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I fiorilli, o fiori di zucchina

INGREDIENTI

Spaghetti o vermicelli, 200 gr

8-12 fiorilli (fiori di zucchina)

olio d’oliva

uno spicchio d’aglio

mezzo bicchiere di vino bianco

PREPARAZIONE

Fate rosolare l’aglio in un paio di cucchiai d’olio di oliva buono

tagliate i fiorilli per lungo e fateli rosolare qualche minuto

aggiungete il vino e lasciate consumare a fuoco lento

intanto lessate gli spaghetti, scolateli al dente e passateli in padella con il condimento

SERVIRE

Naturalmente belli caldi

FONTE

Elaborazione personale


Gli spaghetti con i fiorilli

INGREDIENTI

Riso da risotti, tre cucchiai a testa

radicchio di treviso, un ciuffo a testa

aglio, un paio di spicchi,

olio e burro,

brodo, anche di dado,

parmigiano abbondante

PREPARAZIONE

Fate rosolare il radicchio, spezzato, in un paio di cucchiai d'olio in cui avete fatto rosolare l'aglio, a fuoco molto basso

Quando il radicchio s'è abbastanza consumato aggiungete il riso, e fate cuocere mescolando sempre

Man mano che s'asciuga aggiungete il brodo caldo, mescolando sempre

Quando il riso è cotto, togliete dal fuoco, aggiungete un pezzeto di burro e il parmigiano grattato e lasciate riposare qualche minuto a pentola coperta

Viene così, se lo cucinate in un tegame di coccio, come vi consiglio:


Una immagine delle trenette al sugo di mare

INGREDIENTI

trenette, 400 gr

cozze, 700 gr

vongole veraci, 700 gr

polpa di granchio, una scatoletta media

gamberetti, due cucchiai

olio, 2-3 cucchiai

aglio, 2 spicchi

prezzemolo

peperoncino

PREPARAZIONE

tenere le vongole in uno scolapasta in molta acqua fredda e leggermente salata per 2 ore circa

pulire le cozze sotto il rubinetto

soffriggere l’olio e l’aglio in una grande teglia

versare nella teglia le vongole e le cozze, estrarle man mano che si aprono, poi sgusciarle conservando l’acqua di cottura

filtrare l’acqua di cottura e far riscaldare in essa la polpa di granchi e i gamberetti, a fuoco moderato per 10-15 minuti

aggiungere il peperoncino, il prezzemolo, i frutti di mare sgusciati e far cuocere ancora una decina di minuti

cuocere la pasta, scolarla e condire con il sugo

concludere con una spruzzata di prezzemolo

alternativa

Potete sostituire le trenette con linguine, o bavette, o al limite con vermicelli o spaghetti

FONTE

rielaborazione di alcune ricette tratte da: Jeanne Carola Francesconi, La cucina napoletana, Newton Compton Editori, 1993

INGREDIENTI

vermicelli, 300 gr

aglio, 1-2 spicchi,

cipolla piccola, mezza

sedano, un cuore

pomodori Sammarzano, 6-8

basilico, abbondante

prezzemolo, abbondante,

origano, due pizzichi

olive di Gaeta, 10-15

capperi salati o naturali, un bel cucchiaio pieno

pepe e sale

olio

PREPARAZIONE

spalmare l’aglio sulla zuppiera o insalatiera nella quale servirete i vermicelli

pelare i pomodori, dopo averli sbollentati; puliteli dei semi e lasciateli scolare in uno scolaverdure in modo che perdano l’acqua

tritare il sedano, il basilico, il prezzemolo, la mezza cipolla e mettere nell’insalatiera

aggiungere i pomodori a pezzi, l’origano, i capperi e le olive

versare 3-4 cucchiai d’olio, salare (se i capperi sono al naturale) e il pepe

lasciar macerare per almeno un paio d’ore

cuocere i vermicelli, scolarli al dente e versarli nella zuppiera, mescolando subito

SERVIRE

i vermicelli sono buoni sia appena scolati, sia serviti freddi il giorno dopo

Invece dei vermicelli potete usare pasta corta, per esempio fusilli

FONTE

Jeanne Carola Francesconi, La cucina napoletana, Newton Compton Editori, 1993

Per quattro persone:

Ingredienti

500 gr di vermicelli (o spaghetti)

due spicchi d'aglio

un ciuffo di prezzemolo

un paio di pomodorini

4 cucchiai di colatura

Preparazione

Quando l'acqua bolle non aggiungete sale (la colatura è molto salata dui suo) e calate subito la pasta

Mentre la pasta cuoce, schiacciate in un po' d'olio crudo l'aglio e i pomodorini

Scolate la pasta, aggiungete la colatura, l'olio con l'aglio e i pomodorini, e il prezzemolo tritato, mescolate e servite

Per mangiare altre pietanze con la colatura di alici:

Tagliatelle di Campofilone con broccoletti, vomgole e colatura

Trattoria del Padreterno, Salerno

e naturalmente a Cetara, Trattoria Acqua Pazza

INGREDIENTI

riso, tre pugni abbondanti

fondi di carciofo, 6-7

prezzemolo, un bel po’

parmigiano, 50 gr.

olio d’oliva

uno spicchio d’aglio

vino bianco, mezzo bicchiere

un dado da brodo

una noce di burro

PREPARAZIONE

Fate rosolare in un paio di cucchiai d’olio uno spicchio d’aglio

aggiungete i fondi di carciofo

dopo qualche minuto aggiungete un po’ d’acqua

lasciate cuocere a fuoco medio fino a quando i cuori di carciofo si sono ammorbiditi

aggiungere il riso e fate rosolare

dopo qualche minuto aggiungete mezzo bicchiere di vino bianco

man mano che il riso si asciuga aggiungete un po’ di brodo caldo

quando il riso è fatto spegnete il fuoco, aggiungete il parmigiano grattato, il prezzemolo macinato e la noce di burro e lasciate mantecare (cioè cuocere a fuoco spento) qualche minuto

servite tiepido

ALTERNATIVE

Potete sostituire ai fondi di carciofo qualunque altra verdura, a vostro rischio e pericolo (gli zucchini vanno bene, le zucche anche, i peperoni non li ho mai provati e con le melanzane neppure ci proverei)

FONTE

Ricetta suggerita da Mara Rumiz


I fondi di carciofo, con un rametto di prezzemolo (fotografie di P.Cecchi)

Il piatto di risotto ai fondi di carciofo (un terzo scarso del totale)

INGREDIENTI

pasta corta (rigatoni o simili), 500gr,

4 melanzane,

4 pomodori pelati,

1 mozzarella da circa 250 gr,

1 bella cipolla,

un paio di spicchi d’aglio,

un peperoncino,

una bella manciata di foglie di basilico,

olio e sale, q.b.

PREPARAZIONE

Tagliare le melanzane in lungo in 4 parti, togliere un po’ dell’interno e poi tagliare in pezzi non troppo corti; sfriggere in olio con un paio di spicchi d’aglio; scolarle e far asciugare

Tritare la cipolla, soffriggere, unire i pelati, metà del basilico e il peperoncino

A fine cottura aggiungere le melanzane

Nel frattempo avete lessato la pasta; scolatela, spadellate, aggiungete il basilico spezzato e la mozzarella tagliata a dadini

INGREDIENTI

maccheroni (o qualunque altra pasta), 200 gr

pelati, scatola da 400 gr

4 uova

olio d’oliva

uno spicchio d’aglio

basilico

peperoncino

PREPARAZIONE

Soffriggete l’aglio e il peperoncino nell’olio in un recipiente (per la salsa di pomodoro usate possibilmente sempre un recipiente di coccio), aggiungete i pelati e lasciate cuocere finche la salsa si è addensata, poi aggiungete le foglie di basilico spezzate

Lessate la pasta, scolatela e mescolatela bene con il sugo; se volete aggiungete parmigiano grattugiato

Sbattete le uova e mescolatele bene con la pasta, lasciando riposare un poco

Versate poco olio in una padella di dimensioni adeguate e fate riscaldare molto

Versate la pasta con le uova nella padella e pareggiate con la forchetta

Lasciate cuocere bene da un lato (avrete abbassato la fiamma appena si sarà formata la prima crosta inferiore), poi girate la frittata e fatela cuocere dall’altro lato

ALTERNATIVE

Sono praticamente infinite, io adopero questa ricetta soprattutto per utilizzare qualunque pasta avanzata; naturalmente le uova saranno proporzionali alla quantità della pasta da riciclare; dovendola fare apposta, conviene adoperare pasta lunga e sottile, non più spessa dei vermicelli

SERVIRE

È buona sia calda, sia tiepida, sia fredda

FONTE

Elaborazione personale di ricordi familiari

INGREDIENTI

Gnocchetti sardi De Cecco, 1.500 gr

zucchine, 4

pomodori, 4-6

Peperoni gialli e rossi, 4

Sedano, 1

Schie, 400 gr

Olive verdi snocciolate, 200 gr

Olive di Gaeta snocciolate, 200 gr

Pesce spada affumicato, 2 buste

Basilico e menta, una manciata di foglie

Olio extravergine d’oliva, sale, pepe, q. b.

PREPARAZIONE

Pulite i peperoni, sciacquateli e tagliateli in pezzettini piccoli (1x1 cm)

Tagliate i pomodori in 2 o in 4, togliete acqua e semi e tagliate in pezzettini

Pulite il sedano e tagliate la parte morbida a pezzettini molto sottili

Tagliate le olive se sono grosse

Calate la pasta nell’acqua salata a bollore e lasciate cuocere il tempo necessario, poi scolatela e lasciate raffreddare avendo cura di condire subito con qualche cucchiaio d’olio perché gli gnocchetti non si saldino

Dividete la pasta in più zuppiere (a meno che non ne abbiate una grandissima) aggiungete gli altri ingredienti e mescolate

SERVIRE

Freddi, guarniti con rametti di basilico o di menta

FONTE E NOTE SUGLI INGREDIENTI

Una sera avevo invitato per un bicchiere di vino rinforzato una ventina di amiche e amici dell’associazione europea Urbandata, a Venezia per una riunione del Gruppo di lavoro permanente e del Consiglio d’amministrazione (riunione in cui si è deciso operativamente di passare dal formato CD-rom, Urbadisc, al formato web, UrbaWeb). Ho pensato che, dato il caldo di fine maggio 2003, la cosa più indicata era un piatto di pasta fredda (accompagnato da baccalà mantecato, formaggi stagionati italiani e apfelstrudel fatto in casa).

Ho scelto gli gnocchetti sardi anche per ricordare la riunione di Alghero in cui avevamo posto le basi per UrbaWeb, ma qualunque pasta corta può andar bene: naturalmente purché sia di grano duro; come alternativa suggerirei le orecchiette pugliesi. Le verdure le ho scelte al mercato di Rialto. Le schie sono dei microscopici gamberetti di laguna, che si trovano già bolliti e sgusciati. L’idea dei pezzettini di pescespada affumicato mi è venuto da un ottimo piatto di penne fredde che ho mangiato da Robiglio a Firenze, via dei Servi. L’olio era della tenuta Il Poderino, dell’Antella (FI).

Tutte le variazioni sono comunque possibili, salvo l’olio che deve essere ottimo e leggero, e la pasta che deve essere, ripeto, di grano duro. Per conto mio, la prossima volta aggiungerò aglio tagliato a pezzettini, e abbondante erba cipollina.

INGREDIENTI

maccheroni (o altra pasta corta), 200 gr

pelati, scatola da 400 gr

zucchine, 500 gr

ricotta, 200 gr

parmigiano, 100 gr

olio d’oliva

uno spicchio d’aglio

basilico

peperoncino

PREPARAZIONE

Soffriggete l’aglio e il peperoncino, aggiungete i pelati e lasciate cuocere finchè la salsa si è addensata, poi aggiungete le foglie di basilico spezzate

Friggete a parte le zucchine, dopo averle tagliate a rondelle allungate

Lessate la pasta e scolatela quando è ancora molto al dente

Foderate un recipiente Pirex con una parte delle zucchine

Mescolate la pasta con il sugo (lasciandone un po’ nel coccio), la ricotta e metà del parmigiano grattato

Coprite il tutto con il resto delle zucchine, la salsa rimasta e il resto del parmigiano

Mettete in forno caldo e lasciate cuocere finché il parmigiano non sarà interamente sciolto e avrà cominciato ad abbrustolire ai bordi

SERVIRE

Caldo di forno o riscaldato

FONTE

Elaborazione personale di ricordi familiari

INGREDIENTI

orecchiette, 200 gr

zucchine piccole, 8-10

pomodorini pugliesi, 8-10

prosciutto cotto, una fetta spessa

gruviera, una fetta

prezzemolo, un bel ciuffo

olio d'oliva

PREPARAZIONE

Friggere le zucchine (devono essere proprio sottili) tagliate a fettine senza abbrustolirle troppo, asciugarle e lasciarle raffreddare

Tagliare i pomodorini in 2-4 pezzi, il prosciutto e il formaggio a pezzettini, tritare il prezzemolo, unire il tutto alle zucchine e condire con olio e sale

Cuocere le orecchiette in molta acqua, scolarle, passarle sotto l'acqua fredda e mettere in una zuppiera grandicella con un po’ d'olio, rimestare in modo che le orecchiette non si attacchino l'una all'altra e lasciar raffreddare

Mescolare il condimento con le orecchiette e rimestare più volte

SERVIRE

Fredde, guarnite con pomodorini e rametti di basilico

FONTE

D’après un piatto mangiato al pub Vino Vino di Venezia

INGREDIENTI

pennette o mezze penne rigate, 200 gr

zucchine, almeno 500 gr

pinoli, una buona manciata

caprino conciato,un etto abbondante

mezzo bichiere di vino bianco (facoltativo)

olio d’oliva

PREPARAZIONE

Affettate le zucchine con la mandolina, molto sottili, e mettetele a rosolare con poco olio

Aggiungete, se volete, il vino

Abbrustolite a parte i pinoli

Salate e pepate le zucchine appena sono consumate, e aggiungete i pinoli

Lessate le pennette in abbondante acqua salata

mescolate a caldo pennette e zucchine e versatevi sopra il caprino previamente smunuzzato, mischiato con erbe e/o pepe tritato grossolanamente

ALTERNATIVE

Potete sostituire al caprino ricotta affumicata grattuggiata o altri formaggi smunuzzati

Potete anche sostituire le pennette con altra pasta corta

SERVIRE

Calde o riscaldate

FONTE

elaborazione personale resa necessaria per impiegare alcuni pezzi di caprino al pepe e alle erbe avanzati

I “pomodori a ciliegina”, o “pomodori pugliesi”

INGREDIENTI

Spaghetti, 4 etti

Pomodorini di Pachino, 5 etti

olio, 2-3 cucchiai

aglio, 2 spicchi

cipolla fresca

origano, un bel pizzico

semi di finocchio, un bel pizzico

peperoncino

PREPARAZIONE

Tagliare i pomodori in due, aggiungere agli altri ingredienti (eccetto gli spaghetti) e far rosolare in una padella a fuoco vivace, finché i pomodorini sono ammosciati

Nel frattempo, far cuocere gli spaghetti e scolarli

Mescolare gli spaghetti con il sugo nella padella e servire

FONTE

Ricetta elaborata da Gabriella Bellelli De Lucia, che raccomanda di equilibrare gli ingredienti ancora più che nelle altre ricette


Il condimento sta finendo di rosolare

Il piatto di spaghetti pronto

INGREDIENTI

pelati, 1 scatola da 8 etti

olive di Gaeta, un bel pugno

capperi, un cucchiaio abbondante

olio, 2 decilitri

aglio, 2 spicchi

prezzemolo, un bel ciuffo

peperoncino, secondo gusti (vostri) e forza (sua)

e naturalmente la pasta, spaghetti o vermicelli

NOTA SUGLI INGREDIENTI

Non confondete le olive di Gaeta con qualsiasi altro tipo di olive nere; le olive di Gaeta sono raccolte, in realtà, nella piana di Itri e hanno un sapore particolarissimo, che trovo essenziale sia per gli spaghetti alla puttanesca sia per la scarola imbottita (e la conseguente Pizza di scarola: vedi). Si trovano nell’area tra Napoli e Roma (meglio a Napoli, dove sono di largo consumo), raramente le ho trovate in altre città italiane; le ho trovate invece a New York, da Zebar. Si conservano in salamoia, se a lungo meglio in frigorifero (la salamoia si fa gettando un quarto circa di sale in un paio di litri d’acqua e lasciandola prima bollire, poi raffreddare).

Se proprio non potete rinunciare agli spaghetti alla puttanesca e non trovate le olive di Gaeta, il surrogato meno lontano è costituito dalle olive nere baresi.

Mi sembra superfluo aggiungere (ma non si sa mai) che gli unici capperi impiegabili sono quelli conservati sotto sale: per questa e per altre ricette serie .

PREPARAZIONE

Soffriggere l'aglio e il peperoncino

Aggiungere le olive di Gaeta snocciolate e i capperi sciacquati e lasciar soffriggere qualche minuto

Aggiungere i pelati e lasciar cuocere a fuoco basso finché la salsa si è addensata

Lessare gli spaghetti in abbondante acqua salata

SERVIRE

Condire gli spaghetti con la salsa e con una buona spruzzata di prezzemolo

IL SEGRETO DELLO CHEF

Tutto sta nella consistenza del sugo deve essere abbondante, ma molto denso; per rendrlo tale, oltre che a stare molto attenti alla cottura lenta ma prolungata, è utile aggiungere unb cucchiaino di conserva all’inizio della cottura

FONTE

Elaborazione personale verificata su diversi libri di cucina.


Due elementi essenziali: le mitiche Olive di Gaeta (di Itri) e lo snocciolaolive

Gli spaghetti alla puttanesca, con una manciata di prezzemolo

C’è una coincidenza, curiosa ma a ben vedere non più di tanto, fra il dibattito urbanistico britannico e quello italiano dei primissimi anni Quaranta. Del resto la guerra, come fine di un ciclo politico ed economico, incombe su entrambi i contesti e ne avvolge sempre più stretta anche aspetti via via più lontani dal quadro militare, o di politica estera, e sempre più vicini alla vita quotidiana, come accadrà di lì a poco con bombardamenti e distruzioni.

Questa coincidenza curiosa ma non più di tanto è quella sulla “urbanistica antiaerea”, cresciuta in Italia già a partire dal discorso dell’Ascensione e nel dibattito parallelo alla bonifica integrale, e che verso la fine degli anni Trenta e i primi Quaranta occupa uno spazio sempre più esplicito, fino a diventare con gli articoli di Vincenzo Civico su decentramento industriale e sicurezza nazionale per la Critica Fascista di Bottai, la spinta finale all’approvazione della legge urbanistica del 1942. Ben più vasta e nota, la “urbanistica antiaerea” britannica, che dal 1937 trova il fondamentale sbocco e impulso istituzionale nella Royal Commission on the Distribution of the Industrial Population , meglio nota come Commissione Barlow. Anche qui, come nel caso di Mussolini, alle spalle c’è il discorso di un leader politico: “our enormous metropolis here, the greatest target in the world, a kind of tremendous, fat, valuable cow tied up to attract the beast” . Sono parole di Winston Churchill, pronunciate ai Comuni nel 1934 e più che mai d’attualità nel 1940, quando la “bestia” Luftwaffe sta scaldando i motori per precipitarsi sulla “vacca grassa” di Londra e delle altre città industriali britanniche.

Un’occasione irripetibile per la cultura urbanistica britannica, e per il suo tentativo sin dai tempi del primo Howard di tracciare il “peaceful path to real reform” non nel segno della tecnocrazia o del decisionismo di settore, ma nel quadro di grandi politiche nazionali integrate. Ora la “vacca grassa” dell’industria e dell’identità nazionale è in pericolo, e per spostarla qui e là per il territorio nazionale senza combinare grossi guai c’è un solo strumento: la pianificazione territoriale, coordinata con la programmazione economica e un sistema di regole, restrizioni, premi e incentivi.

Ma vallo a spiegare ad una platea di commissari e politici usi a ragionare in termini settoriali, e a rispettare l’impermeabilità di competenze dei grandi apparati. Ci prova qui, in prima istanza senza molto successo (i risultati arriveranno, ma più tardi), Patrick Abercrombie con il suo notissimo Minority Report , che per ora qui proponiamo nella parte stesa in collaborazione, e che auspica l’istituzione di un nuovo Ministero con delega al decentramento industriale, alla pianificazione territoriale e ai trasporti. Si iniziano a intravedere le tracce di quello che sarà, immediatamente dopo la guerra, il Ministero dell’Urbanistica tanto invidiato per lustri dall’Italia (anche dopo il suo scioglimento), e con esso le New Towns e buona parte degli sviluppi urbanistici principali del continente nella seconda metà del secolo.

In conclusione un documento piuttosto importante e di solito conosciuto al massimo per sentito dire, che nonostante il linguaggio necessariamente asciutto e ripetitivo del documento ufficiale spero possa interessare un pubblico più vasto dei soliti (ex) topi da biblioteca come il sottoscritto. (fb)

Da: Royal Commission on the Distribution of the Industrial Population – Report, His Majesty’s Stationery Office, London 1940 (estratti e traduzione di Fabrizio Bottini)

Relazione del Professor Patrick Abercrombie, del Signor Herbert H. Elvin, della Signora Hermione Hichens

1 – Noi sottoscritti Commissari nominati coi mandati di Vostra Maestà in data 8 luglio 1937 e 23 giugno 1938, ci rammarichiamo di non poter accettare integralmente il Rapporto della Maggioranza.

[...]

5 – ... dissentiamo fondamentalmente dai nostri colleghi riguardo alle azioni immediate da prendersi in rapporto alla esistente confusione. È necessaria una singola Autorità con ampi poteri, per assicurare una ragionevole equilibrio nella distribuzione industriale in tutto il paese, e si deve alla sua assenza la responsabilità per la tragedia delle Aree Depresse, il sovradimensionamento delle città, e la distruzione delle campagne durante gli ultimi due decenni.

6 – Per prevenire il ripetersi o l’aggravarsi di queste piaghe, sono necessari una continua vigilanza e un controllo generale sul mutevole ambito sociale e industriale, e l’Autorità responsabile a ciò deve essere pienamente predisposta allo scopo. Tutti i membri della Commissione concordano sull’urgenza di intraprendere azioni immediate; ma un’azione prevede l’esistenza di un organo dotati di poteri esecutivi e, in assenza di tale organo, non esistono strumenti per tradurre le parole in fatti.

Di conseguenza raccomandiamo che siano demandati ampi poteri ad un nuovo Dipartimento Governativo, o ad uno che si evolva da un Dipartimento esistente.

7 – Comprendiamo che ciò possa implicare difficoltà amministrative e politiche, ma potremmo citare i precedenti della legge per il Ministero delle Munizioni del 1916, quella del Ministero delle Forniture del 1939, e il trasferimento di competenze e poteri da altri Dipartimenti che ha comportato la creazione e lo sviluppo del Ministero del Lavoro e del Ministero della Sanità.

8 – Se queste difficoltà politiche e amministrative esistessero, e fossero insuperabili, saremmo soddisfatti dell’istituzione di un Ufficio (ammesso sia fornito dei poteri che chiediamo) presso un Ministero esistente perché confidiamo che, dopo gli stadi iniziali, la natura del lavoro intrapreso richiederà in ultima istanza l’attenzione specifica di un Ministro e di un totalmente autonomo Ministero.

9 – Nel predisporre le nostre raccomandazioni, siamo stati influenzati da alcune considerazioni, di cui segue qui un breve sommario.

Abbiamo tenuto particolarmente presente la relazione delle localizzazioni industriali coi problemi della disoccupazione, non solo nelle Zone Speciali, ma anche in altre aree ad alta disoccupazione. Una cattiva localizzazione industriale è in parte responsabile della disoccupazione, e di certo se non ci fossero state Zone Speciali la Commissione Reale non sarebbe stata istituita.

10 – C’è anche la questione di prepararsi per il periodo quando il programma di riarmo arriverà alla fine. Consideriamo essenziale che ogni azione intrapresa prenda in considerazione questo aspetto.

11 – In più, ci sono altri problemi per il futuro. Il Rapporto della Maggioranza sembra ritenere che ci sia abbondanza di tempo per la preparazione e la ricerca. Noi consideriamo, comunque, che la quantità senza precedenti di nuove localizzazioni industriali che sta avendo luogo a causa del programma di riarmo, e il mutato carattere del rischio bellico, che sta causando una grossa quantità di ri-localizzazione, rende il problema di carattere immediato. Sarebbe d’altra parte disastroso, se una politica di spostamenti dovesse portare non solo al perpetuamento, ma anche all’acuirsi dei mali esistenti.

12 – Il fatto che a partire dal 1909 ci sia stata una crescente produzione di leggi sull’argomento, non deve trarci in inganno a ritenere che l’azione di pianificazione territoriale sia operativamente efficace, sia dal punto di vista dell’area interessata, sia da quello del controllo esercitato. Le ultime cifre del Ministero della Sanità mostrano che solo una piccola frazione della Gran Bretagna è sottoposta a controllo urbanistico, a parte la semplice approvazione alla stesura di un piano regolatore, che è naturalmente senza valore di efficacia. Molte delle più importanti aree, ad esempio i centri delle città, non possono essere gestite con i poteri attuali. È chiaro che per motivi di sicurezza contro gli attacchi aerei la forza attrattiva delle grandi città sarà probabilmente diminuita in futuro, e gli industriali probabilmente cercheranno di piazzare le proprie fabbriche in posizioni più inaccessibili, possibilmente nel cuore della campagna, o in ogni caso ad una certa distanza dalle grandi città. Molte grandi imprese commerciali, come banche o compagnie di assicurazione, e uffici pubblici, stanno esaminando la possibilità di stabilire ampie porzioni dei propri uffici, per usi attuali o futuri, in zone di campagna o in piccoli centri. Alcune di esse hanno già acquisito grandi residenze di campagna a scopo di evacuazione. Ci deve anche essere una estesa realizzazione di campi per bambini o altre categorie della comunità che saranno evacuate in tempo di guerra. Tutto questo suggerisce che la campagna sarà soggetta ad un vero e proprio saccheggio senza freni, a una edificazione a caso di carattere inadeguato e sgradevole, se la questione sarà lasciata ai controlli inefficaci che abbiamo sinora tollerato.

13 – Le prove fornite alla Commissione sono basate principalmente sulla storia degli ultimi cento anni, periodo durante il quale gli industriali erano liberi di attivare le proprie industrie ovunque ritenevano opportuno. Non c’era obbligo per loro di tutelare il paesaggio, o di fornire case, trasporti, strutture scolastiche, nonostante vada detto che ci furono imprenditori che fecero molto sotto questi aspetti, bene o male, secondo il proprio discernimento. Non c’erano limiti alla localizzazione e pochi sul tipo di industrie o di case costruite. La scelta dell’industriale era prima di tutto dettata dall’interesse personale, l’aspetto più ampio del benessere nazionale era in gran parte trascurato.

14 – Oggi non è più così. Il controllo pubblico in qualche forma entra sempre più nel mondo dell’industria. Le Leggi Industriali datano dai tempi di Lord Shaftesbury, e la responsabilità del Governo per la sicurezza sociale della popolazione industriale è avanzata progressivamente da quei giorni. Il controllo sulle abitazioni e su alcuni aspetti urbanistici venne più tardi. Sta diventando ora, soprattutto, evidente come per molti versi il paese vada considerato un’unica entità economica. In più, lo Stato ultimamente ha fatto molto per aiutare alcune particolari industrie: con sussidi o con negoziati internazionali.

15 – Tutto ciò deve implicare responsabilità reciproche. Un’industria forte e ben equilibrata, una popolazione sana e ben alloggiata, buone strutture scolastiche e sportive, l’assenza di tuguri, povertà, disoccupazione, sono l’ambiente necessario per la libertà individuale in una ordinata comunità. La nazione non deve solo tutelare la libertà dei suoi cittadini, ma farne qualcosa che valga la pena di godere.

16 – Il nocciolo centrale del problema è senza dubbio il controllo della localizzazione industriale e i suoi rapporti con un sistema di pianificazione nazionale. Senza questo, si può fare ben poco con qualche garanzia di efficacia; con questo controllo, si può fare molto. Il problema della diffusione e decentramento della popolazione troppo concentrata di oggi, ovviamente non si risolverà in nessun modo rapido e arbitrario, nonostante l’urgenza sociale e strategica. La soluzione deve in larga parte essere soluzione economica, ma non può essere perseguita secondo linee prive di limiti e controlli. Il progresso deve necessariamente essere graduale, e basato sul principio generale che l’industria, come ogni altra attività sociale, è una forma di servizio pubblico che può essere giustificata solo in quanto contribuisce al pubblico benessere. La comunità in questo senso è in modo molto concreto e in ogni forma associata all’attività industriale, e ha il diritto, attraverso lo stimolo e le limitazioni, di determinarne le condizioni operative.

LA CAUSA PER UN NUOVO MINISTERO

17 – Parlando in generale, la distribuzione della popolazione è correlata a quella dell’industria, e visto che, come indicato dal Rapporto della Maggioranza, si deve conseguire un’ampia flessibilità nella distribuzione industriale, il problema principale da risolvere è come controllarla in futuro meglio che nel passato, senza danneggiare le attività del paese.

18 – Ancora parlando in generale, l’industria ora si determina da sola la propria localizzazione, soggetta a condizioni localizzative di tipo locale quali quelle imposte da piani regolatori urbani approvati o che hanno raggiunto lo stadio di efficacia temporanea.

19 – Il difetto saliente, nella situazione attuale, è che poca o insufficiente attenzione sia stata dedicata a quale sia la migliore distribuzione industriale nel paese, inteso nel suo complesso. I piani regolatori urbanistici sono locali per definizione, e non c’è meccanismo col quale sia possibile evitare che inseriscano nella propria stesura previsioni per sviluppo demografico o industriale privo di correlazioni alle prospettive future dell’area.

20 – Quello che si richiede, dunque, è:

i) Una ricerca unificata sul problema della distribuzione a scala nazionale;

ii) un piano di distribuzione unico, basato sui risultati di tale ricerca;

iii) Nel frattempo, un efficace controllo sui cambiamenti nella distribuzione che dovessero avvenire per motivi economici.

21 – L’obiettivo di cui sopra è sia nazionale che locale, ed è di importanza sufficiente per richiedere la creazione di un nuovo e autonomo Ministero, secondo lo stesso principio sul quale sono stati creati nel passato Ministeri separati per i servizi, parte nazionali e parte locali, dell’istruzione e dei trasporti.

22 – Questo Ministero dovrà essere adatto al sistema di governo centrale e locale, per funzionare adeguatamente. Dovrà ovviamente accorpare le funzioni urbanistiche ora di pertinenza del Ministero della Sanità. Secondo la nostra opinione, dovrà accorpare, ad esempio:

i) Alcune parti delle funzioni di piano del Ministero dei Trasporti, e

ii) ove possibile alcune parti delle competenze sull’abitazione del Ministero della Sanità.

23 – Funzioni del nuovo Ministero saranno:

a) Indagini e ricerche, finalizzate a un piano sistematico per la distribuzione industriale a scala nazionale, con l’obiettivo di un equilibrio distributivo migliore di quello attuale.

b) Pendente lo sviluppo di tale piano nazionale, controllo nei cambiamenti nell’attuale distribuzione dell’industria così come, e se, essi avvengono nel corrente sviluppo delle attività produttive.

24 – Per lo scopo (a) il Ministero richiederà l’assistenza di una autorevole e adeguatamente composta Commissione Consultiva. Per gli scopi (a) e (b), richiederà i servizi di Uffici costituiti su una adatta base regionale.

25 – Le caratteristiche essenziali della presente legislazione urbanistica sono tali che essa non fa nulla per promuovere una migliore distribuzione industriale nel paese. Produce, solo, il risultato che se un’industria vuole stabilirsi in un certo distretto, deve farlo in determinate zone o parti di esso, secondo quanto è deciso o disegnato nel documento o progetto di piano. Le zone non-industriali sono esse stesse soggette a variante, in favore dell’immissione di attività senza implicare il Ministero della Sanità. Nel caso in cui l’autorità locale non lo consenta l’ industria può appellarsi al Ministero della Sanità, ma il Ministero non ha il potere di scavalcare il consenso del governo locale, per quanto piccola quell’entità possa essere.

26 – Si avverte la necessità di un controllo dei movimenti industriali in qualche modo più diretto di quello descritto sopra. Quando si sviluppa un piano nazionale, i movimenti dell’industria dovranno naturalmente conformarsi ad esso. Nel frattempo si pensa che il Ministero ipotizzato sopra sia investito di poteri diretti di controllo sulla localizzazione di tutte le nuove industrie.

27 – L’attenzione particolare del nuovo Ministero dovrà essere diretta al problema plusvalore-indennizzo (così come esaminato nel Capitolo IX del Rapporto di Maggioranza).

28 – Raccomandiamo che il nuovo Ministero abbia trasferiti i poteri e le funzioni dei Commissari per le Zone Speciali, e che tali poteri e funzioni siano di applicazione generale.

