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Claudio Greppi
Vigneti e piano paesaggistico. Cronaca di una cronaca
6 Settembre 2014
Toscana
La grossolanità dei formatori del pensierocorrente manipola la verità concorrendo all’indebolimentodi casi di buongoverno per favorire i soliti interessi dei saccheggiatori del territorio. Dove si dimostra anche che chi meno legge più diventa servo di chi comanda

La grossolanità dei formatori del pensierocorrente manipola la verità concorrendo all’indebolimentodi casi di buongoverno per favorire i soliti interessi dei saccheggiatori del territorio. Dove si dimostra anche che chi meno legge più diventa servo di chi comanda


La Repubblica apre il fronte di lotta:
Il piano paesaggistico vuole distruggere i vigneti
La cosiddetta ‘guerra del vino’ comincia mercoledì 27 agostoquando su Repubblica, ed. Firenze esce un articolo a firmaMaurizio Bologni, dal titolo Il Chianti:Pit frittata, minaccia i vigneti. Sottotitoli: “Il Consorzio all’attaccodel piano del paesaggio: pascoli al posto dei filari e divieto di reimpiantinei vecchi. L’assessore Salvadori si associa: oltraggioso per l’agricoltura.Marson ammette: su alcune cose si può discutere”.
Ecco come comincia l’articolo di Bologni: «Pascoli al postodelle vigne, per garantire l’ancestrale alternanza di colture. E altolà alreimpianto delle viti, che invece sono troppo vecchie e hanno bisogno di essererinnovate». In realtà la fonte, come si evince subito dopo, è il presidente delConsorzio Vino Chianti (che non è il Consorzio Chianti Classico), che si chiamaGiovanni Busi, ma che nell’articolo compare come Aldo (potenza dellaletteratura…), al quale si attribuisce la seguente affermazione: «“È una clamorosa frittata, è come se la Regione ci venissea dire che i vigneti, finora considerati un elemento caratterizzante e tipicodella bellezza delle colline, deturpano il paesaggio toscano - attacca ilpresidente del Consorzio Chianti Aldo Busi - Si mette a rischio un pilastrodell’economia e dell’occupazione, oltre che il più inflessibile custode delpaesaggio”».
Continua l’articolo: «Gianni Salvadori, l’assessoreregionale all’agricoltura, sta con loro. “È vero, nel Piano ci sono previsioniche penalizzano e sono addirittura oltraggiose per la vitivinicoltura e perl’intera agricoltura, ma c’è tempo per emendare”. L’assessore all’ambiente,Anna Marson, difende la filosofia del Piano, ma non chiude a correzioni: “Ilmosaico delle colture va mantenuto, ma su alcune cose si può discutere”. (…) L’assessoreSalvadori sposa la causa di imprese, piccole e grandi, dei lavoratori. “Nellaparte descrittiva del Piano ci sono passaggi pregiudizievoli per l’agricolturache di per sé fa il paesaggio”, dice».
Ma come sarà nata, e nella testa di chi, l’idea dei pascolial posto dei vigneti? Che cosa intende Anna Marson quando parla di mosaico dicolture, così come quando ne parla il Pit e chiunque si sia mai interessato dipaesaggio? È chiaro che non ci si riferisce più, oggi, a quel particolare mododi coltivare grano, vino e olio sullo stesso appezzamento, che era tipico dellamezzadria e quindi di buona parte della Toscana centrale, ma del qualerimangono solo alcune tracce. Esiste ancora, tuttavia, quell’alternanza dicolture (che poi sono sempre le stesse, cereali, viti e olivi) e di bosco checonsente ancora di leggere nel paesaggio toscano l’impronta storica della classicacoltura promiscua e dell’appoderamento. Per i pascoli, in quel sistemaproduttivo, non c’era proprio posto: bisogna lasciare le aree della mezzadria,risalire la montagna o scendere nelle maremme, seguire i percorsi dellatransumanza. Tra pascoli e vigneti non c’è mai stata nessuna relazione, sonospazi ecologicamente e storicamente separati.
