L’abbazia cistercense di Fontenay (le immagini sono nella galleria) è stata fondata nel 1119 da Bernard de Clairvaux, in una valle paludosa della Borgogna, a pochi chilometri dalla cittadina di Montbard (dov’era nata la madre di Bernard) e vent’anni dopo l’abbazia di Citeaux (1098). Il vescovo Ebrardo di Norwich fugge dall’Inghilterra, e con il suo tesoro rende possibile concludere i lavori. L’abbazia è realizzata secondo la regola benedettina: “sarà costruita in modo tale che tutto il necessario – l’acqua, il mulino, l’orto – siano nel monastero e che vi si possano esercitare i diversi mestieri, talché i monaci non siano obbligati a rivolgersi all’esterno”.
Fontenay è situato a poca distanza da una giacimento di ferro, da cui i monaci estraevano il minerale che lavoravano nella forgia (il lungo edificio a sinistra nella planimetria). La parete esterna della forgia è ancora fiancheggiata dall’intelligente canalizzazione del corso d’acqua che percorre la valle; essa alimentava il sistema di ruote che dava energia alla forgia. Il sistema rimase funzionante fino al XIX secolo, quando nuovi proprietari passarono dalla lavorazione del ferro a quella della cellulosa. Lungo il torrente, a monte, numerosi bacini consentivano una ricca itticultura.
Planimetria dell'abbazia (cartolina) |
La planimetria mostra, a nord-ovest, la lunga navata della chiesa. Su di essa s’innesta l’ala che contiene, al primo piano la camerata, dove dormivano tutti i monaci e, al piano terreno, la sala del capitolo e, dopo l’accesso al giardino dei semplici, la sala degli scrivani. Il terzo lato del chiostro ospitava il refettorio (demolito e poi ricostruito: oggi sede della Galleria Marc Seguin)-Le due grandi celle all’estremo nord-est del refettorio costituivano la cucina, ed erano dotate degli unici due camini del complesso: il piccolo vano tra le cucine e la sala degli scrivani era adoperata per tenere e lavorare gli inchiostri e i pennelli, a ridosso dell’unica parete calda del monastero.
Altri edifici minori erano destinati all’infermeria, dove erano rinchiusi i malati (in-fermerie, fermer = chiudere), agli alloggi degli abati-commendatori (dopo il 1597 l’abate è nominato dal Re, e non più eletto dai monaci: l’abbazia corrisponde a un feudo), il forno, la colombaia, il canile dei duchi.
Due edifici mi hanno soprattutto colpito, nella mia breve visita guidata da Patrice Rauszer (cui sono debitore anche delle informazioni), oltre alla straordinaria e severa semplicità del romanico e alla grazia della natura circostante: il dormitorio e la forgia.
La volta carenata del dormitorio |
Il dormitorio è una lunga navata di quasi 60 metri, oggi coperta da una grande carena capovolta: un altro esempio della forza delle carpenterie della Borgogna. In corrispondenza degli archi laterali due bassi muretti separavano i posti-letto, e uno strato di paglia sul pavimento costituiva l’arredamento. In fondo, uno spazio più ampio ospitava il sonno dell’abate. Sul lato verso la chiesa una finestra permetteva ai monaci troppo vecchi per deambulare di seguire i riti liturgici.
La forgia è un edificio imponente, le cui pareti esterne rivelano ancora tracce del ferro e del fuoco che lo abitavano. Possenti pilastri reggono le volte dell’edificio. Restano gli attrezzi del lavoro degli operai metallurgici, e gli ingegnosi sistemi che adoperavano per sollevare il ferro e portarlo sul maglio dove veniva battuto. Lungo la parete rivolta a sud-est corre il canale che alimentava il sistema energetico. Dal XVIII secolo le acque hanno alimentato anche la vasca monumentale, progettata e costruita per il piacere della frivola nobiltà che frequentava i saloni dell’abate-commendatore.