La prima volta che ci si viene, se si sta pochi giorni, conviene limitarsi al centro storico. È bello, e abbastanza conservato, nonostante qualche goffagine (presente in tutte le città del mondo) L’impatto con la vita moderna è stato risolto, nei decenni passati, con qualche intelligenza: basta quardare ai grandi spazi verdi dei viali, alla pensilina rotonda di Piazza dell’uomo di ferro, e ai bellissimi tram veloci. Qui per vedere le foto
I fontanili sono più complessi (come quello di Santigny) o più semplici (come quello di Pisy). I primi sono dotati di vari spazi per le diverse utilizzazioni dell'acqua (abbeveratoi per differenti tipi di animali, lavatoi, luoghi per attingere). Alcune immagini sono nella galleria a loro dedicata.
Tutti sono caratterizzati dalle solide travature di sostegno dei tetti. Come quelle della splendida colombaia del castello di Epoisse, testimoniano la ricchezza dei boschi, che oggi stanno riprendendo terreno grazie all'abbandono delle coltivazioni, e la pesantezza delle coperture, fomate prevalentemente da sottili lastre di pietra
Fu dalla capitale (regnava Luigi XIV e reggeva Anna d’Austria, assistita dal cardinal Mazzarino) che giunse l’ordine di demolire metà del castello di Epoisse, quando la nobiltà aprì una sanguinosa vertenza - la Fronda - contro la monarchia. Era un castello molto potente, che i Duchi di Borgogna avevano sempre affidato a feudatari loro fedeli. Quello che se ne vede adesso è perciò solo la metà, circondata da robusti bastioni e da un profondo fossato, e protetto dalla proprietà privata che ne consente la visita solo in certi giorni.
Il castello sorge su una larga spianata, difesa da una cinta esterna che racchiude la vasta area dove la popolazione del feudo aveva il diritto di ripararsi in caso di guerra, e di costuire le proprie case. Alcune ne rimangono. Ma rimane soprattutto la splendida colombaia. Il numero delle cellette era proporzionale all’estensione del feudo: era un simbolo, e un appannaggio, della sua ricchezza. A ogni arpento (un terzo di ettaro) corrispondeva una celletta: la colombaia di Epoisses ne contiene tremila.
Questa colombaia è molto bella: nella galleria di fotografie, scattate nel dicembre 2004, si può osservare l’ingegnosa scala rotante e la robusta carpenteria. Come in tutte le costruzioni antiche della Borgogna i tetti erano risoperti di lastre di pietra: per quanto sottili, esse richiedevano travi robuste, che d’alta parte le foreste della regione facilmente fornivano
La galleria delle immagini; cliccando su ciascuna si ingrandisce
L’abbazia cistercense di Fontenay (le immagini sono nella galleria) è stata fondata nel 1119 da Bernard de Clairvaux, in una valle paludosa della Borgogna, a pochi chilometri dalla cittadina di Montbard (dov’era nata la madre di Bernard) e vent’anni dopo l’abbazia di Citeaux (1098). Il vescovo Ebrardo di Norwich fugge dall’Inghilterra, e con il suo tesoro rende possibile concludere i lavori. L’abbazia è realizzata secondo la regola benedettina: “sarà costruita in modo tale che tutto il necessario – l’acqua, il mulino, l’orto – siano nel monastero e che vi si possano esercitare i diversi mestieri, talché i monaci non siano obbligati a rivolgersi all’esterno”.
Fontenay è situato a poca distanza da una giacimento di ferro, da cui i monaci estraevano il minerale che lavoravano nella forgia (il lungo edificio a sinistra nella planimetria). La parete esterna della forgia è ancora fiancheggiata dall’intelligente canalizzazione del corso d’acqua che percorre la valle; essa alimentava il sistema di ruote che dava energia alla forgia. Il sistema rimase funzionante fino al XIX secolo, quando nuovi proprietari passarono dalla lavorazione del ferro a quella della cellulosa. Lungo il torrente, a monte, numerosi bacini consentivano una ricca itticultura.
Planimetria dell'abbazia (cartolina) |
La planimetria mostra, a nord-ovest, la lunga navata della chiesa. Su di essa s’innesta l’ala che contiene, al primo piano la camerata, dove dormivano tutti i monaci e, al piano terreno, la sala del capitolo e, dopo l’accesso al giardino dei semplici, la sala degli scrivani. Il terzo lato del chiostro ospitava il refettorio (demolito e poi ricostruito: oggi sede della Galleria Marc Seguin)-Le due grandi celle all’estremo nord-est del refettorio costituivano la cucina, ed erano dotate degli unici due camini del complesso: il piccolo vano tra le cucine e la sala degli scrivani era adoperata per tenere e lavorare gli inchiostri e i pennelli, a ridosso dell’unica parete calda del monastero.
Altri edifici minori erano destinati all’infermeria, dove erano rinchiusi i malati (in-fermerie, fermer = chiudere), agli alloggi degli abati-commendatori (dopo il 1597 l’abate è nominato dal Re, e non più eletto dai monaci: l’abbazia corrisponde a un feudo), il forno, la colombaia, il canile dei duchi.
Due edifici mi hanno soprattutto colpito, nella mia breve visita guidata da Patrice Rauszer (cui sono debitore anche delle informazioni), oltre alla straordinaria e severa semplicità del romanico e alla grazia della natura circostante: il dormitorio e la forgia.
La volta carenata del dormitorio |
Il dormitorio è una lunga navata di quasi 60 metri, oggi coperta da una grande carena capovolta: un altro esempio della forza delle carpenterie della Borgogna. In corrispondenza degli archi laterali due bassi muretti separavano i posti-letto, e uno strato di paglia sul pavimento costituiva l’arredamento. In fondo, uno spazio più ampio ospitava il sonno dell’abate. Sul lato verso la chiesa una finestra permetteva ai monaci troppo vecchi per deambulare di seguire i riti liturgici.
La forgia è un edificio imponente, le cui pareti esterne rivelano ancora tracce del ferro e del fuoco che lo abitavano. Possenti pilastri reggono le volte dell’edificio. Restano gli attrezzi del lavoro degli operai metallurgici, e gli ingegnosi sistemi che adoperavano per sollevare il ferro e portarlo sul maglio dove veniva battuto. Lungo la parete rivolta a sud-est corre il canale che alimentava il sistema energetico. Dal XVIII secolo le acque hanno alimentato anche la vasca monumentale, progettata e costruita per il piacere della frivola nobiltà che frequentava i saloni dell’abate-commendatore.