Nel primo polo dominano l’ideologia e la prassi del neoliberismo tatcheriano e reaganiano, che ha pervaso grandissima parte della partitocrazia europea. Esso costituisce il puntello istituzionale di quei “poteri forti” che hanno provocato la crisi finanziaria e pretendono di uscirne estendendo il saccheggio dei beni comuni – dal lavoro all’ambiente, dalla cultura ai diritti personali.
Nel secondo polo, il Parlamento eletto direttamente dai cittadini europei, possono esprimersi posizioni ideali e pratiche diverse: possono ottenere visibilità e guadagnare consensi le voci nelle quali si manifesta il disagio per le condizioni materiali e morali che il neoliberismo ha provocato. Oggi i poteri del Parlamento europeo sono fortemente limitati. Rimuovere questi limiti significa anche dare peso alla dimensione politica dell’Europa che soffre e che vuol cambiare.
La terza ragione è che l’Unione europea ha poteri in molte materie che condizionano direttamente le condizioni d vita delle popolazioni di tutti i popoli dell’Europa – nonché quelli di molti popoli che verso l’Europa si affacciano, a partire dal Mediterraneo. Pensiamo a temi e materie come l’agricoltura e l’ambiente, le grandi reti infrastrutturali e l’energia, la difesa (lo stesso scandalo dei micidiali e costosissimi F35 è un programma targato Europa) e le politiche migratorie (oggi dominate dai due mostri della repressione e dello sfruttamento).
E pensiamo al tema, secondo me rilevantissimo, della formazione e della ricerca, campi nei quali l’orientamento delle politiche e dei finanziamenti europei ha un fortissimo peso. E’ perciò a cominciare dall’Europa che dobbiamo porci un interrogativo essenziale per il nostro futuro: vogliamo che formazione e ricerca siano orientati a facilitare, consolidare, propagandare, radicare ulteriormente l’ideologia e i meccanismi utili al finanzcapitalismo, oppure vogliamo che siano dirette a studiare, proporre e sperimentare i modi per costruire un mondo più buono e più giusto, più amichevole e più durevole?
Infine, le elezioni del 25 maggio ci danno una grande occasione per tentare di costruire, in un’Italia, meno chiusa tra i suoi confini nazionali, una nuova forza politica, nettamente alternativa a quelle che da trent’anni (diciamo da Craxi a Renzi) dominano incontrastate nel nostro Paese: una sinistra “radicale” perché vuole correggere i mali, le inequità, le distorsioni andando alle loro radici.
Il programma
Non ho intenzione di riassumere in poche righe il programma politico della lista “l’altra Europa con Tsipras”. Mi limito a commentarne alcuni punti
«Porre fine all’austerità e alla crisi» è la prima delle priorità politiche della lista Tsipras». Impossibile non essere d’accordo. Infatti nell’accezione neoliberista, fatta propria dai governi europei e da Bruxelles, “austerità” altro non significa che accrescere ed estendere il potere e la ricchezza dei poteri forti del finanzcapitalismo, proseguendo nel processo di privatizzazione, mercificazione, dissipazione dei beni comuni essenziali alla civiltà – e alla stessa sopravvivenza dell’umanità: dall’acqua alla cultura, dall’arte al lavoro, dalla salute alla sicurezza. Questa è l’austerity contro cui vogliamo combattere.
Ma nella cultura della sinistra radicale italiana c’è un’altra idea di austerità: quella proposta da Enrico Berlinguer. Un concetto di austerità che – per sintetizzarlo al massimo – significa sfuggire alla spirale infinita e mortifera dello sviluppo opulento, nel quale la produzione di plusvalore (di sfruttamento del lavoro) viene alimentato dall’induzione di bisogni sempre più lontani dalle reali esigenze delle persone, per poter in tal modo contribuire a sollevare dalla miseria i popoli dei “terzi mondi”.
La seconda priorità politica della lista Tsipras è «mettere in moto la trasformazione ecologica della produzione». Lavoro e ambiente sono i due beni comuni più direttamente minacciati dallo sviluppo capitalistico, e quindi la conversione della produzione (cioè dell’impiego del lavoro) per renderla compatibile con i limiti posti dalle risorse del pianeta Terra è un passo essenziale. Ma analoga conversione è necessaria sull’altro corno dell’economia: il consumo. E’ insomma l’economia nel suo complesso che deve essere resa compatibile con quei limiti.
La terza priorità politica della lista Tsipras è costituita dalla «riforma della struttura dell’immigrazione in Europa». Si apre qui una questione che mi sembra di grande rilievo per almeno due aspetti: il primo è quello dei diritti dei migranti, il secondo è quello dei confini dell’Europa.
Un ultimo punto vorrei toccare e riguarda la proposta programmatica di un «new deal europeo». Ciò di cui abbiamo bisogno è di qualcosa di analogo a quel Piano del lavoro che la CGIL, allora guidata da Giuseppe Di Vittorio propose nel 1948 . Se il lavoro, come credo, non è una merce ma un bene, se il lavoro è, come ha scritto Claudio Napoleoni, «lo strumento, peculiarmente umano, col quale l’uomo consegue i suoi fini», se è lo strumento mediante il quale l’uomo puà comprendere e trasformare il mondo in tutte le sue dimensioni, allora dobbiamo decidere oggi quali sono i fini che riteniamo oggi socialmente essenziali.
Dobbiamo proporre, in Europa e in Italia, un programma che consenta di impiegare tutta la forza lavoro disponibile per le opere necessarie per assicurare al nostro territorio, alla porzione dell’"habitat dell’uomo” che ricade sotto il nostro governo, la tutela e lo sviluppo delle qualità naturali, storiche, sociali già presenti. Autorevoli promotori della lista Tsipras, come Guido Viale e Luciano Gallino hanno reiteratamente argomentato e proposto i contenuti d’un nuovo Piano del lavoro, finalizzato al raccordo tra due grandi patrimoni: su un versante, la disponibilità di forza lavoro qualificata, a tutti i livelli e con tutte le articolazioni necessarie, sull’altro versante, la gigantesca fame di attività necessarie per affrontare i problemi impellenti della stabilità idrogeologica, della messa in valore dei nostri patrimoni naturali e culturali, dell’apprestamento delle opere e dei servizi necessari per la formazione, la salute, l’assistenza, il risanamento e l’utilizzazione equa del patrimonio immobiliare pubblico e privato.
Quali risorse utilizzare per realizzare un simile programma? Anche su questo argomento non mancano le proposte. Innanzitutto la drastica riduzione delle spese militari nel rispetto dell’art. 11 della Costituzione, a cominciare dall’arresto del programma degli F35, e delle nuove fregate multimissione. Poi la riconversione dei finanziamenti destinati alle grandi opere inutili e dannose. Last but not least, la realizzazione di una fiscalità conforme alla Costituzione, quindi realmente progressiva, estesa, che colpisca gli evasori piccoli e grandi, che tosi i patrimoni ottenuti con la speculazione immobiliare e finanziaria e ne impedisca l’ulteriore accrescimento.
Concludo con le parole di Alexis Tsipras:
Per rendere possibile il cambiamento che vogliamo «dobbiamo alterare l’equilibrio del potere politico. Il neo-liberismo non è un fenomeno naturale ne qualcosa di invincibile. È solo il prodotto di scelte politiche in un particolare equilibrio storico di forze. E’ questo equilibrio di forze che dobbiamo concorrere a mutare».