S'inserisce Libero: Via le vigne, largo alle pecore

Eppure l’idea è subito piaciuta, anzi diventa un’ideona,secondo Libero che il giorno dopotitola: Ideona della Toscana: via levigne, largo alle pecore, un articolo di Tommaso Lorenzini. Leggendomeglio, si scopre che la distorsione la fa il titolo, e ancora di più ilsottotitolo (“Il nuovo Piano paesaggistico regionale prevede pascoli al postodei vecchi filari: idea ‘geniale’ per settore turistico e investimenti”),mentre nel testo viene riportata (correttamente) una dichiarazione di AnnaMarson. «“Non abbiamomai detto né scritto che le vecchie vigne saranno tolte di mezzo. Per ogniobiezione c'è ancora tempo, siamo aperti a ogni confronto, che peraltro intempi non sospetti c'era già stato con le varie categorie ed esperti disettore. La realtà è che noi abbiamo sollevato criticità sulla proliferazione di vigneti di tipoindustriale: i piccoli vignaioli ma anche le buone, grandi aziende, devonostare tranquilli”».

Con maggiore attenzione, il tema viene ripreso il venerdì 29dal Corriere Fiorentino, nel dossiera cura di Giulio Gori e Ivana Zuliani, dal titolo Con troppe viti troppi rischi? Pro e contro le nuove regole. «Adaccedere la miccia della polemica - leggiamo nel dossier - è stato GiovanniBusi, presidente del consorzio Vino Chianti (…): “Non può essere un attopolitico a dire dove io devo piantare viti o dove non posso farlo, deve essereil viticoltore a scegliere, perché conosce il vino e come lo si fa”».
Scendono in campo i consorzi:
sappiamo noi come fare, via lacci e lacciuoli
Seguiamo ancora il dossier: «Dietro a Busi, si accodanotutti gli altri consorzi. Letizia Cesari (Vernaccia di San Gimignano) teme chei coltivatori si ridurranno «a fare i giardinieri per mantenere la beltà senzaproduttività», mentre Fabrizio Bindocci (Brunello di Montalcino) ricorda che “nonci sono dissesti se c’è un agricoltore attento, perché usa pochiantiparassitari, regimenta le acque, tiene i fossi puliti perché l’acquascorra, per le ristrutturazioni recupera le pietre e i vecchi docci perché lecase rispettino il più possibile il contesto toscano”. Andrea Giorgi (VinoOrcia) ritorna con la memoria a quando “il paesaggio forse era più bello, manon era adatto a un’agricoltura redditizia”. Al contrario, Andrea Natalini(Nobile di Montepulciano) afferma che “duecento anni fa c’erano molte più vignedi ora”».
Natalini forse non sa che nell’Ottocento erano molto rari ivigneti: la vite era diffusa sì, manella forma promiscua, maritata agli aceri e ai pioppi, o in collina agliolivi. Ma le altre affermazioni sono accettabili in un serio dibattito e potevanocontribuire a riportare la discussione sui binari giusti. Tanto più che lostesso 29 agosto Repubblica Firenze usciva con un articolo di Massimo Vanni dal titoloMarson: Nessun divieto ma cautele,che iniziava con le parole dell’assessore: «“Nessun divieto assoluto per inuovi vigneti nel Piano paesaggistico, solo alcune condizioni per chi vuolerealizzarli”».
L’articolo contrappone però alle parole di Marson quelle delcollega all’agricoltura Gianni Salvadori: «“C’è un taglio culturale generaleche va adeguato, non possiamo fermare le imprese che vogliono crescere”», per arrivarea questa dichiarazione bellicosa: «È la ‘battaglia dei vigneti’». E questa èl’espressione , variamente declinata (guerra, battaglia) che d’ora in avanti conquistail primato fra i media.
Ancora, Marson aggiunge «“Invito tutti a leggere il testo,non ci sono prescrizioni di sorta”», mal’articolo precisa che il testo conta ben 3 mila pagine: come dire, leggerlo èimpossibile per un comune mortale. Né basta l’assicurazione, sempre da parte diMarson, che «“uno degli obiettivi del Piano è riportare all’uso agricolo gliappezzamenti lasciati in eredità dalla mezzadria e oggi incolti o boschisecondari, trasformandoli anche in vigneti”».
Troviamo subito ripresa la ‘guerra delle vigne’ sabato 30agosto sul Corriere Fiorentino: Supertuscan alla guerra delle vigne «Noi nonsiamo degli speculatori», recita il titolo del servizio di Leonardo Testai.Eccone un passaggio: «Ci fa piacere leggere - spiega Luca Brunelli, presidentedi Cia Toscana e produttore vinicolo a Montalcino - nelle dichiarazioni delpresidente Enrico Rossi e degli assessori competenti, che la Regione Toscananon vuole vietare i nuovi vigneti. Ne prendiamo atto con soddisfazione.Tuttavia nel Piano i divieti per i nuovi vigneti ci sono, eccome; così come ci sonoper il florovivaismo, l’ortofrutticoltura, l’agricoltura intensiva in genere.Altrimenti di cosa parla il Piano quando usa termini come “limitare”,“contrastare”, “ostacolare” “evitare”?».

