il Fattoquotidiano, 9 marzo 2014
Può succedere che, nella pausa di una lunga intervista, ti ritrovi in unacucina affacciata su un terrazzo precocemente fiorito, a far merenda con tè algelsomino. E capita pure che l'intervistato t'interroghi all'improvviso suiromanzi dostoevskijani, l’Idiota in particolare. “A un certo punto, ricorderà,Ippolít dice a Myskin: ‘Principe, lei un giorno ha detto che il mondo saràsalvato dalla bellezza’. In russo la parola mir vuol dire mondo e, allo stessotempo, pace”. Per fortuna partecipa anche la figlia del professor Zagrebelsky,Giulia, studentessa di Lettere. “Abbiamo presente, per esempio, l'orrore in cuivivevano gl'immigrati di Rosarno? È pensabile che fossero in pace con i proprisimili? Chi a Taranto è costretto tra le polveri dell'Ilva, non è nellecondizioni di spirito di chi respira aria di montagna. Chiediamoci se viviamoin un mondo bello o sempre più brutto, in ambienti disumani, dominati dallaviolenza, dalla sopraffazione, dallo sfruttamento. Altro che bellezza! Chesalvi il mondo, questo nostro mondo, è una frase da cioccolatino. Infatti,l'hanno ripetuta in molti, autocompiacendosi, in occasione dell'Oscar a Lagrande bellezza, come se fosse quella di Myskin. Oggi si parla per non direnulla. E si è ascoltati proprio per questo. Il vuoto non disturba e, se è dettoin certo modo, è anche seducente. In un “Miss Italia” di qualche anno fa, unaragazza, per presentarsi, ha pronunciato una frase memorabile: ‘Credo neivalori e mi sento vincente’. Una sintesi perfetta del grottesco che c'è nel tempopresente”.
Professore, che impressione le hanno fatto i discorsi del neo premier?
Mah! Non tutto piace a tutti allo stesso modo. In attesa di smentite, mi par divedere, dietro una girandola di parole, il blocco d'una politica che gira avuoto, funzionale al mantenimento dello status quo. Una volta Eugenio Scalfarie Giuseppe Turani definirono ‘razza padrona’ un certo equilibrio oligarchicodel potere. Oggi, piuttosto riduttivamente, la chiamiamo ‘casta’.Un'interpretazione è che un sistema di potere incartapecorito e costretto sulladifensiva, avesse bisogno di rifarsi il maquillage. Se questo è vero, è chiaroche occorrevano accessori, riverniciature: il renzismo mi pare un epifenomeno.Vorrei dire agli uomini (e alle donne) nuovi del governo: attenzione, voistessi, a non prendere troppo sul serio la vostra novità.
Il filo rosso di queste conversazioni è come sta l'Italia. Le risposte nonsono quasi mai state incoraggianti: ci siamo chiesti quali responsabilità abbiala classe dirigente.
La classe dirigente – intendo coloro che stanno nelle istituzioni, a tutti ilivelli – è decaduta a un livello culturale imbarazzante. La ragione èsemplice: di cultura politica, la gestione del potere per il potere non habisogno. Sarebbe non solo superflua, ma addirittura incompatibile,contraddittoria. Potremmo usare un'immagine: c'è una lastra di ghiaccio, sopracui accadono le cose che contano, sulle quali però s'è persa la presa; coserispetto a cui siamo variabili dipendenti: la concentrazione del potere economicoe gli andamenti della finanza mondiale, l'impoverimento e il degrado delpianeta, le migrazioni di popolazioni, per esempio. Ne subiamo le conseguenze,senza poter agire sulle cause. Tutto ciò, sopra la lastra. Sotto sta la nostra‘classe dirigente’ che dirige un bel niente. Non tenta di mettere la testafuori. Per far questo, occorrerebbe avere idee politiche e almeno tentare dimetterle in pratica. Che cosa resta sotto la crosta? Resta il formicolio dellalotta per occupare i posti migliori nella rete dei piccoli poteri oligarchici,un formicolio che interessa i pochi che sono in quella rete, che si rinnova percooptazione, che allontana e disgusta la gran parte che ne è fuori. La politicasi riduce alla gestione dei problemi del giorno per giorno, a fini diautoconservazione del sistema di potere e dei suoi equilibri. Pensiamo a chierano gli uomini che hanno guidato la ricostruzione dell'Italia dopo la guerra:Parri, Nenni, De Gasperi, Einaudi, Togliatti, per esempio. Se li mettiamoinsieme, non è perché avessero le stesse idee ma perché ne avevano, e le ideedavano un senso politico alla loro azione. Le cose che, oggi, vengono dette efatte sono pezze, sono rattoppi d'emergenza, necessari per resistere, non peresistere. Non è politica. Nella migliore delle ipotesi, se non è puro ‘potereper il potere’, è gestione tecnica. La tecnica guarda indietro; la politicadovrebbe guardare avanti.
