Napoli, Mergellina, metà agosto, ore quattordici. Il piazzale è vuoto. Un tram è fermo al capolinea: un vecchio tram, di quelli aperti, col trolley.
Un signore esce dal bar, estrae dalla tasca della maglietta una sigaretta, l’accende, aspira lentamente la prima boccata. Poi, a passi lenti, sul selciato rovente, si avvia al tram fermo.
Sale sul predellino, saluta con un gesto il bigliettaio accaldato e scamiciato, unico abitante della carrozza. Si ferma sulla piattaforma, continuando la sua sigaretta.
- Signo’, ‘a sigaretta!, esclama con voce fiacca il tranviere.
Il signore continua a fumare, lentamente.
- Signo’, ‘a sigaretta!!!, esclama con voce appena un po’ più ferma il tranviere.
Il signore continua, ancora qualche boccata. Racogliendo tutte le sue forze, il tranviere ammonisce:
- Signo’, ma nun ‘o sapite ch’in tram nun se po’ fumma’!
- Ma comme, io ‘mo ‘mo aggio pigliato ‘o ccafe’!, replica il signore con gli occhi spalancati e la bocca delusa.
- Ah, quann’è cussi’ scusate tanto, esclama conclusivamente il tranviere.
Questa storiella mi ricorda i polmoni. E un'altra storiella, che si riferisce all'ospedale napoletano delle malattie di petto, il Caldarelli. Eccola
Un'anziana signora alla fermata del tram cerca di decifrare l'illegibili indicazioni delle linee. Passa un giovanotto.
La signora: - Scusate, c'aggio piglia' pe' ghi' 'e Cardarelli?
Il giovanotto, guardandola: - Signo', 'a trubeccolose!