Si è accusato il film di Manuela Pellarin di essere un film “ideologico”.
In effetti oggi si pratica il rovesciamento del significato delle parole:
- si parla di guerra “umanitaria”
- si definisce la resistenza “terrorismo”
- si definiscono “riforme” le controriforme: così a proposito di pensioni (pagare meno, pagare più tardi), di sanità, di mercato del lavoro
A proposito di Porto Marghera, ho letto perfino che «il raddoppio della produzione di cloruro di vinile monomero migliora l’ambiente”
Tutto quello che è contro la cultura dominante è definito “ideologico”
Nel film è vero contrario. Il film racconta la realtà per immagini e per testimonianze, tanto che non c’è nessun commento
Sono testimonianze che dicono di una vita e di una fabbrica:
- il sacco sulla sedia, per individuare i più forti e massacrarli nei lavori più pesanti
- i “monatti” della S. Marco, rivestiti di stracci per ripararsi alla bell’e meglio dall’infernale calore dei forni
- il racconto della sparatoria alla Breda, con i segni nelle carni dell’operaio
- come si entrava alla Breda, su segnalazione del parroco o della scuola privata
- il paternalismo Montevecchio (e i nomi che ritornano: la Montesanto è quella degli OGM di oggi)
- le ferie e le carenza per le malattie (i primi tre giorni non riconosciuti)
- l’indennità di nocività (soldi contro la perdita della salute e l’accorciamento della vita)
- il Cvm e le poesie di Brugnaro
- la lotta per egualitarismo al Petrolchimico (una parte del premio di produzione uguale per tutti)
- gli extracomunitari delle imprese Fincantieri (non hanno diritto non solo alla mensa, ma neppure a un posto dove star seduti a mangiare)
- la demolizione della Sava.
Le immagini. Immagini che documentano una storia operaia:
- i cortei:la manifestazione e il comizio di un giovane Bruno Trentin
- quella manifestazione con le maschere contro i gas, maschere per gli operai invece che per le ciminiere
- la canzone Bertelli come racconto della lotta
e tutte la e altre immagini che abbiamo visto,
Immagini e testimonianze, il tutto tenuto insieme da un filo interpretativo critico. Critico, poichè la memoria non archivia, lavora.
Colpisce la tensione del film:
- la dinamica interna, retta da una narrazione non cronologica
- il ritmo denso e serrato, senza un filo di retorica
- la capacità di presa forte su chi guarda
La mia piccola parte di consulente storico è stata del tutto secondaria rispetto la struttura del film, per cui posso dire, senza che ciò mi riguardi, che si vede che è film pensato e maturato a lungo.
Per tutte queste ragioni è anche film ‘politico’. E’ un film che mostra criticamente un percorso industriale e sociale che ha coinvolto vite di intere generazioni.
Credo di aver visto tutti i film su Porto Marghera, o quasi. Alcuni sono di respiro, ma questo è certamente quello che ha maggiore forza ed essenzialità.
Ha un linguaggio di analisi critica che è radicale, ma perfettamente riscontrabile nei processi reali:
- la consapevolezza della fine di un ciclo Marghera/Volpi
- il disastro ambientale ereditato
- l’ assoluzione politica e giudiziaria dei responsabili, che non sarebbero stati neppure processati se Felice Casson non avesse raccolto le denunce. Quella figlia al processo, con la sua terribile frase “mio padre è morto dal freddo”, è il più grave atto d’accusa contro le classi dirigenti
E c’è consapevolezza di un vuoto, così ben riassunto da un operaio del Petrolchimico: il problema non è la fine della chimica, ma che non sappiamo quale sarà futuro di Porto Marghera.
Io ho vissuto questo secondo mezzo secolo di Porto Margera: il suo punto più alto di sviluppo e la sua crisi iniziata alla Sava. Ho vissuto il ciclo delle lotte con la crescita del potere rivendicativo e politico dei lavoratori e le forme di democrazia diretta: la crescita del potere quando alla sua base c’era un’analisi giusta. E ho visto la crisi di questo potere, quando non si è più capito come andavano cose con la globalizzazione: la trasformazione tecnologica tutta a favore dei gruppi dominanti, e la ri-subordinazione totale del lavoro. Quando si è abbandonata critica e la contestazione di questi processi e si è teorizzata la loro “oggettività”.
Ciò che con le nuove tecnologie doveva diventare più grande progresso sociale dell’umanità si è trasformato nel più grande regresso sociale. Lo riscontriamo tutti i giorni: Porto Margera è questo.
Dobbiamo avere il coraggio di dircelo con verità. Dobbiamo avere il coraggio di dirci anche che qualche responsabilità la dobbiamo pur averla anche noi.
In fondo, è questo il succo e il senso del film.