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(red.)
Venezia in retrotendenza: 12 milioni di turisti ma solo il 10 per cento visita i musei!
20 Agosto 2005
Vivere a Venezia
Dalla webzina Aidanews.it, tutta dedicata a Venezia e l’arte. Veramente nel 1990 non volevo essere profetico, ma solo speranzoso. Comunque, ahimè!

Venezia, 30 aprile 2005. Le ferite aperte dal lacerante dibattito sull'Expo bruciano ancora. Parlare di grandi eventi per cambiare volto e mentalità alla città è come parlare di corda in casa dell'impiccato: un tabù. Eppure una quindicina di anni fa il professor Edoardo Salzano, urbanista dello Iuav, sembrava facile profeta salutando il fallimento del progetto Expo in laguna. «...Adesso, dopo aver perso cinque anni a contrastare una proposta sbagliata - scriveva Salzano nel 1990 - si può ricominciare a lavorare per risolvere i problemi, ma nella direzione opposta: per governare il turismo, anziché per esaltarlo, per difendere le attività ordinarie della città, per costruire le ragioni e le occasioni di uno sviluppo economico e e sociale non effimero».

La profezia non si è avverata. Il declino culturale e sociale di Venezia è stato inesorabile, il turismo non è stato governato, le attività ordinarie della città sono via via sparite. A cambiare le cose, ora, ci prova il Piano strategico, il cui obiettivo è proiettare la città e i suoi protagonisti nel futuro, con una mentalità e un metodo di pianificazione diversi. Nel 2003 la Datar (Delegation à l'Amenagement de Territoire ed à l'Action Regionale, organismo dello Stato francese) rese nota una classifica in base alla quale, su 180 città Europee, Venezia si piazzava al 51. posto alla pari di città come Bilbao, Rotterdam e Porto. Datar misurava la competitività internazionale di Venezia, la sua capacità di attrarre investimenti. E la cultura è una delle calamite per i grandi investitori internazionali. Tra i punti di eccellenza di Venezia la Datar citava proprio la presenza di beni culturali, ma senza progetti e attrattive gli investitori vanno altrove, la sola presenza di tesori dell'arte non basta. In uno degli incontri della commissione cultura del Piano strategico, Monica Da Cortà Fumei, in rappresentanza dei Musei civici, aveva messo in evidenza un dato allarmamante: Venezia è ormai fuori dal circuito internazionale delle grandi mostre, perchè soffocata dal turismo di massa. Dunque mentre esperti e politici discutevano, la città-museo si chiudeva su se stessa e perdeva terreno: solo il 10 per cento, dei 12 milioni di turisti che ogni anno arrivano a Venezia, visitano i musei; l'altro 90 si disperde per calli, osterie e ristorantini. Venezia, negli ultimi anni, si è lasciata scappare ad esempio l'occasione di inserirsi nel progetto Capitali europee della cultura.

Ora, dopo Genova (che anche grazie a quel "marchio" ha completato il rinnovamento iniziato con le Colombiadi) la lista delle città che aspirano al ruolo di capitale culturale è piena fino al 2020. Un treno perso, come tanti, per convogliare tutte le forze presenti in città su un obiettivo, su un progetto che portasse a Venezia capitali e idee. Un problema non solo veneziano, ma anche Veneto: l'ultimo grande evento che ha dato risalto mondiale alla Regione, sono state le Olimpiadi invernali di Cortina del 1956... Oggi che il fantasma dell'Expo aleggia ancora in maniera pesante, c'è la paura (forse anche la convinzione) che soldi e progetti vengano in realtà destinati a fare solo gli interessi di pochi, che la città non sia in grado di sopportare il peso di un avvenimento di rilevanza mondiale. La città è sospesa tra conservazione del passato e paura di voltare pagina. Aree come l'Arsenale o la Marittima, con i suoi "docks", farebbero la gioia di urbanisti e progettisti. Invece restano là, in un percorso di rinnovamento (?) lento e prudente. Per attuare le linee del Piano strategico ci vogliono anni e buona volontà di collaborare da parte dei tanti soggetti interessati. E forse ci vogliono menti giovani, fantasia e coraggio, che possono anche non contrastare con il rispetto della storia della Serenissima. Il simbolo del nuovo Rinascimento di Venezia non può essere il ponte di Calatrava.

Da www.aidanews.it

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