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Legambiente
Un Mare di Cemento
25 Giugno 2008
Abusivismo
Alcuni brevi estratti sugli "ecomostri" della costa italiana, dal recentissimo rapporto Mare Monstrum 2008. E ora comandano quelli dei condoni (f.b.)

Cemento sulle coste: la mappa dell’abusivismo edilizio e gli ecomostri doc

Anche in materia di cemento illegale, la Campania non teme rivali. E’ infatti prima nella speciale classifica delle regioni sull’abusivismo costiero, seguita dalla Calabria e dalla Sicilia, vede più che raddoppiato il numero di persone denunciate e arrestare, ma in calo il numero delle infrazioni. Una situazione che corrisponde tutto sommato al dato nazionale: in generale si riduce il numero delle infrazioni e aumentano le persone denunciate. Un dato probabilmente indicativo dell’aumento della gravità dei reati. I casi accertati di illegalità legata al ciclo del cemento perpetrate ai danni delle coste in Italia scendono da 4.484 del 2006 a 3.975 (-11,4%), il numero delle persone denunciate passa invece dalle 2.069 del 2006 alle 5.066 del 2007 (+145%). Cresce leggermente il dato sui sequestri, da 1.322 a 1.399 (+6%).

Gli ultimi dodici mesi, dobbiamo ricordarlo, sono stati anche quelli delle ruspe della Regione Lazio che finalmente nel luglio scorso hanno tirato giù la palazzina nell’area archeologica di Gravisca a Tarquinia e nel dicembre del 2007, dopo vent’anni di mobilitazioni ambientaliste, hanno abbattuto i 21 scheletri di cemento di Isola di Ciurli a Fondi. Ma anche quelli della demolizione dell’ecomostro di Copanello e delle ville abusive di Rossano Calabro, venute giù ad aprile del 2008. Senza dimenticare il sindaco di Falerna in provincia di Catanzaro, che è intervenuto per rimuovere le scandalose case mobili abusive sulla spiaggia.

Segnali che si auspicava fossero il preludio di una stagione di ripristino della legalità, che contagiassero altri sindaci e altre amministrazioni perché si cominciasse finalmente a fare sul serio, perché iniziasse a sparire dalla mappa dei litorali italiani lo sfregio delle centinaia di scempi, dai tanti abusi diffusi ai più eclatanti ecomostri, in riva al mare. Purtroppo così non è stato, nessun effetto domino. Il cemento fuorilegge, le case abusive sulle spiagge e i grandi alberghi illegali, dalla Liguria alla Sicilia, anche questa estate faranno da sfondo alle nostre cartoline dalle vacanze.

Perché, a fronte di una manciata di vicende a lieto fine, sono purtroppo ancora centinaia gli ecomostri e le colate di cemento che deturpano indisturbati la costa italiana. E sono decine, ogni anno, i nuovi progetti che vanno ad aggiungersi alla lista delle speculazioni immobiliari, sempre in nome di interessi privati a danno di quelli pubblici.

Proprio mentre scriviamo, arriva la notizia di cui avremmo volentieri fatto a meno: per finanziare il taglio dell’Ici sulla prima casa, il governo Berlusconi ha deciso di cancellare larga parte dei provvedimenti, e relativi stanziamenti, previsti dal c.d. decreto milleproroghe del febbraio scorso. Tra questi, neanche a dirlo, si sono volatilizzati anche i 45 milioni di euro del “Fondo per la demolizione degli ecomostri”.

A.A.A ruspe cercansi. Ecco i 5 ecomostri in lista d’attesa

Giugno 2007: erano cinque gli ecomostri costieri a “tempo scaduto”, quelli per cui Legambiente chiedeva che venissero istruite le pratiche di demolizione entro l’estate dello scorso anno.

Giugno 2008: niente di fatto, sono ancora gli stessi cinque gli orrori che riproponiamo in cima alla lista d’attesa. Ancora lì, immobili, a rappresentare lo scempio del cemento abusivo che domina incontrastato interi tratti del litorale del nostro Paese. Tentativi falliti di speculazione edilizia, come quello dei grandi alberghi mai finiti di Palmaria, decine di migliaia di metri cubi di cemento che sovrastano da più di trent’anni l’isolotto di fronte a Portovenere, e di Alimuri, uno schiaffo all'immagine e al paesaggio naturalistico della penisola sorrentina che dalla metà degli anni ‘60 tiene in ostaggio una delle conche più belle del golfo di Napoli e che l’ex ministro Rutelli aveva inserito tra quelli più “urgenti”. Ma anche di abusi e lottizzazioni devastanti come le ville sul bagnasciuga ribattezzate dai turisti “palafitta” e “trenino” a Falerna Scalo, in provincia di Catanzaro, e le case degli ex assessori del comune di Realmonte in riva al mare sulla spiaggia di Lido Rossello nell’agrigentino. Oppure di vere e proprie città illegali come le migliaia di seconde case costruite negli anni settanta a Torre Mileto, 500 delle quali totalmente insanabili perché interamente sul demanio marittimo.