29 – Il nuovo Ministero dovrebbe avere il potere di promuovere, assistere o incoraggiare la costruzione di città satelliti e la realizzazione di zone industriali da parte delle autorità locali, enti di servizi pubblici o altri organismi: e di erogare sussidi o accendere mutui allo scopo di acquisire terreni e diritti edificatori.

30 – Riteniamo molto importante questo aspetto. Quando non fosse possibile attivare nuove industrie, la chiave del problema è che la mobilità per lavoro su lunghe distanze è difficile da stimolare, ma quella su distanze brevi è facile. Il Commissari al momento attuale sono privi del potere di attivare industrie fuori dalla loro Zone Speciali, ma quanto stiamo suggerendo lo renderebbe possibile. In altre aree l’industria sarebbe collocata in punti chiave esistenti, vicina per quanto possibile ad aree di disagio, o altre zone ad alta disoccupazione, dove ora c’è qualche tipo di benessere. Questo causerebbe il minimo di delocalizzazione e attrarrebbe lavoro molto più facilmente.

31 – In questo modo il lavoro del nuovo Ministero rapporterebbe il problema della disoccupazione a quello della localizzazione industriale, per esempio considerando l’incidenza della disoccupazione in particolari località e industrie, insieme ai relativi problemi economici e sociali.

32 – Ci sono cause economiche e psicologiche ai fenomeni che hanno interessato le Aree Depresse per molti anni, e almeno alcuni di essi potrebbero essere rimossi tramite una deliberata azione a livello nazionale, e solo a livello nazionale. Queste esperienze indicano l’imperativa necessità per uno studio continuativo dei cambiamenti che hanno luogo nell’industria stessa, come risultato di nuove invenzioni, mutamenti di gusto, adattamento ai bisogni di nuovi mercati ecc. Il fatto generale è che questa aree hanno sofferto seriamente nel passato un’eccessiva specializzazione, aggravata, senza dubbio, dalle esigenze della guerra 1914-1918. Conseguentemente, il crollo industriale degli anni seguenti si è fatto sentire su di esse con particolare severità. La prosperità di queste zone troppo specializzate è collassata con il taglio della produzione di armamenti dopo il 1919, unito alla considerevole riduzione delle esportazioni. Il risultato è che ad ogni successivo periodo di massima depressione si è avuto un progressivo incremento percentuale di disoccupazione.

33 – Lo spostamento della forza lavoro non è una soluzione. La localizzazione di nuove fabbriche al giorno d’oggi ha poco a che fare con la prossimità alle materie prime come carbone, ferro o altri minerali (eccetto in alcune ben note ed eccezionali circostanze). La nazione non può permettersi di lasciare grandi aree industrializzate derelitte, e lasciare che questo processo di sviluppo si ripeta altrove. In più, non c’è garanzia che le nuove industrie in espansione di oggi non saranno le industrie depresse di domani, se si lascia che si sviluppino senza limiti.

34 – Per queste ragioni, come affermato sopra, consideriamo che il nuovo Ministero debba assorbire i poteri dei Commissari Speciali, ed estendere l’area della propria operatività.

ASPETTI SOCIALI

Salute e Urbanizzazione

35 – Il Rapporto della Maggioranza sembra aver assunto che i dati sulla salute abbiano un significato quasi decisivo. Questo non è supportato da una analisi più attenta sul tipo e obiettivi dei dati disponibili. La maggior parte delle informazioni statistiche che è possibile ottenere dalle autorità sanitarie pubbliche è relativo vuoi alla mortalità generale, mortalità infantile, incidenza di particolari malattie o mortalità che deriva da alcune di esse. Mentre è evidente la grande importanza di tali fattori, essi sono comunque essenzialmente di tipo negativo, C’è una considerevole differenza fra la semplice longevità e un’esistenza salubre, e l’assenza di malattia non va necessariamente presa come presenza di salute in positivo, di un buon fisico, o di vigore corporeo o mentale. Il termine “salute” deve essere concepito come una condizione molto più ampiamente positiva e creativa di qualunque stato della vita possa essere rivelato dalle statistiche di ufficiali sanitari pubblici o dalle tavole del censimento. È al sistema della vita civile che si richiede di produrre la massima quantità di benessere materiale, morale, mentale, piuttosto che agli effetti dell’urbanizzazione sulla durata della vita.

36 – La Commissione ha ricevuto una gran quantità di informazioni sul problema dei vantaggi relativi, dal punto di vista della salute, delle aree di città e campagna. Il tenore generale di queste informazioni può, riteniamo, essere succintamente riassunto nelle quattro seguenti affermazioni:

1) C’è un grande vantaggio naturale, dal punto di vista della salute, dell’ambiente di campagna se comparato con quello urbano, in particolare quando quest’ultimo prende la forma di una grande concentrazione industriale.

2) Questo primato della campagna sulla città, che nasce dai vantaggi naturali, è stato molto ridimensionato durante gli ultimi 30 o 40 anni attraverso la realizzazione di elaborati controlli sanitari e costosi servizi per la salute nelle città.

3) Lo sviluppo della sanità collettiva sta solo ora cominciando a fare significativi progressi nelle aree rurali. Non ci sono ostacoli insormontabili perché non si possano fare grandi passi in avanti, premesso che abbia luogo una riorganizzazione amministrativa e che i servizi siano adeguatamente sostenuti dallo Stato.

4) Nonostante i traguardi superiori conseguiti dalle città nel campo della salute pubblica, le aree rurali mantengono ancora in generale un percettibile vantaggio sulla città.

37 – È chiaro anche che alcuni fattori piuttosto che altri, direttamente connessi sia all’ambiente naturale da una parte, sia ai servizi sanitari pubblici dall’altra, giocano un ruolo considerevole nel determinare la salute relativa degli abitanti di città e campagna. Paghe basse e cattive abitazioni sono due dei fattori più rilevanti con effetto nocivo sulla salute dell’uomo di campagna. C’è vasto consenso di opinioni fra i medici del servizio sanitario nazionale che hanno sottoposto il proprio punto di vista attraverso il Comitato Medico Congiunto, sul fatto che la vita rurale possa essere resa molto più salubre di quanto non sia al giorno d’oggi. In più, non si deve ritenere che si continuino necessariamente nelle nostre città, per il futuro, dei progressi nel campo della salute. Il Comitato Medico Congiunto ha avvisato la Commissione che la realizzazione di blocchi ad appartamenti con piccole stanze prive di condotti d’aria e senza appropriata ventilazione probabilmente porteranno ad un declino in vigore ed efficienza di coloro che ci vivono, e possono produrre un incremento della tubercolosi. In più, è diffusa l’opinione che il rapido trasferimento ora in corso di una larga parte della popolazione urbana da case verso piccoli appartamenti nei quali sono “ingabbiati, stretti e rinchiusi” con poco o nessuno spazio disponibile, significa che qualunque incremento nell’attuale dimensione delle famiglie presenterà grandi difficoltà dal punto di vista dell’alloggio. Quando ricordiamo che il tasso netto di riproduzione nazionale è al momento solo circa 0,75 l’importanza di questa questione appare ovvia. C’è anche l’indiscutibile fatto che nelle città maggiori il terreno necessario per campi da gioco è stato utilizzato per scopi edificatori, col risultato che non è più possibile fornire alla popolazione adeguate strutture per il tempo libero. Ancora al 1927 c’erano 13.000 ettari di terreno entro un raggio di 18 chilometri da Charing Cross, disponibili per l’uso come campi da gioco o spazi aperti. Nel 1933 la quantità si era ridotta a poco più di 3.000 ettari, e non c’è motivo di supporre che il processo si sia fermato a partire da quella data.

38 – Segnaliamo questi elementi perché è importante evitare un facile ottimismo per quanto riguarda le prospettive di salute nazionale, se fossero soggette ai rischi e alle minacce di qualunque ulteriore grado di sviluppo industriale e urbano non controllato. Ritenere che le cattive condizioni urbane siano una cosa del passato, una mera eredità dell’era vittoriana che stiamo rapidamente superando e che non dobbiamo più temere, è gravemente fuorviante. È realisticamente possibile che le attività edilizie speculative e la dispendiosa politica governativa di rialloggiamento in case ad appartamenti possa, se non guidata e verificata, inaugurare una nuova epoca di malessere sociale.

Distruzione della campagna

39 – In epoca vittoriana, l’introduzione di alcuni elementi nemici del benessere e della salute fu limitata in gran parte alle città. Noi, però, coi nostri migliori mezzi di comunicazione, abbiamo spogliato le campagne e ampiamente ridotto le zone in cui gli elementi salutari della campagna continuano ancora a prosperare, e questo proprio nel momento in cui essi sono diventati valori ampiamente riconosciuti.

40 – Se è chiaro che ci sono alcuni vantaggi nella vita urbana, è stato sottolineato come nel passato urbanizzazione abbia sempre significato crescita delle città; ma questo non è più necessariamente vero, oggi. Una consistente parte della campagna può vedere distrutte le proprie caratteristiche senza che emerga nulla di descrivibile come città, né coi vantaggi della città. Questo costituisce davvero la più insidiosa minaccia per la campagna al giorno d’oggi.

CONTROLLO SULLA LOCALIZZAZIONE INDUSTRIALE

41 – Come abbiamo affermato, la questione del controllo sull’industria da parte di un’autorità nazionale e nell’interesse nazionale ci sembra prevalente, sul terreno economico, sociale, strategico.

42 – È stato suggerito che gli industriali si risentiranno rispetto a qualunque forma di controllo, ma, con le cautele che proponiamo, comprenderanno che, lungi dal pregiudicare la loro efficienza, una forma di controllo li aiuterà nella scelta delle zone più adatte per le loro attività.

43 – In primo luogo, secondo le nostre raccomandazioni una gran parte del paese sarà compresa entro “zone libere”, dove i permessi per lo stabilimento di nuove o l’ampliamento di esistenti impianti saranno concessi senza problemi o attese; queste zone saranno rese note agli industriali.

44 – In secondo luogo, le conoscenze ed esperienze che il nuovo Ministero presto acquisirà saranno di valido aiuto agli industriali per prendere decisioni tanto importanti come quelle su una nuova localizzazione.

45 – Terzo, si vedrà come siano suggerite le più prudenti cautele per assicurarsi che, quando ne esistano valide ragioni, alle industrie non sia proibito collocarsi o ampliarsi anche nelle zone vietate.

46 – Infine, le spese di cui generalmente la comunità si fa carico nel fornire case, scuole, strade, e altri servizi a beneficio dell’industria e dei suoi lavoratori, rappresenta un forte argomento in favore del diritto pubblico di parola sulla localizzazione.

47 – Il nuovo Ministero competente nei controlli di localizzazione dell’industria e nella pianificazione territoriale a scala nazionale avrà potere, inter alia, di classificare:

a) Aree in cui è consentito lo sviluppo industriale, soggetto alle limitazioni locali urbanistiche, come nelle “zone libere” (descritte al par. 43).

b) Aree in cui è vietato un ulteriore sviluppo industriale, salvo alcune eccezioni, ad esempio fornitura di servizi, beni deperibili ecc.

48 – Sia le aree dove è consentito che quelle dove è vietato, possono contenere spazi per lo sviluppo industriale di alcuni settori. Le aree possono variare col tempo, come richiede il caso. Le classificazioni probabilmente saranno sottoposte al Parlamento.

49 – Qualunque imprenditore desideri costruire o ampliare una fabbrica, o occuparne una esistente non già utilizzata, o convertire altre strutture a scopi di produzione o trasformazione, dovrà ottenere il permesso del Ministero.

50 – L’imprenditore otterrà di diritto un permesso riguardante un’area dove ciò è consentito, a meno che la fabbrica proposta ricada in una delle eccezioni previste dalla classificazione. È previsto che l’80 per centro di tutte le nuove localizzazioni industriali saranno coperte da questo tipo di aree.

51 – Nel caso di un’area vietata un permesso sarebbe negato in prima facie. Ma sarebbe previsto che il Ministero possa esercitare la propria discrezione rilasciando un permesso anche per questo tipo di aree, a condizione che:

a) Non fosse economicamente conveniente stabilire la fabbrica altrove.

N.B. Sarebbe desiderabile omettere questo obbligo di soddisfare il Ministero nel caso di un industriale che propone di occupare una fabbrica esistente, visto che questo potrebbe essere considerato un rimpiazzo di attività, a cui sarebbe normalmente richiesto di proseguire il volume di produzione e di occupazione esistente. Se, ad ogni modo, si deve decidere una politica di decentramento dalle zone proibite sovradimensionate – come si spera – questo non avverrebbe e ad ogni modo si dovrebbe soddisfare la condizione (a).

b) Che la forza lavoro richiesta e probabilmente necessaria in futuro possa in tutto o in gran parte essere reperita fra la popolazione che normalmente vive o cerca impiego entro l’area.

c) Che siano disponibili nell’area servizi municipali e residenze per la forza lavoro, o che essi possano essere forniti senza aggravi non dovuti sul contribuente.

d) Che la localizzazione della fabbrica nel sito proposto non causi un notevole incremento nella congestione del traffico dell’area.

e) Che la localizzazione proposta non sia discutibile dal punto di vista strategico-militare.

f) Che la localizzazione proposta non sia distruttiva per il paesaggio da conservarsi, ad esempio spazi aperti nelle città, o siti particolari dal punto di vista naturalistico, storico, o di bellezza architettonica.

52 – La questione dell’ampliamento di fabbriche esistenti costituisce il problema più difficile. Si devono definire chiaramente alcuni limiti, altrimenti un industriale potrebbe acquistare un piccolo impianto e quindi ampliarlo di dieci volte senza dover ottenere un’autorizzazione industriale a nessuno stadio di sviluppo. Se le restrizioni devono essere efficaci, riteniamo che le condizioni debbano applicarsi con piena cogenza a qualunque ampliamento che comporti, diciamo su un periodo di tre anni, un incremento occupazionale diciamo del 10 per cento o più, rispetto agli occupati dell’impresa in questione. Nelle piccole fabbriche la percentuale concessa potrebbe essere maggiore.

53 – Considerazioni simili si applicherebbero nel caso di proposte di trasferimento di fabbri da, ad esempio, una zona di Londra all’altra. Questa è stata une delle forze più potenti nel gigantesco allargamento, negli ultimi anni, dell’area urbanizzata londinese. Se si deve perseguire una politica di decentramento, il trasferire una fabbrica da un vecchio o inadatto edificio in una zona vietata è un’occasiona ideale per richiedere il trasferimento della ditta in un’altra zona; e dunque il semplice fatto che una ditta è già impegnata nella produzione in una parte della zona proibita non è motivo per consentirle di trasferirsi in un’altra parte della stessa area, a meno che siano soddisfatte le condizioni del paragrafo 51.

54 – Aree permesse e vietate (vedi paragrafo 47) non devono necessariamente coprire l’intera nazione. Ci sarà molto spazio non incluso né in (a) né in (b). I permessi per localizzare industrie in tali aree saranno governati dalla clausola limitativa secondo cui va scoraggiata una localizzazione industriale sporadica. Le localizzazioni in questi casi saranno dunque interamente a discrezione del Ministero.

55 – Le seguenti raccomandazioni sono intenzionalmente basate su quelle del Rapporto di Maggioranza, perché possano vedersi chiaramente le differenze.

A - COSTITUZIONE E ORGANIZZAZIONE DELL’AUTORITÀ

UN NUOVO MINISTERO

56 – Un nuovo Dipartimento dello Stato da creare allo scopo di svolgere ricerche su, e controllare la localizzazione industriale in tutta la Gran Bretagna, e di promuovere e sovrintendere la pianificazione nazionale per le esigenze industriali, agricole, residenziali e per il tempo libero.

57 – Il Dipartimento è da affidarsi a un Ministro di rango Gabinetto, che avrà il potere, condizionato dagli abituali controlli del Tesoro, di nominare personale adeguato per l’esecuzione dei compiti e funzioni del Dipartimento.

UFFICI REGIONALI

58 – Allo scopo di assicurare stretto contatto con le conoscenze ed esperienze locali e come parte integrante dell’organizzazione di questo Dipartimento, il Ministro sarà incaricato di attivare Uffici di Divisione o Regionali, a coprire aree definite dal Ministro, attraverso i quali il Dipartimento possa agire per obiettivi di localizzazione industriale e altre questioni. Gli Uffici presenteranno ciascuno su propria iniziativa relazioni e raccomandazioni al Ministro riguardo alle rispettive regioni e su altri argomenti correlati.

PIANIFICAZIONE URBANISTICA

59 – Saranno trasferiti immediatamente al Ministero gli attuali poteri e funzioni del Ministero della Sanità secondo il Town and Country Planning Act, e del Ministero dei Trasporti secondo il Restriction of Ribbon Development Act, e il Trunk Roads Act. Altri poteri e funzioni necessari all’efficiente funzionamento del Dipartimento e ora delegati ad altri Dipartimenti, saranno trasferiti al Ministro tramite Ordinanze del Consiglio e quando ritenuto necessario.

ZONE SPECIALI

60 – Saranno anche trasferiti al Ministero i poteri e funzioni dei Commissari per le Zone Speciali, e queste aree saranno estese e ridefinite secondo le necessità.

COMMISSIONE DI RICERCA

61 – Allo scopo di sviluppare ricerche e di dare consulenza al Dipartimento sulla localizzazione dell’industria e la distribuzione della popolazione, il Ministero nominerà una permanente Commissione di Ricerca, composta di tecnici e altre competenze, come si riterrà opportuno.

B – FUNZIONI DEL DIPARTIMENTO: FUNZIONI ESECUTIVE

LOCALIZZAZIONE DELL’INDUSTRIA

62 – Visto che la concentrazione di industrie e popolazione industriale in alcuni centri e la distribuzione puntiforme di nuove industrie in varie parti del paese costituiscono un problema sociale, economico e strategico che richiede immediata azione, al Ministro siano forniti i poteri di esercitare controllo sulla localizzazione di nuove e ampliamento di esistenti impianti industriali in tutto il paese. Il potere delegato al Dipartimento a questo scopo è di operare generalmente in modo negativo (per esempio il Dipartimento non trova luoghi per alcune industrie). Allo scopo di esercitare questo potere di controllo il Ministro abbia il potere di dichiarare come descritto ai paragrafi dal 47 a 54 di questa Relazione:

a) Aree dove l’industria abbia libero ingresso, con le limitazioni dell’urbanistica locale;

b) Aree in cui sia vietato un ulteriore sviluppo industriale, salvo alcune eccezioni;

c) Aree in cui per ottenere un permesso si debba istruire un caso particolare.

PIANO DI SVILUPPO

63 – Al fine di orientare le azioni del Ministero in direzione di una localizzazione industriale nel quadro di una economia equilibrata, il Ministro necessiterà di uno Schema di Sviluppo su cui basare le proprie politiche; esso dovrebbe essere predisposto per il Dipartimento dalla Commissione di Ricerca. Il Ministro avrà il potere di imporre le richieste di tale piano all’interno di Piani Regolatori Regionali e Locali; essi possono richiedere notevoli modifiche (essendo stati predisposti solo tenendo presente le necessità regionali e locali), per conformarsi alle politiche industriali nazionali. Il Rapporto di Maggioranza indica che i poteri di pianificazione esistenti sono inadeguati allo scopo.

INCENTIVI

64 – Il Ministro sia autorizzato a consentire assistenza finanziaria da risorse governative sotto forma di prestiti, mutui o altro, con l’obiettivo di incoraggiare una auspicabile localizzazione industriale e una adeguata pianificazione, o per altri scopi, in particolare:

a) Per promuovere e incoraggiare realizzazione e sviluppo di città satellite e città giardino da parte delle autorità locali, imprese di servizi pubblici, e altri organismi.

b) Per assistere lo sviluppo di centri minori e capoluoghi di rango regionale.

c) Per promuovere e incoraggiare realizzazione e sviluppo di zone industriali attraverso l’accesso a terreni di basso costo, fornitura di servizi, costruzione di fabbriche da cedere ecc.

d) Per proseguire il lavoro nelle Zone Speciali.

e) Per assistere l’attuazione di speciali imprese di interesse nazionale, come i Parchi nazionali, le Riserve Costiere e l’acquisizione di proprietà a da iscrivere al National Trust.

f) Per acquisire terreni.

C – FUNZIONI DEL DIPARTIMENTO: FUNZIONI CONSULTIVE E NON-ESECUTIVE

RICERCA

65 – Le seguenti competenze siano trasferite dal Ministro alla Commissione di Ricerca:

a) Raccolta e coordinamento di informazioni connesse alla localizzazione di industrie e dati simili riguardanti la distribuzione della popolazione industriale attualmente posseduti dal vari Dipartimenti Governativi.

b) Ricerca e raccolta di informazioni sulle vari risorse naturali: terreni, agricoltura, minerali, paesaggi, ecc., che possano essere messe in pericolo dallo sviluppo nazionale.

c) Consulenza al Governo, alle autorità locali, agli industriali e ad altri, sui problemi della pianificazione, con speciale riguardo alla localizzazione industriale.

d) Preparazione di un Piano Generale di Sviluppo, soggetto a costante revisione.

(lo Statuto dichiarerà che i Rapporti Annuali della Commissione di Ricerca e le proposte di Sviluppo Nazionale siano presentate al Parlamento).

RAPPORTO SPECIALE SULLE PROPOSTE GENERALI

66 – Il Ministro abbia imposto per statuto il dovere di predisporre e sottoporre al Parlamento, il più presto possibile, un Rapporto Speciale riguardo a quali poteri ulteriori egli richieda, e all’organizzazione necessaria allo scopo di dare effetto agli obiettivi di azione nazionale così come unanimemente concordati dalla Commissione e delineati nel paragrafo 428 del Rapporto di Maggioranza, segnatamente:

a) Continua e progressiva ristrutturazione urbanistica delle aree congestionate, dove necessario.

b) Decentramento o dispersione, sia di industrie che di popolazione industriale, da tali aree. Con questa correlazione, l’attenzione principale sia diretta ai metodi attraverso cui decentramento o dispersione sono incoraggiati e perseguiti, nella forma di città o sobborghi giardino, città satellite, zone industriali, o attraverso lo sviluppo di centri minori o capoluoghi di rango regionale.

c) Sostegno ad un ragionevole equilibrio nello sviluppo industriale, per quanto possibile, nelle varie regioni o suddivisioni della Gran Bretagna, unito ad una adeguata diversificazione delle industrie in ciascuna regione o suddivisione del paese.

In aggiunta, il Ministro dovrebbe essere incaricato dal Governo perché sviluppi le conclusioni del gruppo di esperti riguardo all’argomento del plusvalore e indennizzo, che è raccomandato al paragrafo 250 del Rapporto di Maggioranza.

CONCLUSIONI

67 – In conclusione, riteniamo che il paese stia guardando alla Commissione per avere una chiara e sicura guida su questa questione. Niente meno di un Dipartimento, o un Ufficio aggiunto a quello di un Ministro di Gabinetto, che eserciti pieni poteri esecutivi e dotato di personale adeguato, darà l’impressione di tentare una soluzione non soltanto ai problemi attuali, ma anche a quelli che quasi certamente sorgeranno nell’immediato futuro.

LESLIE PATRICK ABERCROMBIE, HERBERT H. ELVIN, HERMIONE HICHENS

Nota: come accennato nell’introduzione, esiste un rapporto verificabile fra molti temi del decentramento produttivo e in generale insediativo, a livello internazionale, negli anni Trenta. Per una parziale verifica del panorama italiano, posso proporre dal mio sito un testo pubblicato nel 1935 dalla rivista milanese La Casa, impegnativamente titolato La fine delle città (fb)

È il 1910, e in questi brevi anni che precedono la prima guerra mondiale l’urbanistica moderna sta diventando adulta, in Gran Bretagna ma non solo. Basta pensare alla nostra Italia, dove sullo schema di Edmondo Sanjust di Teulada per Roma si sta sviluppando un dibattito fra varie correnti che porterà, di fatto, alla nascita da istanze conservazioniste del primo nucleo di cultura urbanistica nazionale.

Nelle campagne intorno a Londra cresce lentamente l’esperimento della città giardino di Letchworth, e il parlamento ha appena approvato una legge urbanistica ispirata in gran parte dal suo progettista, Raymond Unwin. A Liverpool si è attivata la prima scuola specializzata, che con la sua Town Planning Review aggiunge peso e prestigio alla pubblicistica del settore, sempre più ricca di periodici non solo tecnico-municipali. Ed è proprio la rivista della scuola di Liverpool a proporre, tramite il suo redattore principale, il trentacinquenne Patrick Abercrombie, un ampio servizio sulle stranezze, vizi e virtù di quanto accade oltreoceano.

E ce n’è ben d’onde, visto che il primo argomento di analisi sarà il Chicago Plan di Daniel Burnham, ovvero la massima, controversa e famosa espressione del cosiddetto City Beautiful Movement .

Uno strascico di pianificazione ottocentesca? Un salto qualitativo verso una concezione grandiosa e lungimirante, per quanto di difficile realizzazione, della metropoli futura? Una cortina fumogena di prospettive mozzafiato, dietro a cui nascondere interessi particolari, e scarsissima sensibilità sociale?

Abercrombie non tenta neppure, di dar risposta a queste domande, limitandosi ad esporre alcuni fatti: chi, cosa, come, fino a che punto. Eppure, tra le sottolineature e le osservazioni sottotono, emergono spunti ironici e soprattutto una notevole attenzione alle potenzialità (e ai pericoli) di questo singolare approccio al piano. Non ultima, la capacità di “venderlo”, che tornerà dieci anni dopo nel saggio dello stesso Abercrombie sulla divulgazione della disciplina urbanistica nelle scuole.

Ma lascio la parola a un grande urbanista, che ci racconta con parole di quasi un secolo fa un grandioso progetto. (fb)

Piani regolatori in America – Chicago, The Town Planning Review, aprile 1910 (traduzione di Fabrizio Bottini)

Introduzione (di Charles H. Reilly)

L’urbanistica ha un significato in qualche misura diverso, in America, da quello che può avere in Germania, o da noi. Seguendo la Germania il termine in Inghilterra è generalmente inteso come correlato a progetti il cui spirito e scopo è, in primo luogo, igienico e umanitario: piani, ad esempio, per migliori abitazioni delle classi lavoratrici, o per evitare che nuovi sobborghi divengano rapidamente nuovi quartieri degradati. La dizione integrale della recente legge urbanistica The Housing and Town Planning Act, descrive bene questo atteggiamento, e non c’è dubbio che l’entusiasmo con cui la legge è stata salutata da tanti settori si deve più alle speranze per la promozione di buone e sane abitazioni per i poveri, che a qualsiasi miglioramento architettonico delle città essa possa in qualche modo favorire. Con l’eccezione del piano di Wren per Londra e alcuni isolati episodi di alta architettura a Bath, Edimburgo e altrove, si può dire che l’urbanistica in Inghilterra sia iniziata con l’idea del sobborgo giardino – la piccola imitazione di villaggio ai margini della città – e di non essere andata sino ad oggi molto oltre.

D’altra parte, in America, il recente entusiasmo per l’urbanistica, che senza alcuna Legge del parlamento a stimolarlo è stato altrettanto grande che da noi, si è sviluppato in una direzione diversa. L’americano medio confronta sempre la sua City, come la chiama, con le città degli Stati vicini, o, se ha viaggiato, con le città d’Europa. In questo modo la città gli si presenta in modo unitario, paragonabile ad altre simili unità. Non c’è dubbio che la pianta a scacchiera su cui con poca riflessione sono state impostate la maggior parte delle città americane, rende possibile farsi una buona idea della città nel suo insieme con una rapida conoscenza. Ma qualunque si ala ragione, non c’è dubbio che lo spirito di emulazione civica esista in America in misura impensabile qui, e che quotidianamente invochi nuovi piani in cui vengano sottolineati ed enfatizzati l’uno o l’altro aspetto della città esistente. Il più comune, è la dotazione di un centro civico, un punto della città dove gli edifici pubblico possano essere raggruppati ed esprimere l’importanza e dignità della vita urbana. Altri piani affrontano i bisogni del tempo libero in città, non solo a scala di quartiere ma dell’intero complesso. Gli americani non pensano più ai parchi pubblici e ai giardini come piacevoli spazi isolati, ma come parti di un sistema integrato pensato non solo per i bisogni del momento, ma in termini di immense riserve, foreste, aperta campagna, per le necessità delle generazioni future.

Per farla breve, l’Americano per l’architettura e l’urbanistica si volge alla Francia, dove è valorizzata l’unitarietà logica del piano, anziché alla Germania, con la sua abilità per il dettaglio, ma comunque con carenze di sistema nella pianificazione. Per straordinario che possa sembrare al momento attuale, l’ambizione della città media americana è di rivaleggiare – nel giro di pochi anni: cinque o dieci anni al massimo – con Parigi, e molte hanno intrapreso passi considerevoli in questa direzione. Viali alberati di circonvallazione, ampie strade diagonali che portano da uno spazio aperto all’altro, ponti e rive monumentali, vedute grandiose, sono progettati ovunque e in qualche caso in corso di realizzazione.

Il problema dunque, così come si presenta ad un americano, è più di tipo architettonico che altro, e non c’è da meravigliarsi che abbia suscitato il massimo interesse fra gli architetti. E a dire il vero vediamo che la maggior parte dei piani sono promossi proprio da loro, sia singolarmente o tramite l’associazione professionale locale, e successivamente adottati dal comune o dallo stato. Uno dei fatti più sorprendenti dei piani americani, è che essi devono il proprio impulso alla pubblicazione di rapporti, schemi e disegni molto dettagliati, promossi dall’impresa privata. Il grande progetto per Chicago, appena pubblicato, con lo studio approfondito dei vari aspetti della città, il gran numero di mappe e illustrazioni, è stato commissionato e finanziato da un gruppo di commercianti e imprenditori ferroviari, il Commercial Club.

A dire il vero, questi piani regolatori spesso sembrano un prodotto della cittadinanza illuminata laddove le condizioni dell’amministrazione municipale sono tali che non ci si vuol avere a che fare. Il piano a promozione privata è messo in mostra, illustrato da conferenze, discusso sui giornali, finché diviene elemento di una campagna elettorale che attraversa le formazioni politiche tradizionali. Se questa campagna non ha successo all’interno dell’amministrazione municipale, c’è sempre il governo statale a cui eventualmente rivolgersi, e se ne possono ottenere poteri di attuazione, come nel caso di Boston, non solo sul territorio cittadino ma anche su quello delle municipalità contigue. A Boston i Commissari ai parchi, che sono cinque, controllano il sistema dei parchi di 38 diverse cittadine. Non c’è da meravigliarsi dunque, se i piani regolatori in America presentano una completezza e perfezione sconosciuta altrove, e che li rende un soggetto degno di studio.

Chicago

Il Piano di Chicago, pubblicato nel 1909, è la proposta più completa e sontuosa per ri-creare una città, che sia mai apparsa in America. Preparato sotto la direzione del Commercial Club, redatto dagli architetti Daniel H. Burnham e Edward H. Bennet, pubblicato a cura di Charles Moore, volge l’attenzione ad ogni aspetto di Chicago – eccetto forse uno – propone riforme drastiche e di vasto respiro, mette agli atti un ideale verso il quale dovranno tendere tutte le trasformazioni future.

Questo “Piano”, o Rapporto, non è un opuscolo divulgativo per attirare l’interesse pubblico con una vasta diffusione. È un volume a edizione limitata (1650 copie), splendidamente illustrato e rilegato, e inteso come presentazione completa e compiuta per i finanziatori: l’insieme degli uomini di spirito civico che hanno fatto dono alla città di un progetto completo per il suo futuro.

Non è approfondito e convincente come il progetto per Boston, ma è molto più attraente, e ha il grande merito di trasformare un rozzo e opaco piano urbano in una magnifica concezione centralizzata. Le illustrazioni originali sono, in gran parte, di Jules Guerin; sono state riprodotte a colori, e danno una viva e ariosa impressione delle varie parti della nuova Chicago – immagini notturne dal lago e sul Chicago River, sole brillante sui nuovi boulevards e piazze, bozzetti nevosi invernali ed effetti di luce al crepuscolo – si fa ogni sforzo per rendere le proposte quanto più attraenti e coinvolgenti possibile. Sarebbe difficile immaginare “quadri urbani” più suggestivi, e l’uso di diversi effetti di luce è particolarmente valido nell’aiutare allal visione della città trasformata. Ci sono anche alcuni straordinari disegni architettonici monocromatici di M. F. Janin.

Tra l’altro, il “Piano” propone una discontinua storia dell’urbanistica monumentale. C’è un capitolo sulla città nei tempi antichi e moderni, e sparpagliate per il volume ci sono numerose riproduzioni di piani ed esempi di città europee e americane. Questa parte del libro dà una sottile sensazione di non sincerità. Introdurre un piano per Chicago con osservazioni su Semiramide o Babilonia non sembra rilevante, e foto sparse della Sfinge o delle Piramidi, e schizzi del Teatro Greco di Siracusa, e vaghe impressioni dell’Acropoli, suggeriscono un pasticciare sull’argomento che fortunatamente non si ritrova nel resto del libro.

