parchi lombardi. Perché questa era la ratio della norma voluta da Formigoni e dal partito degli affari.
Ma il pacchetto di modifiche della legge urbanistica regionale non prevedeva soltanto questa norma, bensì molto di più e, purtroppo, se ne’è parlato poco. Come ormai accade da oltre due anni, le continue modifiche della l.r. 12/2005 non sono ispirate al governo pubblico delle trasformazioni urbanistiche in atto, bensì alla tutela di interessi particolari, affaristici o politici. E così, ad esempio, è stata varata una norma che favorisce gli interessi dei poteri forti, concedendo un aumento delle volumetrie nella misura del 15%, per quanto riguarda gli interventi edificatori sulle aree dismesse delle Ferrovie dello Stato. E non stiamo parlando di briciole, ma di uno degli affari del secolo, cioè di un milione di metri quadrati nella sola Milano.
Come d’abitudine, però, la legge 12 è stata utilizzata anche per fini che con l’urbanistica non c’entrano un bel niente, ma che fanno comodo alle campagne securitarie delle destre. Ci sono dunque nuove regole , di carattere restrittivo, per l’insediamento dei “campi nomadi” e la contemporanea abrogazione dell’art. 3 della l.r. 77/89, cioè viene abrogato l’obbligo di “evitare qualsiasi forma di emarginazione urbanistica” e di “facilitare l’accesso ai servizi e la partecipazione dei nomadi alla vita sociale”.
Non manca, ovviamente, un altro “cult” leghista, con l’introduzione di una nuova regola che rende ancor più difficoltosa la costruzione di moschee. E così, dopo la norma “urbanistica” speciale del 2006, che aveva messo fuori legge pregare, senza permesso del sindaco, in un luogo non considerato ufficialmente di culto, ora si vuole ostacolare persino la costruzione di nuovi luoghi di culto regolari.
In altre parole, questioni di carattere sociale o attinenti alla libertà religiosa vengono trasformati in problemi urbanistici e, per questa via, in questioni di ordine pubblico. Insomma, il solito squallido gioco del tanto peggio, tanto meglio.
Per questo, pur essendo soddisfatti per il ritiro dell’emendamento “ammazzaparchi”, occorre essere consapevoli che la battaglia per un governo pubblico e sostenibile delle trasformazioni urbanistiche è ancora lunga. In fondo, si tratta di stabilire chi decide: o i grandi costruttori oppure i cittadini e i lavoratori che abitano i territori.
Tra le moltissime cose positive emerse anche da questo “secondo round” del conflitto fra il governo lombardo e una parte della società locale, continua in gran parte a restare sospesa nel vuoto la questione centrale: esiste un’idea di territorio del centrosinistra? Non a caso aveva facile gioco l’assessore Davide Boni solo qualche giorno fa, quando dichiarava alla stampa “se davvero non si può costruire nei parchi, qualcuno del centrosinistra mi spieghi come sono nati Ieo e Cerba ”. E sarebbe certo il caso di iniziare a risolvere questo nodo, perché uno schieramento di pura opposizione ha necessariamente vita breve, nonostante appaia in crescita la partecipazione e consapevolezza diffusa ai temi dell’ambiente e dello sviluppo. Se “ambientalismo del fare”, slogan molto in voga di questi tempi, significa poi adottare gli stessi metodi (e meriti) del centrodestra, al massimo favorendo qualche cordata concorrente di grandi interessi, non si andrà molto lontano. Come insegna anche la presa di posizione di alcuni esponenti della base leghista, a quanto pare fondamentale nel ritiro dell’emendamento, sul governo del territorio si gioca davvero la credibilità di una proposta politica. Ovvero, distinguendo tra interesse generale e alchimie fra interessi particolari (f.b.)