Il governo Monti qualche disastro tecnico l'ha fatto.
La tecnica come surrogato della politica è un'illusione. Se lei chiama unidraulico perché ha il lavandino otturato, si aspetta che, a lavoro ultimato,lo scarico del lavandino funzioni. Non chiede all'idraulico di cambiarle lacucina. Così, anche i tecnici in politica. Gestiscono i guasti nei dettagli. Igoverni tecnici per loro natura sono conservatori, devono mantenere l'esistentefacendolo funzionare . Dovrebbe essere la politica a immaginare la cucinanuova. E, fuor di metafora, dovrebbe avere di fronte a sé idee di società,programmi, proposte di vita collettiva e, soprattutto nei momenti di crisi comequello che attraversiamo, perfino modelli di società.
Giovani parlamentari e governanti dovrebbero avere un'idea del mondo
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Basta essere nuovi e giovani? No. Quello che conta è la struttura dei potericui si fa riferimento e di cui si è espressione. Una volta si parlava di bloccosociale, pensando alle ‘masse’ organizzate in partiti di appartenenza, insindacati d'interessi consolidati. Si pensava alle classi sociali. Oggi, siamolontani da tutto questo, in attesa della ricomposizione di qualche strutturasociale che possa esprimere esigenze, richieste e forze propriamente politiche.In questo vuoto politico-sociale che cosa esiste e prospera? La rete degliinteressi più forti. È questa rete che esprime i dirigenti attraversocooptazioni. La democrazia resiste come forma, ma svuotata di sostanza. Se lasi volesse rinvigorire, occorrerebbe una società capace di auto-organizzazionepolitica, ciò che una volta sapevano fare i partiti. Oggi, invece, sonodiventati per l'appunto, canali di cooptazione, per di più secondo logiche diclan e di spartizione dei posti. Così, non si promuove il tanto necessario esbandierato rinnovamento, ma si “allevano” giovani uguali ai vecchi. Ecco laparola: il rinnovamento sembra molto spesso un ‘allevamento’. Il resto èapparenza: velocità, fattività, decisionismo, giovanilismo, futurismo,creativismo ecc. Tutte cose ben note e di spiegabile successo, soprattutto inrapporto con l'arteriosclerosi politica che dominava. Ma, la novità di sostanzadov'è? La ‘rottamazione’ a che cosa si riduce? Tanto più che nelleposizioni-chiave del ‘nuovo’ troviamo continuità anche personali che provengonodal ‘vecchio’ e la soluzione di nodi che ci trasciniamo dal passato ècontinuamente accantonata, come il cosiddetto conflitto d'interessi.
L'impellente necessità di modificare l'assetto costituzionale è un refrainche abbiamo ascoltato da più parti, negli ultimi anni.Sì. Le istituzioni possono sempre essere migliorate, rese più efficienti,eccetera. Ma, a me pare che esse siano diventate il capro espiatorio di colpeche stanno altrove, precisamente nelle difficoltà che incontra un aggregato dipotere che sempre più difficoltosamente riesce a mediare e tenere insieme ilquadro delle compatibilità, in presenza di risorse pubbliche da distribuiresempre più scarse, e in presenza per di più d'una contestazione diffusa. Anchein passato, al tempo di Berlusconi al governo, è accaduto qualcosa di simile,ma non di uguale. L'insofferenza nei confronti della Costituzione a me parederivasse allora dalle esigenze di un potere aggressivo. Oggi, l'atteggiamentoè piuttosto difensivo. I fautori delle ‘ineludibili’ modifiche costituzionalidicono: c'è bisogno di cambiamenti per governare meglio, con più efficienza. Malo scopo dominante sembra l'autodifesa. Si tratta di ‘blindarsi’, per usare unaparola odiosa molto in voga. Il terrore delle elezioni, la vanificazione deirisultati elettorali, i ‘congelamenti’ istituzionali in funzione disalvaguardia vanno nella stessa direzione.
