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“Un’impresa, ovunque e comunque……e in soli 7 giorni!”
15 Giugno 2007
In giro per l'Italia
Le ragioni per cui la legge Capezzone deve essere profondamente modificato. Un documento di Italia Nostra del 13 giugno 2007

E’ giunto in discussione alla X Commissione del Senato della Repubblica (ma coinvolgerà anche altre Commissioni senatoriali) il ddl N° 1532 “Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e disciplina dell’avvio dell’attività di impresa”, primo firmatario Daniele Capezzone, già approvato dalla Camera dei Deputati il 24 aprile u.s. nel più assoluto silenzio generale.

Il ddl N° 1532 è così sintetizzabile in uno slogan che ne volesse pubblicizzare i contenuti: “Un’impresa, ovunque e comunque… e in soli 7 giorni!!!!” .

Lo slogan contiene i due “principi” che sono al contempo i maggiori pericoli insiti nell’iniziativa: la collocazione di impianti produttivi anche in deroga alle norme urbanistiche e paesaggistiche vigenti e l’eccezionale brevità temporale di questa operazione.

Questo in dettaglio è quanto prevede l’articolato.

L’Art. 1, c. 2, definisce gli impianti produttivi come quelli relativi a tutte le attività di produzione di beni e servizi, ivi inclusi le attività agricole, commerciali e artigianali, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni.

L’Art. 1, c. 3 e segg, prevede per ogni Comune l’istituzione dello sportello unico per le imprese (anche in forma associata tra comuni) o la designazione dell’Ufficio che dovrà assorbire al suo interno i compiti previsti dal ddl. A tale sportello unico o a tale Ufficio sono attribuite tutte le competenze inerenti i titoli autorizzativi, a cominciare dalle dichiarazioni e dalle domande.

L’Art. 1, c. 8, elenca i casi in cui non occorre autorizzazione alcuna (utilizzazione dei servizi presenti che non comportano ulteriori lavori nelle aree ecologicamente attrezzate istituite dalle regioni, utilizzando prioritariamente zone con nuclei industriali già esistenti, anche se dismessi).

L’Art. 1, c. 9, definisce il caso in cui il progetto di impianto produttivo contrasta con lo strumento urbanistico (qualora lo stesso non abbia aree industriali sufficienti o non utilizzabili da quel progetto) perché interessa aree classificate agricole, residenziali, per attrezzature ecc.. Lo sportello unico “immediatamente” convoca la conferenza di servizi degli organismi interessati in seduta pubblica e in tale conferenza acquisisce e valuta le osservazioni. La conferenza deve tenersi entro 7 gg. dalla presentazione della documentazione (Art. 3, c. 2).

Il verbale della riunione è inviato poi al Consiglio comunale che delibera entro 30 gg. con decisione definitiva. Nel caso in cui il Consiglio comunale non dia parere positivo il Consiglio comunale stesso può deliberare una diversa localizzazione o diverse modalità di realizzazione del progetto. Se la conferenza dei servizi delibera conformemente a quanto indicato nella delibera comunale il progetto può essere realizzato senza alcun ulteriore passaggio, bastando una autodichiarazione di conformità tecnica.

L’Art. 2 esclude la possibilità di dare immediatamente avvio agli interventi quando la verifica di conformità comporta valutazioni discrezionali da parte della pubblica amministrazione (ad es. per i profili attinenti la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, la difesa nazionale, la tutela dell’ambiente……). In questo caso (Art. 3), lo sportello unico convoca per via telematica la conferenza dei servizi inviando, sempre per via telematica, la documentazione alle amministrazioni competenti che hanno 30 gg. di tempo per manifestare l’eventuale “motivato dissenso”. Se il “motivato dissenso” è espresso da amministrazioni in merito alla tutela paesaggistica, ambientale, della salute…..la decisione finale è rimessa al Consiglio dei Ministri o ai competenti organi collegiali degli enti territoriali cui appartiene l’amministrazione dissenziente. Questi Organismi tuttavia hanno a disposizione 30 gg. per deliberare (Art. 3, c. 6). Immaginiamo cosa può succedere nei palazzi dell’arbiter romano subissati dalle pratiche affluite dai comuni! E il silenzio entro quel brevissimo termine, in pratica infine obbligato, varrà consenso ad ogni intervento benché lesivo dei valori del paesaggio e della salute!

Il ddl N° 1532 pericolosamente introduce nuove prassi che cancellano i principi dell’urbanistica e quelli della partecipazione collettiva alla programmazione del territorio.

Per le attività produttive (intese nel senso lato di cui sopra), e solo per esse, su richiesta dei singoli diviene possibile introdurre varianti allo strumento urbanistico comunale senza seguire l’iter partecipativo e di coinvolgimento collettivo previsto sin dal 1942 (epoca fascista!): presentazione della variante urbanistica, adozione della stessa da parte del Consiglio comunale, pubblicazione, presentazione di osservazioni da parte dei cittadini, accoglimenti e/o controdeduzioni, definitiva approvazione del Consiglio comunale.

La variante allo strumento urbanistico secondo il ddl 1532 può essere decisa dalla conferenza di servizi e da un solo passaggio nel consiglio comunale! La partecipazione non può essere garantita dal fatto che la conferenza di servizi è pubblica (Art.3, c. 5) e che ad essa possono partecipare, senza diritto di voto, i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o in comitati che vi abbiano interesse e che possono proporre osservazioni in tale contesto. Ma in quale modo potranno essere avvisati e coinvolti tutti questi portatori di interessi privati o diffusi nell’inesistente tempo a disposizione?

Italia Nostra richiede ai Parlamentari impegnati nell’esame del provvedimento un’attenta ponderazione, nel senso ora descritto, sulle pericolose norme che possono portare ad una progressiva distruzione degli equilibri territoriali.

Quali Comuni, grandi e piccoli, avranno la capacità di anteporre l’interesse del territorio, resistendo alle richieste di impianti in ogni dove dettate da convenienze di singoli imprenditori e accompagnate dal miraggio delle sirene occupazionali?

Italia Nostra ribadisce l’importanza del principio di pianificazione che non può essere negato dalla volontà di razionalizzare e ridurre il tempo delle autorizzazioni, volontà sicuramente condivisibile, ma che non può essere perseguita a discapito dell’equilibrato sviluppo del territorio, contro il principio della partecipazione collettiva alle scelte che sul territorio incidono e perfino in danno del paesaggio e della salute.

Roma, 13 giugno 2007

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