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Una Cgil neoliberista?
6 Agosto 2011
Articoli del 2011
Critiche nella Cgil alla firms dell'accordo tra le parti sociali,, nell'articolo di Antonio Sciotto e nell'intervista di Loris Campetti al segretario della Flc. il manifesto, 6 agosto 2011

La Cgil lacerata sui «sei punti»

di Antonio Sciotto 


All'incontro di giovedì con il governo imprese e sindacati si sono presentati con una proposta comune per superare la crisi Malcontento tra le categorie e nella stessa maggioranza per il testo presentato al governo insieme alla Confindustria-Fronti opposti sulle privatizzazioni, la tassa patrimoniale, il pubblico impiego. «Tornare al Direttivo»

Si accende lo scontro dentro la Cgil sul documento in 6 punti presentato al governo, firmato due giorni fa dalla segretaria generale Susanna Camusso con la Confindustria, ma sgradito a una parte della confederazione. In particolare, vengono criticati i passaggi sulle privatizzazioni (che comunque la segretaria ha già ribadito di non condividere), sull'aumento della produttività della pubblica amministrazione (soprattutto a fronte di un governo che ha congelato salari e integrativi), e si contesta un deficit di democrazia, non essendo passata la decisione al vaglio del Direttivo. Dall'altro lato, chi sostiene la linea Camusso, spiega che «il momento è grave, l'Italia rischia il default, e si deve dimostrare senso di responsabilità».

«Il documento è inaccettabile - dice Gianni Rinaldini, dell'area di minoranza «La Cgil che vogliamo» - Così come è inaudito che la Marcegaglia possa presentare delle proposte anche a nome e per conto dei sindacati: un'umiliazione della Cgil». «Privatizzazioni, liberalizzazioni, modernizzazione del welfare, rendere strutturale la detassazione e la decontribuzione dei premi di risultato aziendali senza nulla dire sulla tassazione del lavoro dipendente e degli aumenti retributivi dei contratti nazionali, esprimono una idea, una esplicita volontà punitiva sui più deboli», prosegue Rinaldini, che chiede ora a Camusso di «sospendere gli incontri e convocare gli organismi dirigenti». «Bisogna smetterla di trattare la Cgil - conclude - come se fosse proprietà esclusiva di 2 o 3 dirigenti».

Dalla Fiom, dal suo leader Maurizio Landini, per ora non vengono dichiarazioni esplicite: ma si sa che i metalmeccanici Cgil sono parte integrante della minoranza (tre quarti di loro votò la mozione Rinaldini al Congresso), e non si fa fatica a immaginare che siano contrari al documento. Un netto «no» arriva da un'altra categoria, quella di scuola, ricerca e università, la Flc: lo declina il segretario Mimmo Pantaleo nell'intervista che pubblichiamo in queste pagine.

Molto articolate anche le critiche di Nicola Nicolosi, segretario confederale della Cgil e coordinatore di «Lavoro e società», che dopo aver sempre difeso, dal passato Congresso, le posizioni di Susanna Camusso, adesso si smarca: «Il documento non mi vede d'accordo - spiega in una lunga nota - Altro che bilancio pubblico: il problema dell'Italia è quello di una crescita che non permette il pagamento o la sostenibilità del debito. Se poi anticipassimo le misure fiscali previste in manovra, con l'assurda richiesta di "costituzionalizzare" il pareggio di bilancio pubblico, l'Italia cadrebbe dalla recessione alla depressione». «I contenuti delle proposte delle parti sociali sono l'esatto contrario di quello che servirebbe al paese - conclude Nicolosi - Il parlamento europeo ha proposto una tobin tax, la Cgil da parte sua la patrimoniale. Questo è il programma della Cgil, di cui non c'è traccia in quei 6 punti».

Intanto nei giorni scorsi si era espressa contro una nuova concertazione «tutta ai danni di lavoratori, giovani e pensionati», anche Carla Cantone, segretaria dello Spi Cgil, i pensionati: «È vero che nei momenti molto delicati ci vuole un grande senso di responsabilità, e la Cgil nella sua storia non si è mai sottratta - ha detto Cantone - Ora però basta: non si possono chiedere più sacrifici alle categorie che rappresentiamo senza parlare di equità. Neanche se a chiedercelo sono le opposizioni o la Confindustria».

Posizioni di contrarietà cominciano a emergere anche nei territori: Antonio Mattioli, segretario della Cgil dell'Emilia Romagna, è molto critico rispetto al documento delle parti sociali: «Ci infiliamo in un confronto diventato urgente per altri, per la Cgil lo era sin dallo sciopero generale del 6 maggio, senza sottolineare le nostre priorità: la patrimoniale, la restituzione del fiscal drag, una riforma del pubblico impiego che sblocchi la contrattazione, una riforma della scuola e della ricerca contro le politiche depressive del governo, una lotta alla piaga della precarietà. Si doveva convocare il Direttivo e assumere le nostre priorità a partire dalla piattaforma dello sciopero del 6 maggio e dal giudizio espresso il 5 luglio sulla manovra».

Ieri la segretaria Susanna Camusso ha difeso la sua firma al documento in una intervista a Repubblica, dove chiede le dimissioni del presidente del consiglio e dice no a un anticipo della manovra, «perché è sbagliata e iniqua». Inoltre, Camusso ribadisce la contrarietà alle privatizzazioni, nonostante esse siano contenute tra i 6 punti.