“Vanificazione dei risultati elettorali”: una cosuccia non da poco in unademocrazia.
La grande maggioranza degli elettori si è espressa a favore della fine delberlusconismo. Invece è stato ricreato un assetto governativo-parlamentare nelquale un cemento tiene insieme tutto quel che avrebbe dovuto essere separato.Il Parlamento attuale, sebbene non possa considerarsi decaduto per effettodella legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Consulta, dovrebbeconsiderarsi gravemente privato di legittimazione democratica . Ma si fa ormaifinta di niente. Non bisognerebbe far di tutto per rimettere le cose a posto?
Larghe intese versus Grillo.
Le larghe intese sono la negazione della dimensione politica. Sono il regimedella paralisi, della stasi. Platone paragona il buon politico al buontessitore, al buon nocchiero, al buon medico. Nei suoi dialoghi, non è maidetto che il politico è colui che s'immagina come debba essere la convivenzanella polis: non si aveva nell'antichità l'idea che la politica fosse fatta dicontrapposizione di modelli. L'idea della politica come scelta è una novitàmoderna. Oggi sembra che si viva in un eterno presente, in cui una posta dinatura politica non esiste. Se non ci sono scelte, non c'è politica, e se nonc'è politica non c'è democrazia, ma solo conflitti personali, di gruppo o diclan per posti, favori e, nel caso peggiore, garanzie d'immunità.
Quindi siamo senza futuro.
Finché la palude non viene smossa. Perché i cittadini vanno sempre meno avotare? Una volta si diceva ‘son tutti uguali’, intendendo ‘sono tutticorrotti’. Ma oggi è peggio, si pensa: ‘tanto non cambia nulla’. È un effettodella stasi politica. Il Movimento 5 Stelle è nato col dichiarato intento dismuovere la palude, addirittura di investirla con una burrasca che rovescitutto. Una negazione, dunque. Ma, la politica deve contenere anche un intentocostruttivo. Questo, finora, non è visibile o, almeno, non è percepito. Non chesia molto diverso, presso gli altri partiti, solo che questi sono già radicatie godono perciò del plusvalore che viene dall'insediamento istituzionale. Perchi si affaccia, un'idea chiara e forte del ‘chi siamo’ e ‘per cosa ci siamo’ èindispensabile. La tabula rasa e la rete non sono programmi. Non lo è nemmeno lalotta alla corruzione che, di per sé, rischia d'essere solo una competizioneper la sostituzione d'una oligarchia nuova a una vecchia. Oltretutto, la storiae la stessa ‘materia del potere’ mostrano che nella politica la lotta contro lacorruzione è senza prospettiva. Contro la corruzione devono valere leistituzioni di controllo e l'intransigenza dei cittadini. La politica èintrinsecamente debole. La ragione sta in quella che, all'inizio del secoloscorso, è stata definita la ‘ferrea legge delle oligarchie’, il che significache i grandi numeri, per essere governati, hanno bisogno dei piccoli. I piccoli– e l'osservazione vale per tutti, anche per i 5 Stelle – prima o poi sichiudono in se stessi e si alimentano con la corruzione, alimentandola a propriavolta. In difetto di politica, alla corruzione non c'è limite perché essa, neiregimi autoreferenziali, non è la patologia, ma la fisiologia del potere. Se sivuole: è la fisiologia dentro una patologia.
Senza speranza, dunque?
Siamo di fronte a un bivio. Da una parte c'è il progressivo arroccamento che,prima di implodere, passerebbe attraverso misure, dirette o indirette, controla democrazia e la Costituzione. Dall'altra, la rianimazione della politica ela riapertura dei canali della partecipazione, che dovrebbe portare alrafforzamento della democrazia e della Costituzione. La prima strada èpericolosa anche per chi volesse percorrerla, perché l'inquietudine sociale,prima o poi, esploderebbe con esiti che non vorremmo nemmeno immaginare. Laseconda è difficile perché la politica non s'inventa a tavolino scrivendodocumenti, ma si costruisce quotidianamente nel rapporto con i bisogni, leaspirazioni, le difficoltà e i dolori dei cittadini.