Nome: L’albergo di Alimuri

Luogo: località “la Conca”, Penisola Sorrentina, Vico Equense (NA)

Data di nascita: 1965

Destinazione: albergo

Dimensioni: 50 vani (in origine 100) più accessori su 5 piani (h 16 mt)

Proprietà: S.A.A.N srl

Nel 1964 viene rilasciata la licenza per costruire un albergo di 100 vani, successivamente ridotti a 50. Nel 1971 la Soprintendenza ordina la sospensione dei lavori ma il Ministero della Pubblica Istruzione (con delega ai Beni Culturali) accoglie il ricorso proposto dal titolare. Nel 1976 la Regione Campania annulla le licenze rilasciate dal Comune perché in contrasto con il Programma di fabbricazione, ma il Tar della Campania nel 1979 ed il Consiglio di Stato nel 1982 invalidano a loro volta gli atti della Regione. Nel 1986 i lavori vengono sospesi dal Comune di Vico Equense per interventi di consolidamento della roccia retrostante. A questo punto, completare l'ecomostro di Alimuri avrebbe un duplice effetto: dare corso all'ennesimo assalto al patrimonio ambientale della penisola sorrentina e rendersi responsabili di un’opera a rischio, costruita alle pendici di un costone roccioso fragile, inserito nella zona rossa dell'ultimo piano d’intervento per il dissesto idrogeologico realizzato dall'Autorità di Bacino del Sarno.

Basti pensare che i solai del complesso risultano sfondati da numerose falle provocate da ripetuti crolli di blocchi di pietra. Il 23 aprile 2003 viene stipulato un singolare accordo tra il Comune di Vico Equense e il confinante Comune di Meta, con cui quest’ultimo si assume le competenze istituzionali di tutela e salvaguardia del territorio e la concessione di demolizione del manufatto nel caso abbia esito positivo l’acquisizione pubblica dell’area. Ma l’acquisto non è mai avvenuto perché i proprietari non hanno mai dato il via libera. Nei primi mesi di quest’anno il Ministro Rutelli ha inserito Alimuri nella lista degli ecomostri da abbattere “con corsia preferenziale” e sono stati avviati negoziati per arrivare a un accordo con i titolari a cui verrebbe data la concessione per costruire l’albergo da un’altra parte.

Nome: le palazzine di Lido Rossello

Luogo: Realmonte (AG)

Data di nascita: 1992

Destinazione: residenziale

Dimensioni: 5.800 mc circa

Proprietà: Demanio – Fugallo e Fiorica

Lido Rossello è una baia della costa meridionale della Sicilia, nel comune di Realmonte in provincia di Agrigento. E’ un luogo di grande suggestione, reso unico da uno scoglio chiamato, per via di una antica leggenda, “Do zitu e da zita” (del fidanzato e della fidanzata) che si trova in mare a trecento metri dalla spiaggia. La spiaggia di Lido Rossello, proprio per la sua straordinaria bellezza, è stata al centro delle mire speculative di un gruppo di politici e di imprenditori locali, denunciati e condannati dopo la pubblicazione di un dossier di Legambiente Sicilia.

Nei primi anni Novanta, utilizzando uno strumento urbanistico scaduto e in totale violazione del vincolo paesistico, alcuni assessori del Comune di Realmonte rilasciarono a sé stessi una serie di concessioni edilizie per realizzare palazzine in riva al mare, piantando i piloni nella sabbia e sbancando la costa di pietra bianca che completava il tratto costiero. Co-intestatari della concessione edilizia erano l’assessore Angelo Incardona, i suoi familiari Leonardo e Pietro Incardona e l’allora capo dell’ufficio tecnico Giuseppe Cottone. Nel 1992 Legambiente inizia a depositare denuncie, l’ultima delle quali nel settembre 2003 a seguito di queste la magistratura annulla la concessione e blocca i lavori. Nel febbraio del 1994 l’intera Giunta Municipale, la commissione edilizia ed alcuni imprenditori vengono tratti in arresto, processati e condannati. Si attende ancora che il Comune demolisca lo scempio.

Nome: Palafitta

Luogo: Falerna (CZ)

Data di nascita: 1972 (licenza edilizia)

Destinazione: residenziale

Dimensioni: 1260 metri cubi

Proprietà: Demanio – Eredi Sonni

Nome: Trenino

Luogo: Falerna (CZ)

Data di nascita: 1968 (concessione edilizia)

Destinazione : residenziale

Dimensioni: 4.554 mc

Proprietà: Demanio – Conte

Due casi eclatanti di cemento in spiaggia, se non addirittura in mare: “Palafitta” e “Trenino” sono i soprannomi con cui i cittadini e i turisti di Falerna, in provincia di Catanzaro, hanno ribattezzato le due costruzioni realizzate sul bagnasciuga della costa calabrese.