È già: non ci si può mica fidare delle affermazioni delpresidente o degli assessori. Quello che è scritto è scritto, nelle 3 milapagine: lì, da qualche parte, i divieti ci sono! E i primi a doverli applicaresaranno proprio i sindaci. I sindacistretti tra l’incudine e il martello, titola Repubblica Firenze di sabato 30 agosto. Qui Massimo Mugnaini eMassimo Vanni riferiscono le parole del sindaco di Greve, Paolo Sottani: «“Cosadirei al produttore del mio Comune che mi chiedesse di reimpiantare o estenderei suoi vigneti? Teoricamente gli direi di si. Tecnicamente però sono tenuto arecepire le prescrizioni del nuovo Piano e, quindi, a dirgli che quasisicuramente non potrà farlo”».
E di seguito quelle del sindaco di Montalcino SilvioFranceschelli: «“Le schede d’ ambitoche stabiliscono cosa si possa e cosa non si possa fare a livello agricolo, nonsi limitano a raccomandazioni ma contengono vere e proprie prescrizioni che nonrendono onore al nostro lavoro, durato anni, di armonizzazione tra crescitaeconomica e compatibilità paesaggistica”, sostiene».
Finalmente qualcuno ha letto almeno una parte del Pianopaesaggistico, e ne cita il contenuto: si tratta di una delle venti scheded’ambito in cui si articola la ricchissima documentazione raccolta dal gruppo di lavoro del Piano, formato come ènoto dai tecnici della Regione insieme ai docenti e ai borsisti del CentroInteruniversitario di Scienze del Territorio. Si tratta appunto di un ampioquadro conoscitivo che non si limita a descrivere la situazione di fatto, ma nericostruisce le dinamiche storiche e – soprattutto – segnala per ogni tematicaquali sono i valori e quali le criticità per ciascun ambito territoriale, perpoi indicare alcuni indirizzi per una coerente politica del territorio. Nelleschede si segnalano criticità, e si indicano indirizzi di tutela, dal punto divista dell’assetto idrogeologico, della rete ecologica, del sistema urbano edel paesaggio agrario. Anche la scheda numero 17 (Val d’Orcia e val d’Asso),che il sindaco di Montalcino dichiara di aver letto, contiene osservazionicritiche sull’estensione dei vigneti sui terreni delle crete, sui rischiidrogeologici ed ecologici di molti dei nuovi impianti. Ma non si tratta di“prescrizioni”, come ritiene il sindaco , bensì di indirizzi, in genere piuttostocauti: di fronte ai quali argomenti del tipo “ma chi sono e che cosa ne sannoquesti professoroni, lasciate fare a noi che di vigneti ce ne intendiamo”dimostrano soltanto la volontà di difendere ad ogni costo qualsiasi sceltaoperata nel passato e rinunciare all’opportunità di mettere insieme i saperidei coltivatori con quelli delle scienze del territorio.
Su molti giornali vengono riportate le parole di StefanoCarnicelli, docente di pedologia e attuale direttore del CIST, che fornisce gliesempi di impianti a rischio: fra i quali proprio quelli di Montalcino, cheormai si estendono anche su terreni argillosi, pur di sfruttare il marchio:alcuni degli interessati, che hannoevidentemente la coda di paglia, si dichiarano terribilmente offesi. Difenderein blocco l’intera categoria non serve a nessuno. Aggiungo per mia esperienzapersonale che chi avesse visto costruire, alla fine degli anni ’90, i famosivigneti di Poggio alle Mura, ovvero la cosiddetta villa Banfi, alla confluenzadell’Orcia nell’Ombrone, avrebbe avuto la sorpresa di trovare un vero e propriocantiere che disponeva chilometri di tubazioni per realizzare un drenaggio deltutto artificiale.
Sempre nelle pagine della Repubblica Firenze del 30 agosto sono riportate anche le parole delpresidente Rossi: «“Voglio ribadire che i termini presenti nel piano non siriferiscono affatto a vincoli o divieti. Sono raccomandazioni che ovviamentevanno calate nella realtà del territorio delle varie aziende e da cui ci si puòdiscostare motivatamente. Sono raccomandazioni tese a far adottare tutti gliaccorgimenti necessari per evitare le criticità o le conseguenze indesiderateevidenziate dal piano stesso”».