Cosa pensa della decisione di non chiedere un passo indietro aisottosegretari indagati?
La giovane ministra per i rapporti col Parlamento ha detto che non si chiede aqualcuno di dimettersi solo perché inquisito. Giusto. Altrimenti, la politicasarebbe in balia non solo, o non tanto, della discrezionalità dei giudici, masoprattutto di denunce pretestuose o calunniose, alle quali il magistrato devedare corso. La questione però sta in quel “solo”. Politica e giustizia hannologiche diverse. Nulla vieta al governo di difendere – fino a un certo punto –i suoi inquisiti con le ragioni che gli sono proprie, cioè con ragionipolitiche. Ma deve spiegare perché lo fa, pur in presenza di motivi disospetto; deve assumersene la responsabilità; deve giustificare perchéabbandona uno e protegge un altro. Non basta dire che si tratta ‘solo’ diprocedimenti penali avviati e non conclusi (con una condanna). La presunzioned'innocenza non c'entra nulla con la dignità della politica.
Lei è mai stato tentato dalla politica?Ciò cui mi sento più adatto è l'insegnamento. Per la politica, soprattutto perla politica, occorrerebbe una vera vocazione. Ricorda la conferenza di MaxWeber intitolata, per l'appunto, la politica come professione-vocazione? Ecco:non sento la vocazione. C'è poi una considerazione che riguarda un potenziale conflittod'interesse. Chi si occupa di attività intellettuali deve essere disinteressatopersonalmente. Ancora citando Weber: non deve cedere alla tentazione di metterese stesso, e i suoi interessi, davanti all'oggetto dei suoi studi. Potrebbeesserci la tentazione di dire cose e sostenere tesi non per amore della verità(la piccola verità che si può andar cercando), ma per ingraziarsi questo o quelpotente che ti può offrire, arruolandoti, una carriera politica.
Perché la politica non attrae più i migliori?Una volta avere in famiglia un deputato o un senatore era come avere uncardinale. Oggi, talora, ci si vergogna perfino. Ha visto quanti ‘rifiutieccellenti’, opposti alla seduzione di un posto al governo? Se la politica nonha prospettive ma è semplicemente un girone d'affari, non servono politici,servono affaristi.
Vota?
Ho sempre votato, malgrado tutto. C'è una pagina di Non c'è futuro senzaperdono del premio Nobel per la Pace e arcivescovo di Città del Capo,Desmond Tutu, in cui si descrive la coda al seggio dei neri del suo Paese che,acquistati i diritti politici dopo l'apartheid, per la prima volta vanno avotare, piangendo. Attenzione a dire che il voto è un orpello.
Cosa pensa dell'Italicum nato dall'accordo tra il Pd e Forza Italia?
Non so che cosa ne verrà fuori. Mi colpisce, comunque, che la legge elettoralesia decisa dagli accordi d'interesse di tre persone (Berlusconi, Renzi,Alfano), invece che dalle ragioni della democrazia, cioè dalle ragioni di tuttii cittadini elettori. Mi colpisce tanta arroganza, mentre con un Parlamentodelegittimato come l'attuale, si tratterebbe di fare la legge più neutralepossibile. Mi colpisce che si pensi a una legge che, contro un'indicazioneprecisa della Corte costituzionale, creerebbe una profonda disomogeneitàpolitica tra le due Camere. Mi colpisce che si dica con tanta leggerezza chenon importa, perché il Senato sarà abolito. Mi colpisce che nel frattempo,comunque, si sospenderà il diritto alle elezioni, perché la contraddizione trale due Camere impedirà di scioglierle. Mi colpisce che non ci siano reazioniadeguate a questa passeggiata sulle istituzioni.
E l'idea di “diminuire” il Senato?
