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Dario Predonzan
Un Paese proprio brutto, che peggio non si può
11 Aprile 2008
Il paesaggio e noi
Un commento e qualche domanda a proposito delle dimissioni di Stefano Rodotà dalla presidenza della Commissione VIA

La valutazione di impatto ambientale (VIA) dovrebbe essere uno strumento a garanzia di un serio esame preventivo degli impatti che determinati progetti possono avere sull’ambiente (vale a dire sul paesaggio, sugli ecosistemi naturali, sulla salute pubblica, ecc.), con la conseguente possibilità di impedire la realizzazione delle opere nocive. La competenza della Commissione VIA concerne tutte le opere di maggiori dimensioni: autostrade, linee ferroviarie, porti, centrali elettriche, grandi impianti industriali, rigassificatori, ecc. Sembra ovvio che, per essere credibili, le procedure di VIA debbano fondarsi su analisi e valutazioni tecniche approfondite ed interdisciplinari, non manipolate da interessi e pressioni politiche e/o affaristiche.

In Italia, il compito di effettuare queste analisi spetta da sempre, in base alla legge vigente – e in assenza di una struttura tecnica ad hoc – alla Commissione VIA, costituita da esperti (molti i docenti universitari) di tutte le materie implicate, mentre soltanto la segreteria è fornita da funzionari del ministero dell’ambiente e per la tutela del territorio e del mare (Mattm, secondo l’acronimo ormai invalso).

E’ noto che in passato non sono mancati i “rimaneggiamenti” nella composizione della Commissione, da parte di ministri desiderosi di ottenere responsi favorevoli ai progetti di amici e clienti. Così fu, ad esempio, per il “siluramento” dell’ex presidente della Commissione VIA, Maria Rosa Vittadini, poco dopo l’entrata in carica dell’allora ministro Matteoli, “colpevole” di aver espresso (tra l’altro) una valutazione negativa sul progetto del MOSE veneziano. Non va neppure dimenticata la “Commissione speciale VIA”, istituita ad hoc – a fianco di quella “normale” – dal Governo Berlusconi allo scopo di valutare le opere inserite negli elenchi di quelle “strategiche” in base alla legge Obiettivo (L. 443/2001).

E’ evidente, quindi, la strategicità – in senso positivo – di una Commissione autorevole ed indipendente, ovvero – in senso negativo – di una Commissione dequalificata e/o arrendevole rispetto alle pressioni. Ecco perché fu salutata con grande favore l’estate scorsa, da chi ha a cuore la tutela dell’ambiente, la nomina a presidente della Commissione VIA del prof. Stefano Rodotà. Pochi altri, in effetti, avrebbero potuto dare maggiori garanzie di rettitudine, autorevolezza e indipendenza. Ecco perché grave sconcerto suscita invece la notizia recente – passata quasi inosservata dai mezzi d’informazione – delle dimissioni definitive di Rodotà dal suo incarico.

Secondo quanto riferisce “il Sole 24 Ore”, unico quotidiano nazionale a quanto risulta ad aver ripreso la notizia (anche questo un segno dei tempi), le dimissioni sono state motivate principalmente dalle condizioni miserevoli in cui la Commissione è stata costretta ad operare: i commissari sono ridotti a pagare di tasca propria missioni e spese vive, le attrezzature a disposizione sono misere, ecc. Difficoltà che, a quanto risulta, Rodotà aveva segnalato già tempo addietro, senza ottenere esito alcuno. Donde le dimissioni, accolte dal ministro Pecoraro Scanio, che ha nominato un nuovo presidente nella persona di un ex magistrato della Corte dei Conti.

La vicenda pare emblematica del degrado in cui versano tante strutture pubbliche di questo disgraziato Paese. E’ infatti particolarmente grave che avvenga proprio nel momento in cui – per i rifiuti della Campania come per le tante altre vicende di cui la stampa non parla – le questioni ambientali avrebbero bisogno di un approccio finalmente serio ed autorevole da parte dei pubblici poteri (mentre invece sono quasi scomparse, ad esempio dalla campagna elettorale).

E’ anche gravissimo che, nominato Rodotà e malgrado le sollecitazioni di quest’ultimo, Governo e ministro abbiano “dimenticato” un organo fondamentale come la Commissione VIA e non lo abbiano messo nelle condizioni di lavorare decentemente, negandogli anche le risorse elementari. Sarà dipeso dalla scarsità di fondi del Mattm? O dallo scarso peso politico del ministro Pecoraro Scanio rispetto ai colleghi? O al fatto che le risorse del ministero sono state riservate ad altri impieghi politicamente più gratificanti? Sarebbe interessante ottenere qualche risposta da chi può darla, anche se temo che – complice la campagna elettorale – non se ne farà nulla.

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