L’argomento è ripreso il giorno seguente dal Corriere Fiorentino, Guerra dei vigneti, il governatore: servonoregole, sì al dialogo, a firma G.G. , Enrico Rossi così si esprime: «“Aproposito del piano del paesaggio ho la sensazione che qualcuno vorrebbe che siriducesse ad un solo articolo: in Toscana ognuno fa quello che gli pare. Einvece, per non piangere lacrime di coccodrillo, è bene mettere regole e allostesso tempo semplificare. Proprio come abbiamo fatto noi”».
Dal Chianti alle Apuane
Le signorìe del vino alleate con le signorìe del marmo?
Ma le parole non bastano, la ‘guerra’ continua, anzi siinasprisce. Domenica 31 interviene il QuotidianoNazionale dei Monti-Riffeser, a firma Pino Di Blasio: È guerra del vino in Toscana: «La Regione blocca i nostri vigneti»,A sostenerlo, questa volta nientemeno che ‘le Signorie del vino’. Leggiamo: «Primale cave di marmo delle Apuane, da dove Michelangelo prendeva la materia per isuoi capolavori. Ora le Signorie del vino, dinastie di viticoltori che hannosuperato la trentesima generazione, come i Ricasoli, i Frescobaldi e gliAntinori, che in Toscana combattono la stessa battaglia di aziende agricole dauna dozzina d’ettari».
L’analogia con quanto era successo nel mese di luglio con larivolta delle imprese del marmo contro il Piano la troviamo anche il 2 settembresul Corriere Fiorentino: Cave e vigne,gli ultimi ostacoli al piano Marson, sempre a firma G.G., dove si legge che«Il governatore Rossi difende Marson e assicura che il Pit al contrario darànuove opportunità all’agricoltura specializzata: le direttive per combattere ildissesto idrogeologico riguarderanno solo le nuove vigne; che comunque potrannoessere realizzate su 200 mila ettari di territorio strappati ai boschi discarso pregio».
Mentre l’assessore all’agricoltura Gianni Salvadori sischiera coi viticoltori: come del resto non manca di sottolineare il Quotidiano Nazionale, lo stesso giorno: Salvadori difende le imprese del vino,sempre a firma Pino Di Blasio. Dove l’assessore mostra di condividere lepreoccupazioni che abbiamo già sentito: «“Il problema del piano regionale è ilsuo indirizzo culturale, che non riguarda solo il vino, ma tocca anche glialtri comparti. Prima afferma che l’agricoltura è una grande opportunità e unarisorsa per la Toscana, poi elenca le criticità del settore. Siccome tutto iltesto diventerà legge, si rischia di generare confusione e contraddizioni. Lecriticità non sono prescrizioni, ma rischiano di diventarlo applicando il piano”».
Finalmente uno che legge il piano
Il 3 settembre un nuovo dossier sul Corriere Fiorentino, Boschi,terrazze e pastori (per evitare l’effetto Barolo), a firma M.B. (MauroBonciani), riporta un sottotitolo categorico, “La legge sul paesaggio: cosa sipuò fare e cosa no”, ma poi si vede che l’autore è andato davvero a leggere idocumenti di piano, e si è interessato alle schede riguardanti il Chianti, laMaremma e la Val d’Orcia. Sul Chianti, per esempio, la lettura che troviamo nell’articoloè corretta: «Da qui – dall’analisi delle criticità - gli indirizzi per ilfuturo compreso quello di “indirizzare l’evoluzione della maglia agraria versounità meno estese, nel senso del versante, e realizzando adeguati sistemi digestione dei deflussi”, (…) e di “limitare la perdita degli ambienti agropastoralie agricoli tradizionali, evitando la diffusione estensiva di nuovi vignetispecializzati in ambito collinare, che quando presenti in modo esteso edominanti costituiscono ambienti agricoli di scarso valore naturalistico”.Obiettivo finale, “tutelare la complessità della maglia agraria del sistema diimpronta mezzadrile e riqualificare i contesti interessati da fenomeni disemplificazione, banalizzazione e perdita degli assetti paesaggisticitradizionali”»).
Le foto che accompagnano il servizio mostrano un esempionegativo (intorno al castello di Barolo, accanto a uno positivo (Panzano), perquanto riguarda la tessitura dei vigneti: magari il bersaglio poteva esserescelto meglio, tra le tante monocolture del vino. Almeno i vigneti del Barolosono sistemati e curati meglio di quelli di Panzano dove domina il ‘rittochino’con effetti perversi anche dove la maglia è relativamente piccola. Del restoanche sulla copertura della cantina Antinori recentemente costruita al Bargino(San Casciano) è stato piantato un bel vigneto a ‘rittochino’, proprio quellasistemazione che condannavano i Georgofili di una volta (ai quali l’attuale titolaredell’azienda Antinori si appella in piena guerra delle vigne, vedi QN del 4 settembre, Filari, colline e cipressi. Il vino crea paesaggi stupendi).