Vedremo la proposta. Fin da ora, vorrei dire che piuttosto che un pasticcio –interessi frammentati di politici locali con una spruzzata di cultura –,piuttosto che una cosa indefinita, senza una funzione, una propria ragiond'essere stabile e continuativa, meglio l'abolizione radicale. Meglio il nulla,piuttosto che l'umiliazione. Esistono già commissioni paritetiche, per labisogna. Si cerchi di non trattare le istituzioni come merce vile che si vendeal qualunquismo antiparlamentare al prezzo di qualche piccolo risparmio sul‘costo della politica’. I Senati, o ‘seconde Camere’, o ‘Camere alte’ hannoprofonde ragioni d'esistenza. Le loro funzioni, quali che esse specificamentesiano, si giustificano con l'esigenza di introdurre nei tempi brevi dellademocrazia rappresentativa la considerazione d'interessi di più lunga durata,che riguardano – come si dice – le generazioni future. Sono assembleemoderatrici rispetto all'incalzare del consenso elettorale che deve essereincassato a intervalli brevi dall'altra assemblea. La prima Camera ènecessariamente miope; la seconda Camera deve essere presbite. Deve far valerele ragioni della durata su quelle dell'immediatezza. La sua composizione e lesue funzioni dovrebbero tener conto di questa vocazione, essenziale affinché lademocrazia rappresentativa non dilapidi in tempo breve le risorse di tutti,nell'interesse elettorale di qualcuno. Mi pare che i discorsi dei nostririformatori restino molto in superficie, rispetto alla profondità dellaquestione.
Non è un bel momento, anche per le istituzioni di garanzia.
Le istituzioni di garanzia sono la magistratura, dunque anche la cortecostituzionale, e il presidente della Repubblica. Poi c'è la libera stampa, chedovrebbe vigilare nell'esercizio della sua funzione al servizio della pubblicaopinione. Siccome nelle oligarchie, come si è detto, le segrete cose –trattative, patti non dichiarati e dichiarabili, corruzione delle funzionipubbliche – sono fisiologiche, le istituzioni di garanzia e libera stampadovrebbero fare da contraltare quando occorre. In ogni caso, non mescolarsi enon omologarsi.
Il sistema italiano è perfettamente riassunto dal rapporto tra Rai epolitica: è una commissione parlamentare che vigila sul servizio pubblico – esull'informazione che produce – e non il contrario. Ben più che un paradosso.
È uno dei grandi rovesciamenti che ci tocca osservare in questi tempi. Nonl'unico. Pensiamo ad esempio al sistema elettorale. Dovrebbe garantire che labase della vita politica stia presso i cittadini elettori. La logica dellalegge che abbiamo avuto fino a ora e, con ogni probabilità, di quella che avremose la riforma andrà in porto, è invece quella della nomina dall'alto (dellesegreterie dei partiti), con ratifica degli elettori. Uno dei principi delFascismo era: ‘il potere procede dall'alto ed è acconsentito dal basso’.
Torniamo a Weber: cosa può indurre uno studioso a rinunciare a un bene sommoquale l'autonomia?Le risposte più banali sono la seduzione del potere, la carriera. C'è però,credo, la tentazione dell'apprendista stregone o della ‘mosca cocchiera’:pensare di guidare la politica. Quando Carl Schmitt è stato processato aNorimberga, ha osato dire: ‘Non sono io a essere stato nazista, era il nazismoa essere schmittiano’.
Il pericolo non è essere costretti a sostenere certe tesi a tutti i costi?
Se si riferisce all'atteggiamento di molti costituzionalisti nei confrontidell'ultima fase della presidenza di Giorgio Napolitano, direi che è prevalsal'idea che il presidente della Repubblica fosse l'ultimo baluardo, al di là delquale il caos, il disastro, il fallimento. Ciò ha portato a giustificarel'assunzione di compiti e il compimento di atti che nella storia costituzionalerepubblicana, non si erano mai incontrati. Al punto che si parla ormai comecosa ovvia, non problematica, d'una repubblica presidenziale che ha preso ilposto del sistema parlamentare. Tutto ciò si è manifestato in un attivismofinora sconosciuto. Ma è stato un attivismo orientato a quella che si diceessere la stabilità e la continuità, e che si traduce in conservazione. Mi pareche si possa dire che è prevalsa la paura del nuovo, il pessimismo politico.Solo apparentemente per paradosso, l'attivismo costituzionale è coinciso con ilconservatorismo politico. La Costituzione, prevedendo un ruolo neutrale e superpartes, del presidente della Repubblica, dà, mi pare, un'indicazione opposta:l'imparzialità costituzionale per consentire le innovazioni politiche, ilrinnovamento della vita politica. Ottimismo politico.