Il manifesto, 24 marzo 2015 (m.p.r.)
Due aspetti simbolicamente intrecciati, ma rigidamente separati nella rappresentazione ufficiale: con abilità diplomatica, Tsipras ha ribadito di fronte a Merkel il punto di vista greco sulla necessità di ottenere riparazioni per le devastazioni belliche, sottolineando a più riprese, però, che «questo tema non c’entra con la crisi attuale».
Il bilancio del vertice è, stando alle dichiarazioni, positivo per entrambi. Ma chi ha segnato un punto è certamente il premier greco. A differenza di altri (pseudo) leader dell’Europa meridionale che al cospetto della potente cancelliera non sanno far altro che scodinzolare ubbidienti, Tsipras ha colto l’occasione per ribadire urbi et orbi la posizione di Atene. Con fermezza, ma con parole pacate e sguardo disteso, a dispetto di chi dipinge la nuova dirigenza greca come «una banda di hooligans» (copyright Frankfurter Allgemeine Zeitung). Due i punti-chiave.
«Primo: abbiamo alle spalle 5 anni di un “programma di salvataggio” che per noi non è di successo, ma ha peggiorato la situazione: non ha raggiunto obiettivi di contenimento del debito e ha aumentato le diseguaglianze», ha argomentato il premier greco, citando uno studio della fondazione Hans Böckler, autorevolissimo istituto di ricerca tedesco. «Secondo: sarebbe una semplificazione dire che i problemi in Grecia sono responsabilità di altri e non nostra, pur non essendo esente da critiche il modo di funzionare dell’Unione europea», ha aggiunto Tsipras.
«Allora, se siamo d’accordo su questi due punti, siamo d’accordo anche sulla conclusione: bisogna migliorare ciò che non andava bene nelle politiche seguite sin qui, e quindi bisogna fare ciò che non hanno fatto i governi precedenti». Cioè: favorire la coesione sociale e combattere le ingiustizie. «Bisogna rispettare i trattati, ma anche la democrazia e le sovranità nazionali»: impossibile una cosa senza l’altra.
Merkel ha richiamato più volte l’accordo-quadro del 20 febbraio, sottolineando ciò che sta a cuore al suo governo: «Le cifre fornite dal governo greco devono essere vere». La paura di trovarsi nuovamente di fronte al gioco delle tre carte che fece il governo di Nea Demokratia prima dello scoppio della crisi c’è tutta. Ma dopo l’incontro di ieri sembra esserci maggiore fiducia verso Atene. Anche per la cancelliera «è importante che la Grecia si rafforzi, cresca, sconfigga la disoccupazione, in particolare quella giovanile». E, naturalmente, «che abbia un bilancio solido».
Un avvicinamento delle posizioni sembra esserci stato, dal momento che Merkel non ha insistito sugli accordi dell’epoca di Antonis Samaras, data evidentemente per superata in modo definitivo. Stando alle agenzie tedesche, la distensione deriverebbe anche da un pacchetto di misure che Tsipras avrebbe presentato in anteprima alla potente padrona di casa: vi sarebbero aumento dell’età pensionabile e privatizzazioni. Ma non ci sono riscontri che confermino queste voci. E la disinformacija dei media mainstream è sempre al lavoro, quando si tratta di Grecia.
Alle domande relative ai problemi di liquidità, il leader greco ha risposto senza perdere l’aplomb: «È una questione nota da tempo, che noi abbiamo ereditato e non abbiamo mai nascosto, e sulla quale non c’è nulla di nuovo da dire. Certo, io non sono venuto qua a chiedere alla cancelliera di pagare le pensioni dei greci». Merkel non si è sbilanciata, affermando che la competenza è dell’Eurogruppo, non sua. Parole prudenti, com’era inevitabile: la leader democristiana insiste sempre sul fatto di essere «alla pari degli altri», e quindi di non avere titolo per «dettare la linea».
L’eccezionalità tedesca è riconosciuta, invece, nel capitolo memoria storica: «Esamineremo le richieste della Grecia sulle riparazioni per la seconda guerra mondiale con la consapevolezza dei gravissimi crimini compiuti dai nazisti». Una «questione etica», ha ribadito Tsipras, che è stato durissimo nel criticare gli accostamenti impropri fra Terzo Reich e Germania attuale: «Anche il giornale del mio partito ha fatto errori su questo. Guai ad alimentare gli stereotipi, da ambo le parti».