loader
menu
© 2024 Eddyburg
Norma Rangeri
Venezia. Un uomo solo non può bastare a vincere le destre dei partiti
16 Giugno 2015
Articoli del 2015
E' tutta colpa del M5S se a Venezia ha vinto quella destra? Articoli di Norma Rangeri ed Ernesto Milanesi e intervista a Davide Scano.
E' tutta colpa del M5S se a Venezia ha vinto quella destra? Articoli di Norma Rangeri ed Ernesto Milanesi e intervista a Davide Scano. Il manifesto, 16 giugno 2015

NEL DESERTO DELLE URNE
di Norma Rangeri

Il manifesto, 16 giugno 2015

Se dopo le ele­zioni regio­nali erano suo­nati i cam­pa­nelli d’allarme, dopo il voto comu­nale si sono messe all’opera pro­prio tutte le cam­pane. Innan­zi­tutto per Renzi e per il suo par­tito, che adesso non prova nep­pure a mini­miz­zare e parla aper­ta­mente di «una sconfitta».

La dop­pia bato­sta di Vene­zia e Arezzo, ven­ten­nali roc­ca­forti del cen­tro­si­ni­stra, col­pi­sce il premier-segretario sia come pre­si­dente del con­si­glio che come lea­der di par­tito. Né Cas­son, un can­di­dato che avrebbe dovuto fare il pieno dei voti di sini­stra, né il ren­zia­nis­simo Brac­cialli che avrebbe dovuto sfon­dare nel campo avverso, hanno avuto il con­senso degli elet­tori. Al con­tra­rio, in Laguna come nella pro­vin­cia toscana, sono stati pre­miati un impren­di­tore e un inge­gnere, due por­ta­ban­diera delle forze di cen­tro­de­stra, espo­nenti della società utili a nascon­dere i par­titi sotto il tap­peto. Ha poco di che ral­le­grarsi il vivace Bru­netta con Forza Ita­lia che a Vene­zia non arriva nem­meno al 4%, e hanno poco da recri­mi­nare sulle divi­sioni quelli del Pd se pro­prio il par­tito è stato abbon­dan­te­mente supe­rato dalla lista di Casson.

L’altro ele­mento rile­vante del voto è l’errore di sot­to­va­lu­tare l’avversario dan­dolo per scon­fitto in par­tenza o con­si­de­ran­dolo facil­mente bat­ti­bile. Come sem­pre, come fin dall’esordio del ber­lu­sco­ni­smo, a destra non trova casa il virus del tafaz­zi­smo, tipica pato­lo­gia della sini­stra, e quando è il momento le divi­sioni si annul­lano e il car­tello si mostra compatto.

Il tafaz­zi­smo, invece, ha con­ta­giato il Movi­mento dei 5Stelle, con­qui­stato dal tanto peg­gio tanto meglio. Nella spe­ranza di rac­co­gliere i frutti che gli avver­sari (tutto il Par­la­mento) non sono in grado di ripren­dere. Ma que­sto riguarda il futuro. Qui e ora va detto che se il M5S strappa qual­che impor­tante comune segnando un’altra tappa del suo radi­ca­mento, resta che il Movi­mento soprat­tutto si distin­gue per fare da spalla al centro-destra. Come dimo­stra in pieno il caso Venezia.

Non votare Cas­son signi­fica non soste­nere un per­so­nag­gio - un magi­strato - e una poli­tica - one­stà e mani pulite - che rien­tra per­fet­ta­mente nella cul­tura pen­ta­stel­lata. Se le scelte avve­nute alle regio­nali erano oltre­modo legit­time - un’organizzazione che rac­co­glie un con­senso ampio, deve essere ambi­ziosa - quella di non par­te­ci­pare al bal­lot­tag­gio vene­ziano è distrut­tiva e autodistruttiva.

Ma chi deve pre­oc­cu­parsi più di tutti è il premier/segretario. Dopo que­sto impor­tante voto ammi­ni­stra­tivo Renzi dovrebbe pre­stare meno atten­zione alla gran­cassa media­tica che gli suona la sere­nata e avere mag­gior cura alla realtà del paese per quella che è. Se il Pd perde sia con un can­di­dato di sini­stra che con uno di destra, vuol dire che lo sfon­da­mento al cen­tro è una chi­mera e la ricon­qui­sta di un con­senso a sini­stra un’illusione. Anche per­ché l’unico dato nazio­nale incon­tro­ver­ti­bile, indi­scu­ti­bile e appa­ren­te­mente anche invin­ci­bile resta l’astensionismo. Che col­pi­sce tutti, poli­tica e anti­po­li­tica, destra e sinistra.