Sostiene questa posizione, tra i segretari di categoria, Stefania Crogi, leader della Flai (agroindustriali): «Io condivido in pieno quel documento - ci spiega - perché dobbiamo capire che l'Italia è in un momento delicatissimo, rischiamo il default, da poco si è espresso anche il presidente della Repubblica Napolitano: a chi chiedeva un Direttivo, dico di guardare all'urgenza del momento, a come sta messo il paese». «Sulle privatizzazioni - dice Crogi - mi pare che Camusso abbia chiarito, nell'intervista a Repubblica, che fanno male: d'altra parte tutti hanno visto il nostro impegno negli ultimi referendum. Anche sulla patrimoniale, dico che resta tra le nostre priorità, seppure non sia stato scritto esplicitamente nel documento: quando si parla di reperire risorse per un'equa tassazione del lavoro, per noi significa tassare i più ricchi. È importante in un momento come questo tenere l'unità sindacale e tra tutte le parti sociali, mentre al governo e al premier chiediamo di andarsene, per tornare a votare».


Mimmo Pantaleo/ Il segretario della FLc contesta la firma

intervistadi Loris Campetti



«Metodo e contenuti sbagliati. Il testo comune va in direzione opposta alla nostra linea» 
«Tutti insieme per fare che? La Cgil deve battersi in difesa dei beni comuni e del welfare, per la redistribuzione della ricchezza attraverso l'imposta patrimoniale»

Mimmo Pantaleo è segretario generale della Federazione lavoratori della conoscenza (Flc) della Cgil, prima mozione congressuale, quella maggioritaria che ha espresso Susanna Camusso. La sua appartenenza non gli impedisce di esprimersi liberamente sull'alleanza tra le «parti sociali»: Confindustria, confederazioni sindacali, rappresentanze del sistema bancario, agricolo, cooperativo, artigianale. Pantaleo non lesina critiche e mette a nudo i contenuti «inaccettabili» del documento presentato al governo Berlusconi e firmato anche da Susanna Camusso. E critica il metodo che ha portato a qesta decisione.

Pantaleo, è cambiata la linea della Cgil?

Io sto ai contenuti. Nel direttivo nazionale si è deciso di dare una battaglia dura contro la finanziaria Tremonti-Berlusconi che provoca un massacro sociale e si sono fissati i punti fondamentali della Cgil per dare una risposta alternativa alla crisi: patrimoniale per far pagare ai ricchi i costi della crisi; difesa dei beni comuni e del welfare; investimenti nella ricerca e nella conoscenza; difesa dei redditi da lavoro dipendente e da pensioni con un riequilibrio nella distribuzione della ricchezza; aumento della tassazione delle rendite finanziarie. Nel documento presentato dalla Marcegaglia leggo l'opposto, vedo una filosofia e delle scelte concrete che vanno in tutt'altra direzione. Lo sappiamo tutti che in una situazione d'emergenza, alle prese con un governo incapace e dannoso, vanno costruite proposte e iniziative, ma certo non sottoscrivendo impegni contrari alle posizioni della Cgil.

Come è maturata la scelta della Camusso?

Posso solo risponderti che io sono abituato alla scuola della Cgil che prevede grandi discussioni nei gruppi dirigenti per costruire le scelte importanti. Di questa cultura non ho visto traccia nel percorso che ha portato al patto tra le parti sociali e al documento comune. Alla ripresa di settembre il direttivo dovrà finalmente discuterne.

E nel merito del patto e del documento?

Non credo che esistano le condizioni per un patto sociale con Confindustria e banche, non c'è condivisione nelle strategie tra gli interlocutori. Coloro con cui abbiamo firmato il documento vogliono privatizzazioni, controriforme del mercato del lavoro e delle relazioni sindacali, liquidazione dello Statuto dei lavoratori. In quale dispositivo della Cgil sta scritto che noi siamo d'accordo? Non hanno certo il lavoro in mente i nostri cofirmatari. Noi, al contrario, dovremmo mettere in campo una forte mobilitazione per una nuova idea di crescita e sviluppo. Non serve adorare il totem della crescita, bisogna parlare di qualità e compatibilità della crescita. Vorrei aggiungere che quanto nel documento «comune» si esalta l'impegno di banche e imprese, noi dovremmo replicare che la drammaticità della crisi italiana è anche il prodotto delle scelte di banche e imprese.

All'inizio si era detto che l'accordo delle parti sociali era finalizzato a determinare una discontinuità di governo. Adesso sono rimasti in pochi a dire che Berlusconi se ne deve andare.

Che un presidente arrogante e un governo disastroso debbano andarsene per aprire la strada a nuove elezioni siamo tutti d'accordo in Cgil. Governi di transizione o governissimi sarebbero in continuità con Berlusconi. Per la Cgil l'alternativa, credo, è nei contenuti e il primo è far pagare la crisi e il risanamento ai ricchi. Con le operazioni politiciste non si va da nessuna parte. La gente chiede un cambiamento vero. Lo chiede a noi, e lo chiede soprattutto alla politica, all'opposizione.

La Cgil ha firmato un mese fa un accordo con Cisl, Uil e Confindustria che va nella stessa direzione del patto sociale...

Sinceramente non vedo questa continuità. Con tutti i suoi limiti, l'accordo sul sistema contrattuale e la rappresentanza, discutibile quanto vogliamo, ha una valenza sindacale. Io per esempio penso che i lavoratori debbano poter votare sempre sugli accordi che li riguardino. Ora, invece, vedo una valenza puramente politica, di cattiva politica nel patto e nel documento delle parti sociali. Tutti insieme per fare che? Ridurre lo stato sociale? Privatizzare i beni comuni? Parliamo di cose serie, e siccome siamo la Cgil parliamo di occupazione, lotta al precariato, diritti, salari, Mezzogiorno.

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