Sono i principi giuridici a doverci guidare. E se gli elettori chiedono di abrogare una nuova legge, è perché preferiscono la vecchia - Un ‘no´ suonerebbe come frustrazione delle energie politiche in cui si è manifestata la voglia di contare dei cittadini-elettori
ROMA - «Una decisione negativa della Corte suonerebbe come frustrazione. E le frustrazioni politiche, in democrazia, sono molto pericolose. Ma la questione è prima di tutto giuridica». Alla vigilia dell´atteso pronunciamento sul referendum, Gustavo Zagrebelsky, ex presidente della Consulta, anticipa il suo punto di vista: consultazione sul Porcellum ammissibile sotto il profilo tecnico-giuridico, necessaria sotto l´aspetto dell´opportunità.
Professore, il tam tam, le indiscrezioni di questi giorni possono turbare il giudizio della Corte?
«Sulla base della mia esperienza, rispondo no. Anche perché la Corte giustamente tende a proteggersi dal clamore della politica. Le sue decisioni sono prese nell´elaborazione della camera di consiglio. Soprattutto su decisioni così complesse, spesso i giudici vi entrano avendo certe idee e ne escono convinti di altre, in base alla discussione. Penso che anche questa volta sia così. Questa è la fisiologia, per un organo come la Consulta. Solo così se ne difende l´autonomia e il prestigio».
Lei cosa si augura?
«È stato detto di tutto. Le opinioni sono nettamente divise tra sì e no. Mi auguro solo che, data la pregnanza politico-costituzionale della domanda alla quale la Corte dovrà dare risposta, gli argomenti siano all´altezza».
Quali sono secondo lei gli argomenti "all´altezza"?
«L´unico è la necessità di una legge pienamente capace di operare. Niente vuoti, quindi. Una democrazia rappresentativa senza legge elettorale sarebbe un azzardo, un fatto di eccezionale gravità».
Appunto, secondo alcuni se il sistema in vigore venisse abrogato, si creerebbe un vuoto. Ed ecco perché il referendum dovrebbe dichiararsi inammissibile. È così?
«Qui, sopravvengono gli argomenti che io considero "non all´altezza"».
Quali sono?
«Entriamo in un territorio che appare pregiudicato da una visione biologica del diritto».
Biologica?
«Sì. Reviviscenza o non reviviscenza di una legge, come se si trattasse di corpi vivi, morti, resuscitabili o non resuscitabili. Si dice: la vecchia legge (il Mattarellum) è stata definitivamente uccisa dalla nuova (il Porcellum). Se viene eliminata questa, non rinasce quella. Ma la vita o la morte di una legge non sono fenomeni biologici. Siamo noi a dover stabilire cosa accade. Nulla ci è imposto biologicamente. Sono i principi giuridici a doverci guidare».
E quindi?
«Davvero l´abrogazione del "Porcellum" creerebbe un vuoto? Davvero non sarebbe a quel punto applicabile il Mattarellum? Questa è la tesi della non "reviviscenza" che porta alla inammissibilità del referendum».
Lei ragiona così?
«No».
Spieghi perché.
«Perché le leggi elettorali sono leggi molto particolari. Non solo devono esserci, ma definiscono, modificandolo, uno status degli elettori acquisito. Sono leggi sugli elettori. Qui si tratterebbe per la Corte di considerare argomenti nuovi, su cui non ha avuto modo di pronunciarsi finora. Questa particolare natura delle leggi elettorali comporta che quando gli elettori chiedono l´abrogazione di una nuova legge, lo fanno perché vogliono rimanere com´erano: preferiscono la vecchia alla nuova».
Sembra ovvio. Ma perché tante discussioni tra costituzionalisti?
«Perché in generale, nella giurisprudenza della Corte Costituzionale è prevalsa l´idea del referendum come legislazione negativa».
Che significa? Non è la stessa cosa?
«No, perché in quanto legislazione negativa il referendum può servire a modificare le leggi in vigore attraverso l´eliminazione di frasi, parole, commi. Non è mai accaduto finora che il referendum sia stato presentato al puro scopo di eliminare una legge elettorale, cioè, dicono i giuristi, come contrarius actus, atto di resistenza. Quindi, siamo di fronte a una novità da valutare come tale, anche alla luce di ciò che volle il Costituente, quando respinse la possibilità di una legislazione tramite referendum».
Quindi lei si augura una decisione a favore del referendum?
«Mi auguro che la Corte sappia decidere considerando la particolarità del caso, traendone le conseguenze. Se così non fosse, i referendum elettorali sarebbero o impossibili o necessariamente quell´insulso ritaglio dalla legge vigente di parole, parolette, frasi, frasette, congiunzioni, avverbi».
Cosa accadrà se la Consulta dovesse bocciare il referendum? Davvero i partiti sarebbero in grado di approvare una nuova legge elettorale?
«Il Parlamento è libero di modificare la legislazione elettorale. Referendum o non referendum. Che sia in grado di farlo politicamente è tutto da vedere. E le ragioni per dubitarne sono molte. In materia elettorale, ogni partito opera in causa propria. Calcoli di utilità particolare rendono molto difficile l´accordo. La mia preoccupazione è su un altro piano».
Quale?
«Il referendum di cui discutiamo viene da una fase di mobilitazione politica di cittadini che chiedono di contare. Una decisione negativa della Corte suonerebbe come frustrazione e le frustrazioni politiche, in democrazia, sono molto pericolose. Pericolose per la fiducia che deve esistere tra cittadini e loro rappresentanti. Non pensa che la prospettiva di essere chiamati a votare nel 2013 con qualcosa che a buon diritto si chiama Porcellum susciti il giustificato e pressoché unanime orrore da parte dei cittadini-elettori?».
Qualcuno sostiene anche che il referendum potrebbe far vacillare il governo Monti.
«La materia elettorale non spetta al governo, ma al Parlamento. Lo stesso presidente Monti lo ha precisato. Che i partiti riescano o no a mettersi d´accordo su questa materia, non dovrebbe influire sull´esecutivo. Se dovesse accadere il contrario, saremmo di fronte a una grave prova di irresponsabilità delle forze politiche. Superata solo se decidessero di farci votare ancora con quella legge, sciogliendo anticipatamente le Camere e mandando a monte il referendum».