La fuga dalle urne e l’emorragia di voti del Pd smen­ti­scono le magni­fi­che sorti delle fur­bi­zie costi­tu­zio­nali (l’Italicum) e delle scor­cia­toie libe­ri­ste (jobs act). Del resto la tra­ge­dia delle migra­zioni, che attra­versa i nostri ter­ri­tori met­tendo in forse per­sino la fron­tiera dell’umana soli­da­rietà, è testi­mo­nianza suf­fi­ciente per con­si­gliare di tor­nare con i piedi per terra.

CASSON AFFONDA UN'ALTRA VOLTA
di Ernesto Milanesi
. Storica vittoria del centrodestra con Luigi Brugnaro. Come nel 2005 l’ex pm sconfitto al ballottaggio, nonostante 1.540 voti in più rispetto al primo turno. E nel Pd si apre la caccia ai «traditori»

La sto­ria si ripete: Felice Cas­son affonda un’altra volta nel bal­lot­tag­gio. E se nel 2005 era un «derby» con la filo­so­fia ammi­ni­stra­tiva di Mas­simo Cac­ciari tar­gato Mar­ghe­rita, dome­nica la scon­fitta dell’intero cen­tro­si­ni­stra ha spa­lan­cato le porte di Ca’ Far­setti a Luigi Bru­gnaro, alla Lega Nord, al “civi­smo” di Fran­ce­sca Zac­ca­riotto e ai rigur­giti di fasci­smo.

L’ex pm e sena­tore Pd “dis­so­nante” è stato con­dan­nato dalle urne la seconda volta senza appello. Una notte da incubo, fin dai pri­mis­simi risultati. Un ver­detto che bru­cia ogni cer­tezza e squa­derna l’abisso. Con Cas­son che va k.o. dieci anni dopo, s’inabissano la «ditta» d’altri tempi, l’eredità ros­so­verde e per­fino il popolo della sini­stra. Nel deserto di Zaia­land ci si può a mala pena arroc­care nei muni­cipi peri­fe­rici (Tre­viso, Vicenza, Bel­luno), per­ché l’«effetto Bitonci» è dila­gato da Padova a Rovigo men­tre la «cata­strofe Moretti» ha tra­volto anche Venezia.

Il risul­tato del bal­lot­tag­gio è impie­toso. Lo scarto finale è 6.567 voti, cifra che non ammette repli­che. Solo la mar­cia trion­fale di Bru­gnaro (il figlio del poeta-operaio, che ora è paròn di Umana, della Reyer, della Mise­ri­cor­dia e della città…) dal quar­tier gene­rale in Calle del Sale fino alla stanza dei bot­toni sul Canal Grande. E il silen­zio di Cas­son che via Twit­ter rin­gra­zia i soste­ni­tori e si eclissa.

È dav­vero l’ammainabandiera di Vene­zia “rossa” con Gio­vanni Bat­ti­sta Gian­quinto, poi “rifor­mi­sta” con Gianni Pel­li­cani e “demo­cra­tica” con Cac­ciari, Paolo Costa e Gior­gio Orsoni. È una svolta dav­vero sto­rica, per­ché biso­gna risa­lire al 1990–93 per ritro­vare un sin­daco diverso: Ugo Ber­gamo, nota­bile Dc, non a caso rie­merso fra i sup­por­ter di Brugnaro.

In due set­ti­mane, laguna e ter­ra­ferma hanno matu­rato il dra­stico cam­bio di sce­na­rio, non solo poli­tico. Bru­gnaro ha con­vinto per­fino sestrieri come Castello, “roc­ca­forti” come Mar­ghera e l’intero Lido. E con il 10% in meno di votanti rispetto al primo turno, la coa­li­zione di cen­tro­de­stra si è para­dos­sal­mente impo­sta senza nem­meno fare il pieno dei pro­pri con­sensi. Bru­gnaro ha chiuso con 54.405 pre­fe­renze con­tro le 47.838 di Cas­son. Ma sulla carta gli appa­ren­ta­menti avreb­bero dovuto som­mare ai 34.790 voti fuc­sia, i 14.482 della Lega e gli 8.292 della Civica Zac­ca­riotto per un totale di 57.564.

