«Una cosa è certa: la troika, dovrà abituarsi al fatto che il salvataggio della Grecia non è solo una questione di tassi d’interesse, bond, rate di prestiti, sostenibilità dell’esposizione e rapporti debito/Pil. Tsipras, Varoufakis & C. metteranno sul tavolo delle trattative anche le lacrime dell’interprete senzatetto. Sono quelle il nuovo parametro su cui la Ue dovrà imparare a ridisegnare la sua politica economica». La Repubblica, 28 gennaio 2015
Prima gli auguri formali al nuovo governo greco, seppur fatti pervenire con due giorni di ritardo. Subito dopo, riunita con i vertici del suo partito, Angela Merkel tiene il punto: la Germania è contraria ad ogni revisione del debito ellenico. Così come il presidente dell’Europarlamento, il socialista Martin Schulz, che domani incontrerà Tsipras: «Bisogna attenersi agli impegni presi». Una doppia risposta al nuovo viceministro dell’Esteri Euclid Tsakalotos che poche ore prima aveva ribadito la linea di Syriza: «Sappiamo tutti che ripagare il nostro debito pubblico è irrealistico». E così nel giorno della nomina dei ministri lo scontro tra i rigoristi e gli anti-austerity sembra già surriscaldarsi.
Ma il neo presidente e i suoi tirano dritto, almeno a parole. «Altro che spread e troika, il mio primo pensiero andrà ai nostri nuovi poveri», si presenta il nuovo ministro delle Finanze greco, l’economista Yanis Varoufakis. Il dicastero più importante del governo è andato a questo professore universitario di 53 anni fuori dagli (attuali) schemi: un comunista a metà tra utopia e pragmatismo, passaporto greco e australiano, capace di giurare davanti al capo dello Stato con il look di sempre, giacca e camicia fuori dai pantaloni. E che, prima ancora della nomina ufficiale, ha commentato così la notizia sul proprio blog: «Volete sapere cosa penserò quando varcherò per la prima volta l’ingresso del ministero? Alla troika? Allo spread? Sbagliato. Nel mio cuore — scrive Varoufakis — ci sarà il ricordo dell’interprete che ho incontrato nei giorni scorsi. Prima di congedarsi è scoppiata in lacrime: “Facevo l’insegnante di lingue ma sono rimasta senza lavoro. Ora vivo per strada, me la cavo con lavoretti saltuari, mi hanno tolto il figlio che vedo una volta al mese. Non le chiedo di fare qualcosa per me. Per me è finita. Ma fate quel che potete per chi riesce a stare ancora in piedi”. Da ministro mi occuperò di questo». Come a dire: dietro ai vincoli e agli indici economici ci sono le persone in carne e ossa e noi penseremo a quelle.
L’esecutivo varato da Alexis Tsipras è composto da dieci ministri (nessuno è donna), un taglio di sei rispetto a quelli del suo predecessore Antonis Samaras. E a parte la Difesa, che come previsto è andata all’alleato di governo Anel e al suo leader Panos Kammenos (sognava quel posto da una vita), sono tutti esponenti vicini a Syriza. Anche se due di loro provengono dal Pasok; nomine che, insieme ovviamente all’alleanza ibrida con i nazionalisti di Anel, hanno creato qualche malumore nella base del partito, che da sempre guarda con sospetto gli ex socialisti folgorati sulla via di Tsipras. Il quale ha nominato «ministro di Stato» — una sorta di sottosegretario alla presidenza del Consiglio — Nikos Pappas, prima amico e poi uomo ombra del premier praticamente da sempre, sin dai tempi dei social forum a cavallo del Duemila.