Ma al presidente fanno dire:
scrivete troppo difficile
Leggere i documenti del Piano non è dunque impossibile: lefamose 3 mila pagine non costituiscono il “faldone” con cui si è cercato discoraggiarne la consultazione, ma sono tutte facilmente accessibili in versionedigitale. Tuttavia un’affermazione un po’ avventata del presidente Rossi nelcorso di una visita a una delle famiglie di produttori storici (i Frescobaldidi Nipozzano) viene subito utilizzata a sproposito dal servizio che Repubblica dedica all’episodio. Iltitolo è Rossi e il paesaggio: “Nelnostro Piano problemi di linguaggio”. Idea che viene ulteriormenteenfatizzata nei sottotitoli: “E tra i filari boccia lo stile Marson:Accademico”. Si trattava in realtà solo di un passaggio («Posso già dire chesemplificheremo il linguaggio del piano, troppo burocratico e accademico», silegge sul Corriere).
Per Massimo Vanni, che firma l’articolo, si trattaaddirittura di una nuova fase nella guerra delle vigne: «È il Piano che haportato zizzania fin dentro lo stesso governo della Regione, perché contro lagigantesca opera di 3 mila pagine - più lunga di un terzo di Guerra e pace (nell'edizione Mondadori)- firmata dall'assessore all'urbanistica Anna Marson, si è scagliato anche ilresponsabile agricoltura Gianni Salvadori. Raccogliendo nel merito le accuse di‘dirigismo’ e di eccessiva burocratizzazione inviate dai consorzi di tutela edagli stessi sindaci all'indirizzo personale dell'assessore Marson. Ma adessole parole del governatore, che era sembrato fin qui schierarsi con la propriaresponsabile dell'urbanistica, aprono una nuova fase».

A nulla valgono le dichiarazioni delle stesso presidenteriportate il giorno dopo su ToscanaNotizie: «Smentisco nel modo più assoluto di aver voluto prendere ledistanze dall'assessore Marson». Così il presidente Enrico Rossi interviene aseguito di alcuni articoli dedicati oggi dalla stampa alle sue dichiarazioninel corso della visita all'azienda vitivinicola Frescobaldi. «Anzi, voglionuovamente ringraziarla per aver elaborato e proposto il Piano paesaggisticoche è stato approvato da tutta la giunta. Rivendico con orgoglio – prosegue ilpresidente Rossi – il fatto che grazie al nostro Piano si sia aperta nellapolitica e nella società una discussione seria su come conciliare a livelli qualitativamentesempre più alti il rapporto tra economia, ambiente e paesaggio».
Il presidente precisa:
ma i grandi mass media oscurano
Ma né RepubblicaCorriere riportano queste dichiarazioni,che si possono leggere solo sulle pagine del Tirreno. Il Quotidiano Nazionale, addirittura, fornisce la suainterpretazione: la Regione fadietrofront, si legge nel titolo del servizio del 4 settembre.
Certo, si può anche modificare il linguaggio: ma non si puòconfondere raccomandazioni e indirizzi con prescrizioni e vincoli. Il Piano suuna cosa non transige: ogni trasformazione che comporta alterazioni delpaesaggio va studiata bene, che si tratti di cave come di vigneti o diinfrastrutture. Ogni intervento richiede un progetto, questa è la vera novità:ma sembra che proprio l’obbligo di confrontarsi con un progetto faccia paura.Se il Piano paesaggistico contribuirà a instaurare una nuova cultura delprogetto, avrà raggiunto il suo scopo principale.

Purtroppo la cronaca di questa vicenda mostra come sia più comodofidarsi del linguaggio giornalistico che non risalire alle fonti: e anche cometalvolta sono i titoli a trarre in inganno, quando magari il testo sarebbecorretto. Ma non c’è limite alle distorsioni giornalistiche: mentre scrivoquesta cronaca, esce un articolo su Liberonel cui titolo ormai il Piano paesaggistico è semplicemente un piano antivigne (e per il resto apre sìuna nuova fase: quella della macchina del fango, sulla quale è meglio tacere).
Riferimenti
Lo studio di Claudio Greppi è pubblicato in rete anche sul sito di ReTe (Territorialmente). Il piano paesaggistico può essere consultato qui.
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