Le origini del Piano di Chicago possono essere rintracciate nella Fiera Mondiale tenuta a Jackson Park, sul Lago Michigan, nel 1893. La sistemazione degli edifici provvisori, in cui gli architetti convennero di modificare le proprie idee per produrre un grandioso effetto generale, suggerì alle menti dei cittadini di Chicago una possibile sistemazione per la città stessa. Il piacevole effetto sulla sponda del lago generò insoddisfazione per le sponde esistenti, e ne risultò la proposta di un parco continuo da Jackson Park a Lake o Grant Park, dove si trova il porto commerciale.

Il prodotto di questa doppia aspirazione fu, in primo luogo, una Commissione ai parchi per il miglioramento delle rive del lago; poi nel 1903 un piano generale per un sistema verde metropolitano, compresa una cintura esterna a parchi e parkways; infine, nel 1906, il Merchant Club intraprese un progetto completo per l’intera città. Più tardi, Merchant e Commercial Club si fusero, e dal 1907 al 1909 è stato elaborato il Piano, combinando le idee sui parchi delle precedenti commissioni con una approfondita indagine sul traffico e i problemi del trasporto merci, e la concezione architettonica del centro, o cuore, civico.

Si sono formati via via comitati composti da membri del club, per dare consulenza agli architetti su vari aspetti del progetto; sono state attrezzate ad ufficio alcune stanze sul tetto di un alto edificio, dove sono stati realizzati i disegni, e su invito del club il Governatore dell’Illinois, il Sindaco di Chicago, e altri ufficiali pubblici hanno visitato quelle stanze durante lo sviluppo del lavoro, familiarizzandosi così con l’intero progetto mentre veniva costruito.

Chicago, la Metropoli del Middle West, è il maggiore centro ferroviario degli Stati Uniti; 22 linee principali si incrociano qui. Durante la seconda metà del XIX secolo la popolazione è aumentata da trentamila a due milioni di abitanti, e si stima che ne conterrà tredici milioni entro il 1950.

Le caratteristiche naturali di Chicago sono poche e semplici – il lago di fronte, la prateria alle spalle – entrambe apparentemente illimitate, entrambe senza interruzioni, con l’eccezione del fiume Chicago, i cui due rami formano diagonali naturali e suddividono la città in tre settori, Nord, Ovest e Sud. Prima di incontrare il ramo settentrionale, quello meridionale scorre parallelo al lago per circa cinque chilometri; questo spazio fra il fiume e il lago virtualmente forma un quarto settore, il distretto degli affari.

Dopo l’incendio del 1877 Chicago fu rifatta praticamente secondo le medesime linee, solo costruita in pietra anziché di legno. Si tratta di una pianta a griglia suddivisa in unità di 2,5 chilometri quadri. Il criterio di crescita è per aggiunta di unità di questo tipo in qualunque direzione sia necessario. Non possiamo essere d’accordo coi signori Burnham e Bennet, che questo sistema rettilineo o a griglia sia il migliore che si potesse pensare. Certo il sito pianeggiante ne suggerisce una applicabilità che manca in altri casi, e la riva del lago che corre quasi esattamente da nord a sud forma una base naturale per questo sistema rettilineo. In piccole città come Richelieu, ancora, non si potrebbe pensare a niente di meglio; ma appena qualunque città raggiunge una certa dimensione, appaiono la debolezza e la mancanza di un’idea più ampia.

L’assenza di linee diagonali e circolari è fatale per un’efficiente circolazione del traffico. A Chicago, sembrano esserci poche diagonali, resti di strade di campagna: qui sono la salvezza del piano, anche se da noi i sentieri del bestiame sono più spesso la rovina dell’urbanistica.

Ma Burnham e Bennet ritengono che una città debba prima essere costruita su una griglia, e poi che ci si debbano tagliare delle diagonali quando necessario, con enormi spese. Questo ci sembra un metodo piuttosto goffo: lo schema ideale di una città costiera dovrebbe essere impostato attorno a un fuoco, piuttosto che a griglia. Vale a dire, che le linee radiali dovrebbero essere interne al piano, e non un’aggiunta successiva. Da quando Penn tracciò la sua griglia per la Pennsylvania gli americani ne sono stati così ossessionati da considerarla un elemento fondamentale; anche l’Enfant a Washington si accontentò di sovrapporre diagonali a una griglia (formando conseguentemente incroci inopportuni su tutte le vie principali) invece di pensarle interne al piano, come aveva fatto Wren nella sua Londra.

Lo schema stradale di Chicago, dopo essere stato tagliato e rimodellato, si avvicina a un sistema a due semicerchi di viali, quello più grande esterno ed uno interno.

Le proposte del piano vengono qui esaminate secondo cinque gruppi: Collegamenti Suburbani, Sistema dei Parchi e Viali, Trasporti, Strade urbane, il Cuore di Chicago.

Collegamenti Suburbani

Il primo gruppo di proposte è semplice ed ovvio. Si suggerisce di connettere le cittadine entro un raggio di cento chilometri, con un efficiente sistema di strade che si irraggiano da Chicago e la circondano di collegamenti inter-suburbani. La maggior parte di queste strade esiste già. Sono necessarie alcune connessioni qui e là per completare il sistema. Questi percorsi devono comprendere un’arteria per i carichi pesanti e una strada panoramica. Le due saranno separate da una fascia erbosa, e dovranno esserci aree seminate ad erba sui lati e piantate non meno di tre file di alberi. Su queste strade saranno collocate le scuole di campagna.

Sistema dei Parchi e Viali

Il proposto sistema di parchi si suddivide in tre sezioni: il fronte lago, i parchi cittadini, i parchi naturali territoriali. In questo settore, Chicago è meglio attrezzata che in qualunque altro aspetto contenuto nel piano. Ci sono tre parchi in riva al lago, Jackson, Lake, Lincoln, e una serie di parchi cittadini, Washington, Garfield, Douglas, Humboldt, che coi loro viali di connessione formano un semicerchio attorno al centro città, secondo un sistema di gran lunga più strutturato di quanto non possieda ora qualunque città industriale inglese.

Sul fronte del Lago si propone (secondo le raccomandazioni della Commissione nel 1896) di formare un parco continuo lungo oltre trenta chilometri, da Jackson Park a sud (dove fu tenuta la Fiera Mondiale) a Wilmette a nord, compreso il già in parte formato Lake (o Grant) Park, e l’esistente Lincoln Park. Questo percorso continuo di parchi lungo il lago si divide in tre sezioni: la meridionale, la centrale, la settentrionale.

La sezione meridionale consiste di una larga e continua laguna, da usare come bacino per le barche, evidentemente ispirata ai progettisti dalla sistemazione di Henley sul Tamigi. Una striscia a parco la separa dal lago, con una strada costiera sul lato esterno. Ad una prima occhiata, scala e dimensione di questo parco appaiono enormi. Ma si stima che questa realizzazione sarà la più facile ed economica di tutte le proposte del piano. Ogni anno si scaricano nel lago detriti sufficienti ad acquisire circa 10 ettari di nuovo terreno, e con la costruzione dei necessari frangiflutti la formazione di questo parco dovrebbe essere solo questione di tempo. Una volta completata, questo specchio d’acqua sarà ad una scala più grandiosa di qualunque altro spazio per il tempo libero si sia visto al mondo sinora; tuttavia abbiamo la sensazione che, forse, l’immensità della concezione e la concreta possibilità di realizzarla può aver accecato i progettisti riguardo al miglior modo di trattare il fronte lago. Con un affaccio urbano su una tale, colossale scala, come suggerito dagli studi architettonici, non avrebbe forse creato un effetto migliore la semplice immensità del lago aperto, in contrasto con la città, di quello ottenuto frapponendo due strisce di parco e un’ampia laguna? Naturalmente, esiste la semplice, pratica considerazione dei pericoli derivanti dal manovrare una barca sul lago aperto, rispetto alla sicurezza della laguna chiusa, e comprendiamo che questa organizzazione fu originariamente promossa dalla Commissione, interessata in primo luogo agli aspetti connessi al tempo libero.

La sezione centrale contiene l’esistente Grant (o Lake) Park, di fronte al quale, all’incirca sulla stessa lunghezza, sarà realizzato un immenso porto per barche a vela, con frangiflutti proiettanti verso il lago. A poca distanza, a nord e a sud di questo progettato porto, lunghi passeggi dalla 22 Strada a Chicago Avenue fiancheggiano questo nobile ingresso alla città. Lo spazio fra il molo meridionale e il porto per le imbarcazioni a vela è occupato da una vasto bacino, l’ingresso alla laguna, ed è destinato a grandi spettacoli sull’acqua; di fatto sarà il parco atletico della città. Lo spazio fra il molo nord e il porto conterrà la foce del Chicago River e tutti i bacini commerciali settentrionali.

La sezione nord del sistema di parchi corrisponde a quella meridionale, con la differenza di essere più stretta, e che l’ampia laguna si è ridotta ad una serie di specchi d’acqua collegati da canali. Una delle caratteristiche di questa zona, sarà la creazione di una catena di isole, e di parecchi porticcioli per riparare imbarcazioni a vela in caso di tempesta.

Il disegno generale di questa sezione, è estremamente curato, sviluppa e valorizza la riva del lago, e raggiunge il massimo verso il porto centrale. Una piccola parte (due chilometri), chiamata Lake Shore Drive, esiste fra la fine del Chicago Boulevard (da dove inizia uno dei nuovi moli) fino a Lincoln Park: non sarà toccata, visto che su di essa si affacciano alcune delle più importanti residenze private di Chicago.

Nella sezione di parchi interna alla città, si propone di formare tre nuovi spazi all’esterno di quelli esistenti, oltre a parecchi più piccoli e aree da gioco vicine al centro. Questi tre parchi definiscono origine e apice di un ampio viale semicircolare, lungo circa 25 chilometri. Questo colossale boulevard è, forse, la cosa meno convincente del piano, nonostante sia da ammirarne l’audacia. Il raggio è troppo ampio per avere qualche effetto, eccetto sulla carta, dove certo figura molto bene, coi suoi tre parchi a segnarne il percorso e i viali rettilinei che completano il giro sulla costa del lago. Le possibilità rispetto al traffico saranno descritte nel paragrafo sulle strade.

Infine, a partire da questi tre nuovi parchi, sono previste parkways che conducono verso le riserve naturali, collocate principalmente lungo le valli dei fiumi. Gli americani ammirano le nostre Epping Forest, Burnham Beeches, Windsor Park ecc., e vogliono circondare le loro città con spazi simili, ma con l’aggiunta di un sistema continuo di connessioni. Il proposto prolungamento degli Champs Elysèes verso l’aperta campagna, nella foresta di Saint Germain, produrrebbe abbastanza facilmente su Parigi quello che si sta tentando a Chicago.

Trasporti

La terza parte di proposte riguarda il problema dei trasporti, sia di persone che di merci. Si sviluppa secondo tre direzioni: gestione e distribuzione dei carichi merci, concentrazione delle stazioni ferroviarie passeggeri, servizi di trasporto pubblico urbano.

Considerato nel suo insieme, questo aspetto della rigenerazione urbana di Chicago è così vasto che il piano non va oltre l’indicazione di alcuni obiettivi ideali, senza analizzare come conseguirli. Togliere la ferrovia dal Mall a Washington, e concentrare le linee su un’unica stazione di testa era una cosa semplice, se paragonata alla connessione e unificazione di 22 grandi linee principali. E pure, come indica il piano, la questione dei trasporti è la più vitale che la città debba affrontare: “La prosperità commerciale della comunità è rappresentata dal costo per tonnellata delle merci gestite in ingresso e uscita dal territorio”.

Il problema del traffico merci si riassume nella necessità di provvedere uno scalo centralizzato, o struttura di smistamento, da usarsi in comune da tutte le linee. Le merci sarebbero convogliate su questo scalo nel loro viaggio verso l’esterno, e anche per la distribuzione a Chicago. Localizzato a qualche distanza dal cuore della città, eviterebbe di trasportare derrate dentro e poi di nuovo fuori la parte più attiva della città, causando infiniti ritardi e congestione. Alleggerirebbe anche gli scali interni, ciascuno connesso alla propria linea ferroviaria, che in molti casi potrebbero essere rimossi o parecchio ridimensionati. La posizione di questo scalo è ipotizzata ad una certa distanza a sud del ramo meridionale canalizzato del Chicago River; visto che oggi il 95 per cento del movimento merci è per ferrovia, e solo il 5 per cento via acqua, la struttura sarebbe naturalmente pensata in primo luogo per i treni, ma nello stesso tempo connessa con gallerie elettrificate con il North e South Harbor, quest’ultimo da realizzarsi alla foce del fiume Calumet, sotto Jackson Park. Il porto a nord è già situato alla bocca del Chicago River. “I quattro componenti, segnatamente lo scalo merci, i due porti, e i sistemi di connessione, formeranno dunque un meccanismo completo per gestire quasi tutto il trasporto merci a Chicago, in ogni momento”.

Così localizzato lo scalo, e collegato coi sistemi di alimentazione esterni, resta da organizzare lo strumento di distribuzione per la città. Esso in gran parte già esiste, in forma di sistema di gallerie sotterranee, sotto il distretto centrale. È un sistema ora collegato alle varie stazioni merci, e direttamente con molti dei principali magazzini, attraverso montacarichi. Si propone, di sviluppare e completare questo sistema, che opererà in modo molto più efficiente se collegato a uno solo scalo centralizzato, in modo da formare una rete di distribuzione sotterranea a fornire i magazzini, i grandi negozi al dettaglio, e in questo modo liberare le strade delle zone terziarie dal traffico merci pesante. Si tratta dell’applicazione letterale del doppio sistema di strade auspicato da Leonardo Da Vinci. Alcuni degli scali merci cittadini potrebbero essere ancora utilizzati come centri di distribuzione per il commercio minore, non abbastanza importante per un collegamento tramite gallerie sotterranee.

Considerato che la realizzazione di uno scalo centralizzato, e il conseguente rimodellamento delle linee trasporto merci che entrano a Chicago, è un’impresa colossale, il piano suggerisce un’ipotesi alternativa, che potrebbe realizzarsi collegando più efficacemente gli ora separati e sparsi scali, attraverso una serie di nodi tangenziali o linee di cintura, tangenti un singolo grande nodo attorno al distretto centrale. I magazzini collocati lungo questi nodi potrebbero ricevere le merci direttamente senza usare il sistema di distribuzione. Nel caso di realizzazione dello scalo centralizzato, questi nodi potrebbero essere incorporati nel sistema distributivo. Il diagramma che illustra tutto questo indica anche una probabile crescita delle industrie a sud-ovest, in direzione del canale, lontano dal centro città, dove si collocherebbe eventualmente il grande scalo; ciò avrebbe l’importante effetto collaterale di risucchiare molte industrie dall’affollato centro città.

Le proposte per il traffico passeggeri sono piuttosto semplici, se paragonate al piano per le merci. La prima riguarda le stazioni ferroviarie. Queste ora si trovano, come nella maggior parte delle città europee, ovunque una compagnia ferroviaria abbia ritenuto conveniente costruire il suo terminale. La proposta è di sistemarle in due gruppi principali. Il primo consiste in una serie di stazioni di testa affacciate sulla Dodicesima Street, a servire le linee meridionali; l’altro si colloca parallelamente al ramo sud del Chicago River, e occupa l’interop spazio fra due vie parallele, Clinton Street e Canal Street. Si tratterebbe di linee di attraversamento, a livello o sotterranee, con una serie di stazioni o uffici prenotazione a livello strada, a dare accesso a linee diverse. Il risultato di questa riorganizzazione delle stazioni passeggeri sarebbe la rimozione di alcuni tratti e stazioni dall’area terziaria centrale, e la concentrazione sui due lati di questo nodo centrale, in modo che siano egualmente convenienti per la zona degli affari.

Infine, il piano per i passeggeri si completa con un collegamento metropolitano ideale con tutte le parti della città. Si ipotizza un sistema sia sopraelevato, che a livello, che sotterraneo. Il circuito sotterraneo è progettato in particolare per connettere le stazioni ferroviarie una con l’altra.

Strade urbane

Il progetto per le strade interne della città consiste principalmente nella correzione del fondamentale e insostenibile errore dello schema a griglia: l’assenza di diagonali. A Chicago ne esiste già qualcuna, come la Milwaukee Avenue – residuo della vecchia strada per Milwaukee – o la Blue Island Avenue. Esse devono essere ampiamente incrementate a forza di sventramenti attraverso il denso degli isolati, secondo il metodo di Haussmann. Le strade che definiscono la grande unità di espansione standard di 2,5 chilometri quadri, devono pure essere ampliate, alcune come viali, alcune come strade di traffico locale o cittadino.

Uno dei principali problemi di traffico che si incontra è la deviazione del flusso principale da nord a sud attraverso il centro città, come accade ora, causando congestione in zone già congestionate. Si spera che il grande viale di circonvallazione già citato possa aiutare in questo, in particolare visto che il fronte Lago piega a nord-ovest, spostando il centro settentrionale di popolazione molto ad ovest del cuore della città. Un ampio percorso circolare che eviti i territori congestionati dell’industria e degli affari attrarrebbe traffico da considerevoli distanze su entrambi i lati, traffico che seguirebbe questa linea fino a raggiungere una strada di accesso diretto alla porzione di città che è la sua destinazione finale.

Il Chicago River sarà trasformato come la Senna a Parigi, con moli a livelli inferiori per le merci, e accesso ai piani bassi dei magazzini sotto le strade.

Il Cuore di Chicago

Infine, collegata la città coi sobborghi circostanti, realizzati gli spazi aperti e i campi gioco adeguati, reso efficiente il sistema dei trasporti, allargate le strade interne e risolti i problemi di traffico, resta la cosa più importante di tutte: come mettere insieme le varie cose e fondere il tutto in un organismo unico, dotato dell’organo indispensabile, ovvero un cuore funzionante. Parigi, come sappiamo, possiede un cuore con la forma del Louvre, e un asse che da esso passa attraverso Place de la Concorde, ma che non ha rapporti con i principali edifici della città. Chicago propone di migliorare su questo punto. Ora è come una grossa forma di vita animale inferiore, consistente in una serie di cellule regolare, poste l’una di fianco all’altra senza alcun visibile inizio, o fine, o fuoco. Esiste, certo, un posto dove le grandi banche e gli uffici si sono raccolti insieme, chiamato il cuore finanziario, ma ciò non ha effetti radicali sull’insieme: alcune cellule hanno dato semplicemente vita ad una forma particolare. Ancora, esiste un centro teorico di popolazione a ovest, e un po’ a sud di qui.

La proposta, è di creare e aprire una linea centrale, principale, in asse alla città, che scorra ad angolo retto dal fronte lago, al centro dell’attuale porto, e parallela alle vie est-ovest. Questa nuova strada si colloca a metà fra la Dodicesima e Washington Avenue, due vie principali che definiscono il quadrato/unità di crescita più vicino al centro, e di conseguenza stabilisce relazioni centrali con altri percorsi principali est-ovest, come Chicago Avenue e la Ventiduesima, che proseguono formando i moli proiettati nel Lago.

Il grande asse est-ovest chiamato Congress Street, che copre trenta chilometri verso ovest dal fronte Lago, fino a raggiungere l’aperta campagna alla riserva di Salt Creek, rappresenta l’elemento chiave dell’intero piano; è la spina dorsale di Chicago, ora una massa invertebrata. Il collegamento con la base, rappresentata dalla Michigan Avenue, la strada che praticamente forma il fronte lago della città, definisce il centro da cui si traccia il grande viale semicircolare.

Su questa linea sono allineati e tre grandi centri d’attrazione della città, che culminano oltre il viale semicircolare nel nuovo parco centrale.

a) Il centro intellettuale, a Grant Park, affacciato sul porto monumentale. In questo parco sono collocati tre vasti edifici: il Field Natural History and Science Museum al centro, con la Galleria d’Arte e la Biblioteca su ciascun lato; vicino a quest’ultima e affacciata su Michigan Avenue, la Opera House.

b) Fra Michigan Avenue e il Chicago River c’è il centro finanziario. Qui appare una piccola piazza, con qualche tipo di giardino formale: preferiremo spazi completamente aperti, un normale terreno di incontro per uomini d’affari.

c) Attraversato il Chicago River e oltre il gruppo di stazioni di Canal Street, si raggiunge il centro civico, collocato all’incrocio fra Congress Street, Halsted Street (la più importante arteria nord-sud dopo Michigan Avenue), e Blue Island Avenue (una delle diagonali esistenti). Qui è definito un ampio spazio che contiene cinque edifici, di cui si suggerisce che quello centrale debba essere il Municipio, un gruppo gli uffici federali e statali, un altro quelli della Cook County.

Dal centro civico verso l’esterno Congress Street diventa un viale alberato, e si inoltra e confonde col nuovo Central Park, dove incrocia Grand Circuit Boulevard, e poi diventa una parkway fino a raggiungere l’aperta campagna.

Questi, gli elementi principali del gigantesco piano per Chicago. Ci sono innumerevoli punti di minore importanza, e idee che è impossibile riassumere qui, come i suggerimenti per realizzare strade di traffico, Michigan Avenue, la Dodicesima ecc., ad un livello più alto nei punti di intersezione con altre di gran traffico, mantenendole così nel loro carattere.

C’è anche un interessante capitolo sugli aspetti legali del piano, ma dato che è un problema di leggi americane, non abbiamo bisogno di indagare in questa direzione. Ci basta dire che si esamina, in questa parte, come sia più difficile con le leggi americane realizzare una trasformazione di questo tipo, di quanto non sarebbe in Inghilterra con la nuova legge – nonostante riteniamo che il capitolo sia stato scritto senza conoscere i limiti di quella legge.

Nota: dello stesso autore, sono disponibili online tradotti in italiano, su Eddyburg il testo del 1921 sulla divulgazione dell' urbanistica nelle scuole; sul mio sito personale l'introduzione al Greater London Plan del 1944 (fb)

«Con grandi sbalzi di anno in anno la ricchezza complessiva di Augusta si era accresciuta; ricchezza e fasto della città erano divenuti proverbiali in tutto il mondo. Ma contemporaneamente era anche cresciuto di un terzo il numero degli esenti dalle tasse e si era considerevolmente ingrossata la massa degli «uomini del popolo». Così luce ed ombra stavano l'una accanto all'altra e nessuno piú del Fugger avvertiva questo chiaroscuro. Perciò egli fece di tutto per mitigare durezze e alleviare danni.

Mappa del XX secolo, stralcio della Fuggerei

Il 26 febbraio 1514 Jacob Fugger acquistò per 900 fiorini d'oro quattro case con giardino. Il 10 marzo 1516 acquistò nella stessa zona tre altre case con giardino. Con il Consiglio del comune fu convenuto che qui dovessero: sorgere delle abitazioni, per le quali «non si dovesse pagare nessuna tassa sui fabbricati, fintantoché l'affitto per queste abitazioni ammontava ad un fiorino d'oro» Gli inquilini dovevano essere sottoposti alla giurisdizione del comune, ma l'amministrazione era di pertinenza solo dei Fugger.

“Nello stesso anno fu iniziata la costruzione del grande quartiere, che fu compiuta nel 1523, con 53 case ad un piano. Fu costruito in forma di quadrato, circondato da mura, a cui si accedeva per quattro porte. Nelle strade larghe e disposte simmetricamente si allineavano le une accanto alle altre le semplici e linde casette”.

In base all'istrumento di fondazione del 23 agosto 1521 “queste case

devono esser :date gratuitamente in lode e onore di Dio ai pii operai e artigiani, borghesi e abitanti della città di Augusta, che siano in bisogno e che più ne siano meritevoli. Ogni comunità di inquilini deve pagare annualmente per la manutenzione un fiorino renano come garanzia che ciascuno rimetta in ordine quello che ha rotto. Inoltre ciascun individuo, giovane o vecchio, come può, deve dire ogni giorno per i fondatori e i loro antenati e discendenti un Paternoster, un'Ave Maria e un Credo”.

Le immagini (queste e altre) sono inserite in questa cartella.

Ecco le loro fonti:

Le mappe, le piante degli alloggi e la vista dall’alto sono tratte dal fascicolo Die Fuggerei , Pröll-Druck u. Verlag, Augsburg, 1993

Le immagini degli interni sono riprodotte da cartoline postali.

Le altre immagini sono istantanee riprese da me e scandite.

I testi sono riduzioni o citazioni testuali da Will Winker, Fugger il ricco , Einaudi, 1943

L’iter del progetto di piano

L’incarico di redigere il progetto di nuovo Piano regolatore generale (Prg) del Comune di Duino Aurisina Obcina Devin Nabrezina è stato affidato a Edoardo Salzano il 29 dicembre 1995, sulla base della deliberazione della Giunta comunale n° 685 del 5 ottobre del medesimo anno. L’Amministrazione comunale aveva provveduto, in data 26 giugno 1995, ad approvare le direttive per la redazione del Prg ai sensi della legge regionale 52/1991, articolo 31.

Sulla base delle direttive dell’Amministrazione il progettista riteneva opportuno proporre all’Amministrazione (nelle more dell’affidamento e dello svolgimento degli incarichi relativi alle analisi di base) un insieme di proposte sull’impostazione del lavoro e su alcune prime scelte di carattere generale per l’assetto del sistema insediativo duinese: proposte e scelte che derivavano da un primo esame, e da una conseguente riflessione, sulla realtà territoriale di Duino Aurisina Devin Nabrezina. Esse hanno costituito la base degli approfondimenti e delle integrazioni apportate con le specifiche analisi svolte, su incarico dell’Amministrazione, da qualificati esperti di settore.

Basato su un’analisi speditiva della situazione di fatto nelle sue più rilevanti connotazioni e nelle sue matrici storiche il documento preliminare esponeva i più rilevanti problemi dell’area e le possibili prospettive di soluzione, così come emergevaono dai colloqui con gli esponenti dell’Amministrazione, oltre che da un esame diretto della situazione e dei documenti normativi che la governano.

Il documento proseguiva poi con l’illustrazione delle scelte di metodo e delle scelte di merito che si proponevano per la redazione del nuovo Prg, e con l’illustrazione del programma di lavoro proposto all’Amministrazione, nonché con l’indicazione del contenute delle specifiche analisi di settore da commissionare.

Sulla base del documento preliminare l’Amministrazione comunale, d’intesa con il progettista incaricato, definiva un elenco delle analisi preliminari da svolgere in ottemperanza alle norme vigenti e individuava gli esperti cui affidarle nonché i relativi contenuti. Le delibere d’incarico e le relative convenzioni venivano approvate tra l’ottobre del 1995 e il febbraio del 1997. Nonostante le difficoltà incontrate nella definizione amministrativa degli incarichi, il lavoro procedeva ugualmente e il progetto veniva via via definito (con frequenti incontri presso la casa comunale) nel corso stesso dell’elaborazione delle analisi.

Nel frattempo l’Amministrazione comunale approvava una deliberazione con la quale, in attesa della formazione del Prg e per evitare ulteriori compromissioni del territorio, si decideva di non dare attuazione ad alcune delle scelte del Prg vigente più palesemente contrastanti con le direttive definite.



Lo svolgimento del lavoro

A causa dei differenti tempi di affidamento degli incarichi delle analisi preliminari il lavoro non ha potuto avere un andamento lineare. Il programma di lavoro temporalizzato che era stato predisposto e inserito nel documento preliminare non ha potuto essere rispettato nei suoi tempi intermedi. Ciò non ostante i tempi finali di consegna sono stati rispettati: il progettista con i suoi collaboratori ha iniziato a discutere le bozze del progetto di Prg con gli amministratori a partire dalla primavera del 1997. Nel frattempo i risultati delle analisi venivano presentati all’amministrazione e alle forze sociali e alle associazioni mano mano che giungevano a conclusione, si’ da integrare le analisi condotte secondo metodi sciantifici con il portato dell’esperienza e della realtà vissuta.

Il progetto di Prg veniva consegnato all’Amministrazione il 19 luglio 1997.



Il contenuto della presente relazione

Il presente documento ‘è sostanzialmente costituito da tre parti. La prima parte, che comprende i primi due capitoli, contiene una illustrazione sintetica e, per così dire, a volo d’uccello della problematica territoriale e urbanistica del territorio comunale e della connessa situazione normativa, e la proposizione delle scelte di metodo (quale piano) e di merito (quali problemi affrontare e come risolverli) assunte per la redazione del progetto di piano. Essa costituisce un aggiornamento dei capitoli iniziali del Documento preliminare.

La seconda parte (capitolo 3) rinvia alle relazioni d’analisi fornendo molto sinteticamente il loro contenuto, essendo esse già note all’Amministrazione comunale. In una successiva stesura del presente documento, da completare contestualmente alla redazione delle controdeduzioni alle osservazioni, si provvederà ad ampliare le sintesi in modo da consentire alle amministrazioni sovraordinate (e a ogni lettore del Piano regolatore comunale) di aver condensato in un unico fascicolo tutte le informazioni necessarie alla comprensione del piano e alle ragioni delle scelte formulate.

L’ultima parte della relazione (capitolo 3) contiene l’esplicitazione delle scelte del progetto di piano, espresse prima in termini generali e sistematici, poi in termini analitici. Essa verrà completata con un ulteriore capitolo nel quale si darà conto delle osservazioni presentate, delle controdeduzioni suggerite alla Amministrazione e delle eventuali modifiche in tal modo introdotte nel piano adottato.

Gli elaborati ufficiali del PRGC sono qui

Il sistema ambientale.

Carso, altopiano e costa

L’appartenenza alla regione carsica è l’elemento che caratterizza il territorio comunale di Duino Aurisina. Possiamo suddividere idealmente il comune in due porzioni, una costituita da un altopiano situato a quota oscillante fra i 100 e i 200 metri, racchiuso da lievi alture, e una direttamente affacciata sul mare, connotata dalla forte pendenza dei terreni

Lungo la costa possiamo distinguere alcuni sottosistemi fortemente caratterizzati: le bocche del Timavo e la baia di Sistiana. Per ragioni diverse essi costituiscono vere e proprie rarità nel panorama naturalistico e paesaggistico del bacino dell’alto Adriatico italiano. La rimanente porzione della costa vede dapprima la presenza di una falesia, tra Duino e Sistiana, e poi di terreni in forte pendenza, con presenza di vigneti terrazzati, i cosiddetti “passini”.

L’altopiano è invece suddiviso in due porzioni, una prevalentemente urbanizzata ed una prevalentemente agricola.

Alle spalle dell’orlo che separa l’altopiano dalla costa sono situati gli insediamenti principali del comune, lungo una fascia racchiusa da infrastrutture stradali e ferroviarie che si pone come una barriera fra la parte costiera e l’entroterra carsico. Le due parti costituivano, storicamente, un unico sistema insediativo e ambientale. I nuclei costieri avevano la funzione di “sbocco a mare” per tutto l’entroterra collinare, e per questo erano collegati ai borghi interni da una serie di percorsi ortogonali alla linea di costa, percorribile più per via acquea che per via terrestre. La creazione delle strade di collegamento fra Trieste e Monfalcone, della ferrovia e poi dell’autostrada, e la espansione dei centri urbani hanno interrotto questa continuità.

Le caratteristiche ambientali di questa parte di altopiano risultano profondamente alterate per la presenza di centri urbani, aree estrattive, e numerose infrastrutture a carattere lineare. Nella parte più interna si è invece conservato l’assetto storicamente consolidatosi nel secolo scorso, caratterizzato dalla presenza di piccoli nuclei inseriti nel paesaggio carsico, circondati da limitate porzioni di terreno coltivato. Anche il paesaggio di questa porzione del Carso, caratterizzato dalla alternanza di landa e bosco, e dalla assenza di insediamenti ed edifici sparsi, si è profondamente modificato in questo ultimo secolo a causa dei numerosi rimboschimenti e del progressivo incespugliamento della landa.

Elementi caratterizzanti l'identità culturale

Gli elementi sommariamente descritti possono essere ritenuti come le componenti fondamentali del paesaggio duinese, e come tali meritevoli di una disciplina d’uso che tenda a conservarne, in modo unitario per ciascuno dei sistemi descritti, i caratteri fondamentali.

Ad essi si aggiungono numerose testimonianze derivanti dalla storica presenza di insediamenti. Si può affermare che il territorio comunale è assai ricco, per qualità, quantità e varietà degli elementi. Si possono infatti rinvenire: castellieri, ruderi del periodo romano, insediamenti di matrice medievale, monumenti e luoghi legati agli eventi bellici dell’ultimo secolo, tracce della presenza di un turismo ormai secolare, fino ad alcuni episodi interessanti di infrastrutture come i viadotti ferroviari.

La pressoché totalità di queste testimonianze è fortemente legata al contesto ambientale e paesaggistico della zona e presenta un pessimo stato di conservazione, tant’è che molte delle località elencate non sono nemmeno raggiungibili con facilità .

Le caratteristiche naturali del territorio.

