Il DDL Delrio è legge dello Stato: una legge improvvisata, inadeguata,...>>>
Il DDL n. 1542 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni” è stato definitivamente approvato ed è oggi legge dello Stato (Legge 7 aprile 2014, n. 56) . Come numerose riflessioni critiche pubblicate su eddyburg hanno già evidenziato, si tratta di una legge inadeguata, scaturita da obiettivi incongrui, potenzialmente dannosa.
Una delle sue principali debolezze risiede nelle modeste competenze trasferite dai comuni alle CM. Nella pianificazione territoriale non si innova rispetto alla pianificazione di coordinamento territoriale provinciale, già debole quando si trattava di enti elettivi e che risulterà ulteriormente indebolita dal passaggio a ente di secondo grado. Le altre nuove competenze previste nel disegno di legge sono asfittiche. Ad esempio, i compiti di promozione dello sviluppo economico con risorse nulle appaiono una mera retorica; sulla pianificazione strategica, uno strumento assai vago per di più se di durata triennale e aggiornabile annualmente, non pare necessario legiferare: si tratta infatti di un processo che, per essere realizzato al meglio e, di nuovo, non in una dimensione meramente retorica e di pura produzione di immagini di mercato, non può che svilupparsi per iniziativa dal basso e su una dimensione temporale che abbracci il medio-lungo periodo[1]. La legge avrebbe inoltre potuto ragionare su un modello di attribuzione delle competenze a geometria variabile, considerando che le istituende CM si confronteranno con sfide e, soprattutto, con problemi sedimentati nel corso del tempo, molto differenti e che richiederebbero ricette d’intervento su misura.
Ma ora i tempi sono strettissimi: la conferenza statutaria presieduta dal sindaco del comune capoluogo dovrà terminare i suoi lavori trasmettendo al consiglio metropolitano la proposta di statuto entro il 30 settembre 2014 (!). E il Consiglio metropolitano, nel frattempo eletto, dovrà approvare lo Statuto entro il 31 dicembre 2014. Ed è proprio nella elaborazione degli Statuti metropolitani che si potrebbero introdurre elementi di innovazione a partire dalle specificità e criticità locali.
A che punto è Milano? In preoccupante ritardo. Ad oggi l’amministrazione del capoluogo ha prodotto una serie di accurate analisi specifiche sul territorio metropolitano, curate dal Centro Studi PIM; e ha ragionato, suggerendo diverse alternative possibili, sullo scorporo del comune capoluogo, previsto dalla legge 1542 come condizione per passare al suffragio universale nelle CM con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti - un tema comunque poco urgente, dati i tempi lunghi relativi alla definizione, con successiva legge statale, del sistema elettorale e l’obbligo di referendum popolare.
Ma se si visita il sito web predisposto dal Comune di Milano[2], la preoccupazione che ho espresso appare del tutto giustificata: il link “Appuntamenti, iniziative, incontri, eventi sulla città metropolitana” segnala inesorabilmente da lungo tempo: “nessun evento in programma”. Si sta insomma manifestando da parte dell’amministrazione milanese una preoccupante inerzia nel promuovere iniziative di concertazione con i comuni dell’hinterland e di confronto serrato con i principali attori economici e sociali. Progettualità e concertazione stentano a decollare anche se lo Statuto costituirà l’unica vera occasione, da cogliere con tempestività, per riempire di contenuti innovativi una legge modesta.
Quali temi dovrebbero essere immediatamente posti al centro di una riflessione lungimirante sulla futura ‘Grande Milano’? Ne propongo un ambizioso anche se sintetico elenco, che ho meglio approfondito in un articolo per la rivista Meridiana che dedicherà al tema delle CM il numero in uscita prima dell’estate: un elenco su cui avrebbero già da tempo dovuto impegnarsi le amministrazioni locali a tutti i livelli, a partire da quello regionale e che, come questione di fondo, dovrebbe aspirare a correggere il pernicioso modello di deregolazione che ha prodotto sul territorio milanese frutti così avvelenati.
Lo Statuto potrebbe attribuire alla CM:
- competenze in materia di elaborazione di una vero e proprio piano strutturale[3] con precisi elementi prescrittivi in ambiti che si legittimano per la rilevanza etica di lungo periodo in termini di sostenibilità e di solidarietà; fra questi, prioritario il compito di regia strategica e messa in coerenza dei progetti di riuso/rigenerazione urbana proposti dai singoli Comuni, o da reti di Comuni: la CM dovrebbe poter esprimere su di essi un parere dirimente di compatibilità
- promuovere una “fiscalità di agglomerazione” alla francese destinando alla CM parte degli oneri di urbanizzazione: ad esempio, almeno una quota di quelli relativi a funzioni/progetti di rilevanza metropolitana. E occorrerebbe utilizzare una quota delle risorse così accumulate per promuovere e incentivare i comuni virtuosi che realizzino progetti integrati e sostenibili di scala intercomunale.
- garantire la comunicazione continua e trasparente nei confronti dei ‘cittadini metropolitani’.
A fronte dell’inerzia del comune capoluogo, è importante rilevare che le (per ora poche) iniziative che stanno configurandosi sono ad oggi ‘dal basso’: in particolare da parte di alcuni comuni dell’hinterland che si stanno organizzando per rispondere al disegno punitivo di intercomunalità contenuto nella legge con un approccio di più ampio respiro, che apra su alleanze di rete su territori pertinenti. E’ il caso del Coordinamento dei Sindaci di 23 Comuni dell’Adda-Martesana, localizzati nell’Est milanese, che già nel luglio 2013 hanno inviato una lettera aperta al sindaco di Milano sollecitandolo a convocare immediatamente l’Assemblea dei Sindaci della Provincia di Milano per la costituzione di una cabina di regia; a istituire gruppi di lavoro sui temi della pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali, del coordinamento della gestione dei servizi pubblici locali, della mobilità e viabilità, della promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale, ma anche del welfare locale; a istituire un gruppo ristretto tecnico/politico per mettere a fuoco le problematiche del nuovo Statuto.
