il Fatto Quotidiano, 31 ottobre 2017. Ferruccio Sansa intervista il meteorologo Luca Mercalli sui cieli colorati e gli inquinamenti dell'aria che respiriamo. (p.d.)
Giù le mani dai tramonti. Almeno con quelli l’uomo non c’entra nulla. Gli splendidi cieli di questi giorni non sono provocati dall’inquinamento, dagli incendi. Sono ‘soltanto’ delle meravigliose nuvole rosse e viola. Ci siamo abituati a non guardarli più e adesso ce ne accorgiamo perché abbiamo paura…
Luca Mercalli lei vive studiando le nuvole, i ghiacciai e il clima. Da Roma a Milano tutti puntano il dito verso il cielo indicando tramonti stupendi. È così ‘normale’?
Sono tramonti fatti con gli ingredienti della natura. Certo, ci vuole un po’ di fortuna.
Quali sono gli ingredienti per un buon tramonto?
Tanto per cominciare ci vuole la stagione giusta. Perché in ogni periodo dell’anno i raggi del sole colpiscono con un’angolazione diversa l’atmosfera. Poi mettete delle belle nuvole, quelle di questi giorni sono nubi d’onda che si chiamano altocumuli lenticolari.
Lenticolari, perché?
Hanno la forma di una lente vista di taglio. Poi ci vuole un bel vento, come il phon che ha investito le Alpi e che spalma le nuvole per centinaia di chilometri. E infine… serve un po’ di polvere.
Ecco, l’inquinamento…
Macché, è tutto naturale. Parlo della polvere alta dell’atmosfera, che si trova a 30 chilometri di quota. A volte è provocata dalle grandi eruzioni vulcaniche – come il Sant’Elena e il Pinatubo – che lasciano per anni polvere nell’atmosfera. Ma non è il caso dei tramonti di oggi.
Non c’entrano nemmeno gli incendi nella sua Valsusa?
Sono giorni che non vediamo il sole. Abbiamo la casa coperta di cenere e lapilli. Centocinquanta roghi in dieci giorni… e poi parlano di caso e piromani. Bisognerebbe vedere chi ci guadagna da questo disastro… No, comunque neanche questo c’entra.
Ma se i tramonti ci sono sempre, perché ce ne accorgiamo soltanto adesso?
Perché siamo in allarme. E non osserviamo più la natura in cui viviamo.
Non ci accorgiamo dei tramonti. E nemmeno dell’inquinamento. Ieri l’Onu ha lanciato un allarme…
È come un bollettino medico di un paziente che da anni è steso sul letto. Ci ricordano le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera. Per un paio di giorni ci preoccuperemo, vedremo i tramonti rossi… poi sarà come prima.
E cosa potremmo fare?
A livello mondiale dovremmo almeno rispettare gli accordi di Parigi. Finora non si sta facendo nulla. Non sono sufficienti, non servono per guarire il paziente. Ma se fossero raggiunti gli obiettivi, nel 2100 l’incremento delle temperature sarebbe di due gradi. Invece che di cinque. Serviva una compattezza a livello mondiale, come per il piano Marshall. Emmanuel Macron e Angela Merkel si sono mossi. Però se il presidente della prima potenza mondiale dice di non volerli rispettare, si butta tutto in burletta.
L’Italia che cosa può fare?
Noi teniamo il piede in troppe scarpe. Abbiamo industrie di eccellenza nei materiali per l’edilizia e nella domotica, cioè l’applicazione di informatica ed elettronica alla gestione della casa. Ma la politica non sembra convinta. Servono regole semplici, chiare e applicate da tutti. Invece un comune ti dice sì e l’altro no. Cambia il sindaco e cambia la politica ambientale. Dovremmo fare come i tedeschi…
Sempre questi tedeschi!
Loro quando decidono qualcosa la fanno fino in fondo. La chiamano energiewende, la transizione energetica dopo il carbone. L’opinione pubblica è compatta. Se lo facessimo in Italia, avremmo forse un milione di posti di lavoro.
Non c’è riuscito Silvio Berlusconi, ci riusciremmo con l’ambiente?
Siamo il terzo Paese al mondo per impianti fotovoltaici. Abbiamo eccellenze industriali. E ci sono anche degli ecobonus importanti, anche se sono stati ridotti da 65 al 50%. Ma se lasciamo che sia facoltativo, nessuno investirà nella casa ecologica.
Noi cittadini cosa possiamo fare?
Trasformare la nostra casa. Utilizzare gli ecobonus che, soprattutto per i condomini, sono consistenti. Poi cambiare le finestre e il cappotto…
Il cappotto?
Sì, l’isolamento delle pareti. Adesso si mette uno strato di dieci centimetri per esempio di polistirolo. Poi si mettono una caldaia efficiente e i pannelli solari. Non vedo perché a Bolzano si riesca e in tante altre regioni no. E con l’energia prodotta ci ricarichi l’auto elettrica. Aiuta a risparmiare, è un investimento che si recupera presto. Poi c’è la soddisfazione di non inquinare. La politica dovrebbe dare un valore a quello che non si brucia nell’atmosfera. E premiare chi pensa al mondo in cui viviamo.