La varietà e la qualità del paesaggio del comune di Duino sono in grande misura dovuti al millenario lavoro della natura. Il Carso, come è noto, presenta numerose peculiarità per ciò che attiene sia alla sfera abiotica (geomorfologia e idrologia) sia a quella biotica (vegetazione e fauna).

Le caratteristiche fisiche del territorio devono perciò essere valutate, oltre che per l‘importanza scientifica e per la valenza estetica, anche in base alla loro vulnerabilità ai disturbi causati dallo svolgimento delle attività umane e alla propensione al dissesto, che potrebbe costituire una fonte di rischio nei confronti della presenza di insediamenti.

Gli elementi tipici del carso, quali grotte e doline, devono essere perciò indagati quali componenti di un delicato sistema di circolazione ipogea delle acque.

L’elevato livello di permeabilità dei suoli deve indurre particolari cautele per evitare la percolazione di inquinanti nel sottosuolo, e di conseguenza la loro rapida diffusione, facilitata dalle peculiari caratteristiche idro-geo-morfologiche. Cosicchè la presenza o l’attivazione di attività che altrove potrebbero essere tranquillamente previste, diventano fattori di rischio e perciò bisognose di particolare regolamentazione e, talvolta, anche di divieti.

Infine deve essere evidenziata la grande dinamicità della vegetazione, dovuta al progressivo incespugliamento delle lande, avvenuto in seguito alla contrazione dell’attività di sfalcio, e a consistenti azioni di rimboschimento a pino nero. L’effetto combinato di questi due processi ha generato una radicale trasformazione del Carso duinese che all’inizio del secolo si presentava come un territorio brullo e sostanzialmente privo di vegetazione e che oggi, al contrario, vive uno stadio di grande sviluppo delle aree boscate e cespugliate; esse occupano infatti la maggior parte della superficie del comune.



Il sistema insediativo

La distribuzione di insediamenti e infrastrutture

Come si è detto gli insediamenti sono concentrati in una fascia racchiusa da infrastrutture, collocata alle spalle dell’orlo dell’altipiano.

Duino, Sistiana, Aurisina, e le aree produttive poste tra i vari centri, costituiscono ormai un unico insediamento, sia pure con numerose soluzioni di continuità. I caratteri sono quelli tipici degli insediamenti lineari: notevole estensione in lunghezza, presenza di una arteria che funge da elemento ordinatore, piccole aree residenziali cresciute per addizione di lotti. Ad esse si aggiungono come elementi specifici: la grande concentrazione di infrastrutture (autostrada con più svincoli, due rami ferroviari con tre fermate e uno scalo merci, due strade di collegamento fra Trieste e Monfalcone) e la presenza storica di numerose cave di pietra, inglobate nell’insediamento urbano.

Villaggio del Pescatore e Villaggio S.Mauro sono invece due nuclei caratterizzati da un impianto urbanistico e da caratteri edilizi unitari, meritevoli di una certa attenzione, nonostante il cattivo stato di conservazione e la mediocre qualità tecnologica degli edifici.

I borghi carsici sono piccoli nuclei ormai esclusivamente residenziali. E’ in atto nel comune un fenomeno di concentrazione delle attività produttive e servizi nel nucleo centrale, consentito dalla relativa vicinanza e quindi dalla facilità di collegamento automobilistico con i borghi.

L’intero comune subisce poi l’attrazione dei centri principali: Trieste e, in misura minore, Monfalcone. Un numero di persone sempre più rilevante lavora e passa il proprio tempo libero fuori dal territorio comunale. Questo fenomeno è consolidato anche dalla evoluzione del mercato delle abitazioni; la realizzazione di nuove abitazioni e la trasformazione di seconde case in alloggi permanenti andrebbero infatti a soddisfare la domanda generata da famiglie triestine che, per ragioni di saturazione del mercato locale o per la maggiore qualità dell’ambiente, preferiscono insediarsi a Duino, pur conservando i luoghi di lavoro e svago nel capoluogo.

L’esito tendenziale di questa dinamica presenta alcuni caratteri negativi: innanzitutto l’impoverimento delle funzioni e, in secondo luogo, l’abbassamento della qualità del paesaggio. Già in numerose parti del comune, specialmente lungo gli assi stradali principali, la presenza di fabbricati tipici delle aree periferiche tende ad occultare e a degradare l’immagine urbana e il paesaggio naturale che costituiscono l’elemento specifico e la maggiore risorsa del comune, specialmente per il settore turistico.

Per ciò che attiene le attività produttive va segnalata la presenza di attività industriali, limitate come numero complessivo, ma di grande rilevanza produttiva. In particolare ci si riferisce alla cartiera del TImavo, posta all’estremità del comune in adiacenza con l’area portuale e industriale di Monfalcone, e alle cave ancora in funzione, nella fascia più urbanizzata del comune.

Lungo la linea costiera sono presenti numerose strutture per il turismo (porti, approdi, hotel, parcheggi, attrezzature di servizio) caratterizzate però dalla insufficiente qualità e dal cattivo stato di manutenzione (numerose aree sono abbandonate).

La situazione descritta pone in evidenza la contraddizione esistente fra la ricca dotazione di risorse presenti sul territorio comunale e il basso livello di qualità e d’efficienza sia dei singoli elementi che del sistema che essi costituiscono. In particolare. molti degli elementi descritti, come ricordato, presentano un cattivo stato di conservazione o non sono utilizzati al massimo delle loro possibilità. Inoltre i problemi che inevitabilmente si creano intervenendo su un territorio fragile e ricco di qualità paesaggistiche non hanno trovato una risposta adeguata.

Alcune indicazioni quantitative.

La descrizione effettuata al paragrafo precedente trova una conferma nei dati rilevati dall’Istat in occasione dei censimenti generali della popolazione, delle attività produttive e dell’agricoltura. Nelle tabelle cher seguono sono riportati alcuni dati salienti.

I dati riportati nelle tabelle sono tratti dalle pubblicazioni ufficiali dell’Istat; si tenga presente che le sezioni di rilevamento possono essere variate in occasione di ciascuno dei censimenti. Cosicché, in assenza di verifiche puntuali, l’unico dato perfettamente confrontabile è quello riferito all’intero territorio comunale, la cui superficie non ha subito modifiche negli ultimi trenta anni.

A proposito della tabella 2 si ricorda che ogni impresa può essere suddivisa in più unità locali. Gli addetti corrispondono, in buona sostanza, ai posti di lavoro disponibili. Diversamente, nella tabella seguente, sono indicate le attività dei residenti nel comune di Duino. Volendo semplificare molto le due tabelle rappresentano l’offerta e la domanda di lavoro.

Per ciò che riguarda il settore agricolo i dati del più recente censimento Istat rilevano la presenza di attività quasi esclusivamente a conduzione familiare (111 aziende su 113) e testimoniano la prevalenza del prato-pascolo (566 ha) e del bosco (327 ha) sul totale della superficie delle aziende (1126 ha).

Infine, nelle tabelle 4, 5 e 6 Infine si forniscono alcuni dati sul patrimonio abitativo.

Tabella 1 - Dinamica della popolazione.


1991 1981 1971
unità. perc. unità. perc. unità. perc.
AURISINA 2.158 2.098 1.963
DUINO 1.195 1.172 792
SISTIANA - VISOGLIANO 2.966 2.794 2.625
tot. centri principali 6.319 74% 6.064 73% 5.380 71%
Ceroglie 147 112 141
Malchina 207 226 240
Medeazza 97 101 104
Precenico Inferiore 59 111 54
Precenico Superiore 48 non ril. 37
Prepotto 147 158 135
S.Croce 250 113 107
S.Giovanni 154 187 164
S.Pelagio 227 234 229
Slivia 145 122 130
Ternova 53 44 41
Villaggio del Pescatore 374 424 492
tot. nuclei principali 1.908 22% 1.832 22% 1.874 25%
case sparse 26 0% 348 4% 274 4%

DUINO-AURISINA8.5018.2557.542

Tabella 2 - Attività produttive


n. n.unità locali addetti
imprese 369 441 2.257
di cui artigiane 102 112 262
istituzioni 11 41 392

totale 369 482 2.649

Tabella 3 - Popolazione residente attiva, per ramo di attività.

ramo di attività Agricoltura 50 Intermediazione monetaria e finanziaria 131 Pesca, piscicoltura 37 Affari immobiliari, informatica, ricerca ... 219 Att. estrattive 32 Pubblica amministrazione e difesa 395 Att. manifatturiere 592 Istruzione 291 Prod. e distrib. di energia 21 Sanità 207 Costruzioni 165 Altri servizi pubblici 145 Commercio 589 Servizi domestici presso famiglie 12 Alberghi e ristoranti 263 Org. extraterritoriali 1 Trasporti 399 totale 3.549

Tabella 4 - Abitazioni per titolo di godimento.

n % superficie proprietà affitto abitazioni 3.272 100 311.659 ab. occupate 2.627 80% non rilevato 2.627 484

Tabella 5 - Abitazioni per epoca di costruzione


prima del 1919 1919-1945 1946-1960 1961-1971 1972-1981 1982-1991 dopo il 1991 totale

511 159 553 935 690 426 non ril. 3.272

Tabella 6 - Abitazioni non occupate: dati essenziali


totale abitaz. non occupate utilizzate x vacanza non utlizzate disponibili x vendita e/o affitto non provviste di servizi tecnologici di proprietà di imprese o enti

342 131 148 60 47 35



Il Prg vigente

Il dimensionamento e l'assetto territoriale previsto

La variante generale al piano regolatore, adottata dal Consiglio comunale il 1 febbraio 19851 e approvata dalla Giunta regionale il 18 giugno 1986, ha fortemente ridimensionato la capacità insediativa dei piani precedenti, che avevano previsto carichi molto elevati. La capacità insediativa totale è stata indicata in 13.000 abitanti potenziali. Il raffronto con i dati reali e con le dinamiche della popolazione negli ultimi venti anni mostra come anche quest’ultimo dato sia sostanzialmente sovradimensionato; si ricorda al proposito che la popolazione attuale è di 8.500 abitanti, e che nel ventennio la popolazione è aumentata di 200 persone, corrispondenti a 100 unità annue.

Nella relazione al PRG vengono messi anche in evidenza alcuni problemi, riscontrati sia nelle aree residenziali che in quelle produttive. La risposta che il piano regolatore fornisce è incentrata sulla individuazione di aree di nuova edificazione e sulla indicazione di parametri urbanistici (indici fondiari e territoriali). La stessa strategia orienta anche le scelte relative alla fascia costiera, in relazione alle potenzialità di sviluppo turistico.

Gli esiti e i limiti di questa impostazione possono essere sinteticamente indicati come segue.

Da un lato la struttura del piano appare lacunosa per ciò che riguarda l’individuazione degli elementi di fragilità del territorio e degli elementi di qualità paesaggistica, presenti e potenziali. Ne consegue che il sistema delle tutele non è adeguato alla valenza ambientale del territorio.

Dall’altro lato la sola offerta di aree di nuova urbanizzazione per la residenza, le attività produttive e il turismo, anche se sovradimensionata, non ha costituito un motore sufficiente per attivare le trasformazioni auspicate dal piano. Questo fatto è evidenziato dalla mancata attuazione della pressoché totalità delle aree di espansione.

L’effetto cumulato è stato la progressiva erosione della qualità paesaggistica del comune attraverso la sommatoria di micro interventi (ampliamenti, nuove costruzioni, piccole e piccolissime lottizzazioni, progetti di opere pubbliche) senza che vi fosse un quadro sufficientemente chiaro e coerente a garantirne la compatibilità complessiva.

Ovviamente, per ciò che riguarda le aree di espansione, il decennio trascorso in attesa della realizzazione delle trasformazioni previste ha comportato il loro mancato utilizzo e la insufficiente manutenzione. Questo ultimo aspetto può essere considerato marginale per ciò che attiene alle aree di espansione dei centri abitati e delle aree produttive, ma è sicuramente rilevante per la fascia costiera, il cui degrado può essere imputato, tra l’altro, anche all’incertezza sui possibili esiti delle indicazioni del piano..

Infine occorre accennare ai rapporti tra il Prg e il parco del Carso. A fronte degli esiti del dibattito con le popolazioni locali, è stata operata la scelta di non recepire, nello strumento urbanistico, la indicazione di parco regionale operata dalla regione nel Piano urbanistico regionale generale (Purg). Inoltre, per ciò che attiene le zone di tutela, la scelta è stata quella di “ridurre gli ambiti al minimo indispensabile”. E’ evidente che questo è stato l’esito della contraddizione percepita dalla popolazione fra le esigenze della tutela e lo svolgimento delle attività quotidiane, risoltosi apparentemente a favore di queste ultime. In realtà la tutela dell’ambiente, intesa come valorizzazione delle qualità ambientali del comune, non è (anzi non deve essere) fonte di conflitto, ma, al contrario, una preziosa risorsa economica da mettere in campo.

Aspetti normativi

Le disposizioni relative alle "zone residenziali", nell'ammettere, giustamente, plurime utilizzazioni, oltre a quella abitativa, così da promuovere la complessità funzionale degli ambiti urbani considerati, non si sforzano però in alcun modo di stabilire limiti all'espandersi di una o più utilizzazioni a detrimento delle altre, talché la finalità di un'equilibrata compresenza di funzioni rischia di essere, nei fatti, vanificata.

Per quanto riguarda le zone A (centri storici), l'assenza di una dettagliata analisi della loro morfologia, e delle caratteristiche tipologiche e formali delle unità edilizie che le compongono, porta ad ammettere, indiscriminatamente, in base a mero provvedimento abilitativo in diretta attuazione del piano regolatore generale, l'attuazione di trasformazioni di manutenzione straordinaria e di restauro, la cui astratta definizione non consente minimamente di garantire interventi realmente coerenti con i valori da tutelare. Mentre le trasformazioni di ristrutturazione edilizia, e perfino di nuova edificazione, sono altrettanto indiscriminatamente ammesse, solo che vengano formati "piani di recupero", anche relativi ad una "singola unità immobiliare"! La disposizione è quasi paradossale, ma il giudizio su di essa non muterebbe se si fosse fatto (come forse si voleva) riferimento alla singola unità edilizia, od al singolo lotto inedificato. Anche in tale secondo caso, infatti, mancherebbe ogni quadro di riferimento predefinito in base al quale il decisore sui "piani di recupero", cioè il consiglio comunale, potrebbe valutare l'ammissibilità della ristrutturazione di unità edilizie esistenti (non essendone state analizzate ed individuate le caratteristiche, ed i gradi di "invarianza"), ovvero dell'edificazione di una nuova unità edilizia (non essendo stata complessivamente verificata la sua compatibilità con la tutela degli assetti morfologici complessivi dell'insediamento interessato). In compenso, si dettano anche minuziose disposizioni su aspetti ed elementi costruttivi, in buona parte più tipici di un regolamento edilizio che della normativa di uno strumento urbanistico generale. Ma questa è una caratteristica ricorrente, in diversi punti, delle norme in esame.

Per le zone B (di completamento), ci si limita a stabilire i tradizionali indici e parametri fondiari, in assenza di ogni considerazione per le peculiarità degli assetti morfologici degli ambiti urbani considerati.

Analogamente si procede per le zone C (di espansione), stabilendo indifferenziati indici e parametri, stavolta, ovviamente, territoriali. Relativamente a tali zone, come pure relativamente alle zone D (produttive), va segnalato in particolare il fatto che l'assoluta discrezionalità lasciata i proprietari dei suoli e promotori delle trasformazioni in ordine alla perimetrazione, entro le zone suddette, degli ambiti da assoggettare unitariamente ai prescritti piani attuativi, pone ineluttabilmente le premesse sia per pessimi esiti sotto il profilo del disegno complessivo delle nuove addizioni urbane, sia per l'ottenimento di dotazioni di spazi pubblici e/o per l'uso collettivo incongrue per dimensioni e configurazione, sia ancora per la riproduzione del fenomeno dei cosiddetti "lotti interclusi".

Quanto alle zone E (agricole), si può apprezzare la previsione di assoluta inedificabilità delle sottozone E2 (boschive), ma non si può non rilevare l'assenza di ogni previsione di minima estensione dei fondi rustici, per consentirvi l'edificazione, nelle sottozone E4 (di interesse agricolo paesaggistico!) e la previsione, per le zone E5 (di preminente interesse agricolo) di una estensione minima dei fondi rustici pari ad un ettaro, cioè ad una superficie coltivabile che configurerebbe a stento un'azienda agricola vitale soltanto ove fosse, e potesse essere, coltivata ad orto per la produzione di primizie! In altri termini, si tratta di previsioni del tutto irragionevoli sotto il profilo dell'economia agricola, ed al contempo suscettibili di produrre un fittissimo "svillettamento" della più gran parte del territorio extraurbano.

Le zone G (produttive turistiche) sostanzialmente compendono l’intera fascia costiera, da Duino all’approdo di Canovella degli Zoppoli è destinata, salvo rarissime eccezioni, a “zona produttiva turistica”, con indici fondiari che variano fra i 300 e i 500 mc/ha. Da Canovella al confine comunale di Trieste è prevista la destinazione a verde attrezzato, in cui possono essere realizzate attrezzature per lo sport, il tempo libero e la balneazione. La consistenza volumetrica di tali previsioni è piuttosto elevata e, soprattutto, lo scenario che emerge è quello della possibilità di una radicale trasformazione dell’intera fascia costiera.

Quanto alle "zone di interesse collettivo" v'è solo da rilevare la confusione che crea la loro natura ambigua, di "zone" individuate essenzialmente in vista dell'attribuzione ad esse di una specifica e vincolante destinazione d'uso pubblicistica ed al tempo stesso omologate a tutte le altre zone, individuate invece essenzialmente in vista della definizione di differenziate discipline delle trasformazioni fisiche ammissibili: ma si tratta di una confusione comune alla quasi totalità dell'attività pianificatoria sinora condotta.



Problemi e prospettive

nel breve periodo

Il ruolo dei settori economici

Il turismo e l’agricoltura, specie nelle loro connessioni e inserite entrambe in un generale processo di riqualificazione, tutela e valorizzazione dell’ambiente appaiono immediatamente (insieme all’attività estrattiva) i più promettenti e interessanti settori suscettibili di sviluppo economico.

L’Amministrazione ipotizza per Duino uno sviluppo turistico orientato alla domanda locale e potenziato nell’offerta di strutture, al momento carenti e dequalificate. Lo sviluppo dovrà essere ottenuto attraverso una serie di iniziative graduali, al posto di grandi progetti di trasformazione troppo ambiziosi. Si sottolineano alcuni elementi di limitazione derivanti da ipotesi ed iniziative contraddittorie di rilievo sovracomunale localizzate nel golfo di Trieste: iniziative industriali di forte impatto ambientale tali da configurare il golfo come un vero “polo energetico” di livello nazionale convivono con iniziative di valorizzazione turistica. In questo modo lo sviluppo del turismo risulta penalizzato dalla coesistenza con gli impianti industriali e indebolito, in un prossimo futuro, rispetto alla forte concorrenza dei centri turistici istriani. Fra i possibili promotori si individua il Collegio del Mondo Unito, il cui progetto di sviluppo delle attrezzature potrebbe costituire un

Per il settore agricolo (che è stato oggetto d’una specifica analisi di settore,) emerge la necessità di sviluppare un rapporto virtuoso con il Parco del Carso, di cui sono allo studio alcune linee guida. Anche attraverso il Parco e uno snellimento delle procedure si vorrebbe assegnare al mondo agricolo la manutenzione del paesaggio carsico, la cui evoluzione tendenziale è verso forme di abbandono e di degrado. Si ritiene comunque necessario prescrivere, o consentire e promuovere, l’estensione delle aree a coltura, soprattutto per quanto riguarda la viticultura.

L’assetto della parte urbanizzata del comune

L’insediamento centrale

La complessità dell’insediamento centrale costituito dai nuclei di Duino, Sistiana e Aurisina deve essere letta più come una patologia che non come un elemento di ricchezza. Essa infatti deriva dalla giustapposizione di elementi diversi (aree residenziali, specialistiche e verdi) non bene integrati fra loro. Tra le principali carenze rilevate se ne possono citare alcune.

Innanzitutto la carenza di qualità urbana del percorso centrale di collegamento fra i nuclei. L’impressione che si ricava percorrendolo non è infatti quella di attraversare un luogo denso di storia e ricco di qualità pesaggistica, ma piuttosto una ordinaria area periferica. Sarebbero opportune quantomeno la valorizzazione degli affacci sul mare e la riqualificazione degli spazi pubblici nei punti di attraversamento dei centri.

La presenza di numerose infrastrutture costituisce un elemento di barriera fra la parte interna e quella costiera del comune; la previsione di punti di collegamento potrebbe costituire un elemento ordinatore per riorganizzare l’assetto dell’area centrale.

La vicinanza con l’orlo del terrazzo ha portato alla progressiva edificazione di edifici prospicienti la costa. La rilevanza di ciascuno di essi non è grande ma il progressivo deterioramento del paesaggio potrebbe costituire un problema qualora fossero previste generiche possibilità di ampliamento e ristrutturazione per tutte le aree di completamento.

Il Villaggio del Pescatore.

I problemi riguardano la coesistenza di attività diverse (residenza e turismo da diporto) non integrate fra loro e perciò fonti di conflitto (produzione di rifiuti e di disturbo da parte dei diportisti a fronte di una ricaduta economica pressoché nulla). Si ipotizza un secondo collegamento con la strada statale. Sono presenti alcune proposte immobiliari da valutare. E’ in fase di conclusione la redazione del Prg del Porto che ipotizza una zonizzazione che separi le attività produttive, residenziali e diportistiche, ma che necessita di un adeguato sostegno da parte del Prg comunale, per la localizzazione di infrastrutture, in particolare viabilistiche, non collocabili entro il perimetro portuale.

Le risorgive del Timavo

L’area delle risorgive del Timavo costituisce, assieme a Duino e Sistiana, uno dei fulcri dell’offerta ambientale del comune. Singolarità naturali, testimonianze del passato lontano (l’acquedotto Randaccio, la basilica paloecristiana di S. Giovanni, l’area archeologica soprastante il Villaggio del pescatore, la grotta del dio Mithra) e di quello più recente (monumenti e luoghi teatro di eventi bellici) convivono però in modo conflittuale con le infrastrutture e gli edifici recenti. Allo stato attuale ciascuno di essi appare assai degradato ed è inesistente una qualsiasi possibilità di fruizione complessiva.

Appare perciò necessario ripensare in modo complessivo alla sistemazione dell’intera area circostante il nucleo di S.Giovanni, cercando di mascherare l’impatto visivo provocato dalla contiguità con l’area industriale della cartiera del Timavo e del Lisert, e prevedendo un assetto complessivo idoneo per l’insieme delle aree circostanti il nucleo di S.Giovanni.

Duino

La presenza del castello dei Turn und Taxis e del Collegio del Mondo Unito rappresentano per l’intero comune e per il centro di Duino elementi di straordinaria qualità. Il castello, collegato al sistema delle aree verdi della Cernizza ad nord-ovest e della pineta a sud-est, può diventare un nodo della rete di fruizione ambientale del comune. Il Collegio del Mondo Unito può essere promotore e attrattore al tempo stesso di una forma particolare di turismo, quello giovanile e culturale, che può costituire una occasione di ampliamento dell’offerta turistica verso settori diversi dalla consueta balneazione estiva.

Il castello e il collegio rappresentano elementi significativi per l’intero comune. Scendendo di scala ed osservando da vicino il centro urbano di Duino, si individua un problema nella esistenza di progetti di attuazione della zona di espansione prevista dal vigente Prg incapaci di confereire allo sviluppo del centro la qualità necessaria; essi si scontrano perciò con lla volontà, da parte del Comune, di non procedere a nuove realizzazioni senza averne verificato la compatibilità con le future scelte operate dal Prg in formazione.

Il territorio non urbanizzato

Il Carso e il parco.

Come è stato accennato nel primo capitolo storicamente Duino ha costituito l’affaccio sul mare di un territorio assai più ampio di quello ricompreso entro i confini comunali attuali e fortemente integrato dal punto di vista culturale, sociale ed economico. Le vicende storiche, in particolare la presenza del confine Italo-Sloveno, e l’evoluzione del sistema infrastrutturale hanno interrotto la continuità dei percorsi e indebolito le relazioni fra la costa e l’entroterra. I problemi attuali e le ipotesi di soluzione devono perciò essere letti in prospettiva di una eventuale ricomposizione dell’integrazione precedente che verrà sicuramente favorita, in tempi non lontani, dall’entrata della Slovenia nella Unione europea.

Anche la problematica presenza del parco del Carso, istituito nel 1971 dalla cosiddetta legge Belci, previsto nel Purg e mai entrato in funzione, deve essere analizzata in questa ottica.

La tendenza attuale, confermata dalle intenzioni della regione in materia di riserve naturali e dalle difficoltà in cui versa il costiuendo Parco regionale, vede la perimetrazione di aree sempre più ristrette e marginali allo scopo presunto di salvaguardarne la naturalità. La separazione fra Carso italiano e sloveno, così come quella fra aree agricole e aree naturali, ha generato però la progressiva marginalizzazione del’intero territorio, poiché, separatamente, nessuna delle attività presenti, produttive o protettive, ha saputo trovare un motore sufficiente per il proprio sviluppo.

Viceversa è proprio incentivando uno sviluppo organico dell’intero territorio extraurbano, attraverso la valorizzazione dell’attività agricola e l’integrazione economica con la parte slovena del Carso, che si può consentire la permanenza della popolazione insediata e la costante manutenzione del territorio.

Il Valico di S.Pelagio

Il sistema dei percorsi di colegamento fra la costa e l’entroterra era storicamente assai sviluppato. Attraverso Medeazza, Ceroglie, Malchina, San Pelagio e Gabroviza i percorsi storici confluivano verso la baia di Sistiana. Attualmente essi sono interrotti, con la sola eccezione del valico di S.Pelagio.

Nell’ipotizzare un rafforzamento del collegamento con la Slovenia che consentirebbe un canale preferenziale di accesso per i potenziali turisti transnazionali, per il commercio locale e per le altre funzioni di tipo urbano, vanno perciò considerati i problemi di sistemazione della viabilità locale.

I borghi carsici

Anche i borghi carsici risentono della progressiva marginalizzazione socio-economica del territorio carsico. Allo stato attuale non si ritiene sostenibile economicamente la presenza di servizi ed attività commerciali che non siano legate alla commercializzazione dei prodotti agricoli locali o alla fruizione turistica. Il turismo, possedendo oggi un carattere di forte pendolarità, produce peraltro limitate ricadute economiche.

La riqualificazione fisica dei borghi può avvenire solamente attraverso il consolidamento e il recupero dell’identità dei singoli borghi. Si evidenzia perciò la preferenza per piccoli progetti riguardanti gli spazi pubblici (alcuni dei quali progettabili e realizzabili contestualmente al Prg in formazione), e gli edifici pubblici in via di dismissione, come le vecchie scuole o le case del popolo, inquadrati in una rete di percorsi integrata con i collegamenti verso il Carso interno e con i percorsi di fruizione delle risorse naturali presenti nell’intero territorio comunale.

Le prospettive di valorizzazione del turismo e dell’agricoltura, sia pure nei limiti imposti dalla conservazione del paesaggio naturale, possono infine costituire lo stimolo per l’insediamento di attività diversificate all’interno di ciascun borgo, contrastando il carattere di monofunzionalità residenziale e contribuendo a restituire a ciascun borgo una maggiore vitalità economica e il mantenimento di una precisa identità.

Baia di Sistiana

I problemi sono connessi alle ipotesi di intervento nella baia, previste dal prg vigente e non più realizzabili a causa del fallimento della società promotrice. Per l’entità delle possibilità di trasformazione, per l’eccezionale qualità paesaggistica del sito e per la lunga vicenda che ha visto la mancata attuazione di tutte le ambiziose ipotesi presentate negli ultimi venti anni, la necessità di prevedere un nuovo assetto dell’area che coniughi le esigenze di tutela e valorizzqazione del territorio e la reale fattibilità degli interventi costituisce senza dubbio uno degli obbiettivi prioritari per la nuova variante generale.

L’Amministrazione sottolinea l’importanza che le scelte operate per Sistiana siano realizzabili e conseguentemente realizzate, al fine di superare la situazione di degrado esistente ed evitare iniziative di mera valorizzazione fondiaria.

Lo scenario complessivo dovrà stabilire il ruolo della nautica e più in generale la sistemazione del porto, per il quale è stato affidato l’incarico per la redazione del Prg. Dovrà essere definito il sistema degli accessi in rapporto alla viabilità nel suo insieme e valutata la compatibilità con le future scelte di Prg per il quale è stata avviata la formazione.

Il modello di pianificazione proposto

Il rapporto tra tutela e sviluppo:

alcuni riflessi metodologici

La questione del rapporto tra l’esigenza dello sviluppo economico e sociale e quella della tutela dell’ambiente è - come è noto - questione nodale nel dibattito culturale e politico di questi decenni, in Italia come nel mondo intero. Non si intende aprire in questa sede una riflessione di vasta portata, come l’argomento richiederebbe. Ci si propone soltanto di enunciare qualche considerazione sul modo in cui uno strumento di pianificazione urbanistica può collocarsi sulla questione, portando il proprio contributo alla sua soluzione.

Porsi l’obiettivo di tutelare le risorse ambientali (naturali e storiche), e proteggere sia l’integrità fisica che l’identità culturale del territorio significa (come ormai è opinione consolidata della maggior parte della cultura specialistica) assumere, logicamente e culturalmente, una indicazione di priorità.

Significa insomma assumere, come prima fase logica del processo di pianificazione, quella della individuazione di tutti gli elementi del territorio caratterizzati da qualità oppure da rischio, attuale e potenziale. Significa poi individuare e prescrivere, per ciascuno di tali elementi, quali siano le condizioni, nel senso di limite come nel senso di opportunità, che l’esigenza della tutela pone alle trasformazioni fisiche e funzionali di quell’elemento.

Significa, in altri termini, superare il concetto di vincolo, per assumerne uno più compiuto e completo, il quale conduca a definire - per ciascun elemento di spazio - che cosa si deve fare (per valorizzare, ripristinare, ricostruire, restaurare), che cosa si può fare (perché è compatibile, o almeno non contraddittorio, con l’esigenza della tutela), e che cosa non si può fare (perché in contrasto con tale esigenza).

La considerazione dell’ambiente, e la sua analisi sui due versanti dell’integrità fisica e dell’identità culturale (1), si traduce insomma nel sovrapporre al territorio una sorta di griglia delle suscettività alla trasformazione: una definizione della gamma delle trasformazioni, fisiche e funzionali, necessarie o compatibili con l’esigenza della tutela: nel definire, in sostanza, le condizioni della offerta di spazi. È nell’ambito di questa griglia, e di questo sistema di condizioni, che le richieste di trasformazione derivanti dall’analisi della domanda di spazi preciserà quali siano le trasformazioni effettivamente da prevedere e prescrivere.

La pianificazione come bilancio tra

domanda di spazi e offerta di spazi

Al di là di ogni valutazione qualitativa, un piano regolatore è anche, infatti, un bilancio tra l’offerta di spazi e la domanda di spazi.

L’offerta di spazi è fornita dalla disponibilità delle unità di spazio (zone, lotti, edifici, altri manufatti) a essere trasformati per essere adibiti a vari tipi di utilizzazioni. Della offerta di spazi fanno perciò parte le utilizzazioni e le destinazioni d’uso cui le diverse unità di spazio sono adibibili, le limitazioni e i vincoli che condizionano l’utilizzabilità, le trasformazioni fisiche necessarie perché le utilizzazioni possano avere luogo, le procedure prescritte perché le trasformazioni siano effettuate e le utilizzazioni poste in essere. Di essa fanno parte anche gli elementi che condizionano l’effettiva disponibilità degli spazi, quali le disponibilità finanziarie, le situazioni patrimoniali, gli incentivi e disincentivi di vario ordine e così enumerando.

La domanda di spazi è costituita dalle diverse esigenze, espresse dalla società, che richiedono, per la loro soddisfazione, unità di spazio idoneamente attrezzate. Costituiscono la domanda di spazio gli alloggi necessari per la residenza, le aree e i capannoni necessari per le attività produttive di beni e di servizi, gli spazi e le attrezzature necessarie per soddisfare le esigenze collettive dell’istruzione, dello sport, della ricreazione, della cultura ecc., gli spazi necessari perché si svolgano le relazioni tra luoghi e funzioni (strade, ferrovie, ecc.). Naturalmente anche la domanda di spazio sarà in larga misura determinata dalle condizioni dei soggetti, dalla loro disponibilità finanziaria, dalla loro effettiva propensione a intervenire e così via.