Palafitta, con i suoi tre piani, sfida da decenni le onde essendo stato costruito direttamente sulla battigia e nei giorni di mare leggermente mosso sembra che galleggi. Una storia, quella di questo assurdo manufatto, fatta di ricorsi al TAR, di ordinanze di demolizione e sospensioni delle stesse. La licenza edilizia risale al 1972. Nel 1993 la Capitaneria di Porto di Vibo Valentia Marina, accertata l’occupazione abusiva di una zona del demanio di 770 metri quadrati (superficie necessaria a ottenere il permesso per costruire la volumetria voluta su una base di 140 mq), ha ingiunto ai proprietari di demolire le opere e ripristinare lo stato della zona. Questi hanno fatto un primo ricorso al TAR della Calabria, ottenendo nel 1994 la sospensione del provvedimento. Le verifiche della Capitaneria di Porto accertano che i permessi erano stati rilasciati in assenza dei documenti relativi alla ubicazione del progetto e che il fabbricato era stato realizzato sulla base di elaborati planimetrici falsi. Nel maggio del 1999 il Comune di Falerna dispone l’annullamento della licenza del 1972 e ribadisce ai proprietari l’obbligo di abbattimento.

Segue un nuovo ricorso al TAR che però non viene accolto: il Comune rinnova l’ingiunzione di demolizione. I proprietari non si arrendono e presentano due nuovi distinti ricorsi: uno al Consiglio di Stato e uno di nuovo al TAR, che nel 2000 accoglie ancora una volta la domanda di sospensiva.

Trenino, invece, con i suoi appartamenti a schiera realizzati direttamente sul bagnasciuga viene invaso dalla sabbia che spesso riempie completamente il piano terra. Tre fabbricati di cui la prima licenza edilizia risale al 1968 e che hanno visto succedersi diverse proprietà. Un caso di abusivismo legalizzato, perché a parte la verifica della perimetrazione del lotto, le concessioni sono state rilasciate senza il preventivo nulla osta della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia.

Nome: Villaggio abusivo di Torre Mileto

Luogo: Lesina (FG)

Data di nascita: anni ‘70

Destinazione: residenziale – villette

Dimensioni: 2.800 alloggi lungo 10 km di costa

Proprietà: Demanio - Lesina Finanziaria spa

A Torre Mileto, in provincia di Foggia, sorge un villaggio costiero interamente abusivo, che si estende per una decina di chilometri di lunghezza nella fascia di terra che separa il lago costiero di Lesina dal mare. Il lago da una parte, il mare dall’altra, in mezzo una cerniera di cemento illegale. E' in verifica in Regione un PIRT (Piano d’Intervento di Recupero Territoriale) che porterebbe all'abbattimento di circa 800 case, portando a 100 metri dal lago e a 80 metri dal mare la fascia di rispetto ambientale. Contrari sono sia il sindaco di Lesina, che è anche consigliere del Parco Nazionale del Gargano, che vorrebbe invece ridurre la fascia di rispetto a 20 metri dalla costa, portando in sanatoria tutti gli abusi, e il presidente del Parco, che considera la demolizione delle case illegali un inutile spreco di denaro pubblico. Va ricordato che l’Ente Parco dispone da tre anni di un fondo per gli abbattimenti che giace senza essere speso. Di diverso avviso è l'assessore regionale al territorio ha invece affermato di aver istituito un fondo regionale per gli abbattimenti e che gli abusi di Torre Mileto saranno i primi a cadere. A oggi sono “solo” 900 le domande di condono presentate dai proprietari degli immobili.

Nome: Scheletrone di Palmaria

Luogo: Parco Regionale di Portovenere (SP)

Data di nascita: 1968

Destinazione: alloggi in multiproprietà

Dimensioni: 8.000 mc (dichiarati nel progetto)

Proprietà: 20 proprietari, tra società e singoli

Un enorme scheletro di cemento alto 30 metri che incombe sul paesaggio del Parco, di cui Legambiente chiede da molti anni la demolizione per recuperare un’area tra le più suggestive di Palmaria. La vicenda inizia nel 1975 quando il Sindaco di Portovenere rilascia una concessione edilizia per la realizzazione di un albergo e di un residence di 45 appartamenti, con annessi servizi e infrastrutture. Nello stesso anno la Pretura blocca la speculazione, mette sotto sequestro il manufatto e rinvia a giudizio i titolari della società lottizzatrice, il Sindaco e l'impresa. La sentenza è poi confermata anche in appello. La Giunta comunale di Portovenere vota una delibera che rigetta definitivamente la richiesta di condono presentata dai proprietari. Il 23 maggio 2002 viene raggiunto un accordo tra la Regione Liguria, il Comune di Portovenere e la Sovrintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Liguria che sembra possa portare in breve tempo all’abbattimento dell’ecomostro, ma lo scheletro è ancora lì e continua a sfregiare da oltre 30 anni uno dei tratti di costa più belli della Liguria. Il neo-sindaco di Portovenere nel 2006 ha dichiarato che l’ecomostro sarà abbattuto interamente, spazzando via l’idea di tenere in piedi il primo piano. Nel dicembre dello stesso anno, il sindaco annuncia che la Regione Liguria ha stanziato 100mila euro per la demolizione. Speriamo che sia la volta buona.

Nota: le nostre coste, anche dove non ci sono direttamente "ecomostri" DOC, presentano comunque un paesaggio assai degradato, come racontano efficacemente su questo sito Giorgia Boca e Carla Maria Carlini; scarica di seguito la versione integrale del Dossier (f.b.)

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