Al con­tra­rio, lo schie­ra­mento Civica Cas­son, Pd, Verdi, Sel, Socia­li­sti e Cd par­tiva dai 46.298 voti del primo turno. Ma è lam­pante che quei 1.540 elet­tori in più di dome­nica non hanno com­pen­sato gli asten­sio­ni­sti incal­liti e nem­meno i «tra­di­tori» nel segreto dell’urna. I primi incar­nano forse l’effetto Mose, ma anche la disil­lu­sione nei con­fronti del Pd nazio­nale e lagu­nare. Ma gli altri rive­lano il bizan­ti­ni­smo busi­ness orien­ted di lobby, salotti e man­da­rini che fin dalle Pri­ma­rie hanno messo sab­bia nel motore di Casson.

Non è un mistero per nes­suno che a Vene­zia (e nel Veneto) il «sistema Galan»contasse sulla con­cer­ta­zione for­mato Con­sor­zio Vene­zia Nuova. Da almeno un anno erano al lavoro, su oppo­ste sponde, i vec­chi “refe­renti” dei nuovi equi­li­bri. Hanno sba­ra­gliato il campo e si pre­pa­rano ad un lustro all’insegna della sin­to­nia fra il gover­na­tore post-leghista Luca Zaia e il sin­daco post-berlusconiano Bru­gnaro. Forse, non è un caso che i rispet­tivi “par­titi elet­to­rali” abbiano mono­po­liz­zato i con­sensi tanto alle Regio­nali come alle Comunali…

Vene­zia, poi, rias­sume la più deva­stante deriva demo­krac. Il par­tito col­las­sato ben prima e peg­gio di Ale Moretti e Cas­son. L’eredità euro­pea dis­si­pata ad ogni angolo del Nord Est (sin­to­ma­tico Por­to­gruaro, dove Maria Teresa Sena­tore umi­lia il desi­gnato Pd che aveva 17 punti di van­tag­gio). E la deriva impaz­zita dei sin­daci anti-migranti, sce­riffi e deci­sio­ni­sti che riduce a simu­la­cro iscritti, cir­coli e dirigenti.

«Il Pd a Vene­zia ha rac­colto quel che ha semi­nato» sin­te­tizza Tom­maso Cac­ciari, atti­vi­sta del labo­ra­to­rio Morion e del Comi­tato No Grandi Navi. Tant’è che in ter­ra­ferma, nel cen­tro sto­rico e nelle isole nes­suno punta l’indice su Cas­son e tutti pre­fe­ri­scono aprire la cac­cia ai «bat­ti­tori liberi» tar­gati Pd. Sus­surri e grida su ven­dette per­so­na­liz­zate, indi­ca­zioni ere­ti­che alla guar­dia impe­riale dell’ex Pci, addi­rit­tura voti di scam­bio nel bal­lot­tag­gio di pro­ject, appalti e cantieri.

Intanto, a Vene­zia si riparte dalle muni­ci­pa­lità (5 di cen­tro­si­ni­stra, solo Favaro con Bru­gnaro). E dalle 883 pre­fe­renze di Nicola Pel­li­cani, scon­fitto alle Pri­ma­rie da Cas­son e poi capo­li­sta della sua lista civica.

L’M5S SCANO: «LA SCONFITTA DI CASSON COLPA NOSTRA?
NO, DEL SISTEMA PD»
intervista di Ernesto Milanesi a Davide Scano

Equi­di­stante. Dall’inizio alla fine. Senza sconti né rim­pianti. Davide Scano, 39 anni, avvo­cato, spo­sato con due figli, non accetta impu­ta­zioni per la con­qui­sta di Vene­zia da parte del cen­tro­de­stra. Anzi, difende senza appello la stra­te­gia “gril­lina” den­tro e fuori le urne: «A chi dice che la scon­fitta è colpa nostra replico, in tutta sin­ce­rità: è una vera scioc­chezza. Cas­son, Pd e cen­tro­si­ni­stra non hanno certo perso per il Movi­mento 5 Stelle. Respingo al mit­tente que­sta “rico­stru­zione” a nome di tutto il nostro gruppo».