La pianificazione deve proporsi, tra l’altro, di far sì che il territorio e le sue trasformazioni forniscono una offerta di spazi adeguata alle esigenze della prevedibile domanda di spazi, con il ragionevole margine (un misurato eccesso di offerta rispetto alla domanda) che è necessario per tener conto della maggiore o minore realizzabilità, in tempi certi, delle previsioni della pianificazione, soprattutto in quei settori in cui l’intervento è determinato dalle iniziative di singoli operatori privati. Ma essa deve proporsi anche di far sì che la soddisfazione delle esigenze di spazio non contraddica l’esigenza di tutelare l’integrità fisica e l’identità culturale del territorio. Per fare ciò é essenziale lavorare contemporaneamente lungo due direzioni: da un lato, valutare e “misurare”, con il massimo rigore, le diverse componenti della domanda di spazi. Dall’altro lato, come già si è detto,

Dal “piano” alla “pianificazione”

Tradizionalmente, e tuttora nella più gran parte delle situazioni, il governo del territorio aveva ed ha il suo cardine nella formazione, una volta ogni 10, 15 o 20 anni, di un piano regolatore generale, valido a tempo indeterminato. Uno strumento siffatto era ed è caratterizzato da limiti pesantissimi, divenuti via via più gravi anche per effetto di mutamenti intervenuti nella società (nelle sue esigenze, nei suoi problemi, nelle sue possibilità).

La formazione del piano regolatore tradizionale era, ed è largamente tuttora, il risultato di un procedimento non solo complesso, ma anche complicato, e (conseguentemente) dai tempi tremendamente lunghi. Per cui, quando finalmente il piano entra in vigore, i riferimenti di base sui quali era stato costruito sono già invecchiati.

Il piano regolatore tradizionale, d’altra parte, era ed è incapace di reagire in tempi accettabili alle trasformazioni della realtà, da qualche decennio sempre più rapide nei loro cicli. Quando una novità interviene, e si vuole tenerne conto, o si procede a una rielaborazione, con procedure defatiganti e costose, oppure si “aggiusta” con varianti e variantine, le quali, succedendosi nel tempo, fanno perdere via via al piano regolatore ogni elemento di coerenza, di sistematicità, di trasparente rigore.

Per superare i limiti del tradizionale sistema della pianificazione è necessario compiere un passo deciso che si può efficacemente sintetizzare nell'espressione: dal piano alla pianificazione.

In termini molto sintetici, occorre passare cioè dall'attuale concezione della pianificazione, centrata sull'idea di "piano" e consistente in una serie di piani che si succedono a salti di tempo, ciascuno dei quali viene, volta per volta, attuato, a una concezione della pianificazione basata sull'idea di "processo", e quindi su un succedersi, sistematico, continuo e cadenzato, di atti di pianificazione nei quali il momento del piano, quello dell'attuazione e quello della verifica ciclicamente si susseguono e - per così dire - si alimentano l'uno dell'altro.

Più precisamente, è necessario concepire e praticare il metodo della pianificazione come attività continua, costante e sistematica, nella quale si susseguono ciclicamente le fasi

- dell’analisi relativa agli aspetti della realtà determinanti rispetto all’evoluzione del territorio e delle sue utilizzazioni,

- della valutazione della realtà emersa dalle analisi in relazione agli obiettivi proposti,

- della formulazione e della traduzione in atti amministrativi delle scelte (il “piano”),

-- dell’attuazione (formazione dei piani attuativi, rilascio delle concessioni ed autorizzazioni, progettazione e attuazione delle opere, acquisizione degli immobili, messa in opera di politiche settoriali, azioni nei confronti dei soggetti istituzionali sovraordinati, ecc.)

- del monitoraggio sull’attuazione e dell’aggiornamento delle analisi

Scelte strutturali e scelte programmatiche

Passare dal piano alla pianificazione significa anche poter distinguere, all’interno delle scelte sul territorio, quelle che hanno un maggiore carattere di permanenza, ossia sono tali da essere definibili una volta per tutte, o almeno in relazione a tempi molto lunghi, e quelle che hanno caratteristiche di temporaneità, ossia sono tali che è necessario (o è meglio) che siano definite in relazione ad archi di tempo brevi, e ridefinite ex novo una volta scaduto quell’arco di tempo.

Così, ad esempio, che su un terreno idrogeologicamente fragile sia meglio non costruire o costruire poco, è una decisione che vale per sempre, e così che l’edilizia storica di un certo tipo debba essere restaurata o ristrutturata in un certo modo e con certe tecniche, e che possa essere adibita ad alcune utilizzazioni e non ad altre. Come è una scelta che deve essere tenuta ferma per molti anni, e magari decenni, quella concernente una radicale trasformazione dell’organizzazione della ferrovia e della stazione ferroviaria, o la realizzazione di una arteria di collegamento tra diverse parti lontane del territorio, oppure ancora la realizzazione di un complesso di attrezzature di carattere strategico.

Viceversa, la scelta se ampliare o meno le maglie della regolamentazione urbanistico - edilizia per consentire una maggiore possibilità di trasformare residenze in alberghi o in uffici, oppure edifici produttivi in residenze, come quella di sollecitare più o meno, rendendola magari obbligatoria, la trasformazione e la ristrutturazione urbanistica di una determinata zona in cui questa trasformazione è ritenuta possibile, come ancora la decisione di realizzare questo o quell’altro tipo di servizi pubblici, queste sono tutte decisioni che conviene prendere non una volta per tutte, ma sulla base delle priorità sociali, delle esigenze che si manifestano in quel determinato momento (e che magari tre o quattro anni prima erano diversamente sentite) delle risorse pubbliche o private in quel momento disponibili, degli orientamenti politici dell’amministrazione e così via.

Di conseguenza è possibile articolare i documenti della pianificazione (il nuovo Prgc) in due componenti: la prima, che regola gli aspetti permanenti delle scelte, è definita componente strutturale, la seconda, che riguarda le scelte temporanee, è definita componente programmatica. È opportuno esaminarle meglio.

Le due componenti

La componente strutturale dovrebbe contenere le scelte riguardanti la tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio e quelle concernenti le opere e gli interventi che hanno bisogno di tempi lunghi per la loro attuazione. Essa dovrebbe essere valida a tempo indeterminato. Le sue eventuali modifiche dovrebbero seguire la procedura della “variante”, e quindi dovrebbero essere sottoposte ad una verifica di conformità alle disposizioni della pianificazione sovraordinata: questo perché le scelte in essa contenute sono suscettibili di incidere su interessi non totalmente “disponibili” per la comunità locale.

La componente strutturale del piano dovrebbe definire le trasformazioni fisiche ammissibili e le utilizzazioni compatibili.

Le prime comprendono tutta la gamma delle trasformazioni che possono essere indotte nelle unità edilizie e nelle altre unità di spazio (negli edifici e negli altri manufatti, nei lotti e nelle altre parti del territorio), dalla conservazione assoluta, al ripristino della situazione preesistente, al restauro, alla ristrutturazione edilizia, alla nuova edificazione e alla costruzione di opere e manufatti, alla ristrutturazione urbanistica e così via.

Le utilizzazioni compatibili disciplinate nella parte strutturale del piano dovrebbero comprendere tutta la gamma delle utilizzazioni, indicate in un larghissimo “menu” delle attività considerate nelle classificazioni dell’Istat, che hanno incidenza sulle funzioni urbane e territoriali. Nella componente strutturale del piano si dovrebbero definire, per ciascun elemento del territorio, tutte le utilizzazioni che siano compatibili con le esigenze di cui sopra: una gamma che, per ciascun elemento del territorio, sarebbe più o meno ampia ma sempre più estesa delle “destinazioni d’uso” normalmente disciplinate dai Prg. Queste ultime, ossia la scelta, all’interno della gamma delle utilizzazioni compatibili degli usi di cui ottenere l’attivazione, ovvero degli usi di cui è consentita l’attivazione nel periodo considerato, dovrebbero essere indicate nella componente programmatica del piano.

La componente programmatica dovrebbe contenere infatti le scelte relative alle priorità sociali, agli investimenti pubblici e privati realisticamente attivabili nel breve periodo, alle opere e agli interventi concretamente fattibili nel medesimo periodo. Essa dovrebbe essere valida per periodi di tempo determinati, al termine dei quali dovrebbe venire redatta ex novo, e dovrebbe vedere il suo iter formativo esaurirsi nell’ambito del comune.

La legislazione regionale

La legge regionale 19 novembre 1991, n.52, nel disciplinare la pianificazione comunale, è stata manifestamente influenzata dalle riflessioni e dalle convinzioni sin qui esposte, anche se le soluzioni definite non possono dirsi pienamente soddisfacenti.

Alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 30, infatti, è stabilito che il Prgc deve contenere, innanzitutto,

gli obiettivi e le strategie, anche suddivisi per ambiti territoriali, che l'amministrazione comunale intende perseguire con il piano; questi definiscono il quadro di riferimento per gli interventi di attuazione nonché di revisione od aggiornamento del piano.

In merito, la quarta circolare regionale esplicativa della legge regionale 52/1991 (Prot. P. T./9760/4.102 - del 5 ottobre 1992, paragrafo 3.3.1) precisa:

Sarà quindi necessario che in ogni strumento generale vengano di volta in volta individuati quei contenuti che rappresentano gli aspetti portanti delle scelte di piano. Alcuni di questi sono facilmente intuibili, come ad esempio il dimensionamento e la capacità insediativa di progetto; il sistema dei servizi e delle attrezzature sia dal punto di vista quantitativo che da quello localizzativo, almeno per le strutture di maggiore rilievo; le scelte di espansioni insediative in termini di aree definite o di direttrici di sviluppo e, per converso, le zone da considerarsi soggette a particolari tutele; le scelte relative ai sistemi insediativi storici e di particolare pregio nelle specifiche realtà comunali. E' chiaro però che, per il ruolo che viene assegnato a questo rilevante punto di snodo della legge, andranno messi in luce nei singoli Prgc non solo gli aspetti generali sopra accennati, ma anche tutti quelli che nella specifica realtà rappresentano fatti sostanziali su cui poggia l'attuazione del piano, al punto che di volta in volta potranno assumere tale ruolo non solo previsioni in altri casi scarsamente significativi, ma anche meccanismi attuativi [...], contenuti normativi, previsioni che non possono essere modificate senza che siano contestualmente verificati altri aspetti che con queste entrano in relazione

Per converso, al numero 2) della lettera b) del comma 5 dello stesso articolo 30 è stabilito che la relazione del Prgc, la quale ha valenza normativa, deve contenere, tra l'altro, il "programma di attuazione delle previsioni del piano".

All'articolo 34 della stessa legge regionale si stabilisce che i "piani comunali di settore", i quali sono "strumenti finalizzati a disciplinare modalità di esercizio di attività di rilievo sociale, economico ed ambientale relativamente all'intero territorio comunale", oltre ad integrare le indicazioni del Prgc, possono costituire "variante al piano stesso, purché vengano rispettati gli obiettivi e le strategie di cui all'articolo 30, comma 1, lettera a)", essendo in tal caso decisi dal comune in piana autonomia, mentre in caso contrario le procedure di formazione sono quelle, più complesse, definite per la formazione dei Prgc e delle relative varianti che ne coinvolgano le componenti strutturali.

Analogamente, è statuito, al comma 2 dell'articolo 42 della medesima legge regionale, che i piani regolatori particolareggiati comunali possono apportare modifiche alle disposizioni dei Prgc ma soltanto "secondo le specifiche indicazioni di tale strumento e fermo restando il rispetto degli obiettivi e delle strategie di cui all'articolo 30, comma 1, lettera a)".

Si tratterà quindi, nella redazione del nuovo Prgc del Comune di Duino Aurisina, di strutturare i suoi contenuti, ed i suoi elaborati, nel più rigoroso rispetto formale dei dettati della legislazione regionale, ed in sostanziale aderenza "evolutiva" al suo spirito, così da approssimare al massimo il modello di pianificazione dianzi descritto, e soprattutto da assicurare il raggiungimento delle finalità, di coerenza e tutt'assieme di flessibilità, che con tale modello si vogliono perseguire.

Gli indirizzi sovraordinati al progetto di piano

Gli indirizzi della giunta

Il Consiglio comunale di Duino ha approvato, con deliberazione n. 64 deòl 26 giugno 1995, gli indirizzi per la formazione del nuovo piano regolatore che riportiamo qui di seguito.

CARATTERI GENERALI

Vista la crescita demografica zero o addirittura negativa e la necessità di evitare lo sviluppo del fenomeno delle seconde case o del "comune dormitorio", si considera raggiunto il limite massimo di aree disponibili per i bisogni residenziali e si favorisce il recupero ed il riuso del patrimonio abitativo esistente.

Per quanto riguarda il modello di sviluppo si propone di:

- sviluppare un concetto di turismo in considerazione delle strutture preesistenti e nel pieno rispetto dei valori ambientali.

- facilitare lo sviluppo delle attività agricole tradizionali e sperimentali, compatibili con l'ambiente, anche per contribuire a promuovere una tutela attiva dello stesso.

Per le attività produttive, e in maniera particolare per il terziario, vanno fatte le opportune verifiche al fine di favorire un loro consolidamento ed una loro crescita qualitativa.

In ogni insediamento del Comune vanno perfezionate le scelte di aree o edifici di carattere collettivo per i bisogni funzionali (urbanizzazioni) e culturali- ricreativi; vanno inoltre verificate le infrastrutture di carattere generale in modo da garantire uno sviluppo urbanistico del comune improntato sulla qualita'.

STRATEGIA DI GESTIONE

- Recupero e riuso dell'esistente.

- Rispetto delle caratteristiche dell'ambiente naturale e culturale.

- Creazione di zone e sottozone e relative perimetrazioni compatibili con una scala piu' dettagliata ( almeno 1:1000).

- Proposizione di indagini minuziose miranti a semplificare e rendere leggibili le norme di attuazione.

- Semplificazione dei percorsi tecnico - burocratici attraverso la formulazione di norme certe e comprensibili.

REVISIONE DEL P.R.G.C. ESISTENTE:

Nella redazione della Variante Generale va inoltre tenuto conto:

l) della legge urbanistica n.52/91 e 19/92

2) del D.R. 20/4/95 n.l26/Pres.

3) delle proposte in campo urbanistico e territoriale presenti in sede legislativa regionale e nazionale,

4) dello sviluppo e delle proposte in campo urbanistico nelle aree contermini.

Si propone, per le zone definite dal P.U.R. come zone omogenee "A", "B","C", ..ecc., quanto segue:

Zone residenziali.

Zona "A"

a) Creazione di sottozone (come previsto del resto dal vecchio P.U.R.) con l'intenzione di agevolare il piu' possibile le proposte d'intervento nella redazione dei P.R.P.C., attualmente di contenuto meramente formale, ma molto dispendiosi in termini di tempo e di costi, spesso inutili per i fini che si propongono.

b) Verifica delle zone non ancora edificate con la creazione di una normativa ad hoc, mirata ad un rapporto equilibrato con l'esistente.

c) Monitoraggio attento delle caratteristiche e delle potenzialità presenti, insediamento per insediamento, con l'individuazione di aree di carattere collettivo opportunamente locate e dimensionate.

Zona "B"

a) Verifica della norrnativa e delle perimetrazioni, con l'intenzione di favorire una valorizzazione qualitativa del patrimonio costruito esistente.

b) Per le zone ancora non costruite e a suo tempo definite in considerazione di indici di espansione non piu' attuali e drasticamente ridimensionati dalla prima citata normativa, si propone di verificare l'opportunità di individuare strumenti di attuazione e pianificazione idonei alle nuove esigenze miranti anche al soddisfacimento dei bisogni complementari alla residenza.

c) Proporre una normativa su scala dettagliata e sufficientemente definita, in considerazione dei vincoli presenti, specialmente quello ambientale, con l'intenzione di tutelare anche, ma non solo, il fruitore - abitante - cittadino.

d) Per gli insediamenti del Villaggio del Pescatore e di B.go S.Mauro, si propone la riqualificazione degli stessi in zona omogenea "A" e relative sottozone, per ampliarne le possibilità di recupero e riutilizzo, in conside razione delle caratteristiche storico ambientali, fisiche e culturali - sociali incluse nel contesto generale dei due insediamenti.

Zona "C"

Per dette zone si propone la creazione di sottozone, opportunamente dimensionate e definite, favorendo al massimo il completamento dei bisogni complementari alla residenza considerando gli indici degli standards delle urbanizzazioni e dei servizi attualmente indicati nella nuova normativa regionale.

Zone Produttive

Zona”D”

La definizione delle zone produttive si basa principalmente sui concetti di utilizzo delle aree attualmente a ciòdestinate e recupero delle aree e degli edifici dismessi con la stessa o simile destinazione.

Le destinazioni artigianali/commerciali, industriali, di escavazione e lavorazione della pietra devono essere definite favorendo l'adattabilità dell'utilizzo, specialmente nel caso di cambiamento d'uso, in considerazione della capacità del sito di sopportare determinate attivita'. Tale capacità deve essere definita caso per caso.

Zona "E"

a) Le aree produttive agricole devono essere definite in modo da favorire lo sviluppo del settore, nel rispetto dell'ambiente naturale - culturale carsico. Le attività della viticoltura, di altre culture specializzate e dell' agricoltura biologica, della zootecnia e dell'agriturismo devono avere nella normativa e nella perimetrazione una definizione puntuale, ma allo stesso tempo adattabile alle esigenze talvolta mutabili della produzione agricola.

b) In considerazione del pericolo maggiore, derivante dal degrado ambientale provocato da eventuali costruzioni - contenitori presenti in zone delicate dal punto di vista dell'impatto ambientale o da operazioni residenziali speculative, si propone:

Indirizzi e criteri desumibili dalle leggi regionali e...

A norma del comma 3 dell'articolo 29 della legge regionale 52/1991 il Prgc

è finalizzato a garantire:

a) la tutela e l'uso razionale delle risorse naturali nonché la salvaguardia dei beni di interesse culturale, paesistico ed ambientale;

b) un equilibrato sviluppo degli insediamenti, con particolare riguardo alle attività economiche presenti o da sviluppare nell'ambito del territorio comunale;

c) il soddisfacimento del fabbisogno abitativo e di quello relativo ai servizi ed alle attrezzature collettive di interesse comunale, da conseguire prioritariamente mediante interventi di recupero e completamento degli spazi urbani e del patrimonio edilizio esistente;

d) l'equilibrio tra la morfologia del territorio e dell'edificato, la capacità insediativa teorica del piano e la struttura dei servizi.

Si può quindi asserire che la legge regionale assume l'impostazione affermata ai precedenti paragrafi 4.1.1. e 4.1.2., sintetizzabile nella necessità di provvedere, nell'attività pianificatoria, a determinare, in via preliminare, le disposizioni finalizzate alla tutela sia dell' integrità fisica che dell' identità culturale del territorio interessato, ed al conferimento ad esso di più elevati caratteri di qualità formale e funzionale, da porre come "condizioni" (da intendersi sia come "limiti", sia come "prerequisiti") ad ogni possibile scelta di trasformazione (fisica e/o funzionale) del medesimo territorio, al fine di perseguirne uno "sviluppo sostenibile".

Tale impostazione è confermata dal comma 1 dell'articolo 30 della predetta legge regionale, che definisce i contenuti del Prgc.

In primo luogo (come si è già rammentato), si afferma, con la lettera a), che il Prgc deve indicare

gli obiettivi e le strategie [...] che l'amministrazione comunale intende perseguire con il piano; questi definiscono il quadro di riferimento per gli interventi di attuazione nonché di revisione od aggiornamento del piano.

E secondo la circolare regionale esplicativa (come pure si è già rammentato) tali "obiettivi e strategie", cioè la parte invariante e strutturale della pianificazione, devono consistere innanzitutto nella disciplina delle "zone da considerarsi soggette a particolari tutele" e nelle "scelte relative ai sistemi insediativi storici e di particolare pregio nelle specifiche realtà comunali", e quindi nelle determinazioni relative al "dimensionamento e [al]la capacità insediativa", al "sistema dei servizi e delle attrezzature", alle "scelte di espansioni insediative".

Tale gerarchia di valori e di scelte, e tale successione logica delle operazioni da compiere, è confermata dalla sequenza espositiva della succitata disposizione di legge, par cui si deve procedere alla "definizione degli interventi per la tutela e la valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, agricole, paesistiche e storiche" (lettera c.), quindi alla "ricognizione delle zone di recupero", dovendo essere "l'eventuale previsione di zone di espansione in relazione alle esigenze insediative" operata soltanto "in subordine", e sulla base di congrui "elementi" che la "giustifichino" (lettera d.), ed ancora allo "studio della situazione geologica, idraulica e valanghiva del territorio al fine di poter valutare la compatibilità ambientale delle previsioni di piano (lettera e.), ed infine alle più tradizionali operazioni di localizzazione e di disciplina delle zone, delle attrezzature e delle infrastrutture (lettere f., h. ed i.).

Vale la pena di rammentare che la già ripetutamente citata circolare regionale esplicativa sottolinea un passaggio dell'ora riportata sequenza di affermazioni della norma, ribadendo che "la legge ragionale 52/1991 privilegia l'obiettivo del recupero, inteso in senso lato [...], e tanto più quindi riferito agli insediamenti". E precisando che

in sintonia con tale assunto si prevede che, nel soddisfacimento delle esigenze insediative (qui con significato estensivo, non solo quindi residenziali) si privilegi il recupero dell'esistente. Da qui l'indagine approfondita su tale patrimonio e la possibilità di prevedere nuove aree di espansione solo se strettamente motivate dalla insufficienza di quanto offerto dal recupero dell'esistente.

...e dai piani regionali

Il Piano urbanistico regionale generale (P.U.R.G.) tuttora vigente individua, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, una pluralità di "ambiti boschivi", di "ambiti silvo-zootecnici" e di "ambiti di interesse agricolo-paesaggistico". Va ricordato che, a norma del punto 7 dell'Allegato A delle norme del P.U.R.G.,

gli ambiti definiti dal [...] Piano non sono propriamente zone quali contenute nella strumentazione urbanistica a scala locale prevista dalla vigente legislazione, ma vanno piuttosto considerati come dei campi di determinazione,

cioè "parti di territorio regionale dotate di certe caratteristiche comuni", entro i quali i piani subordinati devono operare "una zonizzazione coerente con tali caratteristiche".

Per gli "ambiti boschivi" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a tutelare il patrimonio boschivo, "in considerazione anche dell'importante ruolo di difesa idrogeologica da esso svolto". Le azioni programmatiche, si soggiunge,

dovranno proporsi, assieme alla valorizzazione di alcuni ambiti idonei alla produzione di legname da opera, l'attuazione di opere tese al miglioramento del patrimonio boschivo.

Nelle zone agricole e forestali definite dai piani subordinati entro i predetti ambiti (zone E2 secondo la nomenclatura del P.U.R.G.) devono essere escluse realizzazioni sia di edifici che di infrastrutture, salvi, in via eccezionale, l'edificazione

di attrezzature edilizie minime relative ad attività connesse alla commercializzazione e prima trasformazione dei prodotti forestali della zona e per la diffusione delle attività escursionistiche con un indice di fabbricabilità fondiario non superiore a 0,01 mc/mq, nonché il ripristino ed il consolidamento delle carrarecce, dei sentieri e delle piazzole esistenti.

Per gli "ambiti silvo-zootecnici" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a

promuovere [...] una valorizzazione ad uso sociale delle aree più qualificate sotto il profilo ambientale, assicurare la difesa idrogeologica e la conservazione delle caratteristiche naturalistiche, agevolare l'attuazione di appropriati interventi di incentivazione economica volti a determinare l'inversione dei fenomeni di spopolamento.

Le azioni programmatiche, si soggiunge, dovranno essere

tese allo sviluppo del patrimonio forestale attraverso la diffusione di una silvicoltura con finalità prevalentemente naturalistiche, e lo sviluppo degli allevamenti zootecnici con adeguato livello organizzativo e dimensionale, nelle aree idonee.

Nelle zone agricole e forestali definite dai piani subordinati entro i predetti ambiti (zone E3 secondo la nomenclatura del P.U.R.G.) può essere consentita "la costruzione di edifici per la residenza agricola e per le attività silvo-zootecniche", nonché di "edifici destinati alla commercializzazione e prima trasformazione dei prodotti agricoli e forestali", in ogni caso "con un indice di fabbricabilità fondiario non superiore a 0,01 mc/mq". E possono essere ammessi

interventi infrastrutturali a servizio delle attività [suindicate] a condizione che essi non comportino alterazioni al delicato equilibrio idrogeologico.

Per gli "ambiti di interesse agricolo-paesaggistico" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a

promuovere [...] la salvaguardia del paesaggio rurale, favorendo in esso la costituzione, nei territori ambientalmente più qualificati, di una riserva di aree per le attività culturali, ricreative e turistiche", mentre "le aree destinate allo sviluppo residenziale, interessanti tali ambiti, dovranno essere preferenzialmente indirizzate verso le zone meno qualificate sotto il profilo paesaggistico.

Nelle zone agricole e forestali definite dai piani subordinati entro i predetti ambiti (zone E4 secondo la nomenclatura del P.U.R.G.) può essere consentita "la costruzione di edifici per la residenza agricola", nonché di "edifici adibiti alla conservazione e prima trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli o destinati ad attività per l'assistenza e la manutenzione delle macchine agricole", in ogni caso con "un indice di fabbricabilità fondiario non superiore a 0,03 mc/mq". E' precisato che "per le aziende agricole con superficie aziendale superiore a 3 ha l'indice di fabbricabilità fondiaria non potrà superare il valore massimo di 0,02 mc/mq con un minimo di 900 mc" per "la costruzione di edifici per la residenza agricola", la quale, ove le predette zone agricole e forestali ricadano altresì "entro il perimetro dei parchi naturali", dovrà effettuarsi con l'osservanza di "un indice di fabbricabilità fondiario non superiore a 0,01 mc/mq".

Il P.U.R.G. definisce altresì, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, "parti del territorio regionale da destinare a parco naturale", e precisamente porzioni del Parco del Carso e delle riserve naturali della “Fascia carsica di confine” e del “Lembo costiero”. Si precisa che

la rappresentazione di tale perimetro [...] ha carattere indicativo in vista degli adempimenti da eseguirsi in sede di piani zonali e di quelli subordinati".

Lo stesso P.U.R.G. individua, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, alcuni "complessi urbanistici di interesse storico-artistico e di pregio ambientale", e cioè: tre "nuclei di interesse ambientale di tipo A" (Ceroglie, S. Pelagio e Prepotto) e due "castelli" (Castello Vecchio e Castello Nuovo di Duino).

Per i "nuclei di interesse ambientale di tipo A" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a

garantire la salvaguardia delle caratteristiche ambientali esistenti, attraverso la promozione di interventi di recupero che partano da un approfondito studio dei tipi edilizi rurali regionali sia nei loro caratteri costruttivi e funzionali, sia nelle implicazioni di natura sociale ed economica.

Per i "castelli" è disposto che gli strumenti urbanistici di grado subordinato provvedano a

promuovere [...] azioni di salvaguardia e di recupero a fini culturali, estendendo gli interventi di vincolo e salvaguardia a tutta l'area potenzialmente interessata.

Ancora il P.U.R.G. localizza, nel territorio del Comune di Duino Aurisina, alcuni "grandi servizi ed attrezzature di interesse regionale", e precisamente: un "centro di ricerca", tre "porti od approdi di interesse turistico" (al Villaggio del Pescatore, a Duino, alla Baia di Sistiana), un "parco comprensoriale". Va ricordato che la localizzazione di tali elementi "ha valore indicativo [...] e dovrà essere oggetto di ulteriore precisazione ed esatta ubicazione nell'ambito dei successivi piani subordinati".

Sono poi indicati: un tratto di (oggi esistente) "viabilità con caratteristiche autostradali", due "raccordi autostradali" (entrambi oggi esistenti, anche se uno dei due realizzato in diversa posizione), un tratto di "viabilità primaria" (sul tracciato Duino-Sistiana-Miramare, coincidente con la cosiddetta "strada costiera"), un tratto di "viabilità secondaria" (sul tracciato Sistiana-Aurisina-Opicina, esistente), un tratto di (esistente) ferrovia, un tratto di oleodotto, un tratto di "linea elettrica da 220 KV" ed un tratto di "linea elettrica da 132 KV". Va ricordato che

i contenuti di piano, relativamente alle infrastrutture in progetto, sono da considerarsi a carattere indicativo e dovranno essere oggetto di successivo approfondimento e precisazione nell'ambito dei piani di grado subordinato.

Degli elementi di viabilità sono specificate le richieste caratteristiche funzionali, delle quali, peraltro, occorre verificare la coerenza con le sovraordinate disposizioni del "Nuovo codice della strada" (lo stesso vale per le disposizioni del P.U.R.G. relative alla viabilità di interesse comprensoriale e comunale, ed alle fasce di rispetto).

Il P.U.R.G. detta infine direttive in ordine alle discipline da dare, tramite la pianificazione comunale, alle diverse zone in cui è ritenuto potersi articolare il territorio, urbanizzato e non urbanizzato (l'osservanza dei contenuti sostanziali delle quali, anche nella redazione di uno strumento urbanistico fortemente "innovativo", quale quello delineato al precedente paragrafo 4.1., non si ritiene porrà particolari problemi), e disposizioni in merito al dimensionamento delle previsioni insediative ed alle dotazioni di spazi pubblici e/o per usi collettivi (presentemente sostituite da quelle del Decreto del Presidente della Giunta Regionale 20 aprile 1995, n.0126/Pres.).



Le scelte generali

del progetto di piano

Due fasi storiche nell’assetto territoriale

di Duino Aurisina, Comune del Carso

I lineamenti essenziali che la storia ha impresso sul territorio di Duino Aurisina - Devin Nabrezina raccontano di un territorio prevalentemente (sebbene non esclusivamente) organizzato in relazione ai rapporti tra il Carso interno (Màlchina, San Pelagio, Precènico, Slivia, Ternova, ma anche Brestovica Gorjansko, Komen, Brije) e la costa. Unitario fino alla prima guerra mondiale non solo per la sua struttura geologica e il suo assetto naturale, ma anche per l’appartenenza ad un’unica regione etnica (gli sloveni) e a un unico impero (l’Asburgico), il Carso era segnato dai rapporti tra collina interna e fascia pianeggiante litoranea che caratterizza tutte le regioni costiere.

Il taglio operato dalla frontiera definita, nel 1919, dal Trattato di Versailles ha troncato questi rapporti. I successivi eventi politici (l’avvento del regime fascista in Italia, e poi l’adesione della regione slovena alla Jugoslavia, infine il formarsi della “cortina di ferro” tra l’est e l’ovest dell’Europa) hanno contribuito a rendere particolarmente dura la “nuova” frontiera.

In questo quadro, le grandi trasformazioni territoriali avvenute in Italia dagli anni 1950 in poi hanno determinato il formarsi di un modello di assetto del tutto alternativo al precedente: un modello basato sul pesante sovrapporsi alle antiche trame delle nuove massicce infrastrutture costiere (la ferrovia, la statale, l’autostrada), sulla forte crescita dei flussi tra Trieste e Monfalcone, di quelli dei centri del Carso litoraneo con l’uno e l’altro centro e infine di quelli tra l’Italia e il confine.

Rendere trasparente e leggero

il confine che taglia il Carso

A ben riflettere, l’organizzazione del territorio determinata dal fascio infrastrutturale costiero è del tutto analoga a quella che si è venuta a determinare, nel corso soprattutto dell’ultimo mezzo secolo, in tutto il versante adriatico dell’Italia, e in gran parte di quello tirrenico. Il problema che si manifesta sulla costa carsica è che la dominanza del modello è fortemente accentuata dall’esiguo spessore dell’hinterland, sbarrato dalla linea di confine. Più modesti di conseguenza sono i margini per un’azione di riequilibrio territoriale, e più grandi le difficoltà che devono essere superate da chi voglia perseguirla.

I presentatori di questo documento sono persuasi che una siffatta azione di riequilibrio sia necessaria, e che essa sia anche possibile. Che sia cioè necessario e possibile porsi l’obiettivo di rafforzare i rapporti tra il Carso interno (sia quello italiano che quello sloveno) e la fascia litoranea, di consolidare la struttura sociale ed economica dei borghi del Carso, di valorizzare le risorse locali (dall’agricoltura specializzata alla fruizione del paesaggio), di ristabilire flussi frequenti e intensi con le città e i paesi della Slovenia.

La necessità di porsi un simile obiettivo deriva dal fatto che, ove non lo si perseguisse e raggiungesse, si otterrebbe, nel giro di qualche decennio, un nuovo assetto fisico e sociale del territorio notevolmente degradato rispetto a quello attuale. Un assetto caratterizzato dal “franare” della popolazione dei borghi interni verso i centri della costa, il conseguente abbandono dell’azione di manutenzione del patrimonio economico e paesaggistico rappresentato dall’ambiente del Carso, la trasformazione dei centri di Aurisina, Sistiana, Duino in un continuum urbano e, in definitiva, in un sobborgo periferico di Trieste.

