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«Vincoli nulli e poteri illegittimi alla giunta»
6 Agosto 2008
Sardegna
Dura sentenza del Consiglio di stato sul vincolo a Tuvixeddu-Tivimannu. Un inestimabile patrimonio dell’umanità a rischio cementificazione. Si può ancora correre ai ripari. La Nuova Sardegna, 6 agosto 2008

CAGLIARI. Il curriculum di uno dei quattro esperti esterni che componevano la commissione regionale per il paesaggio riporta una data successiva alla nomina. Questo per il Consiglio di Stato dimostra «la scarsa trasparenza dell’azione amministrativa» della Regione nell’operazione Tuvixeddu. Non solo: doveva essere il consiglio regionale e non la giunta a indicare i nomi dei membri laici, saltati fuori senza alcuna precisazione sui criteri della scelta. «Non è dato comprendere - scrivono i giudici - sulla base di quale norma la giunta si sia direttamente attribuito il potere di designarli».

Ma soprattutto, come aveva già detto chiaramente il Tar l’8 febbraio scorso, era indispensabile una legge regionale per istituire l’organismo previsto dal Codice Urbani perchè le precedenti commissioni provinciali erano state messe in piedi con un atto della massima assemblea sarda. La giunta Soru invece «senza esservi affatto costretta, ha ritenuto di derogare alla disciplina primaria regionale di settore e di ritenere prevalente su questa la sopravvenuta norma statale». A causa di questo incredibile pasticcio la commissione era dunque illegittima e di conseguenza sono illegittimi - come hanno sostenuto i legali di Iniziative immobiliari Coimpresa, del comune di Cagliari e della Cocco Costruzioni - tutti gli atti conseguenti. Nulla la perimetrazione dell’area di notevole interesse pubblico, nulle tutte le nuove prescrizioni imposte su richiesta della commissione e deliberate dalla giunta.

Dure da incassare, per la Regione, le tre sentenze depositate martedì scorso con cui sono stati respinti i ricorsi del governo Soru contro la bocciatura dei vincoli sull’area dei colli punici. Due anni di controversie avvelenate e costose travolti dai giudizi a tratti sferzanti del Consiglio di Stato, che hanno confermato punto per punto la fondatezza dei gravami avanzati davanti al Tar dall’amministrazione di Cagliari e dai privati.

Ci sono però due passaggi di questa decisione ‘una e trina’ che aprono nuove vie all’iniziativa di contrasto mandata avanti dal governo Soru contro la cementificazione di Tuvixeddu: i giudici spiegano chiaramente come dev’essere costituita la commissione per il paesaggio destinata a valutare l’imposizione di nuovi vincoli e chiariscono sia pure sbrigativamente - senza entrare nel merito dei beni da tutelare e delle nuove scoperte nell’area storica - come la Sovrintendenza archeologica «chiamata a monitorare costantemente le aree oggetto delle opere cantierate, sia pur sempre in grado di paralizzare le stesse in presenza di appurate, eventuali nuove emergenze archeologiche». Un’affermazione in sè scontata ma probabilmente ritenuta doverosa dai giudici - presidente Barbagallo, consiglieri Buonvino, Chieppa, Bellomo e Contessa - considerata la leggerezza, denunciata dall’Avvocatura dello Stato e dalle associazioni culturali ed ecologiste, con cui il problema del sito archeologico di Tuvixeddu è stato affrontato negli anni.

Nei giudizi amministrativi la forma degli atti diventa sostanza per le decisioni. Ma in questo caso il Consiglio di Stato ha seguito la traccia del Tar Sardegna e si è addentrato in aspetti non solo formali di una vicenda che ormai coinvolge anche i magistrati penali: per palazzo Spada lo «sviamento di potere» rilevato dai colleghi sardi c’è davvero e rappresenta il lato più oscuro del caso Tuvixeddu. Se infatti i legali della Regione - Vincenzo Cerulli Irelli, Paolo Carrozza e Giampiero Contu - liquidano il progetto alternativo per il ‘parco Karalis’ elaborato dall’archistar francese Gilles Clement come «un semplice studio a carattere orientativo» i giudici di Roma ribattono che «la giunta regionale, di sua iniziativa, nel fare proprio il parere espresso dalla commissione regionale, ha finalizzato puntualmente la propria azione alla realizzazione del progetto di tutela, conservazione e ripristino delle aree secondo le indicazioni dello studio del professor Clement». Lo studio - rilevano i giudici - viene formalmente richiamato «nella stessa delibera di imposizione del vincolo» e quindi «doveva essere ben noto alla Regione nei suoi specifici contenuti e logicamente doveva averne avuto sostanziale approvazione». Ma il punto è questo: «Non è dato comprendere - è scritto nella sentenza - in che modo, in assenza di alcuna formale iniziativa al riguardo e in difetto di ogni motivazione atta a consentire un idoneo scrutinio di legittimità della scelta così operata, possa essere stato individuato quel progetto e possa esserne stata prescritta l’osservanza». Un progetto - scrivono ancora i giudici romani - di «non definita origine e di non precisate fonti normative» che conferma «il grave eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento» di cui la Regione si è macchiata. Ed è qui che il giudizio amministrativo va a incrociarsi con l’inchiesta penale sollecitata dai legali di Coimpresa e aperta su ipotesi di abuso d’ufficio dal sostituto procuratore Daniele Caria: sulla scena di Tuvixeddu, prima ancora che il Tar si esprima sui nuovi vincoli, compare uno studio finanziato in parte dalla Fondazione Banco di Sardegna, conosciuto soltanto alla giunta regionale, affisso negli uffici dei beni culturali ma di cui non c’è traccia nei documenti ufficiali.

Quasi in contemporanea ai vertici dirigenziali dell’assessorato regionale ai beni culturali viene nominata la moglie del presidente del Banco di Sardegna. Se la scelta di finanziare lo studio Clement - ormai censurata sia dal Tar che dai giudici amministrativi di secondo grado - e quella nomina al ruolo inedito di direttore generale dei direttori generali siano fatti significativi da mettere in relazione sarà la Procura a stabilirlo.

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