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Dario Pappalardo
“Un istituto per salvare la nostra archeologia”
5 Febbraio 2016
Beni culturali
Intervista di Dario Pappalardo al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini che risponde alle critiche alla sua riforma.

La Repubblica, 5 febbraio 2015 (m.p.r.)

«A Roma nascerà un Istituto Centrale dell’Archeologia: l’Ica sarà un luogo di raccordo delle missioni di scavo italiane e di valorizzazione della disciplina che ancora mancava nel nostro Paese». Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini lo annuncia in risposta alle critiche contro la sua riforma che accorpa le 17 soprintendenze archeologiche con quelle che tutelano il paesaggio e le belle arti. Negli stessi giorni in cui gli archeologi protestano e lamentano l’attacco a una professione già fragile.

Ministro, perché ha cancellato le 17 soprintendenze archeologiche?
«Ne ho create 41 nuove: 39 uniche più due speciali (Roma e Pompei). Molti soprintendenti unici saranno archeologi. Ho fatto un’operazione che punta a rafforzare la tutela. E mi offendo quando sento dire che, al contrario, l’ho indebolita. Prima un soprintendente doveva occuparsi di una regione intera. Con la riforma, la Lombardia, per esempio, ha quattro soprintendenze che controllano un territorio più piccolo. E il cittadino che chiede di procedere con un intervento su un palazzo deve fare una sola domanda e aspettare una sola riposta».

Però, con la riforma della pubblica amministrazione e l’introduzione del silenzio assenso, i prefetti hanno più potere in materia di tutela ambientale e paesaggistica…
«Il prefetto ha una funzione di coordinamento delle strutture territoriali dello Stato. Ma non sostituisce il soprintendente in nessun caso. Tutti i contrasti saranno risolti all’interno del ministero. In ogni soprintendenza c’è un responsabile per il patrimonio archeologico, storico e artistico, architettonico, per il paesaggio… Se prima c’erano 17 soprintendenti, oggi per l’archeologia ci sono 39 responsabili».
Insomma, non crede di avere indebolito le soprintendenze?
«Semmai ho provveduto a una razionalizzazione. Nella comunità scientifica, il tema della soprintendenza unica divide. Il dibattito è legittimo, ma poi bisogna scegliere. Operare una sintesi: è quello che cerco di fare. Contemporaneamente alle nuove soprintendenze, nascono nuovi parchi archeologici che avranno statuti e bilanci autonomi e si occuperanno di tutela e valorizzazione. Parlo tra gli altri dei parchi archeologici di Ostia, dell’Appia Antica… finora erano semplici uffici di Roma…».
Sul futuro dell’Appia Antica c’è apprensione. Il 13 febbraio ci sarà una marcia dell’associazione Bianchi Bandinelli per i beni culturali in ricordo di Antonio Cederna…
«Bianchi Bandinelli era un riformatore, non un conservatore. L’Appia Antica ci sta a cuore. Il direttore sarà scelto con un bando internazionale: avrà autonomia fiscale, gestionale… non capisco dove sia l’indebolimento. Dal punto di vista della tutela, l’archeologia ne esce rafforzata da questo secondo atto della riforma. Semmai bisognerà essere più attenti agli scavi… ».
E quindi?
«È per questo che faremo nascere un Istituto Centrale di Archeologia del ministero che supporterà le soprintendenze come luogo della ricerca e del coordinamento delle missioni di scavo italiane sul territorio nazionale e all’estero. Per l’archeologia sarà il corrispettivo dell’Istituto Centrale del Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure».
Quali sono i tempi?
«Saranno veloci, lo faremo in fretta. Le preoccupazioni degli archeologi vanno ascoltate».
L’età media del ministero è alta. C’è un sostanziale blocco del turn over. Lei ha avviato l’assunzione di 500 funzionari. Basteranno?
«Basteranno per qualche anno. Il numerò coprirà tutti i posti ora vacanti più quelli occupati da chi andrà in pensione nel 2016. Si ringiovanirà l’età media del ministero. Poi, più avanti, si potrà procedere a un altro concorso. Il dato positivo è che si inizia a capire che sulla cultura si può investire. Il bilancio del 2016 è cresciuto del 27 per cento rispetto all’anno scorso».
C’è una circolare del ministero, diffusa su Internet, che invita i funzionari a non parlare con gli organi di stampa…
«Non l’ho vista. Il dibattito sulla riforma ci deve essere fuori e dentro il ministero. Deve essere libero e mi pare sia così».

Il nuovo disegno di legge sul cinema abolisce le commissioni ministeriali che attribuivano finanziamenti in base al cosiddetto “interesse culturale”. I crediti fiscali saranno assegnati in base a “parametri oggettivi” come i risultati economici e il successo in sala. Non si rischia di favorire i progetti di cassetta?

«L’obiettivo è quello di creare un indotto per il Paese: del tax credit hanno usufruito il remake di
Ben Hur, Zoolander, 007. Film che restituiscono l’immagine dell’Italia nel mondo. Il cinema è un’industria. C’è un nuovo interesse intorno a Roma e a Cinecittà. Se un film oggi produce l’effetto che fece Vacanze Romane, ben venga. Poi il 15 per cento del Fondo unico per lo spettacolo sosterrà comunque opere prime e seconde, start-up e piccole sale».
Si è dato una risposta chiara sull’incidente delle statue inscatolate ai Musei Capitolini, durante la visita del presidente iraniano Rouhani? Una commissione doveva accertare l’accaduto: a che punto è?
«Non ho nuovi elementi. L’indagine della commissione interna a Palazzo Chigi evidentemente non è finita. Continuo a dire che ci sono mille modi per non offendere la sensibilità di un leader straniero. Non bisognava certo coprire le sculture classiche».
Quale sarà la sede per la mostra della collezione e per il Museo Torlonia?«È tutto aperto. L’accordo con la famiglia Torlonia è fatto, ma non ancora firmato. C’è un interesse internazionale: si tratta della più grande collezione archeologica di scultura mai vista. La mostra girerà il mondo. Dobbiamo trovare a Roma una sede di grande prestigio».
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