Allora per­ché Cas­son ha perso la sfida di domenica?
A tanti era risul­tato assai poco cre­di­bile l’impianto del cen­tro­si­ni­stra. Nep­pure al bal­lot­tag­gio il can­di­dato e ciò che gli sta die­tro hanno potuto con­vin­cere. Signi­fica, se mai, non aver colto e capito che i segnali di cam­bia­mento matu­rati a Vene­zia sono più forti del pan­tano in cui si dibatte il Par­tito democratico.

Eppure Cas­son aveva sot­to­scritto le vostre cin­que richieste-chiave…
In tutta la cam­pa­gna elet­to­rale si è mosso pre­oc­cu­pato di non scon­ten­tare nes­suno. E non ha mai dimo­strato, dav­vero e fino in fondo, un impeto di corag­gio o un’iniziativa decisa nei con­fronti del pas­sato o di alcuni “set­tori” della sua coa­li­zione. Tant’è che già al primo turno il cen­tro­si­ni­stra ha scon­tato un altis­simo tasso di astensioni.

Ha pesato lo “scan­dalo Mose” che giu­sto un anno fa aveva costretto il sin­daco Gior­gio Orsoni alle dimissioni?

Non solo. Il vero punto è che i gior­nali nazio­nali e locali non hanno rac­con­tato Vene­zia, per­fino al di là degli arre­sti e delle inda­gini della Pro­cura. Il Comune viene infatti da decenni di pes­sime ammi­ni­stra­zioni: con­cen­trate sulle con­ni­venze con le cate­go­rie e sul clien­te­li­smo. Era tutto inges­sato, men­tre si but­ta­vano soldi dalla finestra.

Per­ché, secondo il M5S, nem­meno un ex pm e un’alleanza all’insegna della della mas­sima tra­spa­renza basta­vano a “sal­vare” Venezia?
Abbiamo cal­co­lato che dal 2007 a oggi è stato sven­duto patri­mo­nio comu­nale per com­ples­sivi 500 milioni: azioni Save e delle Società auto­strade, ma anche palazzi e altri immo­bili. Attual­mente, Ca’ Far­setti è som­mersa da debiti per un miliardo e mezzo di euro, di cui 200 milioni sono i fami­ge­rati deri­vati. Poi c’è il Casinò che va a ramengo a causa delle clau­sole con­trat­tuali dei dipen­denti per cui non si può nem­meno pun­tare sui nuovi gio­chi che ora vanno per la mag­giore. Senza dimen­ti­care un altro dato elo­quente: a Vene­zia si spen­dono due milioni di euro all’anno in con­su­lenze esterne, anche se ci sono 3.300 dipen­denti comu­nali più altri 7 mila delle società partecipate.

Scusi, Scano, ora che farete?
Noi siamo post-ideologici. In aula con le due col­le­ghe elette faremo oppo­si­zione più seria, per­ché anche pro­po­si­tiva. Ci votano come “cani da guar­dia”, ma a Vene­zia non siamo neo­fiti e pos­siamo con­tare su una rete ormai con­so­li­data di cit­ta­dini attivi.

Niente sconti nem­meno a Brugnaro?
Lui ha pro­vato spesso ad ammic­care, anche prima del bal­lot­tag­gio. Pec­cato che sol­tanto la sua vec­chia idea di urba­ni­stica e la par­tita delle Grandi Navi non lasciano mar­gini né dubbi al nostro giudizio.

Ma, insomma, qual è stata la vera chiave di volta del ballottaggio?
Porto e aero­porto, soprat­tutto, direi. Da una parte, quel che ruota intorno alla Marit­tima. E dall’altra il “giro” del Marco Polo, com­presi i pro­getti nel qua­drante Tes­sera. Noi, comun­que, aspet­tiamo Bru­gnaro anche sulle nuove linee del tram ex Lohr, visto che i costi sono lie­vi­tati da 127 a 208 milioni. Il nuovo sin­daco, forse un po’ mal con­si­gliato, sostiene che occorre por­tare il tram fino all’ospedale. Pec­cato che nella vera città metro­po­li­tana basta già la fer­mata del Smfr, senza biso­gno di dirot­tare tante altre linee di tra­sporto pubblico.

ARTICOLI CORRELATI
29 Dicembre 2015

© 2024 Eddyburg