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Roberto Bianchin
Venezia perde un abitante al giorno
25 Agosto 2009
Vivere a Venezia
La città si spegne. Chissà perché. La memoria dei contemporanei è corta, ed è inversamente proporzionale all’ignoranza. La Nuova Venezia, con postilla

I numeri scritti in rosso, rosso come l´allarme che sta suonando in città, scorrono sul tabellone luminoso che hanno messo nella vetrina di una farmacia tra le aspirine e i pannoloni. I veneziani che passano ci buttano sempre un occhio. Perché la cifra scritta sul tabellone diminuisce costantemente. Meno uno quasi ogni giorno che passa. Si misura la temperatura della città all´antica farmacia «Morelli» di campo San Bartolomio, ai piedi del ponte di Rialto, davanti alla statua di papà Goldoni. E il termometro segna febbre alta. Perché il «contatore della popolazione» aggiorna in tempo reale il numero degli abitanti rimasti nel centro storico. Sempre di meno. Adesso sono 60.052. Il numero più basso della sua storia. La città che fu dei Dogi sta inesorabilmente scivolando sotto la soglia dei 60mila, ritenuta la quota minima vitale per potersi considerare ancora una città e non solo un baraccone per turisti.

Quei birboni di www.venessia. com, un vivace sito cittadino, si stanno già organizzando. Il giorno che la città scenderà sotto i 60mila abitanti, le faranno il funerale. Un «funerale della residenza» con tanto di bara e corteo funebre per «il caro estinto abitante veneziano». Lo spopolamento, problema serio, serissimo, e mai risolto. L´esodo dal centro storico di Venezia, che nel 1400 era arrivato a contare 200mila abitanti (tra cui 11mila cortigiane), e ne aveva ancora 160mila nel 1930, va avanti inesorabile da decenni, al ritmo di 1.000-2.000 abitanti l´anno che se ne vanno. Nel 1966 il centro storico aveva ancora 121mila abitanti. Negli ultimi 40 anni si sono dimezzati. E i demografi prevedono che se andrà avanti così, nel 2030 Venezia non avrà più abitanti. Sarà occupata solo da frotte di turisti.

Colpa soprattutto dei prezzi elevati delle case. Ma colpa anche degli alti costi di manutenzione di edifici spesso vecchi, malandati, aggrediti dall´umidità. E colpa degli effetti perversi del turismo, che trasforma le case in locande (negli ultimi anni hanno aperto 706 nuove insegne), e rende difficile la vita di tutti i giorni, perché i vaporetti sono stracarichi, gli osti esosi, e boutique eleganti e negozietti di paccottiglie hanno preso il posto di panettieri, macellai, fruttivendoli, calzolai e sarti. Ma è colpa anche del fatto, sostiene il Sindaco Massimo Cacciari, che «le funzioni terziarie, che dovevano prendere il posto di quelle dismesse, non si sono insediate, e intanto la pressione turistica è diventata insostenibile». Un problema comune a molti centri storici, aggiunge il sindaco, che invita i veneziani a «smettere di piangersi addosso» per tentare invece di reagire invertendo la tendenza. Bisogna «uscire dalla monocultura turistica», spiega. Attivando nuove funzioni, attraendo imprenditori nel campo delle nuove tecnologie, favorendo la residenza e l´insediamento di campus universitari. Il Comune ha avviato una politica di «social housing» per mettere entro tre anni 1.200 alloggi «a canone sostenibile» a disposizione del ceto medio, che è quello più penalizzato. Proprio quello che se ne va.

Postilla

Le cause immediate della diminuzione degli abitanti sono correttamente (e, bisogna aggiungere, facilmente) individuate dal bravo giornalista. Ma nessuno ricorda che vi sono state, negli anni passati, tre scelte politiche che sono all’origine di quelle cause.

In primo luogo, l’abolizione di quelle norme del piano regolatore del centro storico che consentivano di tutelare la destinazione delle abitazioni a residenza ordinaria, impedendo la trasformazione dell’edilizia residenziale ad alberghi e altre attività ricettive.

In secondo luogo, il rifiuto di adottare politiche capaci di governare il turismo riconducentolo a quantità e tipolgie adeguate alle caratteristiche della città storica (che non è né Parigi né Disneyland) e, anzi, il massimo sforzo a incentivarlo e a promuovere la “merce” Venezia con ogni mezzo (adesso continuano a insistere perfino con la metropolitana!).

Infine, il dirottamento su opere del tutto inutili (il ponte di Calatrava)i finanziamenti che il contribuente italiano paga a Venezia perché la città sia restaurata: a cominciare dagli alloggi dei residenti.

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