Il manifesto, 26 gennaio 2014
Il vostro appello «una lista per Tsipras» contiene una decisa richiesta di europeismo, ma antirigorista. In questi mesi invece in tutta Europa, e anche in Italia, nella società civile crescono pulsioni anti-euro, in contrapposizione al conformismo rigorista dei «riformisti». Cosa vi fa pensare che questa vostra lista possa raccogliere un vasto consenso?
Me lo fa pensare una certezza, innanzitutto: tra gli arrabbiati anti-euro e i conformisti dell’austerity non c’è il nulla; non regnano solo la rassegnazione e la rinuncia. È quello che vogliono far pensare i due gruppi – quello del no e quello del sì – ma ambedue mentono. Non è vero che «in tutta l’Europa» esistono solo loro, complici nell’immobilismo. E tra i complici metto anche il Pd. Tra il no e il sì c’è un’Italia che vuole restare in Europa, ma cambiandola radicalmente. Che soffre tremendamente la crisi, ma sa che solo in Europa la sormonterà. Sono gli «europeisti insubordinati», e in fondo i veri euroscettici sono loro. Lo scettico non si accontenta dell’apparenza, né dello status quo. Vuol creare un ordine nuovo. E un ordine nuovo in Europa significa una Federazione dove nessun Stato sia sacrificato, minacciato di espulsione se non si piega alle ricette, peraltro fallimentari, dei parametri di Maastricht e del Fiscal Compact. Anche se non lo dice chiaramente, l’europeista insubordinato intuisce che l’euro è un fallimento se non si costruisce attraverso una nuova Costituzione fatta dai rappresentanti dei popoli, un’Europa dove non conti più il rapporto di forze tra singoli Stati. Quando conta solo l’equilibrio fra potenze nazionali è inevitabile che sarà il più forte a dominare, come avveniva nel nostro continente fino al 1945.
Nel vostro appello indicate una collocazione nell’europarlamento, la Gue, il gruppo della sinistra europea. Vendola considera questo un limite di «asfissia», una riduzione della portata politica della candidatura di Tsipras, che può ambire a mobilitare anche forze e persone fuori del tradizionale recinto della sinistra radicale. Qual è il suo parere?
Come prima cosa, non mi pare ci sia unanimità sulle posizioni di Vendola: Sel è divisa, molti sono desiderosi di aderire alla nostra lista. Nell’appello si parla di collocazione nella Gue perché l’iniziativa, aggregandosi attorno alla figura emblematica di Tsipras, ha tenuto conto del fatto che il leader di Syriza è parte della Sinistra unitaria europea, ed è stato scelto come candidato da quest’ultima nel congresso di dicembre a Madrid. Ma invito a leggere attentamente la lettera in cui Tsipras appoggia l’iniziativa italiana. Viene a cadere ogni riferimento alla collocazione nel gruppo Gue. L’obiettivo è stare con Tsipras in Europa, aprire le porte a coalizioni inedite a Strasburgo, non condannarsi alle larghe intese anche lì. Lo strumento per raggiungere quest’obiettivo è chiaramente indicato, nella lettera: «Solo se facciamo tutti insieme un passo indietro, compiremo tutti insieme molti passi avanti». La parola chiave, che usa nel messaggio al Congresso Sel, è «umiltà». Questo apre nuovi spazi di adesione a tutti i movimenti, cittadini, partiti, individui, che non si riconoscono necessariamente in Gue. È la mia opinione personale: io, per esempio, non mi riconosco in Gue. Al tempo stesso, se scelgo Tsipras, non posso usare il suo nome come piace a me, per poi andare in gruppi parlamentari che saranno avversari del candidato che ho scelto.
E comunque per Sel sarebbe impraticabile, visto che ha chiesto non da oggi di entrare nel Pse e di portare li dentro la battaglia contro il rigore, in coerenza con la sua - per ora congelata -
Perché impraticabile? A mio parere Sel va a sbattere contro un muro se fa una sua lista separata dalla nostra, in favore di Schulz e sperando di entrare nel gruppo socialista al Parlamento europeo. Primo perché Schulz ha visioni non innovative sull’austerità, e punta a una Grosse Koalition – a Strasburgo – simile a quella conclusa in Germania. Secondo perché in Italia esiste una soglia di sbarramento abbastanza alta (4%), che purtroppo nessun partito intende mettere in questione. Questo significa che fallirà la lista Sel e anche la nostra, visto che su molti punti siamo concordi. Bel risultato sarebbe. La lista Sel alle europee è una forma di omicidio-suicidio.
All’opposto, lei non vede il rischio che la lista per Tsipras, per le personalità e le aree politiche che fin qui coinvolge, riproponga lo schema della Rivoluzione Civile, la lista per Antonio Ingroia, che ha raccolto un risultato ben al di sotto delle aspettative?
Non vedo questo pericolo se riusciamo a stare attenti, e se restiamo fedeli a quel che chiedono migliaia di firmatari. La lista è volutamente indipendente dai partiti, che non sono fra i soci cofondatori né siedono nella cabina di regia. Aderiscono al progetto e al manifesto, e la loro diversità è garanzia del fatto che l’esperienza di Rivoluzione Civile non si ripeterà. Noi ci rivolgiamo a tutti gli europeisti scontenti dello status quo: agli individui, ai movimenti e comitati di base, alla vasta cultura federalista, agli ecologisti, e anche alla sinistra radicale.
Ma dovrete anche affrontare la concorrenza seduttiva, in Italia, di un movimento anti europeo ma non di destra come quello dei 5 stelle.
Sono convinta che nel M5S ci siano ambedue le correnti: la corrente che vuol uscire dall’Europa e coltiva sogni del tutto illusori di ritorno alle sovranità nazionali assolute, e una corrente molto più simile alla nostra, fatta di europeisti insubordinati. Non posso pensare che 5 Stelle sia un monolite: cosa che Grillo sa perfettamente.
Come sceglierete i nomi della lista?
Terremo conto, immagino, della grandissima varietà di movimenti e opinioni che ho appena elencato