La possibilità di raggiungerlo sta nel fatto che, come tutto lascia supporre, a una distensione dei rapporti tra Italia e Slovenia, che caratterizzerà i prossimi mesi, farà seguito l’ingresso di quest’ultima nell’Unione europea. La frontiera tra le due parti del Carso, se non verrà definitivamente cancellata, diventerà però via via più trasparente e leggera. Pur rimanendo territori appartenenti a stati nazionali diversi, i paesi e le città del Carso italiano e di quello sloveno potranno riaprire fruttuosi flussi di relazioni nei diversi settori della vita sociale (dal commercio al lavoro, alla cultura, al tempo libero, ai servizi). Mentre i centri costieri potranno così fruire di un consistente entroterra, quelli dell’interno potranno avere uno sbocco verso il mare e verso i collegamenti veloci est-ovest.

Due possibili destini

per la fascia costiera giuliana

Gli obiettivi di un consolidamento e di una valorizzazione delle risorse ambientali ed economiche del Carso, di una intensificazione dei rapporti tra costa ed entroterra, di uno sviluppo economico dell’intero Comune fondato sulla valorizzazione del sue notevolissime risorse dell’ambiente naturale e di quello storico hanno la loro base necessaria nella convinzione che la risorsa primaria di un simile sviluppo è suscettibile di essere salvaguardata e valorizzata: di accrescere quindi la sua qualità, e la sua attrattiva per i flussi di turisti e visitatori. Il “destino” che un simile obiettivo propone è insomma quello di una comunità che veda affidato il suo benessere a un’espansione delle attività legate al turismo, all’agricoltura qualificata, al commercio tra est e ovest, e alla promozione di quelle attività (di produzione di beni e, soprattutto, di servizi e di ricerca e cultura) che hanno in un ambiente ricco di qualità naturali, culturali e sociali e di infrastrutture il loro humus più propizio.

Si tratta di un “destino” che non è esclusivo di Duino Aurisina, ma è comune a tutta la costa giuliana: da Muggia a Monfalcone. Ed è su tutta la costa giuliana che, analogamente, incombe anche un altro possibile “destino”: Quello di diventare, nel giro di pochi anni, un’area dedicata alla produzione, all’immagazzinamento e al commercio di energia. L’ultimo episodio in questa direzione è costituito dal progetto di realizzare un impianto di rigassificazione del metano liquido importato via mare, ai margini del territorio di Monfalcone e al confine di quello di Duino Aurisina, sui terreni della foce del Timavo.

Sembra del tutto evidente che l’uno e l’altro “destino” sono tra loro contraddittori, nel senso che non sono perseguibili entrambi. Se la costa giuliana diviene la sede di un polo energetico, allora essa non può ospitare consistenti attività di turismo qualificato, né può richiamare significativi flussi di visita. La stessa qualità delle produzioni agricole (per non parlare dell’itticoltura) è soggetta a rischi. Oggi la costa giuliana può giocare qualche carta nei confronti della concorrenza della costa istriana e dalmata (la localizzazione, le infrastrutture, l’hinterland); l’affermarsi dello scenario energetico farebbe precipitare la bilancia verso l’altro versante dell’Adriatico.

Si badi bene: non si vuole affermare che un simile destino sia “inumano”, che occorra “battersi ad ogni costo” contro il progetto di ri-gassificazione del metano. Esistono nel mondo, ed è giusto che esistano, zone dedicate alla lavorazione e all’immagazzinamento di beni materiali, anche rischiosi per le eventuali conseguenze del loro uso e della loro presenza. E non è detto neppure che i “paesaggi industriali” non possano avere una loro severa bellezza, e che siano di per sé incompatibili con situazioni di benessere.

Non si tratta perciò di esorcizzare, ma di decidere. Se la comunità giuliana vuole affidare una parte delle sue fortune allo sviluppo del turismo e della visita, e alle attività produttive e di ricerca favorite dalla qualità dell’ambiente, allora va esclusa l’ipotesi del polo energetico, e comunque dell’impianto di de-gassificazione sulla foce dei Timavo. Se viceversa l’ipotesi che si accetta, o che comunque prevarrà, è quella del polo energetico, allora l’intera prospettiva deve essere ri-orientata verso interventi di mera razionalizzazione dell’esistente, di aumento dell’efficienza del sistema infrastrutturale, di miglioramento e di salvaguardia di condizioni di vita “normali”: come nelle periferie di Chicago o di Sesto San Giovanni.

Alcune scelte di fondo

Dalle considerazioni che precedono, e dalle osservazioni di merito contenute nei capitoli precedenti. si possono desumere alcune indicazioni di massima sull’assetto del territorio di cui promuovere la formazione, proposte inizialmente come ipotesi di lavoro, sottoposte poi alla verifica sia della comunità locale che delle specifiche analisi svolte, assunnte infine come scelte di fondo del progetto di piano.

Se lo scenario di riferimento da tener fermo è quello di uno sviluppo basato sulla promozione delle qualità ambientali presenti e della loro valorizzazione, e se l’obiettivo generale è quello di restaurare il ruolo di Duino Aurisina come “parte del Carso” e non come “sobborgo di Trieste e Monfalcone” (senza che ciò ovviamente voglia o possa significare la rinuncia alle necessarie integrazioni con le due vicine città), allora assumono rilevanza strategica le seguenti scelte.

A) Consolidamento dei borghi del Carso, mediante: (i) lo sviluppo delle produzioni agricole specializzate e di trasformazione, anche con la promozione di specifiche iniziative di marketing e l’estensione delle superfici a coltura; (ii) la valorizzazione della specificà identità di ciascun borgo e la promozione dell’integrazione tra le diverse identità, anche mediante l’utilizzazione degli edifici pubblici sottoutilizzati e la loro destinazione ad attività sociali ed economiche; (iii) la decisa rinuncia ad ogni ipotesi di espansione edilizia dei borghi verso il fondo valle e, più in generale, dell’ampliamento delle aree urbanizzate verso i terreni produttivi; (iv) la definizione di un assetto del territorio, di una distribuzione delle funzioni e di una razionalizzazione delle infrastrutture aperta verso l’ipotesi della riapertura delle antiche strade verso il Carso sloveno; (v) la valorizzazione del patrimonio ambientale, sia naturale che storico, anche mediante la realizzazione di itinerari e di punti attrezzati per la visita e la soata, anche in relazione alla formazione del Parco della Comunità del Carso.

B) Razionalizzazione dei centri della fascia costiera, in particolare mediante: (i) la riorganizzazione del sistema degli spazi pubblici e di uso pubblico, coperti e scoperti, con il duplice obiettivo di servire nel modo più efficiente ed efficace la popolazione e di costituire una rete continua di persorsi e spazi che consentano di raggiungere a piedi, in condizioni di sicurezza, le diverse parti del territorio urbanizzato; (ii) l’utilizzazione prioritaria, per le eventuali necessità di volumi aggiuntivi rispetto a quelli esistenti, degli interventi di ristrutturazione edilizia e urbanistica e il completamento dei tessuti urbani incompleti, evitando in ogni caso di urbanizzare aree pregiate per la produzione agricola o per la tutela del ciclo delle acque; (iii) la previsione di zone di rispetto fra i diversi centri abitati costieri che abbiano la funzione di contrastare la tendenza alla progressiva saldatura delle aree urbanizzate e che contribuiscano alla riorganizzazione del sistema degli affacci a mare, oggi penalizzato dalla qualità scadente degli accessi, degli spazi di sosta e delle strutture edilizie collocate ai margini del percorso di attraversamento.

C) Alleggerimento della barriera infrastrutturale costituita dall’autostrada, dalle ferrovie, dalle Statali n.14 e n.202, dalla provinciale per Prosecco e Opicina, probabilmente ottenibile sia con la banalizzazione di una o più arterie, da accompagnare a una riorganizzazione del sistema dei trasporti che riduca la domanda di mobilità su gomma, sia con la messa in opera di provvedimenti puntuali che consentano il superamento delle barriere infrastrutturali e ne ammorbidiscano l’impatto visivo.

D) Valorizzazione delle risorse ambientali, soprattutto là dove, come sulla costa, esse sono, a un tempo, di maggiore consistenza e qualità e più sottoposte alla pressione di interventi finalizzati unicamente al loro sfruttamento economico. Oltre alle specifiche iniziative di valorizzazione ambientale e sociale prevedibili per la diverse componenti del sistema costiero (Costa dei barbari, Baia Sistiana, Duino, Villaggio dei Pescatori, Risorgive del Timavo), cui in parte si è già fatto cenno, meritano d’essere prese in considerazione alcune specifiche ipotesi quali: (i) la realizzazione di un percorso pedonale (eventualmente affiancato, dove possibile, da piste ciclabili e tratti di itinerario ippico) che dalle sorgenti del Timavo, attraverso un percorso litoraneo di costa tra il Villaggio dei Pescatori e Duino, riprenda il Sentiero di Rilke e, proseguendo oltre la Costa dei barbari e Santa Croce, si connetta al Sentiero di Kugy e perciò, attraverso la Strada napoleonica fino ad Opicina e la Val Rosandra, percorra l’intera provincia fino a Muggia; (ii) la realizzazione del parco delle Risorgive del Timavo, anche come ideale cerniera tra il sistema costiero e quello costituito dalle numerose risorse storiche e naturali del Carso interno; (iii) la valorizzazione del complesso edilizio e culturale costituito da Duino e dalla presenza in esso dello storico castello dei duchi di Turn und Taxis e del Collegio del Mondo Unito.

NOTE

(1) è opportuno a questo punto precisare cosa si intende con queste espressioni. Per tutela dell'"integrità fisica" del territorio si intende la considerazione dei connotati materiali essenziali dell'insieme del territorio e delle sue componenti (sottosuolo, suolo, soprassuolo naturale, corpi idrici, atmosfera) e la loro preservazione da fenomeni di alterazione irreversibile e di intrinseco degrado, in termini atti a perseguire la conservazione, od il ripristino, o la ricostituzione, di situazioni di equilibrio, anche dinamico, sia reciproco tra le componenti naturali ed i loro processi evolutivi e/o autoriproduttivi, sia tra il contesto ambientale e la vita umana, considerata come fruizione del primo a scopi di mantenimento degli individui e di perpetuazione della specie, di produzione di beni mediante azioni intenzionali di trasformazione, di insediamento. Per tutela dell'"identità culturale" del territorio si intende il mantenimento dei connotati conferiti all'insieme del territorio, e/o a sue componenti, dalla vicenda storica, naturale ed antropica, mediante la preservazione delle testimonianze materiali di tale vicenda, l'identificazione delle regole che vi abbiano presieduto e la conservazione delle caratteristiche, strutturali e formali, che ne siano espressioni significative, in quanto risultato della permanenza di tali regole ovvero di particolari eventi od azioni umane, attraverso attività di manutenzione, restauro, ripristino, degli elementi fisici in cui, e per quanto, tali caratteristiche siano riconoscibili, nonché attraverso utilizzazioni coerenti con esse.

3. Un sistema di analisi finalizzate

Premessa

La delicatezza del territorio e la complessità dei problemi ha indotto a sviluppare un lavoro di analisi accurato e precisamente “mirato” all’approfondimento di quegli aspetti che, sulla base dell’analisi preliminare e delle conseguenti valutazioni, erano apparsi come centrali. Nei successivi paragrafi si dà una sommaria indicazione dei temi sviluppati, rinviando ai capitoli successivi una più completa indicazione dei diversi aspetti esaminati e dei risultati che da ciascuna analisi sono emersi ai fini della redazione del progetto di piano.

I responsabili dei vari settori di analisi hanno sistematicamente collaborato con i progettisti del nuovo PRG, perseguendo la finalità principale del lavoro, che era quella di fornire un supporto alle scelte di piano. Il loro lavoro si è strettamente intrecciato con l’elaborazione del progetto di piano, talché non è del tutto agevole tracciare una netta separazione tra i due lavori (quello di analisi e quello di progettazione). Così, ad esempio, l’analisi geologica e quella delle risorse naturali hanno fornito gli input essenziali per individuare le tutele da inserire nel progetto di piano (e gli stessi capitoli di analisi si concludono con specifiche indicazioni pre-normative), l’analisi della situazione della popolazione e delle abitazioni ha fornito direttamente i dati per il dimensionamento del piano, l’analisi delle risorse agricole e quella delle risorse storico-culturali hanno guidato alcune delle più significative scelte del progetto di piano, e lo studio sull'assetto del sistema dei trasporti ha fornito alcune precise indicazioni progettuali, che sono state decisive per affrontare in modo innovativo (e parsimonioso) il problema della razionalizzazione e della vivibilità del sistema insediativo centrale.

Ma al di là della loro funzione specifica (aiutare e guidare nella redazione del progetto di piano) i materiali prodotti possono essere utilizzati in altri modi, per dispiegare appieno le loro potenzialità. Possono essere utilizzati trovando una loro collocazione all’interno di iniziative didattiche, che il Comune vorrà promuovere con le scuole di Duino Aurisina, e possono esserlo nella costruzione del monitoraggio del piano, una volta giunto nella fase di gestione.

L’assetto geomorfologico

L’analisi degli aspetti geomorfologici e idrogeologici è, per così dire, l’analisi di base: da essa scaturiscono infatti le indicazioni sulle limitazioni che è necessario porre alle trasformazioni fisiche del territorio al fine di salvaguardare le risorse essenziali alla vita del genere umano (in primo luogo le risorse idriche), e di evitare i rischi derivanti da un irrazionale uso del territorio in relazione alla sua stabilità.

Delle analisi è stato incaricato il dott. Aldo Canziani, con l’incarico specifico di classificare il territorio sulla base delle caratteristiche di pericolosità per l’uomo e di vulnerabilità delle risorse naturali, con particolare riferimento all’acquifero carsico e alla stabilità dei versanti.

Ciascuno degli elementi che conformano la struttura fisica del territorio (doline, grotte, versanti scoscesi, sedimenti, aree interessate da attività estrattiva in atto o conclusa, ecc.) è stato valutato sotto il profilo geotecnico, geostatico, e in relazione alle possibilità di infiltrazione degli inquinanti nel sottosuolo.

La natura e la storia,

produttrici di risorse territoriali

Il processo di formazione storica del territorio, il suo assetto fisico attuale, la conformazione del paesaggio, le caratteristiche dell’ambiente naturale e le prospettive della produzione agricola sono realtà strettamente intrecciate tra loro. Si è perciò deciso di costituire un unico gruppo di lavoro, composto da specialisti di diversa competenza e qualificazione, che insieme (opportunamente coordinati) svolgessero le analisi necessarie presentandole già in forma opportunamente sintetizzata e finalizzata alle scelte di pianificazione. Il gruppo di lavoro è stato costituito conferendo alla prof.ssa Matelda Reho l’incarico di coordinarlo e di condurre, in particolare, le anali necessarie allo studio del paesaggio agrario e delle sue tendenze evolutive (anche in relazione ai finanziamenti europei), e incaricando dell’analisi di specifici aspetti il dott. Luigi Barbana (produzione agricola), il dott. Giovanni Pollastri (aspetti vegetazionali e faunistici), gli architetti Vincenzo Lavarra e Beatrice Micovilovich (analisi delle strutture edilizie storiche), la dott.ssa Marina Dragotto (analisi della cartografia storica e individuazione dei beni archeologici storico-artistici ,e testimoniali).

Al gruppo di lavoro erano affidati i seguenti compiti:

A) Valutazione delle dinamiche del settore agricolo, della relativa domanda di trasformazioni ed utilizzazioni del territorio nonchè delle caratteristiche del paesaggio agrario, ai fini della sua tutela, attraverso: l'analisi cartografica delle aziende agricole, un'indagine su aziende campione, l'elaborazione cartografica automatica dei dati ottenuti.

B) Rilievo dell'uso del suolo attraverso la lettura delle foto aeree disponibili ed integrando e aggiornando le informazioni attraverso un rilievo sul campo.

C) Rielaborazione dei materiali esistenti inerenti la capacità d'uso dei suoli.

D) Costruzione di una carta delle presenze di elementi significativi di flora e fauna.

E) Ricostruzione delle dinamiche trasformative del territorio e delle persistenze dei segni dei suoi assetti storici, attraverso il confronto cartografico fra i catasti austriaci otto-novecenteschi e la serie storica dell'Igm, nonchè, anche su tale base: individuazione cartografica delle unità edilizie e degli altri manufatti di interesse storico-artistico, storico-architettonico e storico-testimoniale; rilievo delle predette unità edilizie, comunque comprendente la raccolta ed il montaggio dei mappini catastali dei relativi piani-tipo;

Come si comprenderà agevolmente dalla lettura dei paragrafi che seguoino, la struttura delle analisi relative all’assetto fisico del territorio extraurbano, alla sua forma e alla sua struttura, alla sua formazione storica, rispecchia l’organizzazione del lavoro descritta nel documento programmatico. Essa consta essenzialmente di tre parti, articolate in diversa misura al loro interno. Una prima parte (capitolo 5) è dedicata alla ricognizione delle emergenze vegetazionali e faunistiche ed è sintetizzata nell’etichetta “le risorse naturali”. La seconda e la terza (capitoli 6 e 7) si occupano invece delle risorse del territorio agricolo-rurale, in larga parte prodotte dalle attività dell’uomo, sia quando queste danno più semplicemente origine alla produzione di beni alimentari, sia quando hanno contribuito a creare l’ identità storico-culturale dei luoghi.

Alla relazione è strettamente associato il voluminoso bagaglio cartaceo delle tavole di analisi e valutazione, prodotto per lo più anche su supporto magnetico. Esso è riportato molto limitatamente in questa relazione. L’Amministrazione comunale, d’intesa con i progettisti, valuterà la possibilità di renderla nota in modo più ampio.

Popolazione, attività funzioni

Claudia Cargnoni

Le prestazioni costituenti l'incarico, alle quali la professionista si obbliga, consistono nelle seguenti elaborazioni statistiche di dati, provenienti principalmente da fonte ISTAT, ed in particolare dai censimenti della popolazione e dell'industria e dei servizi del 1981 e del 1991 (dati individuali):

A) Popolazione:

- distribuzione della popolazione per sesso, classi di età, titolo di studio e condizione professionale; confronti 1991.1981;

- distribuzione della popolazione per aree territoriali secondo le caratteristiche demografiche e sociali;

- caratteristiche delle famiglie (età dei componenti, ecc.);

- previsioni demografiche e stima dei nuclei familiari al 2001;

B) Residenza:

- distribuzione delle abitazioni, per aree territoriali, secondo le caratteristiche fisiche (anno di costruzione, numero di stanze), il titolo di godimento degli occupanti e la figura giuridica del proprietario;

- caratteristiche dell'affollamento abitativo secondo le aree statistico territoriali;

- stima del fabbisogno abitativo pregresso e aggiuntivo al 2001;

C) Attività economiche:

- distribuzione delle unità locali per ramo di attività, tipo e dimensioni della superficie impegnata, numero di addetti, secondo la localizzazione per aree territoriali; confronti 1991-1981;

- stima del fabbisogno derivante da rilocalizzazione, da razionalizzazione e da crescita e sviluppo.

l rilievo degli edifici e delle infrastrutture

L’architetto Alessio Princic è stato incaricato dal Comune di procedere, con la massima tempestività possibile, a una serie di analisi ed elaborazioni finalizzate ad aggiornare, completare e integrare la descrizione dell’assetto fisico del territorio urbanizzati. I sui compiti specifici sono stati pertanto i seguenti:

A) Aggiornamento cartografico della Carta tecnica regionale in scala 1:5.000, nei formati forniti dal Comune, per i manufatti edilizi e per le reti tecnologiche non presenti in tale cartografia.

B) Rilievo dello stato di fatto delle unità edilizie, associando ad ognuna di esse individuabile in cartografia, così come aggiornata, le seguenti informazioni dedotte da un rilievo di campagna: il numero dei piani, l'altezza (stimata), il numero delle unità immobiliari (stimato dal numero di ingressi), le utilizzazioni in atto (con riferimento ad un numero limitato di classi), onché le seguenti valutazioni ottenibili attraverso la lettura diretta della cartografia: la superficie coperta, il volume (stimato moltiplicando la superficie coperta per l'altezza stimata), annotazioni qualitative.

C) Rilievo delle reti tecnologiche esistenti associando ad ogni segmento individuabile, nelle cartografie tecniche o nelle planimetrie disponibili presso il Comune, le caratteristiche tecniche essenziali. Per le reti urbane (strade, fogne, gas, acqua, illuminazione pubblica) lo stato di fatto è ricostruito con precisione sufficiente alla sua traslazione in un elaborato grafico a ciò specificamente dedicato.

D) Quantificazione dell'attività edilizia dell'ultimo decennio, attraverso la sistematizzazione dei dati disponibili presso gli uffici comunali. In particolare, sono forniti i seguenti dati: numero delle unità edilizie e delle unità immobiliari aggiuntive, superfici edilizie aggiuntive, utilizzazioni esclusive o prevalenti. I dati sono organizzati su base annua ed essere distinti per: localizzazione (con riferimento ai singoli centri abitati), categoria d'intervento (distinguendo le trasformazioni operate in diretta attuazione del P.R.G.C. e quelle operate in attuazione di uno strumento urbanistico attuativo, ed indicando nel secondo caso il tipo di strumento).

E) Schede qualitative, una per ciascuno del borghi carsici, con la descrizione speditiva e la valutazione delle principali caratteristiche e dei problemi esistenti, in relazione agli aspetti fisici ed alla qualità storico-testimoniale, eventualmente arricchite da cenni alla situazione economica, sociale, culturale.

L’assetto urbanistico

In stretto coordinamento con il responsabile locale dell’urbanistica, Roberto Bovo, è stato attentamente valutato lo stato dell’attuazione del piano regolatore vigente. Sono state puntualmente censite le aree edificabili non ancora trasformate, le aree soggette a pianiicazione esecutiva in itinere, le aree vincolate ad attrezzature di interesse collettivo, distinte per categoria e per grado di attuazione.

E’ stato compiuto un dettagliato sopralluogo dei nodi critici evidenziati durante gli incontri periodici con l’Amministrazione, e sono state acquisite le necessarie informazioni sui vincoli derivanti da atti amministrativi e legislativi riguardanti gli immobili ricadenti nell’ambito comunale.

Infine si è effetuata una ricognizione degli spazi pubblici, per valutarne le caratteristiche, lo stato di manutenzione, la trasformabilità in relazione alle ipotesi di riqualificazione degli insediamenti ipotizzate dal progetto del nuovo piano regolatore

La mobilità

La questione della mobilità e delle connesse infrastrutture è una delle più rilevanti per l’assetto dell’insediamento centrale. Si era deciso inizialmente di incaricare delle relative indagini la prof.ssa Mariarosa Vittadini. Senonché, nelle more del perfezionamento dell’incarico la prof.ssa Vittadini era chiamata ad un incarico ministeriale e doveva pertanto rinunciare a continuare il lavoro già intrapreso. Anche su suo suggerimento l’Amministrazione incaricava di svilupparne il lavoro l’ing. Stefano Ciurnelli, il quale veniva incaricato in particolare:

A) Dell'analisi della domanda/offerta di mobilità sia in "periodo ordinario" che in "periodo turistico", per quanto riguarda: la viabilità di grande comunicazione ed il traffico di attraversamento; il ruolo della ferrovia a livello macro (rapporto con Trieste, margini di capacità esistente, possibilità di servizi nel periodo di punta estivo, ecc.) ed a livello micro (collegamenti delle stazioni FS con i recapiti turistici, con i trasporti pubblici automobilistici, ecc.); la viabilità locale; il trasporto pubblico su gomma

B) Della formulazione di ipotesi progettuali di integrazione delle reti cinematiche, di soluzione dei problemi posti dal traffico di attraversamento, di miglioramento degli accessi ai centri abitati e della mobilità in essi (politiche di protezione, eventuali pedonalizzazioni e realizzazioni di piate ciclabili, localizzazione dei parcheggi, ecc.), in stretta interazione con le scelte di assetto e localizzative proposte in sede di redazione della variante generale al vigente piano regolatore generale del Comune di Duino Aurisina - Obcina Devin Nabrezina.

C) In particolare, dell’approfondimento e delle formulazione di specifiche proposte per alcuni problemi che, già dal Documento preliminare, sembravano tali da richiedere uno specifico approfondimento: l’accessibilità alla Baia di Sistiana, l’individuazione delle strutture necessarie per una migliore utilizzazione dell'autostrada, un nuovo ruolo per l’asse stradale statale + provinciale.

4. Il progetto di piano

La struttura logica del piano

La “forma” del piano

Le scelte sono espresse in alcune tavole di progetto, aventi una precisa portata precettiva, in una serie di norme generali e in una serie di schede normative (raccolte in due appendici) riferite a singole unità di spazio o loro categorie (unità edilizia, ambiti soggetti a pianificazione attuativa di dettaglio). Inoltre, gli elaborati di piano contengono l’indicazione di interventi operativi (progetti) o politiche di settore (in particolar modo per l’agricoltura e le infrastrutture) ritenuti di particolare interesse. Si tratta di indicazioni che normalmente non vengono inserite negli strumenti ordinari della pianificazione urbanistica, ma che si è ritenuto opportuno integrare con gli elaborati formali del piano per una duplice ragione: per accentuare la caratteristica operativa che si è voluto conferire al nuovo Prg di Duino Aurisina - Devin Nabrezina; per evitare che le scelte di settore entrassero in conflitto con le scelte di piano.

Componente strutturale e componente programmatica

Le scelte sono distinte, per le ragioni illustrate nel precedente capitolo 2, in scelte scelte strutturali (che concernono tendenze e prospettive di fondo, e sono pertanto valide a tempo indeterminato) e programmatiche (che, invece, nell’ambito di quelle strutturali, rispondono a esigenze che devono essere soddisfatte subito od operazioni e interventi da considerare prioritari). Questi due ordini di scelte danno luogo a due diverse compnenti del piano, che si troveranno distintamente disciplinate nelle tavole di progetto e nell’apparato normativo.

Nell’ambito della componente strutturale il territorio è articolato in parti diversamente caratterizzate: il territorio non urbano, cioè quelle parti nelle quali il processo di antropizzazione non ha conferito caratteri propriamente “urbani”, ma ha lasciato prevalere l’attesso della natura più o meno trasformata dall’opera e dalle attività dell’uomo; il territorio urbano, caratterizzato invece da una struttura fisica e un’organizzazione funzionale pienamente urbana: sia che si tratti di una urbanizzazione continua e prevalentemente compatta, come nell’area dell’insediamento centrale, sia che si tratti di centri rimasti fortemente collegati alle attività agricole e immersi nella campagna, come i borghi carsici.

Filtro primario per qualsiasi trasformazione di ciascuna porzione del territorio, urbano o non urbano, è costituito dalle limitazioni necessarie in relazione alla situazione del sistema idrogeologico.

L’articolazione del territorio non urbano

Il territorio non urbano è articolato e disciplinato in relazione a diversi aspetti, e a diversi obiettivi.

Una prima articolazione riguarda, sostanzialmente, il territorio come forma e come paesaggio determinato dall’assetto della vegetazione. Da questo punto di vista le “Componenti della morfologia, della vegetazione e del paesaggio” che sono state individuate sono le seguenti:

  1. parti del territorio nelle quali si pone l’obiettivo della tutela della complessità degli ecosistemi naturalistici; si tratta del territorio, che ha come epicentro il complesso del Monte Ermada, ma interessa anche aree verso San Pelagio e verso la costa, nelle quali le associazioni biotiche hanno raggiunto un maggiore equilibrio e nelle quali quindi la tutela della complessità naturalistica, e del paesaggio che essa determina, assume carattere prioritario;
  2. parti del territurio alle quali - in ragione delle loro caratteristiche e della posizione che occupano nel disegno del piano - viene assegnato un ruolo di connessione biologica e funzionale del sistema naturalistico: connessione biologica, nel senso che devono garantire la transizione e il passaggio delle speci, rispettivamente vegetali e animali, e connessione funzionale, nel senso che costituiscono i luoghi dei percorsi per la fruizione ricreativa delle aree naturalistiche;
  3. parti del territorio nelle quali vanno invece privilegiate le utilizzazioni agricole di controllo dei caratteri del paesaggio, e nelle quali quindi gli interventi necessari per l’esercizio delle attività agricole siano progettati e realizzati in modo da garantire la conservazione, il ripristino e la valorizzazione: delle colture tradizionali, delle forme tradizionali di integrazione produttiva tra colture, degli assetti poderali, della viabilità poderale ed interpoderale; della rete dei fossi, dei canali di irrigazione e di scolo, e in generale delle tracce e dei segni sul territorio che testimonino di precedenti assetti morfologici e proprietari;
  4. parti del territorio di preminente interesse agricolo, volte primariamente allo sviluppo delle attivita agricole sia mediante la conferma di quelle esistenti, sia mediante le necessarie trasformazioni colturali e la messa a coltura di terre oggi utilizzate per altri fini.
  5. Una seconda articolazione del territoio non urbano, che interessa in parte i medesimi territori, precisa la disciplina in relazione agli elementi e complessi d’interesse naturalistico. All’interno delle aree a più spiccato carattere naturalistico (quali quelle di cui alle lettere A) e B) del precedente capoverso) è opportuno dare indirizzi e condizioni d’uso e di gestione diversi a secondo che si tratti di rovereto, di bosco ripariale, di vegetazione mediterranea, di pinetae altri boschi, di landa o di prato. La tendenza che la disciplina vuole stimolare è naturalmente la massima tutela, e tendenzialmente l’ampliamento, delle superfici interessate dalle associazioni biotiche di maggior interesse (quale il rovereto) e di quelle che caratterizzano il paesaggio tradizionale del Carso (come la landa).
  6. In tutto il territorio non urbano sono poi presenti altri elementi d’nteresse naturalistico, ugualmente disciplinati in relazione alle trasformazioni fisiche ammissibili e alle utilizzazioni compatibili: si tratta delle doline, delle cavità carsiche, delle cave dismesse, e di alcuni eccezionali complessi vegetazionali e faunistici.

Altri elementi territoriali nelle aree non urbane

Se nel territorio non urbano le caratteristiche naturali sono prevalenti, in alcune sue parti la storia ha prodotto modificazini profonde e ha introdoto elementi di piena artificialità. Si tratta però di elementi che non assumono il carattere peculiarmente urbano (e cioè la ricchezza e organicità dell’infrastrutturazione, la complessità di funzioni, l’articolazione di funzioni e la ricchezza di relazioni). Queste parti del territorio sono state perciò disciplinate in modo specifico.

Esse sono state articolate in due serie di elementie ciascuna serie è caratterizzata da una differente qualità: elementi del sistema insediativo ed elementi d’interesse storico.

Gli elementi del sistema insediativo comprendono una serie di strutture insediative specialistiche (progettate e costruite, cioè, in relazione a una particolare utilizzazione la quale ne ha conformato l’assetto morfologico), volta per volta finalizzate alle attività connesse con l’agricoltura, alle le attività portuali, alla fruizione turistica, alla fruizione turistica all’aperto. Analogo ruolo territoriale, e analoga disciplina, viene riconsciuti alle aree di escavazione in atto e alle aree suscettibili di escavazione.

Tra gli elementi del sistema insediativo si è classificata anche un’ulteriore serie (peraltro limitata) di elementi, a cavallo tra l’”urbano” e il “non urbano”. Si tratta di alcune appendici dell’nsediamento centrale: aree alle quali è difficile attribuire un significato e un ruolo urbano, essendo prive di tutti gli attributi che una città caratterizzano: conglomerati di tipologie edilizie nate per essere collocate isolatamente sul territorio agricolo, e aggregate unicament per ragioni di convenienza economica. Di questi elementi, che si sono definiti strutture insediative periurbane,. si propone il puro e semplice mantenimento.

Altri elementi rilevanti, presenti nel territorio non urbano, sono gli elementi d’interesse storico. Essi comprendono un insieme di edifici, manufatti, complessi nei quali risiede uno degli aspetti essenziali della qualità e della civiltà del territoruio duinese. Finalità dell’accurata individuazione e della disciplina operata con il paino non è solo la loro tutela (che rimane l’esigenza primaria) ma anche quella della loro valorizazione mediante un’attenmta organizzazione della fruizione turistica, ricreativa e culturale.

