NAPOLI - Non gli bastava 'o sole, non gli bastava 'o mare, non gli bastava 'o Vesuvio. E così il proprietario di «Hercolandia», un parco giochi abusivo sul fianco del vulcano, ben dentro il vincolatissimo parco naturale, ha tirato su una torre Eiffel. Enorme. Luccicante. 'Na bellezza. Intonatissima a questa Disneyland sgarrupata e fuorilegge che sulla carta figura così: spettacolo viaggiante. Da rimuovere ogni anno, a fine stagione. Solo che, avuta la licenza, il padrone non si è mai ricordato di portarsi via la roba. E anche quest'anno si è dimenticato lì il muro di recinzione, la cancellata, il bar, il capannone dei giochi, la pavimentazione, la piscina, le giostre e pure la Tour, che svetta possente e ridicola sul golfo più bello del mondo.
Quando un amico gli chiede se non teme che un giorno, metti caso, chissà, possano demolirgli quel pezzo di grandeur français e svettante su Torre del Greco, fa spallucce. I numeri gli danno ragione. Dice uno studio di Legambiente che le domande di condono per abusi edilizi nei soli 13 comuni che hanno un pezzo del territorio dentro il Parco nazionale del Vesuvio, sommando la sanatoria del 1985 e quella del 1994, furono 49.087. Una enormità. Che sommandosi con i quartieri popolari progettati da una mano pubblica non troppo scrupolosa (valga ad esempio il caso dell'ospedale di Torre del Greco che il primo presidente del Parco, Ugo Leone, scoprì essere stato tirato su in mezzo a un'antica conca lavica) e le contrade di case e fabbriche e laboratori più o meno legali dilagate alle pendici del monte Somma con devastante spontaneismo, hanno dato vita a una periferia ad altissimo rischio.
Certo, dall'ultima eruzione del 1944 sono passati 59 anni e la statua di San Gennaro, che nel 1906 riuscì a fermare la lava a un passo da Trecase, può fare miracoli. Tutti sanno però che un giorno o l'altro il Vesuvio si sveglierà. E anche chi non vuole prendere sul serio le ipotesi pessimistiche di Alfonsa Milia, una ricercatrice che sul Journal of Geological Society di Londra ha previsto un gigantesco maremoto, concorda tuttavia con il vulcanologo Franco Barberi: «Non esiste al mondo una località a più alto rischio vulcanico considerando l'abnorme concentrazione edilizia spintasi fino a poche centinaia di metri dal cratere». Dice Giovanni Macedonio, direttore dell'Osservatorio Vesuviano, che il vulcano è «tranquillissimo» ma che «prima o poi dovremo fare i conti con una nuova eruzione». Il materiale incandescente sta pressato a una profondità di otto chilometri. Un bene e un male: quando verrà su, dice, dovrebbe dare un po' di tempo per l'evacuazione. Dovrebbe. Ma poi quello strato di lava «salterebbe come un tappo di champagne».
Dal 1631 ad oggi il Vesuvio ha brontolato, più o meno rovinosamente, 42 volte. In media una ogni otto anni. E lo sapevano i bisnonni e lo sapevano i nonni e lo sapevano i padri di chi ha ammucchiato tutte quelle migliaia di case. Niente. E il governo regionale di Antonio Bassolino si trova oggi, senza avere i soldi necessari come non ce li ha il governo Berlusconi, a dover trovare una nuova casa a 700 mila persone a rischio. Incentivate ad andarsene, fino all'esaurimento dei fondi, con buoni-casa di 25 mila euro a famiglia.
E' da pazzi costruire lì, sotto il vulcano. Eppure hanno continuato a farlo. E via via che si faceva certezza l'ipotesi del nuovo condono berlusconiano, dicono a Legambiente, si sono risentiti i rumori dei martelli pneumatici e dei camion delle imprese abusive che sono al servizio, se non direttamente possedute dai clan camorristi che controllano il ciclo del cemento: Apicella a Casal del Principe, Bardellino a Caserta, Polverino a Marano... Ditte fantasma che fanno tutto in nero e che si vantano, secondo il sostituto procuratore della Repubblica di Nola, Federico Bisceglie, il quale con due colleghi è oberato da 33 mila procedimenti, di costruire un villino, dalle fondamenta al tetto in 288 ore: dodici giorni e dodici notti.
Quanti sono gli edifici abusivi costruiti all'interno del parco? Boh. Per Legambiente, che accusa una larga parte degli uffici pubblici di non avere la più pallida idea della situazione, «almeno 5.000». L'Ente Parco, che però ammette di potersi muovere solo quando c'è una denuncia e quindi di avere dei numeri ufficiali inferiori a quelli reali, dice di averne censiti, soltanto dal '97 ad oggi, 418. Abbattuti? Una ventina. Per una spesa complessiva di 757 mila euro. Un miliardo e mezzo di lire: 70 milioni a demolizione. Ma le ultime due, uniche del 2003, ne sono costati insieme quattrocento.
«E' molto, molto, molto costoso - spiega il direttore del parco, Carlo Bifulco -. Un 10% se ne va in spese legali per respingere ricorsi, un 40% nelle demolizioni, un 50% nelle discariche: non è che noi possiamo buttare le macerie nelle discariche abusive».
«Dall'ordinanza di abbattimento alla sua esecuzione passano in media quattro anni: troppi», spiega il presidente Amilcare Troiano, di An. Dice che adesso, un po' dalla giunta regionale di sinistra e un po' dal governo di destra, arriveranno due milioni e mezzo di euro, per l'operazione ruspe. Dopo di che resterà il problema principale: nessuno vuole vincere gli appalti per abbattere le case abusive. L'ultima gara è andata deserta. Troppi rischi. E quando finalmente i caterpillar sono entrati in azione, la sede dell'Ente Parco ha dovuto chiedere la protezione di quattro guardie armate. Con gli impiegati, il cuore in gola, barricati negli uffici.
Figuratevi come va nel resto della regione, dove secondo il procuratore generale della corte d'Appello di Napoli, Vincenzo Gargano, è in corso una «aggressione al territorio» con la sistematica violazione di ogni legge, urbanistica e penale, dato che tutte le volte che vengono sequestrati cantieri si assiste a «reiterate violazioni dei sigilli». Nel tentativo di capire le dimensioni di questa Caporetto dello Stato, Legambiente ha chiesto a tutti i comuni come si regolavano con gli abusivi. Qualcuno, come Vico Equense, dove sorge un mostro non diverso dal famigerato «Fuenti» e dove nessuno deve aver mai messo le mani nei faldoni , ha risposto che andassero loro, gli ambientalisti, «nei giorni di accesso al pubblico», a cercarsi i dati: «l'estrapolazione manuale di tali dati dai fascicoli richiede un impegno lavorativo non indifferente».
Altri hanno dato risposte da far cadere le braccia. Le demolizioni eseguite rispetto a quelle firmate a partire dal 1988 (non rispetto agli abusi: alle demolizioni già decise) sono state 22 su 2.922 a Ischia, 10 su 3.204 a Torre del Greco, zero su 900 a Grumo, zero su 1.093 a Marano, zero su 1.617 a Casamicciola. Una resa.
Alla quale brindano, tra gli altri, i ristorantoni hollywoodiani con colonne corinzie e porticati finta-Pompei costruiti alla faccia di ogni vincolo sulla strada che sale al cratere da Trecase. Roba per palati fini. In un trionfo di statue: dalla Venere di Milo al Discobolo, dal Davide a Capitan Fracassa. Tutti insieme a far compagnia a Brontolo, Eolo, Mammolo, Cucciolo... Poveri nani. (2 – continua)