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Sandro Roggio
Uno spot che svela il vero volto della destra
15 Settembre 2011
Sardegna
La tragedia-farsa del berlusconismo di periferia: manomissione del piano paesaggistico e manovre mediatiche. La Nuova Sardegna, 14 settembre 2011

É tutto un po' più chiaro dopo lo spot del pubblicitario ingaggiato da Cappellacci. Il percorso avviato con il titolo “Sardegna nuove idee” arriva all'atto ultimo o penultimo della commedia del berlusconismo esportato in periferia. La stessa mistificazione: atti di governo giusti e buoni per tutti e invece convenienti per pochi o per uno solo. Così le “nuove idee” per il governo del territorio, indicate come la panacea dei nostri mali, servono in realtà a rendere più agevole la manomissione dei nostri paesaggi.

Si veda nel sito della Regione il polverone di pagine, con spezzoni di concetti condivisibili, richiami alle pratiche di governance, prove di partecipazioni guidate, eccetera. Ma con quel rimando forte e chiaro alle vecchie idee per cui si annullano le premesse: il piano-casa1 (artt. 12 e 13 legge 4/09), rilanciato con il temerario piano-casa2 (e infatti bocciato dai franchi tiratori nel 2010), e ora il piano-casa3, e immaginiamo una quarta versione.

Aspettavamo che parlasse uno studioso più o meno autorevole, per spiegare la necessità delle manovre attorno al Ppr. Ma di conclusioni scientifiche di consulenti-esperti neppure l'ombra, meglio la pubblicità gratuita (nel senso che la paghiamo noi: comunque la pensiamo).

Neppure un accenno al contenuto delle regole in costruzione. Solo il lirismo appiccicoso pensato per consumatori sprovveduti: occorre persuadere che il governo regionale lavora per liberare tutti i sardi dal maleficio del Ppr, dai vincoli che hanno reso la loro vita un inferno, e dove la prosa prende il posto della poesia la Sardegna sembra la Striscia di Gaza (“oltre un milione e trecentomila sardi vive sotto un vincolo paesaggistico !”). Ecco il dramma del popolo sardo. Non sono le facce stanche e tristi dei cassintegrati e dei pastori in lotta a turbare il sonno di Cappellacci, ma le limitazioni subite dai palazzinari ai quali soprattutto si rivolge il sedicente messaggio istituzionale. Per conquistare il consenso, anzi l'applauso per "il gusto pieno della vita” che ci verrà restituito, basta la promessa: un pezzo di terra/una casa (per evitare che i divieti si traducano in giustificati abusi edilizi).

Ti faccio immaginare che farai come ti pare sapendo che non sarà possibile accontentare tutti, pure quelli che – visto che ci siamo – vorrebbero farsi la casa in 500 mq nella campagnetta frazionata di nonno. Così la civile ma impopolare previsione del Ppr si trasforma in temporaneo consenso.

Lo stesso messaggio che da Palazzo Chigi si manda agli insofferenti verso ogni regola. Il trionfo di un' idea regressiva della democrazia che applicata al governo del territorio lascia segni per sempre: e nella scia delle casette le grandi speculazioni in attesa.

Capiremo presto il senso di questa improvvisa accelerazione. Vedremo la deregolazione urbanistica in tre mosse, forse quattro. Nuovo piano-casa, legge sul golf, e un colpo al Ppr: basta depotenziarlo in tre o quattro punti, per non contraddire i nuovi provvedimenti. Non è difficile capire che una legge ordinaria non può modificare le disposizioni di uno strumento convalidato dallo Stato per via del Codice dei beni culturali. E quindi avanti alla rinfusa, temo: approderanno a qualcosa che creerà scompiglio e contenzioso, un cortocircuito di cui qualcuno saprà approfittare. C'è solo da sperare che si facciano sentire gli elettori della destra: molti di loro sanno che la tutela della bellezza del Paese non è una ideologia di parte ma un punto fermo in Europa. Un impegno che viene da lontano, troppo disatteso in Italia, ma che comincia, appunto, con Croce e Bottai.

