Da qualche decennio il racconto su Costa Smeralda si replica a traino della prima compiaciuta versione dei fatti: la favola del principe venuto per caso dal mare, che si innamora della Sardegna e via dicendo, che inorgoglisce i sardi ai quali il cuore batte forte se gli dici che l'isola è bella e ospitale.
E' forte il patto per non rompere l'incantesimo. Si sorvola sugli aspetti che possono guastare l' aura aristocratica, già messa a dura prova da mediocri billionaire. Meglio non fare troppo caso alla prosa dei bilanci: anche se Costa Smeralda come tutte le imprese si basa sui conti, che o tornano o non tornano. E che scompaiono sovrastati dal mito avvincente della vacanza (com'è in molta letteratura tra Otto e Novecento che ha come scenario i luoghi di villeggiatura). I conti sono da sempre dettagli marginali nelle rappresentazioni di Costa Smeralda. E i passaggi di mano – da Aga Khan a ITT, Starwood, a Colony Capital di Tom Barrack – sono abilmente presentati come normali avvicendamenti tra ricchi nella amministrazione della leggenda: i debiti ereditati sono il giusto fardello per chi assume il prestigioso compito. Non importa se chi lascia si dimentica di spiegare in modo circostanziato il bilancio in rosso.
E' antipatico – lo so – ricordare che Karim Aga Khan è stato costretto ad abdicare per un buco notevole nei conti, come hanno scritto i giornali all'epoca. Se ha perso il controllo di Costa Smeralda è perché Ciga Immobiliare era gravata da uno scoperto di molte centinaia di miliardi di lire, per cui il patrimonio è passato in maggioranza a ITT Sheraton con l'assistenza di Mediobanca. Nello sfondo la protesta dei soci Fimpar contro la gestione dell'impresa, culminata nella infuocata assemblea di Milano del febbraio 1994.
Parlarne non toglie nulla ai meriti del principe e ai bei ricordi, e l'appello accorato “Aga Khan ritorna”, rilanciato ciclicamente, è immemore – occorre dirlo – e per molti versi incomprensibile. Come il titolo “Sardus Pater” che la Regione gli ha consegnato l'anno scorso in una cornice surreale.
Tom Barrack esce oggi di scena con oltre 200 milioni di euro di debiti (e nessuno gli chiede di restare). L'emiro del Qatar Al Thani subentra, e soddisfa – pare – l'attesa di continuità almeno sul piano simbolico. Nuovo giro senza un chiarimento, non un piano industriale, per dirla con il linguaggio sindacale, ma neppure una lettera d'intenti, per ora. Alle istituzioni locali basta sapere che il nuovo padrone è uno degli uomini più ricchi del pianeta, confermando la tradizione; mentre c'è chi ricorda che il presidente della Regione Cappellacci è stato in Qatar con l'ex ministro degli Esteri nel novembre 2010.
La cifra da versare non è poca cosa, nonostante la solidità dell'emiro che difficilmente compra Costa Smeralda per amore, specie se si considera che il valore stimato del patrimonio è circa tre volte il debito accumulato. Una valutazione che si capirà col tempo: se e in che misura hanno influito gli ottimi indicatori sul ricavo medio per camera venduta e le voci sulle destinazioni urbanistiche che interpretano annunci, sentenze, impugnative del governo.
Sarebbe insomma interessante sapere se e come è stato rassicurato l'emiro che si impegna a ricapitalizzare. E da chi. E se per caso sia entrata nella trattativa la solita ipotesi di riavviare il ciclo edilizio nei 23mila ettari di proprietà. Se si disponesse di un' analisi del bilancio previsionale dell'impresa, svolta da specialisti, potremmo capire il senso del nuovo corso, che immaginiamo stia, grosso modo, tra buone intenzioni di potenziamento della ricettività e confuse promesse di modifiche del Ppr; quindi con il solito rischio che si chieda al paesaggio sardo di sacrificarsi per aiutare l'investimento del Qatar.