La Repubblica, 13 luglio 2015
BRUXELLES. Tre giorni per riformare la Grecia, e una serie di diktat uno più duro dell’altro. I falchi volteggiano trionfanti sui cieli d’Europa. E dettano a Tsipras un ultimatum impossibile, come quello dell’Austria alla Serbia che innescò la prima guerra mondiale. Le colombe cercano di negoziare sulle briciole per rendere più accettabile un testo che mette comunque sotto i piedi qualsiasi residua sovranità di Atene. E’ questo il clima che si respira alla riunione dei capi di governo dell’eurozona, mentre le discussioni proseguono nella notte. Il vertice che avrebbe dovuto allontanare definitivamente lo spettro di un’uscita della Grecia dall’euro in realtà rende questa ipotesi sempre più credibile e immanente. La Grecia ha definito la proposta europea «umiliante e disastrosa». Come potrà Tsipras accettare un simile schiaffo e restare al suo posto è un mistero. Come possa pensare di riuscire rispettare le condizioni leonine che gli vengono imposte è incomprensibile.
Questa ennesima, drammatica svolta nella crisi greca è maturata nella notte tra sabato e domenica, quando è apparso evidente che una maggioranza di governi dell’eurozona era contraria a varare un nuovo pacchetto di aiuti per salvare il Paese dalla bancarotta e tenerlo nell’euro. La mancanza di fiducia nei confronti del governi greco era totale. Per cercare di evitare il peggio, la Commissione, l’Italia e la Francia hanno dovuto accettare un compromesso: dare tre giorni di tempo a Tsipras e al Parlamento di Atene per mettere alla prova la sua volontà di fare le riforme rifiutate finora. Ma il testo di quattro pagine che ieri mattina i ministri hanno trasmesso ai capi di governo dell’eurozona, senza averlo votato e con ben undici punti controversi, rispecchia in realtà il documento preparato nei giorni scorsi dal ministro delle Finanze tedesco Schaeuble. E tradisce la speranza dei falchi che siano i greci stessi, alla fine, a scegliere di uscire dalla moneta unica per poter negoziare un sostanziale taglio del loro debito ormai insostenibile.
Il documento dà tre giorni di tempo al Parlamento di Atene per approvare la riforma dell’Iva, la riforma delle pensioni anticipate, varare un nuovo codice di procedura civile, ristrutturare l’ufficio nazionale di statistica e creare un’autorità indipendente sul controllo di bilancio. Inoltre il governo greco deve presentare entro il 15 luglio una «roadmap dettagliata » sulla messa in opera a breve termine delle seguenti riforme: azzeramento del deficit del sistema pensionistico; liberalizzazione totale delle professioni e del commercio; privatizzazione della rete elettrica; revisione dei contratti nazionali di lavoro e riconoscimento dei licenziamenti collettivi; accelerazione delle privatizzazioni con la creazione di un fondo indipendente in cui conferire i beni da privatizzare per 50 miliardi; taglio ai costi della pubblica amministrazione e riforma secondo le indicazioni che verranno concordate con i creditori. Inoltre il governo si deve impegnare a far tornare la troika ad Atene; a cancellare o compensare tutte le misure anti-austerità già approvate senza il consenso di Bruxelles, e concordare con la troika tutte le proposte legislative prima di sottoporle al Parlamento. Tutto questo è considerato condizione minima necessaria non per varare il pacchetto di aiuti, ma solo per avviare le trattative in vista della concessione di un nuovo programma di assistenza. «In caso di non accordo- è scritto in una delle frasi rimaste tra parentesi - alla Grecia verrà offerto un rapido negoziato per una temporanea uscita dall’area euro e una possibile ristrutturazione del debito».
Il testo specifica che, contrariamente a quanto Tsipras aveva promesso in Parlamento, il programma prevede «il pieno coinvolgimento del Fmi» e che questa «è una precondizione dell’Eurogruppo ». Valuta il fabbisogno di finanziamento della Grecia «tra 82 e 86 miliardi», di cui sette miliardi da versare entro il 20 luglio e 5 entro metà agosto per consentire ad Atene di far fronte alla scadenze del debito. Prevede la possibilità di studiare una revisione di scadenze del debito e interessi, ma «a condizione della piena messa in opera delle misure concordate » e solo dopo la prima e positiva verifica sul rispetto degli accordi. Qualsiasi ipotesi di “haircut”, cioè di taglio del debito, è esplicitamente esclusa.
La Grecia ha considerato inaccettabili e offensive le condizioni offerte dall’eurogruppo. E ha cercato di negoziare una serie di ammorbidimenti, in particolare sul coinvolgimento del Fmi, sulla clausola di annullamento delle misure già adottate, sull’entità del fondo per le privatizzazioni, sul riferimento esplicito all’uscita dall’euro, sul rinvio dell’apertura del negoziato, senza il quale la Bce non può riaprire i rubinetti e le banche resteranno chiuse. Qualcosa, alla fine, sicuramente riusciranno ad ottenere. Ma il senso dell’ultimatum difficilmente potrà cambiare. E alla fine è difficile prevedere se Tsipras si piegherà davanti ai diktat europei o se preferirà scegliere l’opzione di portare il Paese fuori dall’euro. Che è sicuramente proprio quello che i falchi si augurano.