Nota: sul medesimo argmento si veda qui anche l'articolo di Antonietta Mazzette

Di seguito, riproponiamo l’inserzione a pagamento pubblicata a cura della Regione Autonoma Sardegna su due pagine, nei quotidiani L' Unione Sarda e La Nuova Sardegna di domenica 11 settembre 2011



Domande e risposte

Domanda: ma è vero che vogliono cancellare il PPR per fare in modo che si torni all'assalto delle coste e alla distruzione del nostro patrimonio paesaggistico? Risposta: qualche volta le domande più semplici nascondono le paure più grandi. Queste paure sono alimentate da notizie imprecisi, da pregiudizi o da poca informazione. Ma non c'è niente di più semplice che raccontare le cose come stanno. Per poterle verificare e capire che chi vive di paure non è libero. Il paesaggio è di tutti noi, ancora di più è in tutti noi. E' nel nostro cuore, nel nostro modo di essere. Nelle vacanze al mare da bambini, nel bosco delle nostre gite, nella vigna di nonno all'imbrunire, nei campi gialli dell'afa estiva, nelle chiese della domenica mattina vestite di nebbia, nei vicoli stretti dietro casa di paese, nella vista che ti sembra di essere in una cartolina se non fosse per il maestrale che ti lascia senza fiato.

La Sardegna è il suo paesaggio, come ciascuno di noi è il suo volto, con gli occhi grandi e il naso storto, i capelli scuri e la pelle olivastra. Il paesaggio è identità. In questi anni si è fatto molto perché ce ne rendessimo conto. Indietro non si torna. Ma si deve andare avanti. Oggi le regole fatte per il paesaggio lo hanno intrappolato in una fotografia destinata a sbiadire. Perché non possiamo bloccare l'evoluzione della vita, e con essa l'evoluzione del paesaggio. Ma vivere, ed evolvere, con le regole attuali non è possibile. Oggi oltre un milione e trecentomila sardi vive sotto un vincolo paesaggistico.

La stragrande maggioranza di questi (e siamo noi) neanche lo sa. Ce ne accorgiamo quando magari dobbiamo cambiare gli infissi della nostra casa, o rifare il tetto con tegole fotovoltaiche per risparmiare qualche euro salvaguardando l'ambiente, o quando pensiamo di chiudere una veranda perché in cameretta i ragazzi non ci stanno più. Ce ne accorgiamo quando per trovare una bottiglia di acqua fresca sotto l'ombrellone dobbiamo tornare a prendere la macchina e cercare un bar da qualche parte, ma non so dove. Ce ne accorgiamo quando leggiamo che i turisti non vengono più in Sardegna perché preferiscono gli alberghi con i servizi adeguati in Croazia piuttosto che in Marocco. Ce ne accorgiamo quando i nostri figli stanno ancora a casa perché non ne possono avere una per loro, perché un bivano costa trent'anni di un lavoro che non c'è e il valore di una nuova casa sale anche se nessuno la compra, perché tanto sarà sempre più difficile costruirne altre.

Ce ne accorgiamo quando vediamo in tv le immagini delle villette sequestrate perché totalmente abusive, perché quando tutto è vietato e non c'è nessuna direzione verso cui andare, prima o poi qualcuno sfonda il recinto. Le regole di oggi vietano e bloccano. Ma allora non sono regole: sono divieti e blocchi. Vogliamo avere invece un insieme di regole efficaci e chiare, conosciute e condivise, che siamo una via per lo sviluppo e una speranza per il futuro. Ciò che vogliamo tutelare è il paesaggio, non le leggi sul paesaggio. Tutelare non è vincolare, come educare non è inibire. Vogliamo che i nostri figli e i loro figli e ancora dopo i figli dei loro figli nascano, crescano, conoscano e portino dentro di sé quella Sardegna che noi abbiamo conosciuto, libera e forte nel suo aspetto come nel suo cuore, che sa difendere la sua bellezza ma che rimane vitale e capace di aprirsi al mondo senza perdere la sua identità e la sua storia. Vogliamo essere al passo con il nostro tempo, ma proiettati nel futuro, non girati a rimpiangere il passato mentre cerchiamo di fermare il tempo.

Vogliamo sapere prima di fare le nostre scelte quali sono i modi e i tempi per realizzarle, senza dover sottostare all'incertezza di una burocrazia fatta di sabbie mobili e della politica delle intese fatte per simpatia o tornaconto. Per qusto abbiamo riscritto alcune regole, più semplici da leggere e da applicare, per questo abbiamo messo a disposizione strumenti moderni per far conoscere a tutti cosa sia da tutelare e cosa da vincolare, cosa da salvaguardare e cosa da trasformare. Il PPR è nato pensando che la Sardegna fosse una terra che doveva essere difesa dal popolo che la abita; lo abbiamo voluto riscrivere perché invece crediamo che sia quel popolo, tutto il popolo sardo, di qualunque colore sociale e politico, che voglia difendere la terra in cui vive per affidarla ai figli più bella e più forte.

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