Nessuna risposta è finora arrivata da Milano alle lettera dei sindaci. Ma a livello locale si sta continuando a riflettere sulla possibilità di costituire Unioni di Comuni di dimensione ampia per affrontare in maniera cooperativa e integrata le problematiche del territorio. E altre iniziative analoghe si stanno annunciando in altri territori dell’hinterland, proprio guardando al dinamismo propositivo dell’Est milanese.
Sul fronte delle rappresentanze degli interessi economici, perplessità sulla legge sono state espresse dal Presidente della Confindustria che, in un recente convegno organizzato sul tema a Firenze[7], ha criticato la modestia delle competenze delegate. Mentre Assolombarda, in attesa dell’EXPO e della Città Metropolitana, si è data un piano strategico 2014-2016 articolato in 50 progetti affidato allo slogan “Far volare Milano per far volare l’Italia” e appare in prima linea fra le associazioni imprenditoriali metropolitane nel considerare l’occasione delle CM cruciale per il paese.
Riuscirà la metropoli milanese a uscire dal circolo vizioso dell’incrementalismo e dell’adattatività attraverso una nuova visione e strategie al passo con le altre aree metropolitane europee?
Anche se la considerazione sembra ovvia, occorrerebbe in primo luogo ri-legittimare in ambito politico e culturale la pianificazione urbanistica e di area vasta. Occorrerebbe in particolare porre argine alle procedure perequative ‘estese’; porre argine alla flessibilità delle destinazioni d’uso e, sopratutto, porre argine alla inarrestabile concessione da parte dei comuni di diritti edificatori amplissimi e indifferenti a qualsiasi stima sulla domanda effettiva; occorrerebbe, anzi, revocarne molti elargiti in passato, come è nei poteri delle amministrazioni locali.
Sono tutti aspetti che richiederebbero, come ho sottolineato, un adeguato inquadramento territoriale; che dovrebbero costituire competenza cruciale della istituenda CM, in termini di definizione di regole di area vasta e di esercizio di compiti di controllo, valutazione, monitoraggio; e in termini più ampi di elaborazione di visioni strategiche di lungo periodo a cui ancorare direttive coerenti e conseguenti.
Sono tutti aspetti che richiederebbero altresì di ripensare gli hinterland metropolitani come luoghi di innovazione nella governance; in cui Unioni di Comuni costruite su territori davvero pertinenti siano incentivate a elaborare piani integrati, utilizzando lo strumento della perequazione territoriale per garantire vantaggi equi a tutte le comunità insediate.
A brevissimo termine comunque, una condizione necessaria sarà il cambiamento di passo del comune capoluogo: se la risposta della maggioranza che regge Milano, e soprattutto del Sindaco, e futuro Sindaco della Grande Milano, sarà di nuovo “rimediale”, come è avvenuto con il Piano di Governo del Territorio, si sarà persa una ulteriore occasione di affrancare la metropoli lombarda e il suo territorio dal torpore, ma forse meglio sarebbe dire dai sintomi di decadenza che ne stanno compromettendo il futuro.
Potrebbero essere i Comuni dell’hinterland i protagonisti di una nuova stagione di innovazione nel governo del territorio? Sembra una proposta controintuitiva, ma potrebbe costituire una grande occasione di riscossa: da cogliere, da parte delle amministrazioni locali, allargando lo sguardo e soprattutto guardando lontano.
E tutti abbandonando definitivamente, nell’interesse comune, l’idea che il mercato costituisca l’unico principio ordinatore e generatore dello spazio.
[1] R. Camagni, Città metropolitane? No, solo province indebolite, in “lavoce.info”, 2014, 18 febbraio.
[2] www.milanocittàmetropolitana.org.
[3] Nel caso lombardo occorrerebbe por mano alla riforma della legge di governo del territorio; e alcuni segnali in questa direzione sembra si stiano manifestando, sia da parte delle opposizioni che della maggioranza in Regione.
[4] La legge prevede altresì che “limitati impegni di suolo per destinazioni diverse da quella residenziale siano in ogni caso assoggettati al parere obbligatorio della conferenza di copianificazione d'area vasta, chiamata a verificare puntualmente, oltre alla conformità al PIT (Piano di Indirizzo Territoriale), che non sussistano alternative di riutilizzazione o riorganizzazione di insediamenti e infrastrutture esistenti”. V. A. Marson, Newsletter, 2013, n.3 in regione toscana.it.
[5] P. Dallasta, S. Righini, La cooperazione intercomunale nella legge Delrio. Grandi speranze e attese deluse, in eddyburg.it, 2014, 31 marzo.
[6] Saranno i territori della concertazione intercomunale e ospiteranno almeno 300.000 abitanti. I Presidenti dei Territoires saranno di diritto Vicepresidenti nel Consiglio metropolitano. Non saranno quindi i singoli comuni, ma associazioni intercomunali di dimensione demografica cospicua su territori integrati gli attori locali di riferimento delle più complessive strategie e politiche metropolitane.
[7] Confindustria, Convegno Le Città Metropolitane: una riforma per il rilancio del Paese, Firenze, 2014, 6 febbraio.