L’articolazione morfologica delle aree urbane

Il piano attribuisce le aree che compongono il territorio urbano a quattro categorie, distinte in ragione delle caratteristiche dell' organizzazione morfologica, cioè delle caratteristiche riconoscibili e distintive dell'organizzazione territoriale, dell'assetto della rete viaria, dell'impianto fondiario, della configurazione degli isolati e dei lotti. Tali categorie di aree sono le seguenti:

  1. Aree urbane ad organizzazione morfologica complessa, cioè quelle la cui configurazione fisica realizza un modello insediativo di per sé atto ad una marcata compresenza, seppure a diversi livelli di complessità, di pluralità di utilizzazioni, tra le quali, prevalentemente, quella abitativa; tra le aree urbane ad organizzazione morfologica complessa il piano distingue, e distintamente perimetra e disciplina, gli insediamenti urbani storici, altre aree urbane caratterizzate dall'unitarietà del disegno originario e dal suo sostanziale mantenimento, cioè i nuclei originari dei villaggi istriani, e le altre aree urbane ad organizzazione morfologica complessa, definiti addizioni urbane;
  2. Aree urbane ad organizzazione morfologica specialistica, cioè quelle la cui configurazione fisica realizza un complesso di spazi atti ad utilizzazioni specifiche, a loro volta articolate in: aree urbane ad organizzazione morfologica specialistica per la produzione di beni, cioè quelle la cui complessiva configurazione risponde soltanto ad una loro coerente utilizzabilità a fini di produzione di beni, materiali; aree urbane ad organizzazione morfologica specialistica per la produzione di servizi, cioè quelle la cui configurazione risponde soltanto ad una loro coerente utilizzabilità a fini di produzione e/o erogazione di servizi, pubblici e/o privati; aree urbane ad organizzazione morfologica specialistica per la fruizione collettiva, cioè quelle la cui complessiva configurazione risponde soltanto ad una loro coerente utilizzabilità a fini di fruizione collettiva (sport, servizi ecc.).
  3. Le aree urbane a morfologia complessa sono a loro volta articolate in funzione delle differenti caratteristiche qualitative e ai diversi conseguenti obiettivi:
    - gli insediamenti storici comprendono gli originari nuclei (sostanzialmente i borghi carsici) nei quali gli interventi sono orientati alle trasformazioni edilizie nel rispetto delle caratteristiche del tipo cui le singole unità edilizie sono attribuite, secondo regole di trasformazione, definite per ciascun tipo, disciplinate in una serie di schede normative che costituisnono allegato alle Norme, e loro parte integrante;
    - i nuclei originai dei villagi istriani, nei quali le trasformazioni sono orientate a criteri analoghi delle precedenti, ma con una minore necessità di fedeltà alle caratteristiche originarie dei tipi edilizi;
    - le addizioni urbane, comprendenti le parti edificate in discontinuità con le originarie regole insediative, nelle quali quindi sono ammesse più profonde trasformazioni e rielaborazioni delle unità edilizie esistenti;
    - le addizioni urbane contigue a componenti di pregio paesaggistico, analoghe alle precedenti per quanto riguarda l’impianto urbano e le caratteristiche edilizie, ma collocate in relazione a siti e visuali di notevole interesse paesaggistico, e quindi tali da richiedere particolari attenzioni e limitazioni nella ristrutturazione edilizia.

Le modalità d’intervento per le aree urbane

Distinte così le parti del territorio in ragione della loro configurazione morfologica, e del conseguente obiettivo posto alle trasformazioni, il piano le distingue poi ulteriormente a seconda dell’obiettivo che per esse si pone. Le diverse aree urbane vengono perciò distinte in relazione ad una delle seguenti modalità d'intervento:

a) organizzazione morfologica da mantenere, ove è prescritta la conservazione dei connotati concreti della sua attuale organizzazione morfologica, ammettendosi differenti trasformabilità delle singole unità di spazio;

b) organizzazione morfologica suscettibile di ristrutturazione, ove si è possibile, facoltativamente, di riorganizzarel’area secondo un'organizzazione morfologica diversa da quella attuale, un vero e proprio ridisegno, ma sempre conformi alle caratteristiche proprie dell'organizzazione morfologica della categoria di aree alla quale l'area appartiene;

c) organizzazione morfologica da ristrutturare, ove sia prescritto di conferire all'area un'organizzazione morfologica diversa da quelli in essere, ma sempre conformi alle caratteristiche proprie dell'organizzazione morfologica della categoria di aree alla quale l'area considerata attualmente appartiene;

d) organizzazione morfologica da realizzare mediante ristrutturazione, ove si prescrive di conferire, mediante ristrutturazione urbanistica, all'area medesima un'organizzazione morfologica avente connotati concreti non soltanto diversi da quelli in essere, ma anche conformi alle caratteristiche proprie della nuova organizzazione morfologica della categoria di aree alla quale si intende che l'area considerata appartenga in conseguenza delle trasformazioni, diversa dalla categoria di aree alla quale l'area considerata attualmente appartiene;

e) organizzazione morfologica da realizzare mediante nuovo impianto, ove si preveda la realizzazione ex novo dell'area urbana mediante trasformazione di una porzione di territorio attualmente non urbanizzato, conferendole un'organizzazione morfologica conformi alle caratteristiche proprie dell'organizzazione morfologica della categoria di aree alla quale si intende che l'area considerata appartenga in conseguenza delle trasformazioni.

Gli ambiti di progettazione unitaria

Il piano è direttamente operativo per tutte le parti del territorio nelle quali le trasformazioni edilizie devono rispettare le regole costitutive dell’organizzazione urbana (tracciati stradali, organizzazione dei lotti, rapporti tra edificato e scoperto ecc.). Per le parti del territorio urbano nel quale sono invece previste trasformazioni profonde, radicali ristrutturazioni urbanistiche o realizzazione di aree urbane di nuovo impianto, è prescritta la preliminare formazione di uno strumento urbanistico attuativo.

Tali parti sono denominate ambiti, e sono perimetrate e contrasseghnate nelle tavole di piano. Per ciascun ambito è stata formata una scheda, nella quale sono contenute tutte le indicazioni (prescrizioni o direttive) cui ci si dovrà attenere nella redazione del piano attuativo: le utilizzazioni, previste e i reciproci rapporti, le quantità edilizie e le quantità di superfici adibibili ai vari usi, l’organizzazione dell’area e le sue connessioni con le altre parti della città, e tutte le altre prestazioni che l’area, una volta urbanizzata o ri-urbanizzata, deve fornire all’insieme del sistema urbano.

Nelle schede d’ambito sono anche precisate le regole che occorre rispettare negli interventi posti in essere prima della formazione del piano attuativo. Queste sono, in generale, analoghe a quelle vigenti nelle parti del territorio di analoghe caratteristiche non subordinate a strumento urbanistico attuativo.

La componente programmatica

La componente strutturale del piano , come più volte s’è detto, definisce, per ogni unità di spazio, le trasformazioni fisiche ammissibili e le gamme di utilizzazioni compatibili, con validità a tempo indeterminato. All’interno di questa serie di scelte, e di questa gamma di possibilità trasformative, è poi la componente programmatica del piano che definisce, volta per volta, quali di quelle scelte devono divenire operative, in che modo selezionare rispetto alle possibilità trasformative consentite.

Così, ad esempio, è la componente programmatica del piano che stabilisce per quali, dei numerosi ambiti previsti, si debba o si possa formare il relativo piano urbanistico attuativo. E nel caso di piani urbanistici attuativi la cui realizzazione e prevista sia articolata per parti e fasi, è nell’a componente programmatica che si stabilisce quale parte attuare, e quindi autorizzarne i progetti edilizi.

Così, ancora, è la componente programmatica che stabilisce quali, tra le aree utilizzabili per la fruizione colletiva, debbano essere utilizzate per gli standard urbanistici, mediante conferma delle utilizzazioni attuali oppure mediante acquisizione di aree aventi adesso altra utilizzazione. È nell’ambito della componente programmatica che si stende il bilancio degli standard: cioè che si commisura il totale delle aree disponibili per le varie categorie di standard ai carichi urbanistici conseguenti all’attivazione delle scelte di trasformazione.

Così, infine, è la componente progrmmatica che definisce quali sono i progetti di opere pubbliche da progettare e finanziare, quali siano le intese con soggetti diversi da attivare, quali le politiche da promuovere per attuare le previsioni del piano.

Il dimensionamento del piano

Premessa

Il dimensionamento del piano è puntualmente documentato nelle tabelle in appendice alla presente relazione. Qui ci si limita a illustrare i criteri generali assunti e i risultati quantitativi.

Residenza

Per quanto riguarda la residenza si sono distinte due aree: quella costituita dagli edifici esistenti e dalla popolazione e le attività presenti al 1995 (stock esistente), e quella costituita dall’offerta di spazi di nuovo insediamento e dalla domada costituita da stime sul fabbifogno futuro (stock di progetto).

Per lo stock residenziale esistente il mero calcolo quantitativo sembrerebbe indicare che l’attuale rapporto tra alloggi e famiglie sia adeguato, nel senso che non si manifesta né un deficit di domanda né un deficit di offerta. Il calcolo rivela infatti un sostanziale equilibrio quantitativo delle abitazioni rispetto alle famiglie attualmente insediate: a 3614 abitazioni corrispondono 3591 famiglie. In realtà una certa quota di abitazioni è inoccupata (342). Inoltre le dimensioni familiari, mentre non sempre corrispondono alle dimensioni degli alloggi, tendono a decrescere: si manifesta perciò una domanda insoddisfatta, derivante dalla necessità di migliorare la situazione abitativa e dalla suddivisione dei nuclei familiari. La domanda attuale non soddisfatta dall’offerta attuale (fabbisogno pregresso) è stata stimata in 250 abitazioni circa. Le dinamiche della popolazione e dei nuclei familiari portano ad individuare un fabbisogno aggiuntivo, pari a 330 abitazioni circa. Il totale della non soddisfatta dall’attuale offerta insoddisfatta è quindi pari a circa 580 abitazioni.

Sottese alla stima quantitativa assunta sono due ipotesi-obiettivo: che le famiglie tendano a migliorare il proprio standard abitativo, utilizzando tendenzialmente abitazioni di maggiori dimensioni; che le famiglie tendano ad occupare preferibilmente le abitazioni che via via si vuotano.

Una parte di questa domanda ha già trovato risposta nelle abitazioni realizzate nell’ultimo quinquennio, pari a 210 unità circa. Il Prg deve quindi fornire un’offerta aggiuntiva di circa 370 abitazioni. Tale quantità è soddisfatta dal progetto di Prg attraverso un’offerta programmata, la quale comprende sia l’utilizzazione dei lotti edificabili puntualmente individuati (pari a 180 abitazioni circa), sia l’attuazione di nuove urbanizzazioni negli ambiti individuati dal Prg (pari a 190 abitazioni circa).

Va infine rilevato che all’offerta aggiuntiva come sopra determinata si aggiunge di fatto quella costituita dalle possibilità (offerte dal piano) di ampliamento delle singole unità edilizie esistenti. Questa quota (pari a 410 abitazioni circa) non è stata computata ai fini del bilancio tra domanda e offerta di abitazioni, ma se ne è tenuto conto per determinare il massimo carico urbanistico, e quindi per verificare il rispetto degli standard di spazi pubblici e d’uso pubblico.

Le attività produttive

Analoghi criteri sono stati seguiti per dimensionare l’offerta aggiuntiva di spazi per le attività produttive. Sono state individuate due componenti del fabbisogno per le attività manifatturiere industriali e artigianali, relative alla razionalizzazione delle attività esistenti, pari a 3.700 mq circa di superficie coperta, e alla crescita e alo sviluppo del settore, pari a 12.300 mq, per un totale complessivo di circa 16.000 mq.

A questa domanda il Prg fornisce un’offerta di circa 20.000 mq di superficie coperta, interamente costituita da ambiti che confermano scelte del Prg vigente, coperte da strumenti attuativi già approvati.

Gli spazi pubblici e d’uso pubblico

Gli spazi pubblici e d’uso pubblico necessari in relazione al massimo dei carichi urbanistici derivanti dall’utilizzazione piena delle possibilità offerte dal progetto di Prg sono pari complessivamente a 250.372, corrispondenti a un carico urbanistico di 10.739 abitanti.

Ad essi corrisponde un’offerta corrispondente a 342 mila mq circa, di cui 156 mila circa corrispondenti ad aree già utilizzate per gli specifici usi previsti e 186 mila circa di nuova previsione.

Le aree di nuova previsione sono state individuate e localizzate in relazione a tre ordini di esigenze: distribuire sul territorio le aree in relazione alla distribuzione delle popolazione, per migliorarne l’accessibilità; equilibrare le dotazioni in relazione alle diverse categorie di standard preiste lalle norme regionali; inserirsi nel disegno complessivo della riorganizzazione dell’insediamento.

Per quanto riguarda il riequilbrio tra le categorie di stadard va osservato che le dotazioni attuali rivelano una carenza molto forte per i parcheggi e il verde. Date le scarse disponibilità finanziarie del Comune si è massimizzata la quota di standard a carico delle trasformazioni promosse da operatori privati, ponendo a carico di ciascun ambito una quantità più che proporzionale al carico insediativo del singolo ambito.

Le scelte generali e il disegno del piano

Due sistemi territoriali

Le caratteristiche del territorio e della dinamica, naturale e antropica, che su di esso si svolge ha indotto ad articolare le scelte di piano attorno a due grandi sistemi, certamente intrecciati tra loro ma ciascuno dotato di problemi, esigenze e prospettive sostanzialmente diversi: il territorio urbano e quello extraurbano.

Mentre per il territorio urbano il problema emergente è apparso quello costituito dal sistema insediativo costiero (da Duino ad Aurisina, con i prolungamenti di San Giovanni - Villaggio del Pescatore e Santa Croce), dal suo disordine tedenziale, dal rapporto conflittuale con le arterie stradali e ferrociarie, per il territorio exraurbano il problema emergente è apparso quello del tendenziale deperimento del rapporto tra le potenzialità dell’agricoltura e del paesaggio, naturale e antropico, rinvenibili sia nella situazione attuale sia nel suo processo di formazione storica, e i processi di trasformazione in atto negli anni recenti (ma come proiezione di una evoluzione secolare).

Le scelte per il sistema centrale e la costa

L’obiettivo di fondo per il sistema insediativo centrale è di conferire una individualità a ciascuno degli insediamenti che lo compongono, integrandoli tra loro e con le restanti parti dell’organizzazione territoriale. Ostacola il raggiungimento di questo obiettivo l’attuale rapporto tra i tessuti edilizi e le infrastrutture stradali che li attraversano. Per raggiungere quell’obiettivo le scelte di fondo che il piano propone sono le seguenti:

  1. Rigoroso contenimento dell’edificazione lungo la direttrice costiera, interrompendo la continuità edilizia tra i diversi centri con l’interposizione di ampi spazi da mantenere liberi da edifici e adbiti a utilizzazioni che consentano un elevato cntrollo paesaggistico. Organizzazione, insomma, della fascia lingo la strade statale e provinciale come un alternarsi di “pieni” e di “vuoti”.
  2. Riprogettazione dell’infrastruttura stradale centrale (statale + provinciale) al fine di rallentarne il percorso, di distingere i segmenti che attraversano i “pieni” dagli altri, di ridisegnare la carreggiata e le fasce ad essa contigue - nei segmenti corrispondenti ai “pieni” - per costituirne una sorta di Main Street dei centri attraversati, l’interposizione di una serie di piccole rotatorie in corrispondenza dell’ingresso (da entrambe le direzioni) di ciascuno dei centri.
  3. Individuazione di aree, poste preferibilmente nella direzione perpendicolare alla linea costiera, nelle quali collocare le urbanizzazioni di nuovo impianto per la residenza e i servizi, e per le altre necessità emerse.
  4. Ridisegno di alcuni svincoli di connessione con l’autostrada, al fine di stimolare l’utilizzazione di quest’ultima per tutti i traffici diversi da quelli tra i singoli centri, e riorganizzazione delle stazioni ferroviarie in vista di una utilizzazione di tipo metropolitano di quest’ultima, almeno nei periodi di punta delle frequenze turistiche.
  5. Individuazione di percorsi pedonali e ciclabili di connessione tra i diversi centri e d’integrazione tra questi e le aree di maggior interesse paesaggistico e ambientale. In questo senso, se la strada statale + provinciale assume il ruolo di “centro dei centri urbani”, il Sentiero di Rilke, con la sua proiezione nel Sentiero di Kugy, assume il ruolo di asse delle qualità ambientali, naturali e storiche ed urbane ed extraurbane.

Le scelte per il sistema extraurbano ed i borghi carsici

L’obiettivo di fondo per il territorio extraurbano è quello di valorizzare, nella misura maggiore possibile, ricchissime risorse culturali, naturali ed economiche, invertendo il processo di degrado territoriale avvenuto a partire dal secolo scorso e, in modo più accentuato, negli ultimi decenni. Per raggiungere questo obiettivo una politica meramente di vincolo è assolutamente inefficace. Basta pensare che anche se si lasciasse piena libertà all’azione spontanea degli agenti naturali, impedendo ogni intervento antropico, l’evoluzione naturale in atto è tale da provocare la definitiva scomparsa del residuo paesaggio carsico, l’eliminazione di molte specie autoctone esistenti e, in definitiva, una perdita d’identità. Ugualmente accadrebbe se si mancasse di governare le attività agricole e turistiche che pure sono, di per sé, le più congeniali con l’esigenza di valorizzare le risorse presenti.

Per raggiungere l’obiettivo suddetto le scelte di fondo che il progetto di Prg propone sono le seguenti:

  1. Utilizzazione dell’attività edilizia esclusivamente per la manutenzione e il recupero dell’edilizia e dei centri esistenti, con l’esclusione di ogni ulteriore edificazione in tutte le zone esterne ai borghi e alle loro limitate espansioni, con la sola eccezione di modesti ampliamenti delle costruzioni esistenti.
  2. Ampliamento delle aree adibite alle attività agricole, mediante l’individuazione dei terreni più idonei, generalmente in prossimità dei borghi, sia in funzione di un aumento della produzione agricola qualificata sia ai fini della permanenza degli elementi tipici del paesaggio del Carso. Di conseguenza, definizione di una normativa volta a garantire l’impiego dei metodi, delle tecniche e dei materiali tipici del paesaggio agrario carsolino.
  3. Tutela dei sistemi naturalistici di maggiore pregio, anche mediante prescrizioni per la gestione del patrimonio naturale, e salvaguardia del paesaggio tipico del carso nella sua componente storicamente di maggior estensione (la landa), anche mediante il disincentivo all’espansione del bosco.
  4. Rigorosa tutela del patrimonio insediativo costituito dai borghi del Carso, mediante la rigorosa tutela delle caratteristiche tipologiche e costruttive del patrimonio edilizio esistente e la riproposizione dei modelli tipologici e costruttivi storici all’edificazione nei lotti di nuovo impianto. Dove possibile, individuazione per ogni borgo di una specifica funzione, capace di caratterizzarne l’identità.
  5. Inquadramento e promozione della formazione di una rete di percorsi turistici e ricreativi, tendenzialmente proiettati oltre i confini comunali e statali, che colleghi e consenta la fruizione integrata di tutti gli elementi rilevanti del patrimonio culturale, sia naturale che storico: borghi, castellieri, trincee, aree archeologiche, grotte, abbeveratoi, boschi e radure, emergenze naturalistiche ecc.

Oltre la pianificazione urbanistica

E’ opportuno inserire, in questo punto dell’illustrazione del progetto di Prg, una considerazione di carattere generale. La pianificazione urbanistica deve necessariamente farsi carico di un complessivo “progetto”, tendente a definire un assetto del territorio consistentemente diverso sia da quello attuale sia da quello che si concreterebbe se le tendenze evolutive venissero lasciate alla loro spontaneità. Tale “progetto” (i cui contenuti sono delineati nei due precedenti paragrafi) costituisce la necessaria cornice del Piano regolatore: non può però essergli interamente affidato.

Il Prg, in altri termini, non è da solo in grado di raggiungere l’insieme dei risultati desiderati. Esso può fornire un insieme di proposte, un sistema di tutele e di regole per le trasformazioni fisiche e funzionali che è la premessa dell’azione di valorizzazione. Quest’ultima deve essere perseguita, al di là del piano regolatore, attraverso idonee politiche volte al coordinamento di enti appartenenti a diversi livelli di governo, alla promozione di accordi e intese tra soggetti pubblici e privati, alla definizione di progetti operativi nei vari settori d’intervento, alla cattura dei flussi d’investimento nazionali ed europei. Su tratta di un insieme di azioni che ha nel Prg la sua radice e la sua premessa, ma che deve svilupparsi al di là dei limiti, temporali e disciplinari, della pianificazione urbanistica.

L’articolazione delle scelte

Premessa

Nei precedenti paragrafi si sono delineate le scelte generali che il progetto di Prg propone per il territorio comunale. Nei paragrafi che seguono si precisano, per alcuni dei centri principali, le più specifiche scelte proposte. Per quanto riguarda gli ambiti di progettazione unitaria e quelli relativi alle sistemazioni pubbliche si rinvia comunque alle più ampie indicazioni contenute nelle schede normative.

S. Giovanni

La qualità dell’insediamento di S.Giovanni è legata alla sua relazione con le foci del Timavo e, più in generale, ai beni culturali e naturali che lo circondano. Occorre perciò in primo luogo migliorare l’affaccio del paese verso l’area delle foci e collegare il centro storico, corrispondente in larga misura all’area delle due chiese, con il futuro parco.

Data l’esiguità dell’agglomerato e la vicinanza con l’autostrada e la strada statale si propone di non potenziare il borgo, consentendo in linea di massima solamente leggeri incrementi della volumetria esistente, senza individuare aree di nuovo impianto.

Per l’area immediatamente a ridosso delle foci sono previste particolari limitazioni alle trasformazioni per tutelare il corso sotterraneo del Timavo, così come indidviduato dalle analisi geologiche.

Sono previsti due ambiti di progettazione unitaria:

Il primo ( S.Giovanni - Foci del Timavo) è finalizzato alla reazione di un parco naturalistico-archeologico che ricomprenda l’area tra S.Giovanni e il Villaggio del Pescatore. Direttive per la redazione del piano dell’ambito sono: il recupero della viabilità e della sentieristica a servizio del parco; l’organizzazione degli accessi verso la strada statale 14; il collegamento con l’insediamento storico di S.Giovanni e con l’area archeologica del Randaccio e della grotta del Mitreo; l’individuazione di uno o più edifici da adibire a centro informazioni e servizi del parco e a luogo per esposizioni, da individuare con preferenza nelle vicinanze dell’abitato di S.Giovanni; la concentrazione delle attività ricettive e a servizio della fruizione collettiva nel Villaggio del Pescatore; la creazione di un itinerario acqueo dal villaggio alle foci; il miglioramento dell’accessibilità all’area archeologica dell’acquedotto Randaccio e

Il secondo ambito (S. Giovanni - Cartiera del Timavo) si riferisce alle operazioni di eventuale ristrutturazione o ampliamento della cartiera, che dovranno essere subordinate alla preventiva realizzazione di una schermatura consistente delle strutture edificate della cartiera e di ulteriori opere in funzione del parco ubicate nell’area ad esso contigua, qualora ne emerga la necessità nell’ambito degli studi per la realizzazione del parco del Timavo.

Villaggio del Pescatore

I problemi attuali del Villaggio del pescatore derivano in larga misura dalla commistione fra le principali funzioni attualmente presenti (residenza, produzione, turismo e diporto). Essi possono trovare soluzione solamente specializzando le diverse porzioni del territorio a ciacuna di queste funzioni e concentrando i momenti di integrazione in luoghi appositamente organizzati, quali il lungomare (turismo e ricettività + servizi alle famiglie) o la strada di accesso (funzioni di commercio dei prodotti della pesca e di servizio alla nautica).

Data l’esiguità dell’agglomerato si propone di non potenziare il borgo, consentendo, in linea di massima, solamente leggeri incrementi della volumetria, senza individuare aree di nuovo impianto. Per l’area di primo impianto si prevede il mantenimento della organizzazione viaria e degli attuali rapporti di volumetria e copertura. Per l’area produttiva si prevede un ampliamento in direzione della cava della Cernizza. Per l’area sportiva del mazzuoli si prevede la conferma e l’estensione anche alla seconda isola.

Duino

La risorsa principale del borgo di Duino risiede nella qualità dell’insediamento storico, dovuta sia alla bellezza delle strutture edilizie che al rapporto fra queste e il mare, e nella presenza di alcuni operatori privilegiati, in particolare del Collegio del Mondo Unito. E’ nella sinergia fra questi due elementi che deve essere individuata la chiave per la riqualificazione degli spazi pubblici del borgo.

Il carattere compatto del borgo suggerisce, quale opzione preferenziale, il completamento dell’insediamento, anche attraverso l’urbanizzazione delle aree vuote più consistenti e la riorganizzazione degli spazi pubblici lungo le strade che convergono nella piazzetta centrale.

Per le aree residenziali che sono affacciate direttamente sul mare le trasformazioni e le utilizzazioni sono subordinate alle esigenze di tutela delle caratteristiche del paesaggio e dell’ambiente naturale e perciò, oltre a limitare fortemente aumenti dei volumi e dei rapporti di copertura, sono dettate puntuali disposizioni relative all’assetto degli edifici, degli spazi scoperti, delle recinzioni e degli altri manufatti edilizi.

Per le rimanenti aree si persegue l’obbiettivo di un sostanziale mantenimento dell’assetto attuale, puntando ad una riqualificazione degli spazi pubblici e ad un incremento della dotazione di servizi.

Sono previsti alcuni ambiti di progettazione unitaria . Nell’area Duino - Mitreo si prevede la realizzazione di una piccola area residenziale che contribuisca alla dotazione di verde pubblico della parte superiore dell’abitato, e la costituzione di un’adeguato sistema di collegamenti pedonali e ciclabili con le aree adiacenti. Nell’area prossima allo svincolo tra l’autostrada A4 e la strada statale 14 si prevede la localizzazione di funzioni non residenziali anche tali da generare traffico e/o impatto ambientale elevato, pervia una definizione soddisfacente del sistema di accessi e di parcheggi direttamente affacciato sulla ss 14

Si prevedono inoltre alcuni progetti di sistemazione complessiva a Duino centro (sistemazione della piazzetta centrale; sistemazione dei percorsi pedonali verso il porticciolo, il bosco della Cernizza, l’ingresso al sentiero Rilke; estensione del sentiero verso il castello e il centro del paese; ridisegno della sezione delle strade di attraversamento del centro; creazione di un piccolo giardino pubblico e di una struttura aperta tipo circolo). Le opere previste vanno attuate in accordo con il programma di potenziamento del Collegio del Mondo Unito

Sistiana - Visogliano - Borgo S.Mauro

I tre centri costituiscono ora un’unica unità insediativa, dal carattere assai discontinuo. L’obiettivo è quello di conferire organicità e unitarietà al sistema. Si ritiene individua nel centro di Sistiana e nell’asse fra questo e la stazione, l’elemento ordinatore sul quale concentrare le aree di trasformazione e di nuovo impianto. La mancanza di un sistema efficiente di collegamenti fra le tre parti di Sistiana costituisce l’elemento di maggiore ostacolo e pertanto ciascuna delle trasformazioni previste deve contribuire alla creazione di un efficiente sistema di percorsi e aree di usi pubblico.

La posizione marginale del centro di Visogliano e la sua collocazione esterna rispetto ai limiti che le infrastrutture ferroviarie e autostradali definiscono per l’insediamento centrale suggeriscono di non prevedere aree di nuovo impianto.

La posizione di Borgo S.Mauro, racchiusa all’interno del sistema infrastrutturale, impediscono di fatto la previsione di aree di nuovo impianto. Per il nucleo originario si prevede il mantenimento della organizzazione viaria e degli attuali rapporti di volumetria e copertura.

Il carattere estremamente frammentario dell’edificazione dell’insediamento alle spalle di Sistiana, la vicinanza con la stazione e con l’area di concentrazione dei servizi e delle attività commerciali suggeriscono di prevedere il completamento e la ricucitura di questa parte della trama urbana, e di richiedere, quale opere di urbanizzazione secondaria, il miglioramento dei collegamenti tra la Stazione e il centro urbano e degli attraversamenti dell’autostrada e della ferrovia.

Per le aree residenziali situate tra la strada statale 14 e il mare le trasformazioni e le utilizzazioni sono subordinate alle esigenze di tutela delle caratteristiche del paesaggio e dell’ambiente naturale e perciò, oltre ad escludere aumenti volumetrici e del rapporto di copertura, sono dettate puntuali disposizioni relative all’assetto degli edifici, degli spazi scoperti, delle recinzioni e degli altri manufatti edilizi.

Particolare rilievo, nella riorganizzazione del sistema insediativo Sistiana - Visogliano - San Mauro (e dell’intero assetto dell’insediamento centrale) assume la realizzazione del previsto insediamento ruristico e balneare di Baia Sistiana, per il quale è definito uno specifico ambito di progettazione unitaria. La vicenda pregressa è nota: essa è del resto puntualmente descritta nel Documento preliminare, al quale si rinvia). Le scelte che si sono definite nell’ambito del progetto di Prg, puntualmente descritte nella relativa scheda d’ambito, vogliono raggiungere una molteplicità di obiettivi:

  1. salvaguardare al massimo le qualità ambientali presenti nella baia, riducendo le volumetrie previste dal vigente Prg e localizzandole trasversalmente rispetto alla linea di costa, si’ da intervallare le costruzioni con ampie zone di verde e di servizi in superficie;
  2. realizzare nella cava un intervento di nuovo impianto di consistenti dimensioni, ma ridotto rispetto alle precedenti previsioni, compatto, localizzato secondo uno schema a gradoni, alimentato da un persorso carrabile di servizio collocato verso monte;
  3. rimodellare la linea di costa in corrispondenza della cava, per migliorare l’assetto paesaggistico e le condizioni climatiche, realizzandovi un approdo turistico di modeste dimensioni;
  4. razionalizzare l’attuale darsena in baia, senza aumentare se non in quantità marginale i posti barca, e dotarla dei necessari servizi a terra; nell’ambito del nuovo intervento individuare anche una sede alternativa alle società sportive:
  5. lasciare massimamente libero per i percorsi pedonali e per la balneazione, oltre che per il servizio e l’accesso alle darsene, la linea di costa, mediante la realizzazione di un sistema di accessi basato sulla costruzione di tre ascensori subverticali, i cui accessi a monte sono localizzati uno in corrispondenza dell’attuale campeggio (da convertire in parcheggio) e due in corrispondenza dell’area pianeggiante sita tra la baia e la cava, in corrispondenza con il centro si Sistiana;
  6. sistemare lo svincolo fra la statale e la strada di accesso alla Baia, tenendo conto dell’esistenza del principale accesso al sentiero Rilke, del suo necessario collegamento con percorsi in quota e verso mare e del possibile utilizzo da parte di un numero più elevato di fruitori dell’edificio adiacente all’ingresso del sentiero.
  7. progettare l’area dell’altopiano come la cerniera funzionale e paesaggistica con il centro di Sistiana, prevedendo in essa un parco pubblico avente un carattere più urbano verso il centro di Sistiana e più naturale verso Villa Diana, la sistemazione dello svincolo fra la strada statale 14 e la strada provinciale 1 con realizzazione dell’accesso al parcheggio di servizio alla stazione alta degli ascensori
  8. Si prevede la suddivisione dell’ambito in sub-ambiti (Baia di Sistiana, Villa Diana, Altopiano, Cava) per ciascuno dei quali sono dettate specifiche disposizioni, fermo restando l’obbligo dela redazione di un unico strumento urbanistico attuativo a carattere unitario.
  9. Altri ambiti di progettazione unitaria rilevanti per la riorganizzazione del centro di Sistiana . Visogliano - San Mauro riguardano
  1. L’area a monte di Sistiana, dove si prevede il completamento dell’edificazione attraverso la previsione unitaria di un piccolo insediamento a carattere residenziale e la realizzazione di un adeguato sistema di collegamenti imperniato sulle strade interne del centro di Sistiana, non essendo proponibile un rafforzamento delle intersezioni esistenti con la ss14, né la creazione di un ulteriore accesso carrabile.
  2. L’area dello svincolo tra l’autostrada e la strada provinciale 1, che presenta un elevato livello di accessibilità rispetto al sistema autostradale, tale da rendere necessario ripensare completamente l’organizzazione della viabilità e degli spazi pubblici per garantirne uno sfruttamento più razionale; l’ operazione può comportare un limitato ampliamento dell’area per la produzione di beni. Le aree verdi devono essere collocate in adiacenza all’area residenziale esistente e contribuire alla sua protezione e riqualificazione.
  3. L’area compresa tra Sistiana e Visogliano Stazione, dove la previsione di una nuova area residenziale e la conferma delle aree attualmente edificabili sono subordinate alle condizioni della verifica delle quantità complessive nell’ambito del bilancio fra il fabbisogno ipotizzato e l’offerta complessiva del Prg e al - ripensamento radicale dell’organizzazione interna delle aree da confermare, al fine di riqualificare gli spazi pubblici attestati in affaccio alla stazione e lungo la strada di collegamento verso Sistiana.
  4. Sono previsti inoltre progetti di sistemazione complessiva per l’organizzazione dei percorsi, degli ingressi al sentiero Rilke, degli affacci sul mare, degli accessi ai percorsi pedonali di collegamento con la costa, di un percorso ciclopedonale a servizio dell’insediamento e di collegamento in quota fra il sentiero Rilke e l’itinerario Kugy in accordo con le previsioni dell’ambito di Sistiana mare; per il ridisegno della carreggiata della strada statale14 nel tratto centrale di Sistiana e una sua riorganizzazione che favorisca: la sosta, la circolazione pedonale, l’attraversamento; per la sistemazione a verde della dolina profonda alle spalle del centro; per il collegamento e riqualificazione del primo tratto della strada per Visogliano

Aurisina

Il centro di Aurisina si compone di tre nuclei fusi fra loro: Cave, Borgo e Stazione. L’estrema frammentarietà dell’abitato impone di impedire ogni sua ulteriore espansione lineare lungo le direttrici verso Trieste, Sistiana e S.Pelagio e di riorganizzare l’insediamento al suo interno. Il vecchio tracciato della strada provinciale e le piazze di Aurisina Cave, ad un estremo, e di Aurisina Borgo, a quello opposto, sono gli elementi ordinatori dell’organizzazione urbana. Spazi pubblici, aree verdi e completamenti residenziali sono perciò collocati in stretta relazione con questa spina centrale, per la quale si prevede un ridisegno dello spazio pubblico. Diventa fondamentale, per questo obbiettivo, la realizzazione di un attraversamento (sottopasso) pedonale alla ferrovia, lungo il vecchio tracciato della strada provinciale 1.

