La lettera che il segretario del PD toscano, ha spedito al Corriere fiorentino in replica all’articolo scrittoda Paolo Baldeschi per eddyburg, (ripreso il 23 febbraio dal quotidianofiorentino), ha già avuto una puntualerisposta dal nostro collaboratore suqueste pagine. Esso si presta però a qualcheconsiderazione di carattere più generale sul ruolo che quel partito stasvolgendo in Toscana, e su quello che i diversi attori stanno giocando. Vogliointervenire in proposito con un’osservazione e alcune brevi domande.
L’osservazione.
Afferma Parrini: «Di ognilegge dovremmo sempre tracciare, cosa che spesso non si fa, una Vib, unavalutazione di impatto burocratico. Cioè dovremmo continuamente domandarci se isacrosanti obiettivi che perseguiamo li stiamo perseguendo col minimo costoburocratico indispensabile o col massimo costo burocratico immaginabile. Non sose questo punto di vista sia renziano o meno. Non mi interessa. Basta che siadi buonsenso. E a me sembra lo sia».
Il riferimento del segretario del PD toscano allaburocrazia sembra del tutto allineato con il “senso comune”, e non con il “buonsenso”: per riferirci alla distinzione gramsciana: con la visionedel mondo inculcata dall’ideologia dominante, e non dal personale pensierocritico.
Cerchiamodi essere chiari, e di comprendere perche cosa, in un regime democratico, serva la burocrazia. Essa serve a dare le indispensabili basi tecnicaall’azione pubblica, a conoscere prima di decidere, a esprimere la volontàdelle decisioni politiche in modo coerente ed efficace, a definire regole certee chiare, a vigilare sulla loro attuazione e a consentire al potere giudiziariodi intervenire quando vengono violate.
Proprio per l’importanza della sua funzionein un regime democratico, nei paesi in cui il “pubblico” funziona (GranBretagna, Francia, Germania) la burocrazia pubblica gode della massimaconsiderazione, autorevolezza, prestigio, ed è invece ridotta a un ruolo servilenelle autocrazie..
Èovvio che la burocrazia è invececonsiderata un ostacolo per qualunque operatore economico che anteponga i propri interessi a quellidella collettività. Così come è unostacolo per ogni politico, sia essoeletto dal popolo o nominato dal suo boss, che anteponga gli interessi suoi odella sua parte a quelli della collettività e veda quindi nella burocrazia un ostacolo alpieno dispiegamento della sua discrezionalità.
Laconcezione della burocrazia che Parrinirivela nella sua lettera non è peraltroriducibile al “renzismo". Essa discende dall’ideologia globale che si è affermata come dominantenell’ultimo trentennio, e di cui Matteo Renzi esprime (per ora) il coronamentonella provincia italiana.
Si tratta infatti di un’ideologia che ha cominciatoad affermarsi, in Italia ben prima dell’impadronimento da parte di Renzi dellespoglie della vecchia sinistra: dal giorno in cui “destra” e “sinistra” furonoconcordi nel ritenere che la governabilità sia preferibile alla democrazia eche quest’ultima possa, e a volte debba, essere sacrificata alla prima.
Chi èavvezzo a guardare alla cittá da un punto di vista non meramente “tecnico”, matenendo conto delle relazioni di potere, ne ha visto l’inizio nella decisione di farscegliere i segretari comunali direttamente dai sindaci, e nel progressivotrasferimento di poteri dagli organi collegiali (e quindi pluralisti) delleistituzioni a quelli ristretti o divertice (quindi oligarchici o monocratici). Il buon Matteo è solo (per ora)l’espressione finale del ciclo apertosi, in Italia quando aveva appena smesso ipantaloncini corti.
Nelcaso specifico del Pit toscano c’è dadire solo che Parrini non sembra averlo letto con attenzione. Il piano non solo non introduce nuovi procedimenti (senon quando i piani comunali dovranno adeguarsi al piano), ma porterà, seapprovato con la validazione del ministero, a diverse significativesemplificazioni per i cittadini e gli operatori economici. Il vero obiettivosono quindi i vincoli, che si vorrebbero abolire.
La domanda.
Èvero o non è vero che nella sesta commissione consiliare, i consiglieri del PD (loro, nonaltri) hanno proposto al Consiglio regionale, come ultimo"emendamento" al piano paesaggistico, l'eliminazione di qualsiasilimitazione dell'attività di escavazione sulle Apuane e più in generale latrasformazione di tutte le “direttive” rivolte agli enti locali in “indirizzi”?
Quest’ultimaproposta è del tutto aberrante. Coincide con la delega piena di cospicuiinteressi pubblici, collettivi, comuni, all’imperio delle convenienze private. Ridurrei “comandi” che la Regione trasmette aicomuni in semplici suggerimenti significherebbe annullare l’efficacia del piano. L’approvazione formale di quellaproposta degli esponenti del PD coinciderebbe con la sepoltura della politicadi tutela avviata dall’assessore Marson e dal presidente Rossi.
Se le nuove norme della Regione toscanafossero in tal modo stravolte bisognerebbe concludere che solo il velo dell’ipocrisia resterebbe aseparare i sedicenti difensori del piano dai suoi più tenaci, e onesti,avversari.