Ieri il collettivo e i lettori del manifesto hanno perso un amico e compagno. Vittorio Tranquilli se n'è andato, aveva la rispettabile età di 87 anni e la carica e la passione di un ragazzino. Il giornale l'aveva incontrato che già sembrava un vecchietto simpatico e ti chiedevi dove trovasse la forza per attraversare tra le due e le quattro volte l'anno i Balcani con una vetturetta che ne aveva viste di tutti i colori. Come lui, del resto, come quando fuggiva rocambolescamente da Brindisi l'8 settembre del '43. Per sfotterlo gli davo del catto-comunista, un modo presuntuoso dei comunisti sedicenti doc di apostrofare i «comunisti cristiani», cioè chi ai miei occhi riusciva a tenere insieme due fedi. E qui sta l'errore, replicava, «io di fede ne ho una sola ed è quella su cui si radicano i valori che ispirano le mie scelte».
Era il '99, le "nostre bombe umanitarie" avevano raso al suolo, oltre a quel che restava, ormai poco, del sogno jugoslavo, anche la Zastava, la storica fabbrica di automobili di Kragujevac. Eravamo andati a raccontare quella storia sepolta sotto le macerie, dando voce a chi ci lavorava e aveva perso il presente e il futuro. Il manifesto lanciò l'idea di organizzare una rete di sostegno alle famiglie degli (ex) operai serbi, perché no, una campagna di adozione a distanza dei loro figli. Ne avevamo parlato con i dirigenti del sindacato dei metalmeccanici serbi che avevano accolto con entusiasmo la nostra proposta. Al nostro ritorno a Roma si presentò al giornale, in via Tomacelli, quel simpatico vecchietto e ci disse semplicemente: «Io ho una piccola ong, Abc solidarietà e pace, che si occupa di adozioni a distanza in Serbia, in Bosnia, in Africa e in America latina. Sono a disposizione».
Non un soldo raccolto tra le centinaia di lettori che aderirono all'iniziativa finirono a finanziare la struttura, non una lira a intermediari: Vittorio partiva con l'interprete - un'operaia serba che lavorava alla Fiat di Cassino - e consegnava a mano ai genitori di tutti i bambini adottati il gruzzoletto. Poi rientrava e metteva tutto in rete, conti, foto, letterine dei bambini ai genitori adottivi e un rapporto sulle condizione disperate in cui arrancava la società serba dopo le distruzioni, non solo materiali, di una guerra sciagurata. Non chiedeva a quella povera gente se stesse con Milosevic o contro, perché «bisogna aiutare chi ne ha bisogno, non chi la pensa come te».
Questa era la filosofia di Vittorio, che fino all'ultimo istante ha radunato intorno a se compagne e compagni per discutere, ma soprattutto costruire un'altra sinistra, perché la sinistra che aveva in mente lui non era fatta di parole ma di piccole azioni e, soprattutto, di coerenza tra idee e comportamenti. Della cultura comunista e di quella cristiana aveva preso il meglio. Ciao Vittorio, ciao compagno catto-comunista.
Ho conosciuto Vittorio molti anni fa, in un altro collettivo. Abbiamo lavorato insieme nelle riviste Il dibattito politico e, più tardi, La Rivista trimestrale , nel gruppo di persone - provenienti da molte storie e diversi mestieri - del quale Franco Rodano era il maestro. Nel gruppo Vittorio si occupava delle questioni che richiedevano di spaziare più alto e più lontano. Ma sapevo che Vittorio (come l’ariostesco ippogrifo, che “Volando, talor s'alza nelle stelle, così quasi talor la terra rade”).aveva saputo intrecciare stagioni e momenti di duro lavoro politico (dalla Resistenza alle lotte bracciantili nel Teramano) con la riflessione sui massimi sistemi di idee che reggono le azioni degli uomini, da Tommaso d’Aquino a Giuseppe Stalin: Sarebbe bello se qualcuno scrivesse la storia della sua vita e della sua ricerca. Magari qualcuno dei giovani che con lui facevano ( e continueranno a fare Il picchio a sinistra, il successore del sito martel.it katciu-martel, “ ticchettio di spunti per ricominciare a pensare”, che era stato il luogo del nostro ritrovarsi dopo tanti anni. Scoprì allora che la fedeltà agli interessi, alle passioni e ai patrimoni che avevamo condiviso si erano sviluppati lungo le stesse direttrici. Avevamo entrambi scoperto che il mondo è molto più grande di quello che avevamo conosciuto e in molte altre regioni si soffriva per le stesse storture che avevamo imparato a conoscere e a combattere. Se avessi avuto la fortuna di rivederlo oltre che dell’assenza di una sinistra capace di affrontare i problemi di oggi guardando al di là, avremmo parlato dell’Africa e dei molteplici Sud del mondo, e magari mi sarei associato alla sua ABC onlus