Tra gli ambiti di progettazione unitaria e i progetti di sistemazione complessivaprevisti si segnalano:

  1. Aurisina Cave: nuova zona artigianale. Si propone la conferma dell’area artigianale già prevista e pianificata, dettando norme sull’altezza massima dei manufatti edilizie prescrivendo la continuità dei percorsi pedonali lungo l’itinerario Kugy.
  2. Aurisina Centro: zona palestra-scuola media. Si propone la creazione di un’area a verde pubblico nella zona circostante l’attuale palestra. L’esclusione dalla edificazione è motivata dalla presenza di un terreno di riempimento di una vecchia cava. La prosecuzione dell’attività estrattiva è da evitare per problemi dovuti alla scarsa accessibilità dell’area e alla vicinanza con il centro urbano.
  3. Aurisina Centro: zona residenziale. Si prevede la ceazione di una piccola area residenziale che contribuisca alla dotazione di verde pubblico della parte superiore dell’abitato, e la formazione di un’adeguato sistema di collegamenti pedonali e ciclabili con le aree adiacenti
  4. Aurisina Stazione: area della vecchia stazione. Si prevede la ristrutturazione urbanistica dell’area, con mantenimento degli edifici esistenti attraverso un progetto unitario, da realizzare nell’ipotesi di un potenziamento dell’itinerario Trieste-Postumia e di una rifunzionalizzazione della stazione.
  5. Aurisina centro: sistema degli spazi pubblici. Si prevede il ridisegno degli spazi pubblici lungo il vecchio itinerario della strada porovinciale 1 , la definizione dei punti di attraversamento con lanuova provinciale, la progettazione della piazza centrale di Aurisina borgo, la riqualificazione dell’itinerario all’interno di Aurisina Cave, la sistemazione della piazzetta antistante la stazione di Bivio, la creazione dei percorsi di collegamento con le strutture di interesse pubblico
  6. Aurisina - Monte Berciza: itinerario Kugy. Si prevede l’individuazione dei punti attrezzati per la sosta, degli accessi al sentiero, dei parcheggi di servizio, da localizzare in adiacenza al centro urbano, dei collegamenti con la costa, degli attraversamenti con le infrastrutture stradali e ferroviarie, degli eventuali edifici di servizio da utilizzare.
  7. I borghi

I progetti che riguardano i borghi carsici hanno per oggetto la trasformazione e riqualificazione degli spazi pubblici, in particolare di quelli posti all’ingresso di San Pelagio e Prepotto e della piazza centrale di Malchina. Per essi si prevede una trasformazione dell’assetto delle pavimentazioni, dell’arredo urbano, della segnaletica, delle attrezzature di supporto alle fermate dei mezzi pubblici; in buona sostanza si prevede un vero e proprio restyling dell’immagine.

Accanto a queste trasformazioni, nell’ambito di progetti di sistemazione riferiti a ciascuno dei tre borghi sopra ricordati, è previsto il recupero degli edifici pubblici parzialemnte o totalmente dismessi collegati agli spazi da riqualificare. Le opzioni che si intendono privilegiare sono quelle legate alla fruizione collettiva del Carso; per Malchina in particolare, la consistenza degli edifici (le due caserme, l’ex scuola e l’edificio comunale sulla piazza) consente di ipotizzare una concentrazione di funzioni (ricettive, informative, direzionali) che possono conferire al borgo una sorta di specializzazione nei confronti del futuro parco del Carso.

Per Medeazza, Slivia e Ceroglie il Prg prevede la conferma del vincolo ad utilizzazione pubblica degli edifici pubblici presenti e non più utilizzati (in genere uno per borgo), consentendo l’attivazione di nuove utilizzazioni legate alla vita associativa degli abitanti o al servizio dei fruitori del territorio carsolino.

Infine, ciascuno dei borghi è interessato da progetti per la fruizione collettiva che mirano alla valorizzazione delle risorse culturali e naturali presenti; in particolare è prevista la realizzazione di una rete di percorsi che, facendo perno sui borghi, colleghino fra loro le aree e gli elementi di maggior pregio naturalistico e culturale, attraverso percorsi appositamente attrezzati. Sono inseriti in questi progetti sia gli itinerari che collegano i borghi del carso italiano a quelli in territorio sloveno, sia gli itinerari che consentono di attraversare l’altopiano e di connetterlo con la costa e con l’itinerario di crinale che si snoda fra le foci del Timavo e Santa Croce.

TRIBUNALE DI TRIESTESEZIONE DEI GIUDICI PER LE INDAGINI PRELIMINARI

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Trieste dott. Massimo Tomassini ha pronunciato in data 05/05/2003 la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale n. 1472/00 R.G. G.I.P.

contro

SALZANO Eduardo, nato a Napoli il 05/02/1930, residente a Venezia in Dorsoduro 1046; difeso di fiducia dall'avv. Danilo RIPONTI del Foro di Treviso;

- presente -

IMPUTATO

A) del reato di cui all'art. 476 cp, perché, nella sua qualità di pubblico ufficiale incaricato di redigere il Piano Regolatore Generale Comunale del Comune di Aurisina, alterava il contenuto del fascicolo Appendice 1 delle Norme del P.R.G.C. del Comune di Duino Aurisina, riscrivendone arbitrariamente - ed in contrasto con il punto 21 dell'emendamento di cui al prot. N. 18424 del 27 settembre 1999 - il punto 26 nei seguenti termini:

Escludere, nell'intero ambito, la realizzazione di recinzione, se non come muretti in pietra calcarea o arenaria, secondo che l'una o l'altra sia più propria dello specifico contesto territoriale, a blocchi non squadrati, disposti in corsi più o meno irregolari, ma a prevalente indirizzo longitudinale, a secco, di altezza non superiore a centimetri 150 (centocinquanta), ovvero non superiore a quella del muretto esistente a metri 1,80 ove siffatti muretti preesistano, o sussistano tracce della loro preesistenza. Prescrivere che tali muretti siano provvisti, almeno ogni 50 metri, di varchi idonei al libero transito della fauna selvatica (dalle dimensioni di un micromammifero o di un capriolo)".

In particolare, arbitrariamente inseriva la possibilità di realizzare muretti di altezza pari a m. 1,80, qualora tali muretti preesistano o ne sussistano tracce; espungeva dal testo la precisazione che, nella realizzazione di detti muretti, fossero assenti leganti di qualsiasi natura e fondamenta interrate; espungeva dal testo la necessità che fossero evidenti le tracce di muretti preesistenti.

B) del reato di cui agli artt. 56 e 323 cp perché, nella sua qualità di pubblico ufficiale incaricato di redigere il Piano Regolatore Generale Comunale del Comune di Duino Aurisina, nello svolgimento delle proprie funzioni, in violazione dell'art. 476 cp e dall'art. 45 della Legge Regionale F.V.G. n. 52/1991, intenzionalmente compiva atti idonei, diretti in modo non equivoco a procurare ai proprietari dei fondi di cui alla SCHEDA A 3 degli allegati alle norme di attuazione del P.R.G.C. del Comune di Duino Aurisina, relativa al territorio del Comune di Duino Aurisina compreso tra S. Giovanni ed il Villaggio del Pescatore, un ingiusto vantaggio patrimoniale, non riuscendo nel proprio intento per cause indipendenti alla propria volontà (intervento di alcuni consiglieri comunali).

In particolare, tramite la arbitraria reiscrizione del fascicolo Appendice 1 delle Norme del P.R.G.C. del Comune di Duino Aurisina, punto 26 - in contrasto con il punto 21 dell'emendamento prot. N° 18424 del 27 settembre 1999, di cui al capo A) -

1) inseriva la possibilità di realizzare muretti di altezza pari a m. 1,80 qualora tali muretti preesistano o ne sussistano tracce;

2) espugnava dal testo la precisazione che, nella realizzazione di detti muretti, fossero assenti leganti di qualsiasi natura e fondamenta interrate;

3) espungeva dal testo la necessità che fossero evidenti le tracce di muretti preesistenti e così finiva per modificare arbitrariamente l'originaria impostazione del PRGC in assenza della necessaria deliberazione del Consiglio Comunale di riadozione del piano medesimo.

Entrambi i fatti in Duino Aurisina, in data anteriore e prossima al 12/12/1999

Conclusioni delle parti

Il P.M. conclude chiedendo emettersi sentenza di proscioglimento perché il fatto non sussiste.

L'avvocato difensore conclude chiedendo pronuncia di sentenza di assoluzione perché i fatti sussistono.

La Parte Civile, avv. Cattarini, conclude e si associa alle richieste avanzate dal P.M..

FATTO E DIRITTO

All'odierna udienza Salzano Eduardo veniva chiamato a rispondere dei reati in epigrafe ascrittigli.

Il Giudice, letti gli atti, effettuata perizia, e sentite le conclusioni dalle Parti rispettivamente rassegnate, decideva nel senso di cui all'allegato dispositivo, e cioè dichiarando il non luogo a procedere nei confronti del prevenuto perché il fatto non sussiste.

La vicenda oggi sottoposta al vaglio di questo Giudice costituiva una parte di una più vasta indagine che aveva riguardato l'odierno imputato nonché altri soggetti -soggetti i quali rispondevano di ipotesi delittuose nella sostanza sganciate rispetto a quelle al Salzano mosse- e che aveva riguardato la complessa procedura di approvazione del PRG del comune di Duino Aurisina.

II primo atto rilevante ai fini del procedimento in questione risulta essere la denuncia che in data 17.12.1999 tali Vlahov Romano e Rozza Maurizio presentavano alfine di segnalare quelle che a loro parere erano difformità riguardanti il contenuto del Piano regolatore (Rozza, "nella mattinata del giorno 12.12.1999 ... il Sindaco di Duino Aurisina mi consegnava in via informale copia della convocazione di un gruppo di lavoro inerente il piano particolareggiato del Parco del Timavo e della Cernizza affinché io vi partecipassi. Analizzati gli atti allegati, e precisamente la copia della scheda d'ambito del piano regolatore inerente il sopraccitato Parco, mi accorgevo che sia il testo che la cartografia allegata non coincidevano con quanto votato e deliberato dal Consiglio Comunale nella seduta del 29/301999. Preciso di essermi accorto quasi immediatamente di tali discordanze in considerazione del fatto che il sottoscritto è l'autore materiale degli emendamenti che hanno ridisegnato tale ambito').

Ebbene, mediante siffatta denuncia il menzionato Rozza entrava nel cuore del problema che può così sostanzialmente riassumere.

Nel corso della seduta dd.29/30.9.1999 il Consiglio Comunale di Duino Aurisina approvava Piano Regolatore, Piano Regolatore a proposito del quale erano stati presentati ed approvati 47 emendamenti.

A fronte di siffatta approvazione, ed avuto altresì riguardo al rilevante numero di emendamenti approvati, il medesimo Consiglio Comunale, sempre nel corso della medesima seduta, deliberava di affidare all'odierno imputato l'incarico della redazione degli elaborati in forma unificata e coordinata al prevenuto ("di dare mandato al consulente incaricato Edoardo Salzano di redigere, nel più breve tempo possibile, una stesura degli elaborati di testo sopra indicati alle lettere a), b), c), d), e), f), g), h), i), j), k), l), m) in forma unificata e coordinata a seguito degli accolti emendamenti ed eliminando le evidenziazioni del testo in sottolineato e barrato, effettuate per la discussione in aula”).

Ebbene, a seguito del deposito, da parte del giudicabile, dell'esito della propria opera di coordinamento, veniva sporta la denuncia di cui sopra, denuncia che in tesi accusatoria apriva la strada a possibili scenari investigativi di una certa rilevanza, dal momento che quelli che a prima vista potevano sembrare mere "discordanze " fra quanto approvato e quanto poi dal prevenuto stilato venivano interpretati alla stregua di indizio di una volontà, in capo al prevenuto medesimo, di artatamente modificare le decisioni consiliari e dunque, in ultima analisi, stravolgere la vera e propria struttura portante del PRG di fresco approvato.

A questo punto, preso atto della complessità della vicenda, decideva il Pm di procedere senz'altro a Consulenza tecnica, a tal fine conferendo apposito incarico all'arch. Giorgio Dri. Costui, compiuto ogni ritenuto opportuno accertamento, depositava il proprio elaborato, ed in detta sede muoveva gravi censure nei confronti dell'operato dell'odierno imputato, censure evidenziate alle pp.17-18 dell'elaborato medesimo ("alla luce delle variazioni evidenziate, e facendo riferimento a tutte le considerazioni anzidette sulla attenzione posta ai luoghi, e sulla valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente naturale, manca del tutto di coerenza progettuale l'operazione fatta dall'ing. Salzano nella coordinazione e unificazione -trascrizione- del testo normativo del punto 21-26- delle direttive dell'Ambito 3”).

Più nello specifico, riteneva il Consulente tecnico che l'intervento del Salzano fosse non solo stanzialmente incoerente con lo spirito dell'incarico affidatogli, ma- altresì comportasse uno "snaturamento" di quelle che erano le linee portanti dell'intero PRG ("tutto ciò non risulta neppure un'operazione di coordinazione e di unificazione di questa scheda con il resto del corpus normativo ").

In effetti, veniva al prevenuto contestato di avere modificato quella che era la definizione di muretto a secco; di avere, nella sostanza, inserito una sorta di "variante" circa la altezza massima dei medesimi che avrebbe in un futuro più o meno prossimo aprire un varco a future edificazioni del terreno; di avere indebitamente "espunto " dal testo definitivo il concetto di "evidenza " delle tracce di eventuali muretti preesistenti; di avere omesso di precisare che i muretti a secco di cui si discute dovessero essere privi di leganti di qualsiasi natura e fondamenta interrate.

A proposito, invece, dello "stralcio " attribuito al Salzano e riguardante la questione dei muretti a secco il Dri sosteneva che `per quanto concerne... l'omissione del riferimento delle fondazioni interrate, si rileva che nell'emendamento nr.18412 non si fa alcun riferimento alle fondamenta. Lo stralcio nella riscrittura fatta dall'ing. Salzano è quindi un'operazione autonomamente fatta dallo stesso'), per poi senz'altro accennare alle possibili conseguenze di siffatto intervento (`per i motivi sopra detti confermo che, come ipotesi ultima delle modifiche apportate, vi fosse anche la possibilità di attribuire alle recinzioni una maggiore stabilità che potrebbe anticipare interventi di trasformazione del territorio anche senza l'entrata in vigore del piano particolareggiato').

Fin qui le contestazioni.

A fianco alle medesime, veniva poi evidenziato, in tesi accusatoria, quello che poteva essere l'elemento soggettivo che aveva spinto il Salzano a porre in essere la condotta ascrittagli.

In realtà, veniva ipotizzato, mediante le operazioni ora ricordate il Salzano medesimo nor si, fosse banalmente "sbagliato" -circostanza, quest'ultima, peraltro di difficile ravvisabilità, visto. e` , considerato che è per tabulas emerso che il citato Salzano è uno dei più noti professionisti in materia, e dunque soggetto per certo dotato delle cognizioni tecniche necessarie per la esecuzione del compito assegnatogli - avesse inteso predisporre, all'interno del PRG appena approvato dai competenti organi amministrativi, una sorta di "grimaldello " utile per una più facile edificabilità dei terreni, con tutto ciò che ne sarebbe conseguito in termini di rendita fondiaria dei medesimi.

A questo punto, pertanto, la attività di indagine trovava maggior vigore, e venivano così disposte ed effettuate una serie di intercettazioni telefoniche le quali, tuttavia, non portavano ad alcunché di veramente rilevante.

La medesima attività investigativa, poi, seguiva altri spunti, dal momento che nel presente procedimento facevano la propria comparsa altri soggetti - ci si riferisce, come ovvio, agli originari coimputati Baioni e Marsich - comunque rivestenti altra e differente posizione processuale.

In data 21.5.2001, poi, il Pm procedeva ad escussione del proprio Consulente, il quale nella sostanza confermava quanto già espresso anche a seguito delle osservazioni fatte dal Salzano, in particolar modo soffermandosi su eventuali, eccessive aperture ad una successiva edificabilità dei terreni che l'intervento del prevenuto avrebbe implicitamente, ed al di là dello spirito degli emendamenti approvati, permesso ("nella norma riscritta la possibilità di realizzare muretti di metri 1,80 pare concessa anche laddove esistano muretti di minima altezza o esistano tracce della. loro preesistenza, e cioè anche un allineamento di pietre disposte sul terreno che a priori non testimoniano la preesistenza di una recinzione alta per l'appunto metri 1,80'):

Su questa base venivano pertanto nei confronti del Salzano medesimo elevate le contestazioni di cui ai capi a) e b) di rubrica.

A seguito, poi, di avviso ex art. 415 bis Cpp - e non prima che fosse stata depositata una memoria, difensiva in data 20.3.2001- il Salzano chiedeva di essere sottoposto ad interrogatorio, ed in detto contesto procedeva ad articolare le proprie difese.

In primo luogo, dunque, il citato Salzano, nel riconoscere che nella stesura definitiva era stato escluso che i "muretti a secco" dovessero essere privi di "leganti di alcuna natura ...e fondamenta interrate ", testualmente affermava che "la precisazione di cui sopra e stata eliminata in quanto considerata tautologica. Tutti i vocabolari ed i glossari tecnici consultati, invero, confermano la correttezza della mia soluzione, in quanto definiscono "muretto a secco" i muri realizzati senza impiego di leganti ".

Circa, invece, la altezza dei menzionati muretti a secco, sosteneva il prevenuto che la stessa era stata stabilita avendo riguardo al contenuto dell'emendamento n. 18412 nonché applicata per omogeneità di trattamento alla zona della Cernizza, così specificando che "sarebbe stato, invero, del tutto assurdo imporre la demolizione di muretti preesistenti, qualora la loro altezza fosse stata di poco superiore a m.1,50: inoltre era stata effettuata una ricognizione dell'area, sulla base della quale era stato possibile verificare che l'altezza massima dei muretti preesistenti non supera il m.1,80; pertanto, nell'armonizzazione, è stato fatto salvo, per motivi culturali ed ambientali, questo dato').

A proposito, ancora, della espunzione del termine "evidente " in relazione alle tracce di muretti preesistenti, dichiarava l'imputato che la medesima era stata esclusivamente fatta per ragioni di chiarezza lessicale ("ho adottato una scelta di corretta chiarezza lessicale, giacchè le tracce, o sono evidenti, o non sono tracce”).

Infine, si soffermava il Salzano sulla inconsistenza di qualsivoglia ipotesi di stravolgimento, a seguito del di lui intervento, del regime di edificabilità dei terreni di cui si discute ("contesto poi che la riscrittura avrebbe potuto costituire un uso del territorio non agricolo per due ordini di motivi. Il primo è che i muretti a secco non sono coerenti con un uso edilizio del territorio. In secondo luogo perché qualsiasi intervento nell'area della Cernizza è subordinato alla preventiva formazione di un piano particolareggiato di iniziativa comunale. Voglio ricordare che il piano particolareggiato - che deve comunque sempre essere approvato dal Consiglio Comunale- può ssere ad iniziativa privata o pubblica. Nel caso di specie, poi, vista la complessità e la delicatezza della zona, si è ritenuto opportuno escludere l'iniziativa privata, affidando la formazione del piano particolareggiato alla PA”).

Si arrivava così all'udienza preliminare, udienza preliminare nel corso della quale il Giudice, preso atto non solo delle spontanee dichiarazioni rese dall'imputato Salzano, ma anche della particolare complessità della vicenda in esame, disponeva Perizia, a tal fine nominando il già sovra menzionato Prof Gabrielli docente di Urbanistica presso l'Università di Genova.

Ebbene, all'esito delle operazioni peritali si segnalava del tutto evidente la infondatezza della notitia criminis nei confronti del Salzano.

Più nello specifico il predetto perito, nell'ambito di un elaborato peritale esaustivo e completo - e dunque da questo Giudice in questa sede integralmente richiamato e condiviso -, chiariva come nella vicenda in esame -vicenda significativamente dal perito definita "del tutto inconsistente dal punto di vista sostanziale"- non ci fosse, per ciò che riguarda l'intervento del citato Salzano; alcun tipo di irregolarità, potendosi se del caso individuare solo talune carenze procedimentali, peraltro di scarso rilievo.

Entrando dunque nel dettaglio, sosteneva innanzitutto il Gabrielli che nella ricognizione operata dal consulente del Pm, Arch. Dri, fosse in realtà fin da subito sussistente ed al tempo stesso evidente un vizio di fondo, vizio consistito nel fatto che il predetto Dri aveva considerato non già entrambi gli emendamenti approvati, bensì solo uno degli stessi (ci si riferisce, come ovvio, agli emendamenti nn. prot. 18424 e 18412 dd. 27.9.1999, emendamenti a proposito dei quali il Perito così si esprimeva: "si tratta dunque di due emendamenti, presentati dagli stessi consiglieri, su di un tema specifico - il Parco - il primo e su temi generali, comprendenti quello del Parco, il secondo. In merito a questa circostanza, si veda oltre - p.4 - non senza rilevare che la Relazione peritale del Consulente Tecnico del PM arch. Dri esamina esclusivamente l'emendamento n38424”).

In buona sostanza, in forza di quanto dal perito Gabrielli rilevato, si ha che era mancata, nella Consulenza tecnica disposta dal Pm, quella opera di raffronto tra gli emendamenti che era stata, in verità, l'in sé dell'incarico al giudicabile assegnato.

Fatta questa premessa, e dopo essersi brevemente soffermato su taluni ulteriori passaggi procedimentali dell'iter in oggetto, passava dunque il Gabrielli ad affrontare il vero cuore del problema, vale a dire la relazione intercorrente fra gli emendamenti testè ricordati e la successiva opera per così dire "interpretativa "posta in essere dal prevenuto Salzano su esplicita richiesta del cc.

Anche in questo caso il perito ha preso le mosse da una conclusione assai radicale, e cioè che "la trascrizione del prof. Salzano può essere definita una corretta mediazione fra due testi che - pur non in conflitto - tuttavia risultano scoordinati ".

Seguivano dunque tre distinti punti - rispettivamente a), b) e c) di p.8 dell'elaborato peritale - attraverso i quali il Gabrielli poneva a confronto i tre testi - e cioè i due emendamenti e la trascrizione dell'imputato -, avendo in particolar modo sempre riguardo al fatto che quest'ultimo si era costantemente - e correttamente - riferito all'emendamento n. 18412.

Più nel dettaglio, evidenziava il perito come la presunta "espunzione" dal testo definitivo del riferimento, per quanto riguardava i c.d. muretti a secco, ai "leganti di qualsiasi natura e fondamenta interrate " ed alla evidenza di tracce di muretti preesistenti fossero nient'altro che la corretta applicazione di quanto previsto dal già ricordato emendamento n. 18412.

Nel concludere, dunque, questo primo passaggio, affermava pertanto il Gabrielli che il vero equivoco di fondo era in realtà dovuto alla mancata considerazione, da parte del Consulente Pm, di tutti i testi ("è del tutto evidente che l'arch. Dri nell'aver del tutto trascurato il con fronto fra i due emendamenti è stato tratto in inganno ed ha perciò ritenuto ingiustificate le variazioni apportate dal prof. Salzano. Variazioni che invece risultano del tutto giustificate dalle esigenze di coordinamento”).

Fatta questa iniziale premessa, proseguiva poi il Gabrielli prendendo in esame quello che in tesi accusatoria avrebbe potuto essere il "movente" dell'azione del Salzano, e cioè l'intendimento di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale ai proprietari dei fondi compresi tra S. Giovanni ed il Villaggio del Pescatore.

Ora, seguendo un modus procedendi già in precedenza individuato, ecco che il perito elimina fin da subito ogni dubbio al riguardo, così affermando che “per un urbanista di consumata esperienza professionale la sostanza delle modifiche apportate è di nessun interesse sotto il profilo della rendita fondiaria e ... risulta del tutto risibile considerarla quale movente delle modifiche stesse. Un muretto a secco, anche se alto 1,80 m., non è in alcun caso prodromo di sfruttamento di rendite immobiliari di qualsivoglia natura, e risulta del tutto priva di fondamento l'ipotesi che, per valorizzare aree, sia sufficiente predisporre un apparato normativo come quello proposto dal prof. Salzano” ).

In realtà, ad avviso del Perito si è, nel caso di specie, al cospetto di un piano regolatore a `forte componente ambientale ", ed è in ogni caso fuori da ogni logica il poter anche solo pensare che attraverso una definizione presuntamene ambigua di un muretto a secco si possa in qualche modo influenzare eventuali proprietà fondiarie ("non vi è alcuna necessità di definire un muro a secco: nel suo essere manufatto tradizionale di uso assai corrente nel nostro paese, ne sono note le caratteristiche e la specificità senza dovere fare ricorso ad interpretazioni specialistiche. Un muro a secco non potrà mai essere portante, e la sua funzione è limitata alle sole recinzione o a sostenere terrazzamenti di lieve altezza, non maggiore di 1 metro”).

Quanto sopra osservato, muoveva dunque il Perito alle conclusioni, così nuovamente chiarendo che le - a suo dire non condivisibili - considerazioni cui era giunto il Consulente del Pm altro non fossero che la conseguenza di una mancata analisi dell'emendamento n. 18412, per poi esprimere severa censura nei confronti di eventuali retro pensieri in relazione all'operato del Salzano ("ciò che rileva è l'ombra che viene proiettata sul testo trascritto dal prof. Salzano, che considero assai imprudente dal punto di vista urbanistico disciplinare: se un piano regolatore ha efficacia giuridica, vale per quel che prescrive, e non altro. Affinché le ipotetiche previsioni dall'arch. Dri possano avverarsi, occorre un nuovo piano, assai diverso da quello approvato ... in sostanza, ciò che si vuole sostenere è che l'ombra posta in campo dall'arch. Dri non può essere espressa da chi appartiene al campo disciplinare dell'urbanistica, ma solo da chi ne ha una conoscenza volgare”).

Oltre a ciò, assolutamente infondate apparivano al Perito anche le censure del citato Consulente del Pm in relazione alla eventuale necessità di una nuova adozione del PRG a seguito di ulteriore deliberazione del CC.

Invero, dovrebbe essere a questo riguardo ricordato che "la LR imporrebbe la riadozione solo in riferimento a variazioni di ben altra natura e consistenza di quelle qui discusse ".

Ora, avuto riguardo a quanto dal perito Prof Gabrielli illustrato in sede di elaborato peritale; ritenuto ancora che dette considerazioni appaiono condivisibili e meritevoli di accoglimento sotto ogni profilo; tenuto infine presente che anche il contraddittorio verificatosi e svoltosi durante la udienza preliminare dd. 5.5.2003 non ha in alcun modo modificato i termini della questione, è questo Giudice dell'avviso che nei confronti di Salzano Eduardo debba di necessità essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere in ordine al reato in epigrafe ascrittogli con formula ampia, e cioè perché il fatto non sussiste.

PQM

IL GUP

Letto I'art.425 Cpp

Dichiara

Non luogo a procedere nei confronti di SALZANO EDUARDO in ordine ai reati ascritti perché il fatto non sussiste,

Trieste, 5-5-03Il GUP

Nota - Il perito del Pubblico ministero, arch. Giorgio Dri, libero professionista, è Presidente della Sezione Friuli - Venezia Giulia dell'INU (Istituto nazionale di urbanistica). Il perito del Giudice per le indagini preliminari, arch. Bruno Gabrielli, professore ordinario di Urbaistica, è assessore all'Urbanistica al comune di Genova ed è stato per molti anni Presidente dell'ANCSA (Associazione nazionale centro storici e artistici)

Si è accusato il film di Manuela Pellarin di essere un film “ideologico”.

In effetti oggi si pratica il rovesciamento del significato delle parole:

- si parla di guerra “umanitaria”

- si definisce la resistenza “terrorismo”

- si definiscono “riforme” le controriforme: così a proposito di pensioni (pagare meno, pagare più tardi), di sanità, di mercato del lavoro

A proposito di Porto Marghera, ho letto perfino che «il raddoppio della produzione di cloruro di vinile monomero migliora l’ambiente”

Tutto quello che è contro la cultura dominante è definito “ideologico”

Nel film è vero contrario. Il film racconta la realtà per immagini e per testimonianze, tanto che non c’è nessun commento

Sono testimonianze che dicono di una vita e di una fabbrica:

- il sacco sulla sedia, per individuare i più forti e massacrarli nei lavori più pesanti

- i “monatti” della S. Marco, rivestiti di stracci per ripararsi alla bell’e meglio dall’infernale calore dei forni

- il racconto della sparatoria alla Breda, con i segni nelle carni dell’operaio

- come si entrava alla Breda, su segnalazione del parroco o della scuola privata

- il paternalismo Montevecchio (e i nomi che ritornano: la Montesanto è quella degli OGM di oggi)

- le ferie e le carenza per le malattie (i primi tre giorni non riconosciuti)

- l’indennità di nocività (soldi contro la perdita della salute e l’accorciamento della vita)

- il Cvm e le poesie di Brugnaro

- la lotta per egualitarismo al Petrolchimico (una parte del premio di produzione uguale per tutti)

- gli extracomunitari delle imprese Fincantieri (non hanno diritto non solo alla mensa, ma neppure a un posto dove star seduti a mangiare)

- la demolizione della Sava.

Le immagini. Immagini che documentano una storia operaia:

- i cortei:la manifestazione e il comizio di un giovane Bruno Trentin

- quella manifestazione con le maschere contro i gas, maschere per gli operai invece che per le ciminiere

- la canzone Bertelli come racconto della lotta

e tutte la e altre immagini che abbiamo visto,

Immagini e testimonianze, il tutto tenuto insieme da un filo interpretativo critico. Critico, poichè la memoria non archivia, lavora.

Colpisce la tensione del film:

- la dinamica interna, retta da una narrazione non cronologica

- il ritmo denso e serrato, senza un filo di retorica

- la capacità di presa forte su chi guarda

La mia piccola parte di consulente storico è stata del tutto secondaria rispetto la struttura del film, per cui posso dire, senza che ciò mi riguardi, che si vede che è film pensato e maturato a lungo.

Per tutte queste ragioni è anche film ‘politico’. E’ un film che mostra criticamente un percorso industriale e sociale che ha coinvolto vite di intere generazioni.

Credo di aver visto tutti i film su Porto Marghera, o quasi. Alcuni sono di respiro, ma questo è certamente quello che ha maggiore forza ed essenzialità.

Ha un linguaggio di analisi critica che è radicale, ma perfettamente riscontrabile nei processi reali:

- la consapevolezza della fine di un ciclo Marghera/Volpi

- il disastro ambientale ereditato

- l’ assoluzione politica e giudiziaria dei responsabili, che non sarebbero stati neppure processati se Felice Casson non avesse raccolto le denunce. Quella figlia al processo, con la sua terribile frase “mio padre è morto dal freddo”, è il più grave atto d’accusa contro le classi dirigenti

E c’è consapevolezza di un vuoto, così ben riassunto da un operaio del Petrolchimico: il problema non è la fine della chimica, ma che non sappiamo quale sarà futuro di Porto Marghera.

Io ho vissuto questo secondo mezzo secolo di Porto Margera: il suo punto più alto di sviluppo e la sua crisi iniziata alla Sava. Ho vissuto il ciclo delle lotte con la crescita del potere rivendicativo e politico dei lavoratori e le forme di democrazia diretta: la crescita del potere quando alla sua base c’era un’analisi giusta. E ho visto la crisi di questo potere, quando non si è più capito come andavano cose con la globalizzazione: la trasformazione tecnologica tutta a favore dei gruppi dominanti, e la ri-subordinazione totale del lavoro. Quando si è abbandonata critica e la contestazione di questi processi e si è teorizzata la loro “oggettività”.

Ciò che con le nuove tecnologie doveva diventare più grande progresso sociale dell’umanità si è trasformato nel più grande regresso sociale. Lo riscontriamo tutti i giorni: Porto Margera è questo.

Dobbiamo avere il coraggio di dircelo con verità. Dobbiamo avere il coraggio di dirci anche che qualche responsabilità la dobbiamo pur averla anche noi.

In fondo, è questo il succo e il senso del film.

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